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PDL 5357

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5357



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato FIORI

Interpretazione autentica dell'articolo 1 del decreto-legge 29 novembre 1996, n. 606, e dell'articolo 1, commi 178, 179 e 180, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, in materia di collocamento in ausiliaria del personale militare

Presentata il 14 ottobre 2004

      

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Onorevoli Colleghi! - Con i decreti-legge nn. 505 e 606 del 1996 e con la legge n. 662 del 1996 il Governo ha inteso intervenire sulla disciplina pensionistica dei militari con disposizioni finalizzate a limitare l'esodo del personale. Tali provvedimenti appaiono palesemente ingiustificati perché l'Esecutivo disponeva già di strumenti normativi per ovviare al contingente problema funzionale (facoltà dei Ministri di ritardare l'accoglimento delle domande di pensione per gravi motivi di servizio; richiamo d'ufficio del personale in ausiliaria) e, nel contempo, sono in evidente contraddizione con la delega concessa al Governo dalla stessa legge n. 662 del 1996, che ha inteso, invece, facilitare un consistente esodo di personale militare, nonché con il successivo decreto legislativo n. 165 del 1997, che ha esteso a tutti i pensionati di anzianità il beneficio della maggiorazione di sei aumenti periodici ai fini pensionistici, così favorendo, di fatto, l'esodo.
      Gli stessi provvedimenti «antiesodo» si presentano, altresì, gravemente discriminanti a danno dei pensionati militari giacché il Governo e il Parlamento hanno sempre affrontato il problema dei prepensionamenti attraverso lo strumento del blocco delle uscite dal rapporto di impiego a cui sono stati assoggettati anche i militari, a carico dei quali è stata ingiustamente aggiunta anche una vera e propria sanzione economica con l'esclusione del trattamento pensionistico dell'ausiliaria. Una tale scelta punitiva a danno dei soli militari è assolutamente immotivata e inesplicabile, anche perché non supportata da concrete ed eccezionali esigenze antiesodo,
 

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come evidenziato, ed è, poi, in aperta contraddizione con il riconoscimento operato dal medesimo legislatore circa la peculiarità della condizione dei militari che giustifica un peculiare trattamento economico (articolo 1 della legge 23 marzo 1983, n. 78) e che, quindi, non può essere peggiore di quello di altri lavoratori, pubblici e privati, come, invece, si è verificato con gli interventi normativi in argomento. Tale principio, poi, è stato costantemente affermato dalla Corte costituzionale. La sentenza della Corte costituzionale n. 449, depositata in data 17 dicembre 1999, infatti, nel ribadire la proibizione dell'organizzazione sindacale nell'ambito delle Forze armate, ha riaffermato la peculiarità della condizione militare e l'obbligo dell'ordinamento di assicurare e di garantire i diritti dei militari, specificando che l'opzione antisindacale non deve essere causa di lesione dei diritti del personale militare. Ne consegue che i militari, proprio a compensazione dei diritti non riconosciuti, non possono essere posti sullo stesso piano degli altri lavoratori, né tantomeno subire trattamenti peggiori rispetto a questi. Al contrario, mentre si adottavano le suddette speciali misure «antiesodo» per i militari, il decreto-legge n. 129 del 1997, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 229 del 1997, concernente misure di contenimento dell'esodo del personale scolastico, di fronte alle pesanti lamentele degli interessati e al paventato ricorso agli strumenti di lotta sindacale (scioperi e ricorsi collettivi), veniva emendato, in sede di conversione, in modo da salvaguardare le domande di pensione presentate in data antecedente a quella di entrata in vigore del medesimo decreto-legge e di escludere dal dispositivo di blocco le posizioni di coloro che avessero già maturato almeno quaranta anni di contributi.
      Il contesto normativo in questione, poi, è privo delle dovute chiarezza e trasparenza, con la conseguenza che le amministrazioni militari, in sede di applicazione, hanno operato una interpretazione ingiustificatamente restrittiva delle norme, non tenendo nel dovuto conto sia le conseguenze giuridiche della decadenza del decreto-legge n. 505 del 1996 sia l'assoluta diversità di contenuto del successivo decreto-legge n. 606 del 1996 (anch'esso decaduto) il quale, da un lato, non poteva costituire parte di una normativa di blocco dell'ausiliaria, come erroneamente o pretestuosamente è stato affermato, perché lo impediva il divieto di reiterazione ribadito proprio in quei giorni dalla Corte costituzionale e, dall'altro, disponendo solo una mera «sospensione» dell'attività amministrativa degli enti militari, non incideva in alcun modo sulla piena e incondizionata vigenza della disciplina pensionistica del personale militare, che, decaduto il decreto-legge n. 505 del 1996, era tornata ad essere quella originaria, che imponeva, per atto dovuto, il collocamento in ausiliaria dei militari interessati, determinandone l'acquisizione del relativo diritto fino a tutto il 31 dicembre 1996. Il decreto-legge n. 505 del 1996, infatti, aveva sancito che il collocamento in ausiliaria, a decorrere dal 28 settembre 1996 e fino al 31 dicembre 1997, restava esclusiva prerogativa dei soli militari che fossero cessati dal servizio per il raggiungimento dei limiti di età, escludendo, così, i pensionati militari di anzianità dal particolare trattamento pensionistico dell'ausiliaria e vanificando in tale modo non una mera aspettativa, bensì una certezza che ha accompagnato l'intero arco della carriera del personale colpito, visto che l'istituto dell'ausiliaria trova le sue radici già nel regio-decreto n. 385 del 1895. Decaduto tale decreto-legge, ha ripreso pieno e incondizionato vigore l'originaria disciplina pensionistica, che sanciva il collocamento in ausiliaria del militare, per atto dovuto, esclusivamente in relazione all'obiettivo possesso del prescritto requisito di idoneità, senza spazi per valutazioni discrezionali dell'amministrazione. Tale disciplina ha, pertanto, costituito fino a tutto il 31 dicembre 1996 l'unico fondamento legislativo cui le amministrazioni militari dovevano fare necessariamente riferimento nei procedimenti conseguenti ad istanze di cessazione dal servizio permanente. Infatti, il decreto-legge n. 606, emanato in data 29 novembre 1996, non conteneva un'analoga norma di blocco dell'ausiliaria (né avrebbe potuto
 

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contenerla a causa del divieto di reiterazione ribadito dalla Corte costituzionale), né alcuna disposizione di sanatoria dei rapporti sorti durante la vigenza del decreto-legge n. 505 del 1996, né, tantomeno, alcuna disposizione che potesse legittimare le amministrazioni a bloccare i pensionamenti a domanda o le autorizzasse a porre d'ufficio il personale istante nella categoria della riserva, anziché in quella dovuta dell'ausiliaria. Il decreto-legge n. 606 del 1996, invece, disponeva solo la sospensione (nel periodo 28 settembre 1996-1o gennaio 1997) dell'obbligo delle amministrazioni militari di dare corso ai procedimenti amministrativi all'atto della ricezione delle domande di collocamento in ausiliaria. Le amministrazioni militari, quindi, dovevano, giocoforza, collocare in congedo il personale che avesse prodotto la relativa domanda in data antecedente al 28 settembre in applicazione dell'originaria disciplina pensionistica (tornata, come detto, incondizionatamente in vigore dopo la decadenza del decreto-legge n. 505 del 1996) la quale, come già evidenziato, stabiliva il collocamento in ausiliaria del militare per «atto dovuto».
      Il collocamento in ausiliaria di coloro che avevano presentato l'istanza di congedo prima del 28 settembre 1996 era, altresì, reso indiscutibile dalla circostanza che tali domande restavano fuori dall'ambito di applicazione del decreto-legge n. 606 del 1996, essendo state ricevute dalle amministrazioni prima della data da cui il medesimo provvedimento faceva decorrere i propri effetti (28 settembre 1996). Infatti, la legge n. 241 del 1990 sancisce specificatamente che il procedimento amministrativo decorre dalla data di ricezione dell'istanza, attestata dal timbro di arrivo apposto dall'amministrazione stessa. Pertanto, onde stabilire quali domande dovessero cadere sotto la vigenza del decreto-legge n. 606 del 1996 e quali ne restassero fuori, si doveva e si deve fare riferimento esclusivamente al momento di ricezione dell'istanza che, quindi, se antecedente al 28 settembre 1996, doveva rimanere esclusa dalla disposizione del decreto-legge in questione. È, peraltro, inammissibile estendere, in via interpretativa, l'ambito di applicazione della norma fino al punto di far retroagire i suoi effetti oltre il termine (già retroattivo) esplicitamente fissato dalla medesima norma (28 settembre 1996), com'è invece avvenuto a causa delle suddette interpretazioni.
      Fare ricadere sotto la vigenza del decaduto e retroattivo decreto-legge n. 606 del 1996 anche le istanze ricevute prima della data di decorrenza dei suoi effetti, d'altronde, non è accettabile anche perché determinerebbe un'ingiustificata disparità di trattamento fra posizioni identiche (domande presentate prima del 28 settembre) che siano state esitate in tempi diversi (una prima e l'altra dopo il 28 settembre) solo a causa del difforme comportamento dei competenti organi amministrativi che, va evidenziato, sono distinti a seconda delle amministrazioni militari e, nell'ambito delle medesime, della categoria di appartenenza dell'istante.
      Peraltro, la seconda parte della norma («La presente disposizione si applica anche alle domande accolte il cui procedimento amministrativo non sia definitivamente concluso») non può che riferirsi unicamente ai procedimenti amministrativi scaturiti da istanze ricevute dopo il 28 settembre 1996. È evidente, infatti, che il decreto-legge n. 606 del 1996, retroagendo i suoi effetti di oltre due mesi, doveva giocoforza regolamentare situazioni amministrative già sorte a decorrere dal 28 settembre e in corso al 29 novembre 1996, data di emanazione del decreto-legge n. 606 del 1996.
      Dopo l'entrata in vigore del decreto-legge n. 606 del 1996, invece, le amministrazioni militari hanno continuato indebitamente a collocare coattivamente nella riserva, anziché in quella dovuta all'ausiliaria, anche il personale le cui istanze erano state ricevute prima del 28 settembre, dando luogo ad atti palesemente illegittimi con grave e ingiusto pregiudizio economico e morale per i militari interessati e per le loro famiglie. Va, peraltro, evidenziato che la legge non può negare i diritti pensionistici già acquisiti, come nel caso in argomento in cui si riscontrano sia
 

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un'istanza antecedente a due decreti-legge decaduti sia la vigenza incondizionata di una disciplina normativa che imponeva alle amministrazioni militari il collocamento in ausiliaria del personale istante. A tale proposito si richiama la sentenza della Corte costituzionale n. 211 del 17 giugno-2 luglio 1997, che ha sancito che la legge non può vanificare la facoltà di scelta che ciascuno ha di operare sulla base delle condizioni normative presenti nell'ordinamento in un determinato momento storico. È indubbio che sia prima del 28 settembre 1996 (momento di presentazione della domanda) sia fino al 31 dicembre 1996 (momento del collocamento in congedo e, quindi, dell'acquisizione dei diritti previdenziali) le condizioni normative in pieno e incondizionato vigore sancivano l'obbligo delle amministrazioni di porre il personale in ausiliaria, se in possesso della prescritta idoneità.
      Si rende, quindi, urgente e improcrastinabile introdurre una norma di interpretazione autentica che sgombri il campo da dubbi di sorta e rimuova, con la debita retroattività, i pregiudizi arrecati ingiustamente ai militari interessati a causa dell'errata applicazione dei provvedimenti normativi in questione.
      D'altra parte si sono già favorevolmente espresse alla norma di fattispecie, e quindi in sostanza contro l'applicazione errata del decreto-legge n. 606 del 1996 e dell'articolo 1, commi 178, 179 e 180 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, varie giurisdizioni istituzionali e in particolare:

          1) la Ragioneria generale dello Stato - Ispettorato generale per gli ordinamenti del personale statale - con foglio n. 163700 del 9 luglio 1997;

          2) la Corte dei conti, con sentenza n. 24 del 30 marzo 1998;

          3) il Dipartimento della funzione pubblica, con parere 649/98 del 12 novembre 1998;

          4) il Consiglio di Stato - III sezione - con parere 963/99 del 9 febbraio 1999;

          5) il tribunale amministrativo regionale (TAR) di Napoli, con sentenza 5631 del 12 maggio 2003;

          6) il TAR del Lazio, con sentenza del 16 giugno 2004.

      Sentenze e pareri che confermano la piena legittimità delle ragioni che sono alla base della presente proposta di legge, che peraltro concerne solo quei pochi militari che, pur avendo presentato l'istanza anche molto tempo prima del 28 settembre 1996, non si sono visti perfezionare il decreto ministeriale di collocamento in ausiliaria solo per i problemi organizzativi della propria amministrazione, visto che, al contrario, i colleghi più fortunati che già avevano ottenuto tale provvedimento formale sono stati, comunque, regolarmente posti in ausiliaria.
      Nessun onere aggiuntivo graverebbe sul bilancio dello Stato poiché il collocamento in ausiliaria del personale interessato determinerebbe l'assoggettamento alle ritenute contributive in conto entrata del Tesoro (la cui misura non è certo trascurabile, circa il 10 per cento) sull'intero trattamento pensionistico, mentre l'indennità di ausiliaria sarebbe gravata sia dai citati oneri contributivi e sia da aliquota relativa all'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) nella misura massima. Nello stesso tempo, le amministrazioni militari e le altre amministrazioni pubbliche potrebbero disporre di un serbatoio di preziosa professionalità da cui attingere, a costo zero, per sopperire ad eventuali necessità di impiego, con conseguenti importanti e notevoli risparmi di bilancio.
      Per quanto precede, ed anche al fine di dare concreta prova della sollecitudine con la quale si devono seguire i problemi più delicati delle Forze armate, è stata predisposta la presente proposta di legge, con cui è fornita l'interpretazione autentica dell'articolo 1 del decreto-legge 29 novembre 1996, n. 606, e dell'articolo 1, commi 178, 179 e 180, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, onde escludere dal loro ambito di applicazione le posizioni di coloro che hanno presentato istanza prima della data del 28 settembre 1996, con il loro conseguente collocamento in ausiliaria.

 

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      È auspicabile che la presente iniziativa legislativa possa trovare il più ampio consenso dei colleghi. Il Parlamento deve, infatti, essere geloso custode della cura degli interessi del personale militare, in servizio e in pensione, anche per la considerazione che questo, in ragione del suo status, non può avvalersi di una piena tutela sindacale, come appena è stato ribadito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 449 del 1999.
      La presente proposta di legge è composta da un solo articolo il cui contenuto è, di seguito, illustrato.
      Con il comma 1 dell'articolo 1 è disposto che l'articolo 1 del decreto-legge n. 606 del 1996 e l'articolo 1, commi 178, 179 e 180, della legge n. 662 del 1996, non si applicano alle domande di cessazione dal servizio ricevute dalle amministrazioni militari in data anteriore al 28 settembre 1996.
      Con il comma 2 dell'articolo 1 si dispone che le rispettive amministrazioni procedono con urgenza al collocamento in ausiliaria del personale interessato al fine di non procrastinare ulteriormente i pregiudizi patrimoniali e morali dei militari e di determinare la sollecita disponibilità per eventuali impieghi.
      Per le ragioni esposte si auspica la rapida approvazione della proposta di legge.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Le disposizioni contenute nell'articolo 1 del decreto-legge 29 novembre 1996, n. 606, e nell'articolo 1, commi 178, 179 e 180, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, non si applicano alle domande di cessazione dal servizio, ricevute dalle amministrazioni in data anteriore al 28 settembre 1996. I militari interessati sono collocati in ausiliaria dalla data di cessazione dal servizio ed in base alle norme vigenti anteriormente alla data del 28 settembre 1996.
      2. Le competenti amministrazioni procedono con urgenza a regolarizzare la posizione pensionistica del personale interessato all'applicazione della disposizione di cui al comma 1 collocandolo nella categoria ausiliaria a decorrere dalla data di cessazione dal servizio.
    


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