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PDL N. 5388-A

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5388-A



 

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RELAZIONE DELLA III COMMISSIONE PERMANENTE
(AFFARI ESTERI E COMUNITARI)

presentata alla Presidenza il 17 gennaio 2005

(Relatore: SELVA)

sul

DISEGNO DI LEGGE

presentato dal presidente del consiglio dei ministri
(BERLUSCONI)

e dal ministro degli affari esteri
(FRATTINI)

Ratifica ed esecuzione del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa e alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Roma il 29 ottobre 2004

Presentato il 29 ottobre 2004

 

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Onorevoli Colleghi! - 1. Il percorso di unificazione europea non si è mai arrestato dopo l'intuizione dei padri fondatori e con il trattato istitutivo della Comunità economica europea (CEE) ha trovato la sua prima «costituzione», punto d'arrivo del processo di pacificazione dell'Europa sconvolta dalla II Guerra mondiale e punto di partenza per avvicinare i Paesi europei in una dimensione di cooperazione solidale che risuscitasse lo spirito europeo dopo gli orrori e le tragedie della prima metà del Novecento.
      Già nel precedente Trattato istitutivo della Comunità economica del carbone e dell'acciaio (CECA) si erano resi visibili i tratti di un'Europa che rifiutava il conflitto armato per la soluzione di controversie concernenti lo sfruttamento delle risorse economiche.
      A partire dal trattato istitutivo della CEE si arriva nella cooperazione europea all'affermazione del metodo comunitario, alla ricerca di nuove possibilità di perseguire gli obiettivi comuni anche decidendo a maggioranza. La strada percorsa passa per l'Atto unico europeo ed i Trattati di Maastricht, Amsterdam e Nizza.
      Con il Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa si torna a Roma e si riparte da Roma.
      Questo Trattato è un punto d'arrivo del processo di riunificazione dell'Europa. Ma per molti aspetti consente che una nuova Europa - allargata a 25 Paesi membri - inizi un cammino più coraggioso ed impegnativo.
      Dopo la fine della guerra fredda e dopo il superamento della dottrina del balance of powers come dogma delle relazioni internazionali il nostro continente è sempre vissuto in una condizione di dinamica evoluzione. Lo spirito europeo è destinato ad accrescere l'interesse verso il proprio stile di vita e la propria cultura al punto da generare un movimento europeista in espansione oltre i tradizionali storici confini: sono infatti in discussione i confini dell'Europa-continente, concetto sempre meno significativo sul piano geografico e sempre più vivido nella sua consistenza di modello ed ideale per i popoli vicini. Ed infatti l'Europa del secondo Trattato di Roma trova davanti a sé un percorso per molti aspetti da tracciare. È un obiettivo da realizzare per gli Stati membri ma anche un traguardo da raggiungere per altri Paesi, europei non solo per la cultura ma anche per i valori che cominciano a condividere con sempre maggiore convinzione.
      Lo dimostra l'apertura dei negoziati con la Turchia, alla quale il traguardo europeo si offre - con molte condizioni - non prima del 1o gennaio 2014.
      Lo dimostrano gli accordi di cooperazione sempre più stretta con la Russia ed i Paesi del bacino del Mediterraneo.
      2. I contenuti del Trattato sono ormai noti e la relazione illustrativa al disegno di legge ne offre una sintesi accurata e dettagliata. Inoltre il prezioso lavoro di documentazione curato dagli Uffici della Camera ne permette uno studio approfondito. In questa sede si indicano solo le novità essenziali.
      Il Trattato si compone di un Preambolo; di una parte I, che contiene le disposizioni generali e le disposizioni per la politica estera, di sicurezza e di difesa e per lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia; di una parte II, che contiene la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea; di una parte III, relativa alle politiche dell'Unione; di una parte IV, recante le disposizioni generali e finali; e di protocolli e due allegati, nonché di dichiarazioni allegate all'atto finale.

      2.1. Tra le novità fondamentali si registra l'istituzione dell'Unione europea, alla quale è conferita personalità giuridica.
      L'Unione coordina le politiche degli Stati membri dirette al conseguimento degli obiettivi comuni ed esercita, sulla base del modello comunitario, le competenze che gli Stati membri le trasferiscono. L'Unione rispetta l'identità nazionale dei suoi Stati membri legata alla loro struttura fondamentale, compreso il sistema delle autonomie regionali e locali e le funzioni essenziali dello Stato.
      Il Trattato semplifica l'ordinamento dell'Unione attraverso l'eliminazione della

 

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struttura a «pilastri» (pilastro comunitario; politica estera e di sicurezza comune; spazio di libertà, sicurezza e giustizia) in cui si articola attualmente.
      Per quanto concerne le istituzioni, si rileva quanto segue,
      Il Parlamento europeo, la cui composizione non potrà essere superiore a 750 membri, esercita, congiuntamente al Consiglio dei ministri, la funzione legislativa.
      Il Trattato prevede la generalizzazione della procedura legislativa ordinaria, modellata sull'attuale procedura di codecisione di Parlamento europeo e Consiglio dei ministri; rispetto ad essa le nuove procedure speciali si caratterizzano come eccezioni.
      Il Consiglio europeo definisce gli orientamenti e le priorità politiche generali dell'Unione, ma non esercita funzioni legislative.
      Il Presidente del Consiglio europeo, eletto dal Consiglio stesso a maggioranza qualificata con un mandato di due anni e mezzo rinnovabile una volta, può essere membro di un'altra istituzione europea, non può esercitare un mandato nazionale; prepara i lavori del Consiglio europeo e assicura la rappresentanza esterna dell'Unione per le materie relative alla PESC, fatte salve le responsabilità del Ministro degli affari esteri.
      La Presidenza delle formazioni del Consiglio dei ministri è esercitata dagli Stati membri secondo un sistema di rotazione e in condizioni di parità da gruppi predeterminati di tre Stati membri (composti tenendo conto della diversità degli Stati membri e degli equilibri geografici in seno all'Unione) per un periodo di 18 mesi. Ciascun membro del gruppo esercita la Presidenza di tutte le formazioni del Consiglio per un periodo di sei mesi, con l'assistenza degli altri membri del gruppo sulla base di un programma comune.
      Fa eccezione a questa disciplina generale il Consiglio Affari esteri, che è presieduto dal Ministro degli Affari esteri dell'Unione.
      La prima Commissione europea nominata dopo l'entrata in vigore della Costituzione sarà composta da un membro per ogni Stato, compreso il Presidente della Commissione e il Ministro per gli Affari esteri dell'Unione. A partire dalla Commissione successiva (nel 2014) la composizione è fissata in un numero corrispondente ai due terzi degli Stati membri, a meno che il Consiglio europeo, deliberando all'unanimità, decida di modificare tale numero. I membri dovranno essere scelti sulla base di un sistema di rotazione paritaria tra gli Stati membri.
      Il Presidente della Commissione europea è eletto dal Parlamento europeo, a maggioranza dei membri che lo compongono, sulla base di una candidatura proposta dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata, tenendo conto delle elezioni del Parlamento europeo e previe consultazioni appropriate.
      Il Ministro degli affari esteri dell'Unione, nominato dal Consiglio europeo, a maggioranza qualificata con l'accordo del Presidente della Commissione, guida la politica estera e di sicurezza comune dell'Unione e la attua in qualità di mandatario del Consiglio; presiede il Consiglio Affari esteri ed è uno dei vice presidenti della Commissione. In tale qualità vigila sulla coerenza dell'azione esterna dell'Unione ed ha la responsabilità delle relazioni esterne della Commissione.

      2.2. Quanto alle modalità decisionali si registra l'estensione del metodo comunitario, fondato sulla maggioranza qualificata.
      Il sistema di voto ponderato previsto dal Trattato di Nizza si applicherà fino al 31 ottobre 2009; alla scadenza, entrerà in vigore un sistema che si fonda sul principio della doppia maggioranza di Stati e di popolazione. La maggioranza qualificata è definita come il 55% degli Stati membri dell'Unione - con un minimo di 15 - che rappresentino almeno il 65% della popolazione. La minoranza di blocco deve essere costituita da almeno quattro Stati.
      Il Trattato ha esteso, rispetto ai Trattati vigenti, il campo di applicazione del voto a maggioranza qualificata. Tra i settori che rimangono sottoposti alla regola dell'unanimità si segnalano in particolare: la

 

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politica estera e di sicurezza comune (PESC) - tranne limitate eccezioni - e la politica di difesa; il sistema di risorse proprie dell'Unione; il settore fiscale; i sistemi di sicurezza sociale; alcune disposizioni nel settore dello spazio di libertà e giustizia; tutte le decisioni relative ad una cooperazione strutturata permanente nel settore della difesa, diverse da quelle relative all'instaurazione, partecipazione successiva e sospensione e l'autorizzazione ad una cooperazione rafforzata nell'ambito della PESC; la procedura di revisione del Trattato.
      Il Trattato contiene all'articolo IV-444, relativo alla procedura di revisione semplificata, una clausola evolutiva generale (clausola «passerella») che consente al Consiglio europeo, deliberando all'unanimità e previa approvazione del Parlamento europeo, di estendere la procedura legislativa ordinaria o il voto a maggioranza qualificata ai settori cui si applicano procedure legislative speciali o il voto all'unanimità - ad eccezione, per l'estensione del voto a maggioranza qualificata, delle decisioni che hanno implicazioni militari o rientrano nel settore della difesa - a condizione che nessun Parlamento nazionale presenti obiezioni entro sei mesi dalla trasmissione di una iniziativa in tal senso assunta dal Consiglio europeo.

      2.3. Altre novità si registrano in tema di riparto delle competenze e di semplificazione degli strumenti normativi dell'Unione.
      Le competenze tra Unione europea e Stati membri sono ripartite in:

          competenze esclusive: l'Unione è l'unica a poter legiferare e adottare atti giuridicamente obbligatori;

          competenze concorrenti: sia l'Unione sia gli Stati membri hanno la facoltà di legiferare. Gli Stati membri esercitano la loro competenza se l'Unione non esercita la propria o ha cessato di esercitarla;

          azioni di sostegno, di coordinamento o di completamento: l'Unione può condurre azioni che completano l'azione degli Stati membri.

      Le competenze dell'Unione in materia di coordinamento delle politiche economiche e occupazionali (articolo I-15) ed in materia di politica estera e di sicurezza comune (articolo I-16) presentano caratteri peculiari e le si è volute considerare separatamente dalle precedenti categorie.
      Il Trattato provvede ad una ridenominazione e semplificazione degli atti dell'Unione (che sono ridotti nella tipologia da quindici a sei) stabilendo la distinzione tra atti legislativi, atti non legislativi ed atti esecutivi ed introducendo il nuovo strumento dei regolamenti delegati. La competenza per l'adozione degli atti esecutivi resta in capo in via generale agli Stati membri. Le leggi europee e le leggi quadro europee possono delegare alla Commissione la facoltà di emanare regolamenti delegati che completano o modificano determinati elementi non essenziali della legge o della legge quadro, delimitando esplicitamente obiettivi, contenuto, portata e durata della delega. La disciplina degli elementi essenziali di un settore rimane riservata alla legge o alla legge quadro.
      Per l'esercizio delle sue competenze, l'Unione utilizza i seguenti strumenti giuridici:

          la legge europea: atto legislativo di portata generale, obbligatoria in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri;

          la legge quadro europea: atto legislativo che vincola tutti gli Stati membri destinatari al risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla scelta della forma e dei mezzi;

          il regolamento europeo: atto non legislativo di portata generale volto all'attuazione degli atti legislativi;

          la decisione europea: atto non legislativo obbligatorio in tutti i suoi elementi;

          le raccomandazioni e i pareri: atti che non hanno effetto vincolante.

      Le leggi europee e le leggi quadro europee sono adottate, su proposta della

 

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Commissione, di regola secondo le modalità della procedura legislativa ordinaria. Sono altresì previste procedure speciali nelle quali assume un ruolo preminente il Consiglio. I regolamenti, le decisioni europee e le raccomandazioni sono adottati dal Consiglio e dalla Commissione.
      Il Trattato introduce anche uno strumento comparabile all'iniziativa legislativa popolare: un milione di cittadini europei, provenienti da un rilevante numero di Stati membri, possono invitare la Commissione a presentare una proposta legislativa. Una legge europea stabilirà le procedure e le condizioni per l'esercizio dell'iniziativa legislativa popolare, compreso il numero minimo di Stati cui devono appartenere i cittadini proponenti.

      2.4. Molte sono le novità per quanto concerne le politiche dell'Unione.
      Il Trattato prevede la realizzazione di una politica estera e di sicurezza comune fondata sullo sviluppo della reciproca solidarietà politica degli Stati membri, sull'individuazione delle questioni di interesse generale e sulla realizzazione di un livello di convergenza delle azioni degli Stati membri.
      Il Consiglio europeo individua gli interessi strategici dell'Unione e fissa gli obiettivi. Il Consiglio elabora tale politica nel quadro delle linee strategiche definite dal Consiglio europeo. Il Ministro degli affari esteri dell'Unione e gli Stati membri attuano la politica estera e di sicurezza comune, ricorrendo ai mezzi nazionali e a quelli dell'Unione.
      Gli Stati membri si concertano in sede di Consiglio europeo e di Consiglio su qualsiasi questione di politica estera e di sicurezza di interesse generale.
      In materia di politica estera e di sicurezza comune la procedura legislativa ordinaria non si applica. La disciplina di tale settore è affidata alla decisioni europee adottate dal Consiglio europeo e dal Consiglio all'unanimità, salvo i limitati casi di voto a maggioranza qualificata.
      Il Trattato prevede altresì la graduale definizione di una politica di difesa comune dell'Unione, attraverso una decisione del Consiglio europeo all'unanimità.
      L'Unione può svolgere missioni al suo esterno per garantire il mantenimento della pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale, conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite.
      È prevista inoltre un'Agenzia europea per gli armamenti, la ricerca e le capacità militari per coordinare le capacità militari degli Stati membri.
      Le decisioni europee relative all'attuazione della politica di sicurezza e di difesa comune sono adottate dal Consiglio all'unanimità. Il diritto di proposta spetta ad uno Stato membro o al Ministro degli affari esteri dell'Unione, oppure a quest'ultimo con l'appoggio della Commissione.
      Gli Stati membri che rispondono a criteri più elevati in termini di capacità militari e che hanno sottoscritto tra loro impegni più vincolanti in materia instaurano una cooperazione strutturata permanente, i cui criteri sono specificati in un apposito protocollo allegato al Trattato.
      La procedura di avvio di una cooperazione strutturata permanente nel settore della difesa non prevede un numero minimo di Stati membri partecipanti e la decisione è assunta a maggioranza qualificata dal Consiglio.
      Il Trattato contiene, inoltre, una clausola di mutua assistenza in caso di aggressione armata subita da uno Stato membro nel suo territorio, e una clausola di solidarietà tra Unione e Stati membri a favore dello Stato membro vittima di attacco terroristico o di calamità naturale o provocata dall'uomo, nei termini di cui all'articolo I-43.
      Il Trattato prevede la costituzione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia da conseguire:

          attraverso l'adozione di leggi e leggi quadro europee intese a ravvicinare le legislazioni nazionali;

          sulla base del riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie ed extragiudiziali;

          attraverso una cooperazione operativa delle autorità competenti degli Stati

 

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membri, compresi i servizi di polizia, i servizi delle dogane e altri servizi specializzati nel settore della prevenzione e dell'accertamento degli illeciti penali.

      La soppressione della attuale struttura a «pilastri» dell'ordinamento dell'Unione europea comporterà l'applicazione, con alcune limitate eccezioni, della procedura legislativa ordinaria e l'estensione della votazione a maggioranza qualificata.
      Il Trattato prevede che il Consiglio possa istituire all'unanimità una Procura europea, con il compito di combattere i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione. Le attribuzioni della Procura possono essere estese alla lotta contro la criminalità grave che presenta una dimensione transnazionale, sulla base di una decisione unanime del Consiglio europeo, nell'ipotesi di cui all'articolo III-274, paragrafo 4.
      Le cooperazioni rafforzate sono escluse per i settori di competenza esclusiva dell'Unione e sono aperte a tutti gli Stati membri.
      L'autorizzazione a procedere ad una cooperazione rafforzata è accordata dal Consiglio a maggioranza qualificata, a condizione che vi partecipi almeno un terzo degli Stati membri (articolo I-44, paragrafo 2).
      Nel settore della politica estera e di sicurezza comune l'autorizzazione a procedere a una cooperazione rafforzata è concessa con una decisione del Consiglio all'unanimità.

      2.5. Il Trattato contiene infine nella sua parte II il testo integrale della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, che si applica alle istituzioni, agli organi dell'Unione ed agli Stati membri quando applicano il diritto dell'Unione. Rispetto al testo di Nizza, si prevede esplicitamente che le disposizioni della Carta siano interpretate dai giudici dell'Unione e degli Stati membri alla luce delle spiegazioni predisposte dal Praesidium della Convenzione che ha redatto la Carta stessa ed aggiornate dal Praesidium della Convenzione europea. Tali spiegazioni sono contenute in una dichiarazione allegata all'atto finale del Trattato.

      2.6. La procedura di revisione del Trattato prevede che le modifiche siano ratificate da tutti gli Stati membri, in esito ad una Conferenza intergovernativa. È previsto che la Conferenza intergovernativa sia preparata da una Convenzione composta di rappresentanti dei Parlamenti nazionali degli Stati membri, dei Capi di Stato o di governo degli Stati membri, del Parlamento europeo e della Commissione, salvo che il Consiglio europeo decida diversamente in caso di modifiche non rilevanti.
      Il Trattato prevede, oltre alla clausola evolutiva in precedenza esaminata, una procedura semplificata di revisione limitatamente alle politiche interne dell'Unione, a condizione che le modifiche non comportino ampliamento delle competenze attribuite all'Unione. L'iniziativa può essere presa non solo dal governo di ogni singolo Stato membro e dalla Commissione, ma anche dal Parlamento europeo.
      Tale procedura semplificata prevede la delibera all'unanimità del Consiglio europeo, previa consultazione del Parlamento europeo e della Commissione, senza la convocazione di una Conferenza intergovernativa, ma con la previsione della successiva ratifica da parte di tutti gli Stati membri, secondo le rispettive procedure costituzionali.

      3. La Costituzione per l'Europa si presenta dunque come la base su cui realizzare l'Europa del terzo millennio.
      Occorre però interpretarla con il realismo degli storici e con il rigore dei giuristi. La domanda che ci si pone è se sia una vera costituzione. Quindi occorre chiedersi pregiudizialmente cosa sia una costituzione.
      Dal punto di vista formale il Trattato si presenta in una veste nuova. È il Trattato che «adotta una Costituzione per l'Europa». La parola «costituzione» è sempre suggestiva. Evoca la conquista dei diritti fondamentali in Inghilterra, con la Dichiarazione

 

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dei diritti, e la vivacità delle grandi «rivoluzioni costituzionali» in Francia e negli Stati Uniti, concluse con l'affermazione di modelli di riferimento per le successive esperienze europee.
      Ma la parola «costituzione» va maneggiata con cura.
      Una costituzione rappresenta il coronamento di un processo storico-politico non esente da conflitti, in molti casi sanguinosi, ed indica un patto di compromesso tra istanze contrapposte, da preservare, non soffocare, da coordinare in un ordine funzionale a consentire che il dialogo politico si perpetui in forme democratiche organizzate ed efficaci.
      All'origine della costituzione vi è un movimento o potere costituente, diffuso nella realtà storica e critico verso l'ordine a quel momento vigente. Il potere costituente non è dunque un'entità astratta e dogmatica, che assolva all'asettica funzione di momento di validità di una costituzione.
      Ne fornisce invece il principale fondamento politico.
      Il potere costituente vive durante il processo di formazione della costituzione, che legittima come fatto storico: sulla base della costituzione non solo si origina un nuovo ordinamento giuridico ma si assume a base di legittimazione dei poteri una nuova vicenda politica, che accomuna le sorti della comunità popolare in un ordinamento giuridico rinnovato nella propria legittimazione.
      Il potere costituente rileva quindi sul piano storico e politico in modo necessariamente originale e innovativo: è il popolo che, reagendo ad un ordine preesistente, realizza un nuovo ordine sulla base dell'enunciazione costituzionale di fini e strumenti che permettano una efficace garanzia dei diritti e delle libertà individuali, civili, sociali, economici.
      In secondo luogo il popolo autore della costituzione conferisce ad essa un carattere irripetibile: la costituzione è sempre imputabile ad un popolo che è anche una nazione per effetto del processo storico che lo ha fatto emergere come libero ed indipendente nelle sue originalità culturali e nell'ambito di una dimensione territoriale non contestata.
      In sostanza può ritenersi che non ci sia un popolo sovrano che prima non esista come nazione.
      L'esclusività del rapporto che esiste tra il popolo e la sua dimensione nazionale si manifesta sul territorio con i caratteri della sovranità.
      La sovranità di quel popolo-nazione è il presupposto del suo riconoscimento da parte degli altri soggetti internazionali. Non si può improvvisare né dichiarare. Deve nascere dal riconoscimento di un fatto storico.
      E l'effettiva consistenza di quel fatto storico può anche mutare fino a rinnegarlo. L'Europa ha visto disgregarsi gli stati che confondevano i due termini del binomio: sono sotto gli occhi di tutti l'epilogo della Jugoslavia e della Cecoslovacchia, alle quali si aggiunge la fine dell'Unione Sovietica.
      Quindi una costituzione può essere riconosciuta solo se esprima il binomio popolo-nazione: il trait d'union tra i due termini si chiama sovranità. Lo sfondo sul quale leggerlo è il territorio nazionale.
      L'incomprimibilità delle originalità nazionali determina per altro verso l'insopprimibilità delle costituzioni che le rappresentano.
      Finché in Europa coesisteranno molti popoli che sono anche nazioni esisteranno molte costituzioni storicamente originali ed insuperabili. Questa realtà non è mutata nei cinquant'anni di storia comunitaria.
      Il Trattato in esame riconosce e non contraddice questo dato storico a partire dal suo preambolo: «Persuasi che i popoli d'Europa, pur restando fieri della loro identità e della loro storia nazionale, sono decisi a superare le loro antiche divisioni e, uniti in modo sempre più stretto, a forgiare il loro comune destino» e «Certi che, "Unita nella diversità", l'Europa offra ai suoi popoli le migliori possibilità di proseguire, nel rispetto dei diritti di ciascuno e nella consapevolezza delle loro responsabilità nei confronti delle generazioni future e della Terra, la grande avventura
 

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che fa di essa uno spazio privilegiato delle speranze umane».

      4. Si può pertanto dire che il Trattato non ha natura costituzionale in senso formale. È però innegabile che esso presenti la «vocazione» ad essere una costituzione.
      Il suo obiettivo è avvicinare i popoli per favorirne la cooperazione e consentirne la integrazione, rispettandone la dimensione di naturale riferimento (non solo statale ma anche regionale). Ciò ha permesso di passare da una Comunità economica ad una Unione politica, nella quale questa Costituzione vale a consolidare un insieme di valori e di diritti di ispirazione universale, nell'interesse dei cittadini europei.
      Con questo Trattato si è raggiunta un'altra tappa del «processo costituzionale» europeo. Non si è invece davanti ad un atto di un processo costituente, perché la sua origine non si deve ad alcun potere costituente. Gli autori di questo Trattato continuano ad essere i Governi degli Stati membri e non c'è traccia di una legittimazione popolare che evochi le origini delle costituzioni nazionali.
      Forse è anche bene che sia così perché l'Europa non è (né deve essere) un superstato ma anzi appartiene ai popoli europei, che vi si «arricchiscono» non solo materialmente ma anche di valori e di tradizioni condivisibili: l'Europa non deve quindi appartenere ad uno solo (o a pochi) di tali popoli e tanto meno può legittimare una sintesi demografica che superi le originalità nazionali.
      La mancanza di un demos europeo è dunque un fatto, non un difetto dell'Europa.
      L'Europa ne dà atto anche con questo Trattato. Quindi l'Europa che risulta dalla sua «costituzione» non è un'Europa nuova rispetto a quella che conosciamo; semmai ne esce rinnovata.
      Dispone di strumenti nuovi o riorganizzati all'insegna dell'efficienza e dell'efficacia.
      Come si è visto nel paragrafo 2, l'impianto essenziale non cambia, a partire dalle sue istituzioni.
      Pertanto, al di là del significato del preambolo, tanto contestato soprattutto per quello che non dice - le radici giudaico-cristiane della storia europea sono un fatto storico e non è possibile mutarne l'importanza per il semplice fatto di evocarle - e tenendo conto del tenore letterale delle sue disposizioni e del complesso sistema di protocolli e dichiarazioni che lo corredano, il Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa rimane un atto internazionale tra gli Stati d'Europa, che ne sono autori, non tra i popoli d'Europa, che ne dovrebbero essere i beneficiari. È persino codificato il diritto di recesso per gli Stati che non intendano più far parte dell'Unione, ai sensi dell'articolo I-60, precisando che tale decisione può essere presa conformemente alle norme costituzionali dello Stato interessato.
      Dunque le costituzioni nazionali assolvono al ruolo di controlimite rispetto al Trattato.
      Ed i suoi tratti formali ne escludono ogni differenza rispetto ai precedenti trattati.
      Il nuovo Trattato di Roma è quindi un passo in più - decisamente in avanti - del processo di unificazione europea avviato nel 1957 (ma progettato molto prima). Che sia anche un processo costituzionale lo dimostrerà la storia. Al momento il modello decisionale europeo, nonostante l'estensione del metodo comunitario, vede ancora protagonisti gli Stati e comprimari i popoli. Spetta invece ai popoli la decisione di rinunciare all'originalità della costituzione nazionale in favore di una vera costituzione europea.
      Ma la prospettiva è realmente questa? Si vogliono superare le originalità nazionali riassumendole sotto il tetto di una costituzione confederale o federale? Il dibattito in Convenzione e nei Paesi membri non sembra si sia orientato in tal senso. Se manca allora la volontà di avere una costituzione in senso proprio, norma fondante un ordine costituzionale nuovo, originale, superiore ai sistemi costituzionali vigenti nei singoli stati membri, il Trattato che stiamo esaminando non può essere una vera costituzione: semmai può

 

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aspirare a diventarlo, rivelando un'intenzione (nemmeno un progetto) tutta da verificare alla luce delle vicende della storia che ci attende.

      4.1. Con queste premesse è più agevole analizzare il Trattato in termini giuridici.
      La questione che più di altre ha caratterizzato il dibattito politico è se il trattato contenga un impianto di poteri e funzioni tale da giustificare o meno una preventiva revisione della Costituzione italiana. Quindi se si debba o meno ratificarlo sulla base di una legge di autorizzazione di rango costituzionale.
      Si tratta quindi di due questioni da risolvere in via pregiudiziale.
      A tal fine la Commissione ha ascoltato anche alcuni docenti universitari per ricavarne utili spunti di riflessione. Su indicazione dei gruppi sono stati ascoltati Marta Cartabia, Beniamino Caravita di Toritto, Massimo Luciani, Franco Pizzetti e Gianni Ferrara. In realtà molte altre audizioni erano state richieste dai Gruppi ma i tempi di esame non le hanno rese possibili.
      Peraltro la Commissione Affari esteri, insieme alla Commissione Politiche dell'Unione europea ed alle omologhe Commissioni del Senato, ha svolto una lunga indagine conoscitiva che ha permesso ai parlamentari di monitorare l'intero processo di formazione del Trattato costituzionale.
      Alla luce degli elementi acquisiti la Commissione, deliberando a maggioranza, ha maturato il convincimento per il quale la scelta del Governo di avviare un ordinario procedimento legislativo di autorizzazione alla ratifica del Trattato in esame fosse la più corretta.

      4.2. Contro questa scelta si oppongono argomenti sul piano formale e sostanziale.
      Sul piano formale si segnala che:

          in Francia il Conseil Constitutionnel (dec. 505/2004) ha espressamente chiarito che la autorizzazione alla ratifica di tale trattato deve essere preceduta da una revisione di alcune parti della Costituzione francese;

          in alcuni ordinamenti di paesi europei è previsto che l'importazione al loro interno di modifiche ai trattati fondamentali deve essere preceduta da un aggiornamento della costituzione;

          in molti paesi europei è prevista la celebrazione di referendum consultivi;

          il Trattato lascia liberi i paesi membri di scegliere il procedimento più adatto per ratificarlo;

          in Italia, in vista dell'entrata in vigore del Trattato di Maastricht e prima della sua ratifica, si è celebrato un referendum consultivo istituito con legge costituzionale 3 aprile 1989, n. 2 (il quesito da sottoporre al referendum era il seguente: «Ritenete voi che si debba procedere alla trasformazione delle Comunità europee in una effettiva Unione, dotata di un Governo responsabile di fronte al Parlamento, affidando allo stesso Parlamento europeo il mandato di redigere un progetto di Costituzione europea da sottoporre direttamente alla ratifica degli organi competenti degli Stati membri della Comunità?»)

      Sul piano sostanziale si segnala che:

          gli articoli della parte I contengono statuizioni normalmente contenute in carte costituzionali;

          in particolare l'articolo I-6 sancisce la superiorità del diritto comunitario (tutto) sul diritto degli Stati membri;

          la parte II contiene la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione corredata dal preambolo originale, che reca un catalogo di diritti definiti in modo da intersecare il sistema dei diritti garantiti nelle costituzioni degli stati membri, condizionando la garanzia di questi ultimi.

      4.3. Ma esistono ragioni prevalenti per sostenere la scelta di ricorrere alla legge ordinaria di autorizzazione alla ratifica e di non modificare la Costituzione.

      4.3.1. Sul piano formale si rileva quanto segue.

 

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      In primo luogo occorre considerare che il Trattato in esame è un atto di diritto internazionale che, come tale, si pone e si connota allo stesso modo per tutti gli stati che lo hanno sottoscritto (il riconoscimento di questa natura è contenuto anche nella citata decisione 505/2004 del Conseil Constitutionnel, che nel preambolo ha precisato che il Trattato non può considerarsi di per sé una costituzione giuridicamente superordinata alle costituzioni nazionali, nonostante le auspicate modifiche alla Costituzione francese). Conseguentemente, sotto il profilo del regime giuridico, il Trattato non è formalmente superordinato all'insieme degli atti internazionali vigenti per ciascuno dei Paesi membri.
      Allora il problema di quale procedura scegliere per pervenire alla relativa ratifica è un problema di diritto interno, che, secondo il diritto internazionale, in omaggio ad un principio generale di buona fede, non rileva ai fini dell'esecuzione del trattato stesso (articoli 26 e 27 della Convenzione sul diritto dei trattati, fatta a Vienna il 23 maggio 1969, ratificata ai sensi della legge 12 febbraio 1974, n. 112). Ne deriva che la scelta di alcuni Paesi di attivare procedure interne di livello costituzionale, attinendo alla relativa dimensione interna, non è necessariamente emulabile negli altri Paesi. Ad esempio, in Francia esiste una forma di governo semipresidenziale del tutto diversa da quella parlamentare vigente in Italia. È quindi ovvio per quell'ordinamento che le norme del Trattato che prevedono un coinvolgimento diretto dei parlamenti nazionali nel meccanismo di allerta precoce di controllo dell'applicazione del principio di sussidiarietà nelle scelte comunitarie debbano essere precedute da corrispondenti innovazioni costituzionali.
      La ratifica finale rileverà pertanto sul piano internazionale allo stesso modo per tutti i Paesi membri, a prescindere dalle scelte istituzionali imposte dai relativi ordinamenti interni.
      In secondo luogo l'istituto del referendum consultivo nel nostro ordinamento è un istituto eccezionale (evoca il referendum del 2 giugno 1946, che ha legittimato la Costituzione vigente).
      Si registra solo il precedente del 1989, celebrato sulla base di una legge costituzionale ad hoc, con la quale si è inteso subordinare al relativo esito il seguito che l'Italia avrebbe dato al processo di unificazione europea come rappresentato nel Trattato di Maastricht. In quella occasione l'eccezionalità riconosciuta al passaggio in atto ha suggerito di consultare il popolo in aggiunta e preliminarmente all'attivazione del procedimento di autorizzazione alla ratifica.
      Tuttavia il quesito referendario ha sottoposto agli elettori una scelta in parte poi disattesa.
      Infatti, nella seconda parte del quesito, si chiedeva il consenso del popolo ad affidare al Parlamento europeo (non ai Governi) il mandato di redigere un progetto di Costituzione europea da sottoporre direttamente alla ratifica, mentre il testo del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa è stato definito dagli Stati membri.
      In ogni caso, anche nella prospettiva di una costituzione per l'Europa, l'esito positivo del referendum non ha impedito che la ratifica del trattato di Maastricht avvenisse sulla base di una legge di autorizzazione ordinaria e che non ci fossero modifiche costituzionali.
      La legittimazione politica fornita da quel referendum ha conferito invece alla costituzione materiale una elasticità tale da confermare anche nella prospettiva di una Unione europea l'interpretazione dell'articolo 11, in combinato disposto con l'articolo 80, della Costituzione, quale «portale» attraverso il quale l'Italia accede all'Europa e l'Europa entra in Italia, riconosciuta sin dalla sentenza n. 14 del 1964 dalla Corte costituzionale.
      Passando all'analisi dell'opzione da alcune parti avanzata circa la necessità di una legge di rango costituzionale per autorizzare la ratifica del presente Trattato, si rileva che tale soluzione implicherebbe conseguenze assai gravose per la Costituzione vigente in Italia: sulla base delle indicazioni della Corte costituzionale, il
 

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Trattato entrerebbe infatti in vigore con rango pari a quello della Costituzione.
      Tale effetto potrebbe essere evitato se tale legge costituzionale contenesse solo l'autorizzazione alla ratifica, non anche l'ordine di esecuzione, da rilasciare ad una legge ordinaria.
      Ma a questo punto circoscrivere il contenuto di una legge costituzionale alla sola autorizzazione alla ratifica, privandola dell'ordine di esecuzione, sottolineerebbe il fatto che il legislatore non avrebbe alcun potere in tale procedimento: è infatti l'ordine di esecuzione che permette al Trattato di dispiegare i suoi effetti secondo le regole del diritto internazionale. Quindi l'utilità di un procedimento del genere si giustificherebbe solo conferendo all'ordine di esecuzione la dignità di clausola di livello costituzionale.
      Si aggiunga poi che l'articolo 80 della Costituzione parla esplicitamente di «legge», escludendo quindi la possibilità di una interpretazione che ammetta una autorizzazione alla ratifica conferita con legge costituzionale. Infatti quando la Costituzione vuole che una determinata materia sia disciplinata con legge costituzionale, lo dice espressamente (si vedano, ad esempio, l'articolo 132, primo comma, che prevede che la fusione di regioni esistenti o la creazione di nuove regioni possa avvenire con legge costituzionale, e l'articolo 137, primo comma, che rimette alla legge costituzionale l'indicazione delle condizioni, delle forme, dei termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale e delle garanzie di indipendenza dei giudici costituzionali).
      Tale scelta può ricondursi alla preoccupazione dei Costituenti di evitare che, ricorrendo ad una legge di rango costituzionale per assolvere alle finalità di cui all'articolo 80, si importassero nell'ordinamento nuove «costituzioni» imposte dal governo in accordo con altri stati, contro la volontà costituente e la sovranità del Popolo di cui all'articolo 1.
      Si osserva ancora che la legge di cui all'articolo 80 è una legge dall'efficacia limitata: può solo autorizzare la ratifica, non può dire nulla di diverso dai contenuti dell'atto internazionale al quale è riferito. Non si può quindi concepire un'interpretazione della Costituzione per la quale la funzione di autorizzazione alla ratifica, affidata ad una legge dall'efficacia limitata rispetto a quella dello strumento legislativo ordinario, debba essere esercitata nel caso in esame addirittura con una legge costituzionale, per la quale la Costituzione non concepisce limiti di efficacia.
      Se poi la preoccupazione è quella di assicurare lo svolgimento di un referendum, occorre sottolineare che la relativa celebrazione nella dimensione del procedimento di revisione costituzionale è condizionata comunque al fatto che non si raggiunga in ciascuna Camera la maggioranza dei due terzi di cui all'articolo 138, maggioranza che invece sembra possibile prefigurare allo stato dell'attuale dibattito politico.
      Si aggiunga infine che, rispetto alle ordinarie leggi di autorizzazione di cui all'articolo 80, la Costituzione ha espressamente escluso la possibilità di celebrare il referendum abrogativo di cui all'articolo 75, che è la forma ordinaria più forte di coinvolgimento popolare che si conosca per incidere direttamente sulle leggi in vigore.

      4.3.2. Sul piano sostanziale si rileva quanto segue.
      La gran parte delle statuizioni di cui alla Parte I del Trattato risultavano già in vigore, anche come diritto non scritto, prima della loro scrittura. Si tratta infatti della parte «costituzionale» dell'acquis communautaire e di principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee (CGCE). Tra questi vi è anche il principio del primato del diritto comunitario, consolidato nell'articolo I-6. In tal senso non ci sono dubbi nemmeno per il Conseil costitutionnel, nell'ambito della citata decisione n. 505 del 2004.
      Infatti si può dire che la peculiarità di questo Trattato sia non solo quella di innovare l'ordinamento comunitario, rinnovando le istituzioni dell'Unione e semplificando i relativi meccanismi decisionali, ma anche quella di esplicitare ed

 

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ordinare il complesso di indicazioni giurisprudenziali e pratiche comunitarie già in vigore prima del Trattato, consolidando i principi di maggior rilievo in un testo scritto.
      Questa funzione non è sconosciuta al diritto internazionale, che infatti conosce vari esempi di Trattati di codificazione del diritto internazionale non scritto o consuetudinario. Si pensi alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, con allegati e atto finale, fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982, ratificata ai sensi della legge 2 dicembre 1994, n. 689, ed alla citata Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati. La peculiarità di queste convenzioni è che esse assolvono a tale funzione tra le Parti che le sottoscrivono e non trasformano gli istituti e le prassi che codificano, ma semplicemente le evidenziano in un contesto unitario ed inequivoco: quindi rimangono impregiudicate possibili nuove soluzioni applicative o interpretative non ritenute con esse in contrasto, ancorché di origine precedente alla codificazione.
      Il fatto che nel Trattato siano esplicitati principi, istituti e soluzioni interpretative già note nella prassi delle istituzioni comunitarie, a partire dal principio del primato del diritto comunitario rispetto ai diritti nazionali, va quindi ricondotto alla funzione codificante del Trattato, e non può essere interpretato né come cristallizzazione definitiva di quei principi né come fattore di rottura dell'ordine costituzionale dei singoli Paesi membri.
      In particolare per l'Italia il principio del primato dell'ordinamento comunitario, come molti altri trascritti nel Trattato, deve ritenersi in vigore da tempo, ma circondato dalle cautele che la Corte costituzionale ha saputo individuare con le sentenze n. 14 del 1964 e 173 del 1983, confermate dalla n. 170 del 1984. La Corte ha affermato che il sistema normativo comunitario che si origina nei Trattati si armonizza con l'ordinamento italiano per effetto dell'articolo 11 della Costituzione. I due ordinamenti coesistono in modo coordinato, pur riconoscendo che i Trattati e le norme di diretta efficacia che essi prevedano producono effetti diretti nell'ordinamento italiano. L'ordinamento comunitario, a partire dai trattati istitutivi, in ogni caso (come chiarito nella sentenza n. 173 del 1983) non può prevalere sui principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale e sui diritti inalienabili della persona umana, che possono essere fatti valere direttamente nell'ordinamento interno come controlimiti all'ordinamento europeo, chiamando la Corte costituzionale a pronunciarsi sull'ordine di esecuzione contenuto nelle leggi che autorizzano la ratifica dei Trattati stessi.
      L'articolo 11 della Costituzione continua dunque a governare l'ingresso in Italia delle norme comunitarie, legittimando - insieme al comma 1 dell'articolo 117 - le corrispondenti limitazioni di sovranità senza bisogno di revisione costituzionale. È infatti proprio l'articolo 11 che ha consentito una delle più significative limitazioni di sovranità dell'Italia dal dopoguerra: la sostituzione della lira con l'euro.
      Quanto alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione, il paventato conflitto delle previsioni raccolte nella parte II del Trattato con il diritto interno deve risolversi alla luce delle previsioni dell'articolo I-5 e del Preambolo alla parte II, che consentono di parlarne in termini di «catalogo» di diritti da rispettare in armonia rispetto alle norme internazionali ed alle norme e prassi costituzionali dei Paesi membri.
      In particolare ogni dubbio al riguardo può essere fugato sulla base delle previsioni di cui agli articoli II-111, II-112 e, soprattutto, II-113, che chiudono la Carta.
      L'articolo II-111 chiarisce che le disposizioni della Carta si applicano solo agli Stati membri «esclusivamente nell'attuazione del diritto dell'Unione».
      L'articolo II-112 prevede, tra l'altro, che la Carta non contraddice le tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, ove espressamente evocate (paragrafo 4), ed impone che si tenga «pienamente conto delle legislazioni e prassi nazionali», come specificato nella Carta stessa (paragrafo 6).
      L'articolo II-113 prevede infine che «nessuna disposizione della presente Carta deve essere interpretata come limitativa
 

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o lesiva dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali riconosciuti, nel rispettivo ambito d'applicazione, dal diritto dell'Unione, dal diritto internazionale, dalle convenzioni internazionali delle quali l'Unione o tutti gli Stati membri sono parti, in particolare la Convenzione di salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali, e dalle Costituzioni degli Stati membri». Si registra che il Tribunale costituzionale spagnolo, nella Dichiarazione 1/2004 conseguente al ricorso del Governo del 5 novembre 2004, ha fornito indicazioni di tenore compatibile con quanto appena rilevato, sostenendo in particolare l'inesistenza di una incondizionata superordinazione del diritto europeo ai diritti nazionali, per effetto dell'articolo II-113 e del contrappunto che esiste tra articolo I-6 e articolo I-60 del Trattato costituzionale (parte seconda, paragrafi 4 e 6, della Dichiarazione del Tribunale costituzionale), negando quindi al Trattato natura costituzionale in senso proprio.

      5. In conclusione pare importante sottolineare che l'Italia ha avuto un ruolo non secondario nella definizione di questo Trattato. In particolare è sotto la presidenza italiana dell'Unione che si è giunti alla versione per così dire stabilizzata rispetto al testo proposto dalla Convenzione ed è sempre grazie ad essa, ed all'esperienza maturata in occasione del «Conclave di Napoli», che sotto la presidenza irlandese si è potuto raggiungere l'accordo definitivo sul testo che abbiamo all'esame.
      È quindi possibile procedere all'approvazione di questa legge di autorizzazione con piena convinzione e senza dubbi circa le conseguenze dell'entrata in vigore del nuovo Trattato di Roma.
      Paese fondatore dell'Europa nata nel 1957, l'Italia è stata protagonista di tutte le successive vicende dell'integrazione europea, accettando di favorirne lo sviluppo economico, politico ed istituzionale consapevole che la stabilizzazione che si è realizzata nel vecchio continente è dovuta essenzialmente a quella prima decisione ed allo spirito che ha sempre accompagnato tutti i successivi sviluppi, spirito di pace e non di guerra, di libertà e non di oppressione, di arricchimento e non di impoverimento per i popoli d'Europa.
      È giusto quindi che il nostro Paese confermi quell'impegno, nella convinzione che anche il nome del Trattato che stiamo esaminando esprime il moto evolutivo di un'Europa che si riunisce e che insieme evolve al di là dei propri confini, piuttosto che un'idea di superstato che si afferma al di sopra degli ordinamenti dei Paesi membri: non a caso si è scelto di parlare di una «Costituzione per l'Europa» e non, ad esempio, di «Costituzione dell'Unione».
      Il fatto che l'Europa del Trattato in esame non sia quella dell'Unione a 15 di pochi mesi fa, prima del rinnovo del Parlamento europeo, e sia profondamente diversa dall'Europa dei sei Paesi fondatori, la dice lunga su quello che potrà diventare nel futuro. Occorre quindi accogliere la «Costituzione per l'Europa» non come un pericolo dai tratti indistinti ma come un impegno ed una esortazione alla cooperazione tra i popoli.
      Un'ultima notazione. Come deputati non possiamo che apprezzare il maggiore coinvolgimento dei Parlamenti nazionali nei processi decisionali comunitari, nell'ambito della procedura di controllo dell'applicazione dei principi di sussidiarietà nelle decisioni comunitarie, sulla base del principio di cui all'articolo I-11, paragrafo 3, del Trattato, e di quanto previsto dal protocollo n. 2 sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità. Così infatti l'Europa risulta caratterizzata da una significativa riduzione di quel deficit di democraticità che ha da sempre costituito una delle più incisive armi di contestazione dei progressi dell'Unione in mano agli euroscettici.
      Invito pertanto tutti i Colleghi ad una rapida e convinta approvazione del presente disegno di legge.

Gustavo SELVA, Relatore

 

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PARERE DELLA I COMMISSIONE PERMANENTE
(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

      La I Commissione,

        esaminato il testo del disegno di legge C. 5388, per la ratifica del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa;

        rilevato che le disposizioni recate dal provvedimento interessano le materie «politica estera e rapporti internazionali dello Stato» e «rapporti dello Stato con l'Unione europea», che l'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione, riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato;

        ritenuto che non sussistano motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale,

        esprime

PARERE FAVOREVOLE

        

PARERE DELLA II COMMISSIONE PERMANENTE
(Giustizia)

        La II Commissione,

            esaminato il disegno di legge C. 5388;

            rilevato che, in materia di diritti fondamentali dell'Unione:

        il primo paragrafo dell'articolo 1-9 del Trattato, integrando la Carta dei Diritti fondamentali annessa al Trattato di Nizza nella Costituzione per l'Europa, conferisce valore giuridico vincolante ai principi sanciti dalla Carta stessa, tra i quali si ricordano in particolare, quelli relativi alla effettività della tutela giurisdizionale, ai diritti della difesa, all'imparzialità del giudice, alla presunzione di innocenza, alla legalità e proporzionalità dei reati e delle pene ed al diritto di non essere giudicato o punito due volte per lo stesso reato;

        il secondo ed il terzo paragrafo del medesimo articolo prevedono, l'uno, l'adesione dell'Unione alla Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo e, quindi, al principio del giusto processo, sancito dall'articolo 6 della Convenzione, e, l'altro, il recepimento, nel diritto dell'Unione, dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione e di quelli risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri;

            ritenuto che la ratifica e l'esecuzione del Trattato rendono oramai improcrastinabile la completa e definitiva attuazione nell'ordinamento italiano del principio costituzionale del giusto processo, in

 

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quanto si tratta di un principio che trova una piena corrispondenza proprio tra i principi sanciti dalla Costituzione per l'Europa;

            rilevato che, in relazione al rapporto tra le garanzie riconosciute dalla Costituzione italiana e quelle sancite dal Trattato:

        il trattato introduce un livello minimo di garanzie che in ogni Stato membro deve essere riconosciuto ai cittadini, senza tuttavia escluderne uno più elevato, per cui laddove sussistano garanzie costituzionali di più alto profilo, queste non possono essere ridotte allo standard minimo previsto dalla Costituzione per l'Europa;

        il primo paragrafo dell'articolo II-112 - secondo cui, a condizione che sia necessario e risponda effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall'Unione o all'esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui, potranno essere previste dalla normativa europea limitazioni all'esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla Carta dei Diritti fondamentali, sia pure nel rispetto del loro contenuto essenziale - debba essere interpretato sulla base della costante giurisprudenza della Corte costituzionale, secondo la quale gli atti dell'Unione europea incontrano il limite invalicabile dei principi supremi e dei diritti inviolabili sanciti dalla Costituzione italiana, per cui questi atti, quando pregiudicano le garanzie fondamentali della persona previste da quest'ultima, non possono trovare applicazione nel nostro ordinamento, anche laddove siano stati emanati ai sensi del primo paragrafo dell'articolo II-112;

        per quanto attiene alle materie di propria competenza;

        esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti osservazioni:

            a) la Commissione di merito valuti l'opportunità di inserire nel disegno di legge di ratifica una disposizione di interpretazione autentica volta a specificare che le disposizioni del Trattato e degli atti dell'Unione che in questo trovano la propria legittimazione non possono essere interpretati nel senso di determinare una riduzione delle garanzie relative ai diritti dell'uomo e alle libertà fondamentali previste dalla Costituzione italiana;

            b) la Commissione di merito, anche ai fine di attuare in maniera completa e definitiva nell'ordinamento italiano il principio costituzionale del giusto processo, valuti l'opportunità di inserire nel disegno di legge di ratifica disposizioni volte ad adeguare la legislazione ordinaria nazionale ai principi di diritto penale, sostanziale e processuale, sanciti dal Trattato, come quelli relativi al diritto ad un ricorso effettivo e a un giudice imparziale e indipendente (articolo II-107), alla presunzione di innocenza ed al rispetto dei diritti della difesa (articolo II-108), alla irretroattività delle legge penale sfavorevole ed alla retroattività di quella più favorevole ed alla proporzionalità della pena (articolo II-209), nonché al diritto di non essere

 

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giudicato o punito due volte per lo stesso reato (articolo II-110), o richiamati dal Trattato, come quelli inerenti al diritto ad un processo equo, previsti dall' articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, alla quale l'Unione aderisce, secondo quanto previsto dal paragrafo 2 dell'articolo I-9 del Trattato.

        

PARERE DELLA IV COMMISSIONE PERMANENTE
(Difesa)

        La IV Commissione,

            esaminato il testo del disegno di legge C. 5388, recante «Ratifica ed esecuzione del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa e alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Roma il 29 ottobre 2004»,

        premesso che:

            il presente Trattato realizza il processo di riforma delle istituzioni prospettato nella dichiarazione sul futuro dell'Unione (n. 23), allegata al Trattato di Nizza del 26 febbraio 2001, e nella dichiarazione del Consiglio europeo di Laeken del 14-15 dicembre 2001;

            il citato Trattato, conformemente a quanto previsto nelle predette dichiarazioni, semplifica l'ordinamento dell'Unione europea attraverso l'eliminazione della struttura a «pilastri» (pilastro comunitario; politica estera e di sicurezza comune; spazio di libertà, sicurezza e giustizia) e conferisce personalità giuridica unica all'Unione, consentendole di divenire a tutti gli effetti soggetto di diritto internazionale, agevolando in tal modo la definizione del ruolo dell'Unione stessa nell'ambito della attività esterna ed, in particolare, nella politica estera e di sicurezza comune (PESC);

            l'integrazione tra le relazioni esterne e la PESC è assicurata dalla definizione di un quadro di principi, valori ed obiettivi a cui dovrà ispirarsi l'Unione nelle relazioni con il resto del mondo, quali ad esempio la rigorosa osservanza e lo sviluppo del diritto internazionale e, in particolare, il rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite;

        valutate positivamente in particolare:

            l'istituzione della nuova figura del Ministro degli affari esteri, a cui è affidato l'incarico di dirigere la PESC, e l'accresciuto ruolo del Consiglio europeo nell'orientare la formazione delle politiche esterne dell'Unione;

            l'attribuzione all'Unione di competenze finalizzate alla definizione progressiva di una politica comune di sicurezza e difesa, senza

 

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comunque che quest'ultima pregiudichi il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri, nel rispetto degli obblighi derivanti dal Trattato del Nord-Atlantico;

            l'istituzione, nel quadro del progressivo miglioramento delle capacità militari degli Stati membri, dell'Agenzia europea per la difesa nel settore dello sviluppo delle capacità di difesa, della ricerca e dell'acquisizione degli armamenti;

            l'introduzione della cosiddetta cooperazione strutturata permanente, che prevede un doppio binario per la partecipazione alla politica di difesa dei Paesi europei con maggiori capacità militari;

            la clausola di mutua assistenza, di cui all'articolo I-41, paragrafo 7, che dispone che gli Stati membri debbano prestare aiuto o assistenza con tutti i mezzi in loro possesso in caso di aggressione armata subita da un altro Stato membro nel suo territorio;

            la clausola di solidarietà di cui all'articolo I-43 che prevede che l'Unione e gli Stati membri agiscano congiuntamente in spirito di solidarietà qualora uno Stato membro sia oggetto di un atto terroristico o sia vittima di una calamità naturale o provocata dall'uomo;

        esprime

PARERE FAVOREVOLE.

        

PARERE DELLA V COMMISSIONE PERMANENTE
(Bilancio, tesoro e programmazione)

        La V Commissione,

        sul testo del provvedimento:

            premesso che il Trattato, nei 448 articoli e 36 protocolli di cui è costituito, non prevede il principio di accountability in materia di informazioni contabili. Con questo principio, non previsto dal Trattato, si realizzerebbe il diritto dei cittadini europei ad ottenere dall'Unione e da ogni Stato membro bilanci chiari ed esaurienti, che oltre a previsioni ed a consuntivi sulle entrate e le spese includano anche le indispensabili informazioni patrimoniali quali, a titolo di esempio, 1) il valore attualizzato dei debiti pensionistici, 2) il minore tra il costo storico e le stima del prezzo di mercato dei beni patrimoniali di cui si prevede la cessione nell'anno successivo, e le altre notizie necessarie per informare in modo corretto e completo i cittadini europei;

 

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            rilevato che la portata del Trattato ha indotto, per il momento, ben 9 Stati membri, a decidere che il processo di ratifica debba comportare anche lo svolgimento di un referendum;

        considerato che:

            a) una compiuta valutazione della portata delle disposizioni recate dal Trattato presupporrebbe l'acquisizione di elementi di maggiore certezza per quanto concerne gli esiti del confronto in corso a livello europeo relativamente alle prospettive finanziarie dell'Unione e all'aggiornamento delle regole del Patto di stabilità e crescita;

            b) la definizione del quadro finanziario per il periodo 2007-2013 e l'applicazione del Patto di stabilità e crescita saranno, infatti, decisivi ai fini delle prospettive del processo di integrazione europea nell'ambito del nuovo Trattato costituzionale, incidendo in misura determinante sull'oggetto, l'intensità e le modalità di effettiva esplicazione delle competenze dell'Unione nonché sulle politiche economiche e fiscali degli Stati membri;

            c) per quanto concerne specificamente le prospettive finanziarie e la determinazione delle risorse proprie dell'Unione, di cui agli articoli I-54, I-55 e III-402 del Trattato, è necessario evitare una riduzione degli stanziamenti a disposizione, tenuto conto delle nuove competenze attribuite all'Unione dal Trattato stesso e degli oneri derivanti dal progressivo allargamento, con l'ingresso di paesi che versano in condizioni economiche più disagiate. Tale esigenza appare tanto più evidente ove si consideri il rischio di determinare, attraverso una riduzione delle risorse complessivamente a disposizione dell'Unione, un pregiudizio alle politiche di coesione, di cui l'Italia risulta tra i maggiori beneficiari;

            d) per quanto concerne l'aggiornamento delle regole in materia di Unione economica e monetaria e, in particolare, di Patto di stabilità e crescita, le modifiche prospettate dal Trattato non sembrano comportare novità particolarmente rilevanti, con queste due significative eccezioni: 1) la previsione, di cui all'articolo III-196, della possibilità di garantire una rappresentanza unificata dell'area dell'euro nell'ambito di istituzioni e conferenze finanziarie internazionali, e 2) l'attribuzione alla Commissione, ai sensi dell'articolo III-184, della responsabilità di adottare direttamente gli avvertimenti preventivi in presenza di un rischio di disavanzi eccessivi, senza necessità dì approvazione da parte del Consiglio;

            e) occorre proseguire il lavoro di verifica e approfondimento per pervenire a soluzioni condivise e praticabili per quanto riguarda l'applicazione delle regole del Patto di stabilità e di crescita, in considerazione dell'esigenza di assicurare adeguati spazi di intervento per la realizzazione di politiche economiche che sappiano contemperare in maniera equilibrata l'obiettivo della stabilità monetaria con quello di più elevati tassi di sviluppo, ferma restando la necessità di proseguire il processo di risanamento delle finanze pubbliche, ivi compreso il progressivo rientro del debito;

 

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            f) al riguardo, appare condivisibile l'indicazione, recentemente avanzata dalla Commissione europea, di attribuire maggiore importanza all'andamento del ciclo economico nell'applicazione della procedura dei disavanzi eccessivi, in particolare tenendo conto degli effetti che possono derivare da un rallentamento del tasso di crescita dell'economia che sia protratto nel tempo, così come quella di evitare politiche di bilancio procicliche nelle fasi di maggiore crescita economica;

            g) è in ogni caso indispensabile valutare adeguatamente l'incidenza delle riforme strutturali volte a migliorare la sostenibilità nel medio e lungo periodo delle finanze pubbliche;

            h) appare altresì assolutamente indifferibile provvedere al più presto alla statuizione di principi contabili e di principi di controllo indipendenti generalmente accettati ed applicati in sede di predisposizione dei bilanci preventivi e consuntivi sia dell'Unione che degli Stati membri, che prevedano l'esposizione e la valutazione nel bilancio anche delle voci patrimoniali, in modo da assicurare pienamente il diritto di tutti i cittadini europei di disporre di informazioni puntuali e affidabili sulle effettive condizioni finanziarie e patrimoniali dell'Unione e di ogni singolo Stato membro;

            preso atto dei chiarimenti forniti dal Governo per cui:

                1) la concreta attuazione di alcuna delle previsioni recate dal Trattato, relativamente alle quali, allo stato, non sembra potersi escludere la possibilità dell'emersione di nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, implica comunque l'adozione di successivi provvedimenti di legge, con i quali si provvederà ad assicurare la necessaria copertura degli eventuali oneri;

                2) l'applicazione del criterio dell'unanimità per quanto concerne le disposizioni in materia di istituzione di un'Agenzia per la difesa di cui all'articolo I-41, così come per quelle di cui all'articolo III-274, per quanto riguarda l'eventuale istituzione di una Procura europea, costituisce un ulteriore presidio atto ad evitare che dall'attuazione delle predette disposizioni possano derivare, per la finanza pubblica italiana, nuovi o maggiori oneri privi di adeguata copertura;

                3) le disposizioni di cui all'articolo III-296, relativamente all'istituzione del Servizio europeo per l'azione esterna, per il cui funzionamento è previsto il distacco di personale del servizio diplomatico degli Stati membri, non determinano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica stante la possibilità di procedere ai conseguenti necessari ricollocamenti del personale interessato tra le diverse amministrazioni;

            esprime

NULLA OSTA

        

 

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PARERE DELLA VI COMMISSIONE PERMANENTE
(Finanze)

        La VI Commissione,

            esaminato il disegno di legge C. 5388, recante «Ratifica ed esecuzione del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa ed alcuni atti confessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Roma il 29 ottobre 2004»;

            rilevato come la definizione di una Carta costituzionale dell'Unione, sebbene non corrisponda pienamente al contenuto di una vera e propria Costituzione, costituisca un passo avanti positivo, precostituendo la possibilità di procedere ulteriormente nel processo di integrazione politica dei Paesi membri dell' Unione europea;

            evidenziato come il Trattato operi una riorganizzazione complessiva della legislazione europea ed una migliore distinzione delle norme contenute nei diversi Trattati europei, definendo con maggiore chiarezza le tipologie degli atti che possono essere adottati dall'Unione europea, e realizzando altresì una più chiara distinzione tra il Consiglio europeo ed il Consiglio dei ministri;

            sottolineando l'esigenza di stabilire con maggiore chiarezza le prospettive di sviluppo del ruolo rivestito dalla Commissione europea, esplicitando se essa debba assumere, in futuro, i compiti di un vero e proprio Governo federale dell'Europa, ovvero assumere i caratteri di Agenzia specializzata nello svolgimento dei compiti che i Trattati le assegnano, sancendo in tal modo il passaggio da un modello di sviluppo in senso federale dell'Unione ad un modello evolutivo di stampo confederale;

            sottolineata la preoccupazione che il Trattato non individui strumenti di politica economica efficaci, che siano in grado di contribuire a realizzare uno sviluppo economico adeguato e duraturo dei Paesi dell'Unione europea;

            considerata l'opportunità di giungere in tempi brevi alla ratifica del Trattato, onde consentirne la tempestiva entrata in vigore;

        esprime

PARERE FAVOREVOLE

        

PARERE DELLA VII COMMISSIONE PERMANENTE
(Cultura, scienza e istruzione)

        La VII Commissione,

            esaminato il disegno di legge C. 5388, per la ratifica ed esecuzione del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa,

 

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            espresso rammarico per la mancata inclusione, nel preambolo del Trattato, di un espresso riferimento alle radici cristiane dell'Unione europea,

        esprime

PARERE FAVOREVOLE

        

PARERE DELLA VIII COMMISSIONE PERMANENTE
(Ambiente, territorio e lavori pubblici)

PARERE FAVOREVOLE

        

PARERE DELLA IX COMMISSIONE PERMANENTE
(Trasporti, poste telecomunicazioni)

        La IX Commissione,

            esaminato, per le parti di competenza, il disegno di legge: «Ratifica ed esecuzione del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa e alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Roma il 29 ottobre 2004» (C. 5388),

            ricordato che il Trattato in esame è stato approvato al termine dell'intenso lavoro svolto - sulla base delle dichiarazioni di Nizza e di Laeken del 2001 - da parte della Convenzione europea, e che a tale lavoro è seguito l'esame da parte della Conferenza intergovernativa (CIG), che ha avviato i propri lavori a Roma il 4 ottobre 2003, sotto la Presidenza italiana, terminandoli il 28 giugno 2004 con l'approvazione di un testo finale e con gli annessi atti, protocolli - ivi incluso il protocollo sul ruolo dei Parlamenti nazionali - e dichiarazioni,

            preso atto, nell'ambito della Parte III, delle disposizioni che hanno ad oggetto i settori di diretta competenza della IX Commissione, con particolare riferimento alle sezioni Trasporti (sezione 7), Reti Transeuropee (sezione 8), e Ricerca e sviluppo tecnologico e Spazio (sezione 9), per i quali la nuova disciplina appare, per molti aspetti, invariata rispetto ai vigenti Trattati;

            rilevato peraltro che, all'articolo III-141 del Trattato, è prevista una deroga che stabilisce che le disposizioni della sezione relativa ai trasporti non ostano alle misure adottate nella Repubblica federale di Germania, sempre che tali misure siano necessarie a compensare gli svantaggi economici cagionati dalla divisione della Germania all'economia

 

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di talune regioni della Repubblica federale che risentono di tale divisione;

            sottolineato il rischio che tale deroga, indefinita nel tempo, possa consentire alla Germania di continuare ad applicare le attuali tariffe ridotte per i trasporti che hanno origine nel suo territorio creando distorsioni della concorrenza non irrilevanti soprattutto per i soggetti operanti nei territori vicini;

            richiamato, al riguardo, quanto previsto nella risoluzione n. 8-00086, approvata dalle Commissioni riunite III e IX il 20 maggio 2004;

            tenuto conto infine, per quanto concerne il settore delle comunicazioni, del contenuto del Protocollo sul sistema di radiodiffusione pubblica negli Stati membri, allegato al Trattato stesso (numero 27);

        esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti osservazioni:

            a) si segnala l'opportunità che sia assicurata la corretta applicazione delle norme e degli accordi convenuti in sede europea in termini di deroghe alle norme generali relative alle tematiche dei trasporti;

            b) si esprime l'auspicio che l'approvazione del Trattato possa dare un nuovo impulso anche al ruolo svolto dai Parlamenti nazionali - e, quindi, dalle Commissioni parlamentari competenti per materia - nella fase ascendente di formazione del diritto comunitario e nella fase discendente di attuazione dello stesso.

        

PARERE DELLA X COMMISSIONE PERMANENTE
(Attività produttive, commercio e turismo)

        La X Commissione,

            esaminato il disegno di legge C. 5388, recante «Ratifica ed esecuzione del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa ed alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Roma il 29 ottobre 2004»;

            rilevato che il Trattato costituzionale si apre con un preambolo che individua nelle eredità culturali, religiose ed umanistiche dell'Europa, le basi su cui si sono sviluppati i valori universali dei diritti della persona e dello stato di diritto e indica quale obiettivo dell'Europa quello di farsi portatrice di civiltà, progresso e benessere;

 

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            sottolineato che l'articolo I-2 individua quali valori dell'Unione quelli della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello stato di diritto e del rispetto dei diritti umani;

            valutata positivamente - per quanto attiene agli aspetti che investo più direttamente le competenze della X Commissione - l'introduzione della ricerca spaziale tra le materie a competenza concorrente (articolo III-254) ed evidenziato come occorra che l'Italia potenzi le proprie capacità industriali in tale settore strategico, garantendo il progresso tecnico e scientifico e la competitività delle imprese nazionali, al fine di assumere un ruolo significativo nel quadro della politica spaziale europea;

            osservato che il Trattato costituzionale introduce una nuova base giuridica e prevede la procedura legislativa ordinaria nel settore dell'energia;

            ritenuta altresì di particolare rilievo l'inclusione, con l'articolo III-281, del turismo tra i settori nei quali l'unione può decidere di svolgere un'azione di sostegno, di coordinamento o di complemento, in particolare promuovendo la competitività delle imprese in tale ambito; in tale quadro l'Italia è chiamata ad una riflessione sulla struttura organizzativa e sulle generali politiche del comparto, al fine di svolgere un ruolo trainante nel settore, anche facendosi promotrice dell'attivazione di meccanismi di cooperazione rafforzata che coinvolgano il più ampio numero possibile di paesi;

            considerata l'opportunità di giungere in tempi brevi alla ratifica del Trattato, onde consentirne la tempestiva entrata in vigore;

        esprime

PARERE FAVOREVOLE.

        

PARERE DELLA XI COMMISSIONE PERMANENTE
(Lavoro pubblico e privato)

        La XI Commissione,

            a) esaminato il disegno di legge per la ratifica del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa;

            b) rilevato che il nuovo Trattato qualifica l'Unione europea quale soggetto dotato di personalità giuridica e in quanto tale titolare della capacità autonoma di stipula dei Trattati, il che costituisce un'importante innovazione per il rilievo che l'Unione europea dovrà essere capace di assumere a livello internazionale e in particolare in seno all'Organizzazione delle Nazioni Unite, anche in riferimento alla futura riforma del Consiglio di sicurezza;

 

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            c) apprezzato che il Preambolo della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, inserita integralmente nella Parte II del Trattato, richiama il retaggio spirituale e morale dell'Europa, da cui discendono i valori universali della dignità umana, della libertà, dell'uguaglianza e della solidarietà, ai quali l'Unione europea ispira la propria azione, unitamente al principio di democrazia e dello stato di diritto, riconoscendo espressamente il principio dell'universalità dei diritti fondamentali;

            d) sottolineato che sarebbe stato più opportuno ribadire espressamente tra i princìpi fondamentali dell'Unione europea i valori e gli ideali cristiani;

            e) condivisa la nuova definizione del rapporto Parlamento-Commissione-Consiglio - ferma la necessità in futuro di un ulteriore potenziamento del ruolo e delle funzioni del Parlamento europeo - si apprezza in particolare il ruolo specifico e rilevante che la nuova Costituzione europea assegna al Ministro degli affari esteri dell'Unione - nominato dal Consiglio europeo, a cui è affidata la guida della politica estera e di sicurezza comune dell'Unione e la sua attuazione in qualità di mandatario del Consiglio - il quale assume al contempo il ruolo di uno dei Vice Presidenti della Commissione, divenendo la nuova figura centrale delineata dalla Carta costituzionale europea, che assicura il punto di raccordo tra la Federazione degli Stati membri e le singole identità degli Stati nazione;

            f) considerato che appare condivisibile che nella nuova Unione europea vi sia la previsione specifica di un potenziamento del ruolo dei parlamenti nazionali con l'espressa disciplina recata dal protocollo sul ruolo dei parlamenti nazionali e di quello sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, elemento qualificante della nuova Costituzione europea, poiché si favorisce in questo modo una partecipazione reale di tutti i cittadini europei all'attività dell'Unione e si sostiene l'evoluzione democratica dell'Unione medesima, sempre più avviata a diventare la comunità politica delle nazioni e dei popoli d'Europa;

            g) ritenuto, inoltre, che appare opportuna in tal senso la trasmissione diretta ai parlamenti nazionali dei documenti di consultazione della Commissione, nonché di tutte le proposte legislative, delle loro modifiche nel corso del procedimento; del programma legislativo annuale, della strategia politica annuale e degli altri strumenti di programmazione della Commissione e del Consiglio, anche in ordine all'applicazione del principio di sussidiarietà (cosiddetto early warning o allerta precoce);

            h) considerata favorevolmente la previsione di strumenti di effettiva attuazione del principio di sussidiarietà, per cui l'Unione europea interviene nei settori che non sono di sua competenza esclusiva, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere sufficientemente raggiunti dagli Stati membri, sia a livello centrale, che regionale o locale, rimettendo ai parlamenti nazionali il compito di vigilare sul rispetto di tale principio

 

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secondo la procedura prevista nel protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità; nonché del principio di proporzionalità, per il quale il contenuto e la forma dell'azione dell'Unione non vanno al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi dell'Unione;

            i) rilevato in questo senso, in particolare, che il principio di sussidiarietà implica l'opportunità di conciliare i parametri economico-finanziari dell'Unione con le esigenze proprie dei singoli Stati membri, ritenendosi opportuno conseguentemente un aggiornamento dei criteri di applicazione del Patto di stabilità e crescita, anche allo scopo di non pianificare la realizzazione degli obiettivi previsti dall'Agenda di Lisbona, la cui verifica è prevista per marzo 2005;

            l) ritenuto in tal senso opportuno, nel negoziato relativo alla definizione del nuovo quadro finanziario dell'Unione per il periodo 2007-2013, di porre in essere iniziative idonee ad evitare che la determinazione delle risorse di cui potrà disporre il bilancio comunitario si traduca in un aggravio a carico del bilancio dello Stato italiano, anche sostenendo a tal fine le proposte miranti ad introdurre sistemi generalizzati di correzione a vantaggio dei maggiori contributori netti, come l'Italia;

            m) considerato, infine, favorevolmente l'ulteriore allargamento dell'Unione europea ad altri Paesi candidati, come Romania e Bulgaria, nonché la prospettiva di adesione di ulteriori paesi, come la Croazia, l'Albania e la Turchia, ferma restando per quest'ultimo Paese l'opportunità di lasciare al Governo il più ampio mandato per negoziare le modalità concrete del suo processo di avvicinamento all'Unione europea;

            esprime

PARERE FAVOREVOLE.

        

PARERE DELLA XII COMMISSIONE PERMANENTE
(Affari sociali)

        La XII Commissione,

            esaminato, per le parti di propria competenza, il disegno di legge C. 5388 «Ratifica ed esecuzione del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa e alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Roma il 29 ottobre 2004»;

            considerato che nel testo del Trattato, all'articolo II-63, è stabilito il divieto alla donazione riproduttiva ma non vi è alcun riferimento alla donazione terapeutica in contrasto con quanto può evincersi nella Convenzione di Oviedo, ratificata dall'Italia in base alla legge 29 marzo 2001, n. 145;

 

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            rilevato altresì che l'articolo II-69 potrebbe porsi in contrasto con l'articolo 29 della nostra Costituzione che riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio;

            esprime

PARERE FAVOREVOLE.

        

PARERE DELLA XIII COMMISSIONE PERMANENTE
(Agricoltura)

        La XIII Commissione

            esaminato, per le parti di propria competenza, il disegno di legge C. 5388, per la Ratifica del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa;

            considerata la valenza politica, culturale, sociale ed economica del Trattato, che si fonda su un nuovo concetto di sovranità nazionale, di politica estera, di sicurezza e di difesa comune, nonché di cittadinanza europea;

        premesso che:

            lo scenario competitivo dell'agricoltura nell'Europa allargata pone l'esigenza di una maggiore aggregazione dei produttori, al fine di sfruttare al meglio le opportunità che si presentano nel nuovo contesto;

            l'integrazione delle filiere produttive tra Paesi diversi comporterà un livellamento verso il basso dei costi di produzione, determinando quindi la necessità di promuovere la competitività delle aziende agricole italiane;

            la dichiarazione n. 41, adottata dalla Conferenza dei rappresentanti dei Governi degli Stati membri e contenuta nell'atto finale allegato al Trattato, impegna il Governo italiano all'esecuzione di un programma decennale di espansione economica mirante a sanare gli squilibri strutturali dell'economia italiana, in particolare grazie all'infrastrutturazione delle zone meno sviluppate nel Mezzogiorno e nelle isole e alla creazione di nuovi posti di lavoro per eliminare la disoccupazione e considera tale sforzo di interesse comune;

            esprime

PARERE FAVOREVOLE.

        

 

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PARERE DELLA XIV COMMISSIONE PERMANENTE
(Politiche dell'unione europea)

        La XIV Commissione,

            esaminato il disegno di legge per la ratifica del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa;

            rilevato che il nuovo Trattato qualifica l'Unione europea quale soggetto dotato di personalità giuridica e in quanto tale titolare della capacità autonoma di stipula dei Trattati, il che costituisce un'importante innovazione per il rilievo che l'Unione europea dovrà essere capace di assumere a livello internazionale e in particolare in seno all'Organizzazione delle Nazioni Unite, anche in riferimento alla futura riforma del Consiglio di sicurezza;

            apprezzato che il Preambolo della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, inserita integralmente nella Parte II del Trattato, richiama il retaggio spirituale e morale dell'Europa, da cui discendono i valori universali della dignità umana, della libertà, dell'uguaglianza e della solidarietà, ai quali l'Unione europea ispira la propria azione, unitamente al principio di democrazia e dello stato di diritto, riconoscendo espressamente il principio dell'universalità dei diritti fondamentali;

            rilevato peraltro che sarebbe stato più opportuno ribadire espressamente tra i principi fondamentali dell'Unione europea i valori cristiani;

            condivisa la nuova definizione del rapporto Parlamento-Commissione Consiglio e ferma la necessità in futuro di un ulteriore potenziamento del ruolo e delle funzioni del Parlamento europeo, si apprezza in particolare il ruolo specifico e rilevante che la nuova Costituzione europea assegna al ministro degli affari esteri dell'Unione - nominato dal Consiglio europeo, a cui è affidata la guida della politica estera e di sicurezza comune dell'Unione e la sua attuazione in qualità di mandatario del Consiglio - il quale assume al contempo il ruolo di uno dei Vice Presidenti della Commissione, divenendo la nuova figura centrale delineata dalla Carta costituzionale europea, che assicura il punto di raccordo tra la Federazione degli Stati membri e le singole identità degli Stati nazione;

            considerato che appare condivisibile che nella nuova Unione europea vi sia la previsione specifica di un potenziamento del ruolo dei parlamenti nazionali con l'espressa disciplina recata dal Protocollo sul ruolo dei parlamenti nazionali e di quello sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, elemento qualificante della nuova Costituzione europea, poiché si favorisce in questo modo una partecipazione reale di tutti i cittadini europei all'attività dell'Unione, e si sostiene l'evoluzione democratica della vita dell'Unione medesima, sempre più avviata a diventare la comunità politica delle nazioni e dei popoli d'Europa;

 

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            ritenuto, inoltre, che appare opportuna in tal senso ai Parlamenti nazionali dei documenti di consultazione della Commissione, nonché di tutte le proposte legislative, delle loro modifiche nel corso del procedimento; del programma legislativo annuale, della strategia politica annuale e degli altri strumenti di programmazione della Commissione e del Consiglio, anche in ordine all'applicazione del principio di sussidiarietà (cosiddetto early warning o allerta precoce);

            considerato che, sebbene proprio in relazione agli atti di programmazione comunitaria, come il programma legislativo della Commissione e il piano d'azione del Consiglio, è stato già realizzato dalla Commissione politiche dell'Unione europea, nel corso della XIV legislatura, un percorso procedurale volto ad assicurarne un esame preliminare coinvolgendo l'Assemblea con una pronuncia formale, si ritiene che tale procedura, alla luce del nuovo dettato della Costituzione per l'Europa recata nel Trattato in esame, debba senz'altro essere potenziata in futuro, coinvolgendo anche i rappresentanti delle regioni e degli enti locali;

            considerata favorevolmente la previsione di strumenti di effettiva attuazione del principio di sussidiarietà, per cui l'Unione europea interviene nei settori che non sono di sua competenza esclusiva, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere sufficientemente raggiunti dagli Stati membri, sia a livello centrale, che regionale o locale, rimettendo ai parlamenti nazionali il compito di vigilare sul rispetto di tale principio secondo la procedura prevista nel protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità; nonché del principio di proporzionalità, per il quale il contenuto e la forma dell'azione dell'Unione non vanno al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi dell'Unione;

            rilevato in questo senso, in particolare, che il principio di sussidiarietà implica l'opportunità di conciliare i parametri economico-finanziari dell'Unione con le esigenze proprie dei singoli Stati membri, ritenendosi opportuno conseguentemente un aggiornamento dei criteri di applicazione del Patto di stabilità e crescita, anche allo scopo di non vanificare la realizzazione degli obiettivi previsti dall'Agenda di Lisbona prevista per marzo 2005 la cui verifica è prevista per marzo 2005;

            ritenuto in tal senso opportuno, nel negoziato relativo alla definizione del nuovo quadro finanziario dell'Unione per il periodo 2007-2013, di porre in essere iniziative idonee ad evitare che la determinazione delle risorse di cui potrà disporre il bilancio comunitario si traduca in un aggravio a carico del bilancio dello Stato italiano, anche sostenendo a tal fine le proposte miranti ad introdurre sistemi generalizzati di correzione a vantaggio dei maggiori contributori netti, come l'Italia;

            considerato, infine, favorevolmente l'ulteriore allargamento dell'Unione europea ad altri Paesi candidati, come Romania e Bulgaria, nonché la prospettiva di adesione di ulteriori Paesi, come la Croazia,

 

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l'Albania e la Turchia, ferma restando per quest'ultimo Paese l'opportunità di lasciare al Governo il più ampio mandato per negoziare le modalità concrete del suo processo di avvicinamento all'UE;

        esprime

PARERE FAVOREVOLE

        

PARERE DELLA COMMISIONE PARLAMENTARE
PER LE QUESTIONI REGIONALI

        La Commissione parlamentare per le questioni regionali,

            esaminato il disegno di legge C. 5388,

            ritenuto che una delle chiavi di volta, insieme strumento e garanzia, della coesione territoriale, sia il principio di sussidiarietà;

            osservato che l'articolo I-11, intitolato ai principi fondamentali sulle competenze dell'Unione, ai comma 3, stabilisce che, in virtù del principio di sussidiarietà, nei settori che non sono di sua competenza esclusiva, l'Unione interviene soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere sufficientemente raggiunti dagli Stati membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale;

            ritenuto altresì che gli articoli 6 e 8 del Protocollo n. 2 sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità siano di importanza fondamentale nel garantire il rispetto del principio di sussidiarietà;

            osservato che ivi si prevede, all'articolo 6, che ciascuna Camera dei parlamenti nazionali può entro sei settimane, esprimere un parere motivato sulla conformità del progetto al principio di sussidiarietà e che spetta a ciascun parlamento nazionale o a ciascuna camera dei parlamenti nazionali consultare all'occorrenza i parlamenti regionali con poteri legislativi, ed infine si sancisce, all'articolo 8, il diritto di ricorso di ciascuna camera alla Corte di giustizia per violazione del principio di sussidiarietà;

            ritenuta l'opportunità di proporre l'integrazione negli organi parlamentari dì rappresentanti delle autonomie territoriali, anche per esprime e congiuntamente - ed al massimo del potenziale rappresentativo - il parere parlamentare circa il rispetto del principio di sussidiarietà, con modalità - tra l'altro - meglio compatibili con i termini temporali previsti per tale esame;

        esprime parere favorevole con la seguente osservazione:

            valuti il Governo l'opportunità di realizzare - tra le riforme necessarie all'adeguamento del quadro istituzionale alle procedure

 

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previste dal Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa - l'integrazione, già prevista dall'articolo 11 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, della Commissione parlamentare per le questioni regionali per via legislativa, prevedendone contestualmente il coinvolgimento nelle procedure dell'esame parlamentare, detto early warning (Protocollo n. 2 sull'applicazione del principio di sussidiarietà e di proporzionalità, articolo 6), nonché nelle procedure di ricorso di ciascuna Camera di fronte alla corte di Giustizia (Protocollo n. 2 sull'applicazione del principio di sussidiarietà e di proporzionalità, articolo 8), fermo restando l'intervento a livello dei regolamenti parlamentari per quanto riguarda speciali effetti procedurali.

 

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TESTO
del disegno di legge

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TESTO
della Commissione

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

      1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare il Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa e alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Roma il 29 ottobre 2004.

      Identico.

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

      1. Piena ed intera esecuzione è data al Trattato di cui all'articolo 1 a decorrere dalla data della sua entrata in vigore in conformità a quanto disposto dall'articolo IV-447 del Trattato stesso.

      Identico.

Art. 3.
(Entrata in vigore).

Art. 3.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

      Identico.


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