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PDL 5451

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5451



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato FRANCESCHINI

Disposizioni per la tutela e la valorizzazione
della cucina tipica ferrarese

Presentata il 24 novembre 2004


      

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Onorevoli Colleghi! - C'è un imbarazzo non trascurabile nel descrivere l'anima della cucina e delle ricette di Ferrara e della sua terra. Non è possibile infatti rifarsi o citare un singolo piatto, una «specialità», e nemmeno si può legittimamente richiamare una radice di carattere sociale nella semplice, e tutto sommato comoda, distinzione fra cucina «ricca» e cucina «popolare». Per i piatti della cucina ferrarese questi paradigmi risultano eccessivamente semplificativi e rischiano, anzi, di divenire fuorvianti.
      Ferrara infatti, che mai è stata città di mare, tuttavia è sempre stata, fin dall'epoca della sua fondazione, all'incirca a metà del primo millennio, una città di costa. Potrà sembrare una contraddizione in termini, ma in effetti Ferrara, distante circa 60 chilometri dal mare, dall'epoca medievale fino all'unità d'Italia è sempre stata divisa dall'Adriatico non da terre e da campagne, bensì da un complesso e vasto sistema di paludi e di acquitrini, di cui rimangono ancora, significativo e poetico esempio, le Valli di Comacchio. Ferrara si trova dunque, oggi come allora, sul limite estremo di quelle che potremmo chiamare le «terre emerse», giacché se oggi mancasse il lavoro silenzioso e diuturno delle pompe idrovore, in pochi giorni le acque si riprenderebbero tutto il territorio che secoli di immane lavoro umano ha loro strappato, che equivale ad oltre un terzo dell'estensione dell'intero territorio provinciale di Ferrara.
      Ferrara si trova quindi su un confine che il lavoro degli uomini ha reso oggi quasi invisibile: il confine fra terra e acqua, fra campagna e palude, fra il lavoro del contadino e quello del pescatore. In questo connotato geografico sta la prima caratteristica della cucina ferrarese, in cui si incontrano piatti che sono figli della cultura della terra a base di maiale, di zucca, del grano per un pane unico al
 

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mondo, con altri piatti e sapori che vengono dal fiume, dalla laguna, dal mare. Essi sono i sapori dell'anguilla, del cefalo, delle aguglie e di tutti i pesci che popolano i bassi fondali delle acque interne, ma sono anche i sapori del germano, del fischione e di altri uccelli d'acqua che solo la miseria ha obbligato a considerare cibo per gli uomini, e che solo una cultura millenaria ha saputo trasformare in specialità straordinarie, come quella folaga che i preti della fine dell'ottocento dispensavano dal consumare il venerdì, perché era un piatto talmente povero, che era difficile dire se fosse a base di carne o di pesce.
      Al dato di natura geografica, se ne deve aggiungere uno di tipo squisitamente culturale, per intendere il quale bisogna rifarsi alla Ferrara capitale del Rinascimento, e a quella Corte estense che accoglie non solo Lucrezia Borgia e Renata di Francia, ma anche molteplici famiglie di prestatori ebrei che i marchesi, e più tardi i duchi d'Este, selezionavano attentamente perché una accorta politica finanziaria è stata per secoli uno dei principali elementi di stabilità dello Stato estense.
      Ecco allora la radice di sapori rari o del tutto inusuali per la pianura padana, come l'agrodolce dei cappellacci ripieni di zucca, il sapore fortissimo della salama da sugo, la coppia e tutto il pane ferrarese, il pasticcio di maccheroni che racchiude nel dolce della pasta frolla il suo cuore morbido di besciamella profumata del tartufo dei boschi perifluviali del Po. Il Po, questo re dei fiumi italiani, che a Ferrara raggiunge, dopo l'immissione del Panaro, l'ultimo dei suoi tributari, la massima portata d'acqua e la dimensione di un vero gigante. Un gigante che ospita ancora, sapientemente tutelato dalle leggi, il più pregiato dei pesci, quel re delle tavole, lo storione, che ha regalato a Ferrara una specialità che oggi è andata purtroppo perduta per sempre, e che dovrebbe fare riflettere sull'opportunità di leggi di tutela e di protezione dei prodotti della gastronomia tradizionale come quella che viene proposta oggi. Mi riferisco al caviale del ghetto di Ferrara, che nella fumosa bottega prima di Nuta Ascoli e poi di Adolfo Bianconi e Tilde Pulga, in via Mazzini, si poteva ancora gustare fino all'inizio degli anni '70: un caviale unico al mondo, preparato secondo una formula originale e segreta. Veniva infatti cotto in tegami di rame, con dovizia di pepe e di altri ingredienti gelosamente custoditi. Oggi del caviale del ghetto di Ferrara rimane solo il rimpianto di chi ha avuto la fortuna di assaggiarlo.
      Dunque alla disponibilità di prodotti di una terra generosa e di un ambiente d'acqua unico al mondo, deve aggiungersi un incrocio di culture diverse con apporti anche lontani e inaspettati: ecco una delle chiavi di interpretazione di una tradizione gastronomica unica in Italia, ricca di piatti fra loro diversissimi e legati alla loro terra e alle loro acque da una radice profonda e inscindibile.
      Passando all'articolato della presente proposta di legge si precisa che lo scopo del provvedimento legislativo non è soltanto quello di tutelare e di valorizzare quel patrimonio di conoscenza e di originalità della cucina ferrarese che rischia di disperdersi per sempre, ma è anche quello di promuovere, con un intervento unitario di carattere sperimentale che potrà indicare la strada a tentativi ugualmente importanti nel territorio nazionale, un sistema alimentare e gastronomico, fatto di botteghe di prodotti tipici, di ristoranti, trattorie e osterie, di aziende agricole di certificata qualità uniti in una rete organizzata e riconoscibile.
      La proposta di legge si prefigge poi il coinvolgimento di soggetti pubblici e privati nella gestione del progetto e l'inserimento delle attività in un piano di offerta turistica, di formazione e di difesa dell'identità locale.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità).

      1. La presente legge promuove la tutela e la valorizzazione dei prodotti gastronomici tipici ferraresi, attraverso l'istituzione di una rete di esercizi commerciali di vendita di prodotti tipici, di osterie, trattorie, ristoranti, forni e aziende agricole, identificati da una certificazione visibile di qualità e di corrispondenza alla antica tradizione culinaria estense.

Art. 2.
(Comitato per la tutela e la valorizzazione della cucina tipica ferrarese).

      1. Entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa deliberazione della giunta provinciale di Ferrara, con decreto del Ministro delle attività produttive, è istituito il Comitato per la tutela e la valorizzazione della cucina tipica ferrarese, di seguito denominato «Comitato».
      2. Il Comitato è composto da:

          a) un rappresentante del Ministero delle attività produttive, designato dal Ministro stesso;

          b) due soggetti designati dal presidente della provincia di Ferrara, di cui uno quale rappresentante della provincia e uno quale rappresentante degli organismi pubblici e privati che operano nei settori del turismo e della cultura;

          c) un rappresentante del comune di Ferrara, designato dal sindaco;

          d) due rappresentanti dei comuni della provincia di Ferrara;

 

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          e) tre rappresentanti designati dalle associazioni e dagli organismi ferraresi di categoria.

      3. L'attività e il funzionamento del Comitato sono disciplinati da un regolamento interno approvato dal Comitato stesso. Il Comitato elegge al suo interno, a maggioranza semplice, il presidente che lo rappresenta.

Art. 3.
(Compiti del Comitato).

      1. Il Comitato ha il compito di tutelare e di promuovere i prodotti della cucina tipica ferrarese. In particolare il Comitato:

          a) censisce i prodotti della cucina tipica ferrarese e i requisiti e le caratteristiche della loro preparazione;

          b) attribuisce la certificazione di «prodotti della cucina tipica ferrarese» alle attività commerciali che vendono o elaborano prodotti corrispondenti alle indicazioni di un apposito disciplinare redatto dal Comitato, riferito alla provenienza, alle dosi e alle modalità di preparazione finale dei prodotti stessi;

          c) promuove attività di valorizzazione e diffusione della cucina tipica ferrarese nel mondo, anche attraverso apposite campagne promozionali e certificando, secondo i criteri di cui alla lettera b), esercizi di ristorazione della cucina tipica ferrarese fuori dal territorio della provincia;

          d) predispone e sostiene itinerari turistici, culturali e gastronomici costituiti da una rete di operatori della ristorazione, certificati secondo i criteri di cui alla lettera b), aventi sede nella provincia di Ferrara;

          e) promuove e sostiene le attività degli enti di formazione professionale e delle scuole di settore finalizzate al mantenimento dei piatti della tradizione e delle loro modalità di preparazione.

 

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      2. Il Comitato opera avvalendosi dei finanziamenti previsti dall'articolo 4 e del contributo diretto di enti pubblici, fondazioni bancarie nonché di altri soggetti pubblici e privati.

Art. 4.
(Copertura finanziaria).

      1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, determinato nel limite massimo di 100.000 euro a decorrere dall'anno 2005, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a 100.000 euro per l'anno 2005 l'accantonamento relativo al medesimo Ministero, e quanto a 100.000 euro a decorrere dall'anno 2006, l'accantonamento relativo al Ministero delle attività produttive.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 5.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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