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PDL 5489

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5489



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

MONTECCHI, FINOCCHIARO, VIOLANTE, POLLASTRINI, MAGNOLFI

Modifiche all'articolo 3 della legge 1o dicembre 1970, n. 898, in materia di presupposti per la domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio

Presentata il 15 dicembre 2004


      

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Onorevoli Colleghi! - Il 23 ottobre 2003 la Camera dei deputati ha soppresso l'articolo 1 della proposta di legge atto Camera n. 2444, volto a ridurre da tre a un anno il tempo della separazione necessario per proporre la successiva domanda di divorzio. Il testo della proposta di legge, limitatamente alla parte che riguarda gli aspetti patrimoniali, è stato rinviato alla competente Commissione parlamentare e, vanificata la possibilità di riproporre la semplice riduzione dei tempi prevista nel vecchio testo, in questa fase politica si è preferito concentrare l'attenzione sull'individuazione di un meccanismo che renda certi ed effettivi i tre anni prescritti dall'attuale legislazione.
      Rimane, infatti, più che mai urgente il problema che riguarda un'alta percentuale di persone che subisce i tempi lunghissimi delle cause di separazione, con conseguenti costi personali ed economici molto alti. Questa situazione viene denunciata periodicamente sia da molti avvocati matrimonialisti sia da tantissimi cittadini che testimoniano, con lettere ai mass media e ai parlamentari, le difficoltà e le frustrazioni di chi non può liberamente determinare le scelte della propria vita per il lento e burocratico funzionamento della giustizia. Come raccontano queste persone nelle loro testimonianze, l'incertezza sui tempi delle cause di separazione e di divorzio provoca spesso l'acuirsi di tensioni e di rancori tra i coniugi che coinvolgono negativamente anche i figli. Molti parlamentari hanno ricevuto migliaia di messaggi di persone che attendono da tanti anni - molti più di quelli previsti dalla legge - di ottenere il divorzio ed, eventualmente, di regolarizzare nuove unioni.
 

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      L'ipotesi di modifica su cui si è lavorato interviene sulla sentenza di separazione, introducendo nel nostro ordinamento la previsione di una pronuncia parziale di separazione, quale presupposto per la domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio.
      Tale soluzione è stata individuata alla luce di un orientamento giurisprudenziale che, costante ormai da diversi anni, prevede ai fini della richiesta di divorzio il passaggio in giudicato della sola decisione sulla separazione personale, anche se il giudizio continua per la declaratoria di addebito (l'accertamento, cioè, della responsabilità della rottura del rapporto) o per la definizione di altre domande proposte dalle parti.
      Sarebbe, cioè, possibile per il giudice - fallito il tentativo di conciliazione e accertata la volontà dei coniugi di separarsi - dichiarare con sentenza parziale la sola separazione personale dei coniugi e rinviare le questioni connesse al prosieguo della causa. I tre anni prescritti ai fini della domanda di divorzio decorrerebbero, pertanto, dal passaggio in giudicato della sola decisione parziale.
      Sulla scindibilità tra la separazione personale e la declaratoria di addebito, le Sezioni unite della Cassazione si sono chiaramente pronunciate, precisando che l'una accerta unicamente l'oggettiva crisi del rapporto e l'altra la sola riferibilità di quella situazione ad inadempienze coniugali. Sempre secondo la Corte, inoltre, negare il carattere di scindibilità ha, nella maggior parte dei casi, «il deviante effetto di consentire ad uno dei coniugi di avvalersi dell'istanza di addebito al solo ed unico scopo di dilazionare la modifica dell'azione giudiziale del rapporto personale, pure quando ne sono evidenti o pacifici i presupposti» (Cassazione, Sezioni Unite, n. 15279 del 2001).
      Tuttavia, pur avendo il sopracitato orientamento giurisprudenziale fornito strumenti interpretativi utili ai giudici per snellire le lungaggini processuali, i tempi per la sentenza di separazione continuano ad essere estenuanti e sempre più distanti dalle reali e mutate dinamiche socio-familiari, specie laddove la soluzione delineata dalla Cassazione, proprio per il suo carattere interpretativo, non fornisce certezza di applicazione e, comunque, non in modo univoco e costante.
      Ritenendo, però, estremamente efficace la strada suggerita dalla giurisprudenza si è pensato di dare veste normativa, e quindi certezza del diritto, a quanto dalla stessa sostenuto, introducendo con l'articolo 1, oltre a quelli già disciplinati dalla legge n. 898 del 1970, due ulteriori presupposti per la richiesta di divorzio.
      L'uno, lettera b-ter) del numero 2) del comma 1 dell'articolo 3 della legge n. 898 del 1970, attiene alla previsione del passaggio in giudicato della sentenza parziale di separazione tra i coniugi , l'altro, lettera b-bis), alla formazione dell'acquiescenza (cioè della definitività) sulla decisione di separazione, laddove la sentenza sia stata impugnata per motivi circoscritti all'addebito o per questioni diverse da quelle attinenti alla separazione personale.
      Tale seconda ipotesi si verifica nel caso in cui il giudice, con una unica sentenza, decida contemporaneamente sia in ordine alla separazione che all'addebito e la sentenza venga poi impugnata, ma per motivazioni che hanno ad oggetto solo i provvedimenti consequenziali alla separazione, e non il vincolo matrimoniale che le parti vogliono sia sciolto. In tale caso si determina definitività della sola pronuncia di separazione, quale presupposto per la domanda di divorzio.
      Ulteriore conferma dell'opportunità della soluzione oggetto della proposta di legge, è una recentissima decisione della Corte di cassazione del 16 novembre 2004, n. 21683 che, al fine di fornire altri strumenti interpretativi per snellire i tempi del divorzio, prevede che il giudice possa accertare l'avvenuto passaggio in giudicato della sentenza di separazione anche quando non siano ancora decorsi i termini per impugnare la stessa, ma solo qualora il comportamento processuale delle parti consenta di escludere categoricamente la possibilità, per ciascuna di esse, di proporre una valida impugnazione contro la pronuncia di separazione.
 

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      Sebbene il meccanismo individuato dalla Corte - basandosi non sul mero decorso dei termini per l'impugnazione, ai fini del passaggio in giudicato, ma su altri elementi, quali la mancanza di un interesse ad impugnare e, quindi, sulla acquiescenza alla separazione - possa, forse, creare difficoltà applicative, si muove tuttavia esattamente nella direzione che si è intrapresa e cioè sulla necessità di incidere sulla sentenza di separazione per rendere certi ed effettivi i tre anni, fornendo di fatto una conferma della necessità di un intervento in tal senso del legislatore.
      L'articolo 2, infine, modifica il termine da cui far decorrere i tre anni dalla domanda di divorzio. Attualmente la legge prevede che, per la proposizione della domanda di divorzio, le separazioni debbano protrarsi ininterrottamente per tre anni dalla udienza presidenziale che autorizza i coniugi a vivere separati. Molto spesso tra la presentazione della domanda di separazione personale (sia consensuale che giudiziale) e la successiva udienza presidenziale può passare un certo lasso di tempo che non verrà mai computato ai fini del calcolo dei prescritti tre anni. Secondo l'esperienza dei tribunali italiani, inoltre, ciò che più frequentemente incide sulla durata processuale sono soprattutto i plurimi rinvii accordati alle parti, una volta già instauratosi il contraddittorio, per tentare non già la rinconciliazione, a quel punto sempre pregiudicata, bensì una soluzione più consona, ovvero tentare di trasformare agguerrite separazioni giudiziali in agevoli e «indolori consensuali».
      Si è pensato, pertanto, di far decorrere i tre anni dal deposito della domanda stessa che rappresenta, di fatto, il momento nel quale i coniugi manifestano all'esterno la volontà di porre fine al rapporto di coniugio. Tale volontà sarebbe sottoposta, in sede di prima udienza, a verifica da parte del presidente del tribunale che provvederebbe, così, a «ratificarla».
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. La lettera b) del numero 2) del comma 1 dell'articolo 3 della legge 1o dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, è sostituita dalle seguenti:

          «b) è passata in giudicato la sentenza di separazione giudiziale tra i coniugi;

          b-bis) si è formata acquiescenza ai sensi dell'articolo 329, secondo comma, del codice di procedura civile, sulla decisione di separazione personale tra coniugi essendo la sentenza stata impugnata per motivi circoscritti all'addebito o, comunque, per questioni diverse da quelle attinenti alla separazione personale tra i coniugi;

          b-ter) è passata in giudicato la sentenza parziale di separazione;

          b-quater) è stata omologata la separazione consensuale ovvero è intervenuta separazione di fatto quando la separazione di fatto stessa è iniziata almeno due anni prima del 18 dicembre 1970».

Art. 2.

      1. All'ultimo capoverso del numero 2) del comma 1 dell'articolo 3 della legge 1o dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, le parole: «dalla avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale» sono sostituite dalle seguenti: «dal deposito della domanda di separazione personale, salvo diversa statuizione del presidente del tribunale in sede di udienza presidenziale».


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