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PDL 5484

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5484



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato ONNIS

Introduzione degli articoli 423-bis e 423-ter del codice di procedura penale, in materia di nuove contestazioni durante l'udienza preliminare

Presentata il 13 dicembre 2004


      

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Onorevoli Colleghi! - L'articolo 423, comma 1, del codice di procedura penale regola la modifica dell'imputazione, effettuata, per iniziativa del pubblico ministero, quando, nel corso dell'udienza preliminare, il fatto risulti diverso da come fino a quel momento è stato descritto, ovvero emerga un reato concorrente a norma dell'articolo 12, comma 1, lettera b), o una circostanza aggravante.
      In tutti questi casi, se l'imputato è presente riceverà direttamente notizia della modifica dell'accusa elevata a suo carico; se, invece, non è presente, l'imputazione aggiornata sarà comunicata al difensore, «che rappresenta l'imputato ai fini della contestazione».
      La disciplina in vigore non accorda quindi all'imputato il diritto di ottenere una pur breve sospensione del processo, per predisporre la più utile difesa, né prevede che gli sia notificato il verbale dell'udienza preliminare, ove non risulti presente quando la contestazione è variata dall'organo d'accusa.
      Analoghe modifiche dell'imputazione possono intervenire anche nel corso del dibattimento, ai sensi degli articoli 516 e seguenti del codice di rito; tuttavia, in questa fase processuale, è espressamente contemplata la facoltà dell'imputato di chiedere un termine per la difesa ed è riconosciuto il suo diritto di ricevere la notifica del verbale d'udienza dibattimentale
 

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qualora, al momento della variazione dell'accusa, egli fosse contumace o assente (articoli 519 e 520 del codice di procedura penale).
      La Corte costituzionale ha evidenziato «le connotazioni eminentemente processuali che (...) contraddistinguono l'essenza» dell'udienza preliminare e, mettendo conseguentemente in risalto l'eterogeneità di questa fase del processo rispetto al dibattimento, ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata a proposito dell'articolo 423, sopra citato, in relazione agli articoli 3 e 111 della Costituzione (ordinanza 8 giugno 2001, n. 185).
      Il giudice rimettente aveva in particolare dubitato che il predetto articolo 423, non prevedendo la notifica del verbale dell'udienza all'imputato contumace, si ponesse in contrasto con il principio costituzionale di uguaglianza; infatti, essendo ormai identica la disciplina della contumacia nell'udienza preliminare e nel dibattimento (articoli da 420 a 420-quinquies del codice di procedura penale, come modificati dall'articolo 19 della legge 16 dicembre 1999, n. 479), si configurerebbe un'ingiustificata disparità di trattamento «in merito alla conoscibilità della modifica dell'imputazione, fra imputati [contumaci] soggetti a tale modifica nell'udienza preliminare e imputati [contumaci] soggetti alla stessa modifica nell'udienza dibattimentale».
      L'ordinanza di rimessione ipotizzava, altresì, che il suddetto articolo 423 potesse vulnerare anche l'articolo 111 della Costituzione, in quanto, nei casi in questione, «non sarebbe assicurato un effettivo contraddittorio fra le parti, in condizioni di parità, una tempestiva informazione dell'imputato sull'accusa effettivamente contestatagli, e, soprattutto, le condizioni necessarie all'imputato per preparare la propria difesa, ad esempio scegliendo la via di un'istanza di applicazione della pena in ordine alla modificata imputazione».
      Come si è detto, la Corte costituzionale respingeva tali censure, osservando che, per la richiamata diversità di natura e di funzione tra l'udienza preliminare e il dibattimento, «il mutamento del quadro di accusa ben può ricevere (...) quanto a modalità di contestazione, una disciplina difforme» nelle due fasi, più snella, dunque, nel caso dell'articolo 423 del codice di rito.
      È vero, però, che l'udienza preliminare, negli anni più recenti, ha visto mutare la propria fisionomia originaria, per effetto di molteplici interventi giurisprudenziali e legislativi, che, in relazione alla sua fondamentale funzione di vaglio sulla sostenibilità dell'accusa, ne hanno accentuato le caratteristiche di giudizio, riconoscendo nel modo più ampio le garanzie del contraddittorio e dell'imparzialità del giudice.
      Appare significativo, in tale senso, il disposto del comma 2-bis dell'articolo 34 del codice di procedura penale (introdotto dall'articolo 171 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51), per il quale non può tenere l'udienza preliminare il giudice che nel medesimo procedimento ha esercitato funzioni di giudice per le indagini preliminari.
      Ulteriori conferme della nuova connotazione dell'udienza preliminare, che ormai ospita un vero e proprio giudizio e si pone quale snodo centrale del processo, derivano dalle modifiche apportate al testo originario del codice dall'articolo 19 della legge 16 dicembre 1999, n. 479, per esempio a proposito della rilevanza dell'impedimento a comparire del difensore (articolo 420-ter, comma 5, del codice di procedura penale) o della contumacia dell'imputato.
      Dunque, la disciplina del più volte citato articolo 423 - se anche non viola il principio costituzionale di uguaglianza, come è stato affermato dalla Consulta - sembra ormai in disarmonia rispetto all'evoluzione normativa che ha contrassegnato l'udienza preliminare.
      In particolare, l'imputato può vedere irrimediabilmente compromesso il suo diritto al contraddittorio e all'elaborazione di una valida, meditata strategia difensiva, quando il pubblico ministero modifichi l'imputazione nel corso dell'udienza preliminare.
 

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      Si osserva che l'accusa potrebbe essere variata, in tale fase del processo, sulla base di elementi già acquisiti durante le indagini preliminari (o, comunque, noti all'imputato prima dell'udienza), ovvero perché sono emersi spunti nuovi, ulteriori e imprevedibili, derivati dalla stessa udienza preliminare: si pensi al caso dell'incidente probatorio (eseguito nel corso dell'udienza, come ha ammesso la sentenza 10 marzo 1994, n. 77, della Corte costituzionale) o all'assunzione di prove ai sensi dell'articolo 422 del codice di rito.
      In tutti i casi, dovrebbe darsi all'imputato la possibilità di richiedere e di ottenere una (breve) sospensione del processo, per valutare l'aggiornamento della contestazione e per adattare le scelte difensive al nuovo tenore dell'accusa.
      Non può trascurarsi, tra l'altro, che l'udienza preliminare normalmente «filtra» le richieste di rinvio a giudizio, ma può anche essere la sede per la definizione anticipata della causa, con l'adozione dei riti alternativi e, in particolare, del giudizio abbreviato e dell'applicazione della pena su richiesta.
      Anzi, mentre in passato la richiesta di applicazione della pena poteva essere avanzata fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il nuovo testo dell'articolo 446, comma 1, del codice di procedura penale, fissa il termine preclusivo per proporre tale istanza al momento della presentazione delle conclusioni durante l'udienza preliminare.
      La ratio di questa scelta normativa deve cogliersi nell'esigenza di evitare l'inutile ricorso al dibattimento, quando i tempi del processo possano contenersi alla fase dell'udienza preliminare.
      Pertanto, in base al vecchio regime, l'imputato aveva modo e tempo, fino all'apertura del dibattimento, per valutare l'opportunità di accedere al rito di cui agli articoli 444 e seguenti del codice di procedura penale, dopo che il pubblico ministero, in sede di udienza preliminare, aveva variato l'accusa.
      Ma tale possibilità è venuta a mancare, per effetto delle modifiche apportate all'articolo 446, citato, dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479; dunque, l'imputato, nel corso della stessa udienza preliminare, dovrebbe prendere cognizione della modifica dell'imputazione (magari suggerita da elementi acquisiti, per la prima volta, durante quella stessa udienza, e perciò, come detto, assolutamente imprevedibili) e decidere di richiedere l'applicazione della pena o rinunciare, definitivamente, a tale opportunità.
      Anche il giudizio abbreviato è stato oggetto di incisivi interventi di riforma, con il dichiarato obiettivo di renderlo più praticato, per deflazionare il carico processuale.
      Eppure, anche in questo caso, l'imputato dovrebbe essere in grado di valutare subito la modifica dell'imputazione, decidendo, fino a che non siano formulate le conclusioni nell'udienza preliminare, di richiedere il giudizio abbreviato ed eventualmente di condizionare tale richiesta a una specifica integrazione probatoria, ritenuta necessaria ai fini della decisione (articolo 438 del codice di procedura penale).
      Le considerazioni appena formulate valgono, a maggior ragione, se l'imputato, nella fase dell'udienza preliminare, è assente o contumace. In questi casi, del resto, la richiesta di far luogo ai suddetti riti alternativi sarebbe preclusa al difensore privo di procura speciale a tali fini, quando pure apparisse evidentemente vantaggiosa la decisione di accedere al giudizio abbreviato o all'applicazione di una pena concordata.
      In definitiva, il testo dell'articolo 423, comma 1, del codice di procedura penale, quale oggi è vigente, può compromettere la possibilità di definire il processo all'udienza preliminare, in quanto non mette in condizioni l'imputato (presente o meno al momento della modifica dell'imputazione) di valutare la nuova accusa, di elaborare e di proporre al giudice i propri argomenti difensivi e di avvalersi eventualmente delle opportunità deflative e premiali offerte dal codice.
      La disciplina attuale sacrifica dunque il diritto di difesa dell'imputato e contemporaneamente vanifica l'esigenza di estendere
 

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il ricorso ai riti alternativi, durante l'udienza preliminare.
      L'articolo 1 della presente proposta di legge intende pertanto sopprimere l'ultimo periodo dell'articolo 423, comma 1, del codice di rito, che fissa la regola, sopra criticata, per la modifica dell'imputazione effettuata, nel corso dell'udienza preliminare, in assenza o contumacia dell'imputato.
      All'articolo 2 si propone invece di inserire, dopo il citato articolo 423, gli articoli 423-bis e 423-ter, modellati, con gli opportuni adattamenti, sul regime che già vale per il dibattimento e riferiti, rispettivamente, al diritto dell'imputato di ottenere un termine a difesa e di ricevere la notifica del verbale dell'udienza preliminare, qualora egli fosse assente o contumace al momento della variazione dell'accusa.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Al comma 1 dell'articolo 423 del codice di procedura penale le parole: «Se l'imputato non è presente, la modificazione dell'imputazione è comunicata al difensore, che rappresenta l'imputato ai fini della contestazione» sono soppresse.

Art. 2.

      1. Dopo l'articolo 423 del codice di procedura penale, sono inseriti i seguenti:

      «Art. 423-bis. (Diritti delle parti). - 1. Nei casi previsti dall'articolo 423, comma 1, salvo che la contestazione abbia per oggetto la recidiva, il giudice informa l'imputato che può chiedere un termine per la difesa.
      2. Se l'imputato ne fa richiesta, il giudice sospende il processo per un tempo non inferiore al termine previsto dall'articolo 419, comma 4, ma comunque non superiore a venti giorni.
      3. Il giudice dispone la citazione della persona offesa, osservando un termine non inferiore a cinque giorni.

      Art. 423-ter. (Nuove contestazioni all'imputato contumace o assente). - 1. Quando intende contestare i fatti e le circostanze indicati nell'articolo 423, comma 1, all'imputato contumace o assente, il pubblico ministero chiede al giudice che la contestazione sia inserita nel verbale dell'udienza e che il verbale sia notificato per estratto all'imputato.
      2. Nel caso di cui al comma 1, il giudice sospende il processo e fissa una nuova udienza per la prosecuzione, osservando i termini indicati nell'articolo 423-bis».
        


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