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PDL 5274

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5274



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato MORONI

Disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie non mediche

Presentata il 20 settembre 2004


      

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Onorevoli Colleghi! - L'attuale carenza di personale infermieristico, che negli ultimi anni ha dato vita nel nostro Paese all'insorgere di una vera e propria «questione infermieristica», impone al legislatore di ripensare la disciplina dell'intero settore, riflettendo sulle possibilità di un suo riordino, per renderla più organica e funzionale.
      Rispetto agli altri Paesi dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico l'Italia si trova, infatti, da alcuni anni, ad uno degli ultimi posti per numero di infermieri; prendendo a riferimento i maggiori Paesi europei abbiamo ogni mille abitanti per la Germania 9,5 infermieri; per gli Stati Uniti 8,2; per il Canada 7,7; per la Francia 5,9; per l'Italia 5,3; per la Spagna 4,6; per la Gran Bretagna 4,5. Ancora nel 1999 tra le professioni sanitarie l'area infermieristica nel nostro Paese poteva contare su 301.000 infermieri, 15.500 ostetriche e 10.500 infermieri pediatrici.
      In effetti, l'aumento del personale infermieristico è uno dei principali obbiettivi dei diversi interventi legislativi che recentemente hanno riguardato il settore delle professioni sanitarie, coinvolgendo aspetti rilevanti della loro attività e organizzazione.
      La volontà, poi, di riqualificazione del personale sanitario non medico è stata sottolineata anche dal Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali 2001-2003, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 maggio 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 181 del 6 agosto 2001, che ha evidenziato l'opportunità di sviluppare piani di formazione anche da parte delle regioni, rivolti proprio a garantire personale
 

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idoneo per l'attuazione del nuovo sistema integrato di servizi sociali.
      Un intervento legislativo mirante a un generale riordino della professione infermieristica e con esso, più in generale, al riordino complessivo delle professioni sanitarie non mediche, non può prescindere dalla constatazione che attualmente la materia è regolata da quello che si potrebbe definire un complesso e variegato «oceano legislativo».
      In primo luogo si deve fare riferimento al regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 14 settembre 1994, n. 739, che disciplina l'individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell'infermiere.
      Secondo il citato regolamento l'infermiere è un operatore sanitario responsabile dell'assistenza infermieristica generale. Tale assistenza si può svolgere nel campo della prevenzione delle malattie, della cura e della riabilitazione ed è rivolta a persone malate e a disabili di tutte le età.
      L'assistenza infermieristica comprende interventi che hanno natura tecnica, ma anche relazionale ed educativa. L'infermiere svolge funzioni autonome e funzioni di collaborazione con altre figure sanitarie, deve avere la capacità di collaborare all'identificazione dei bisogni di salute della persona e della collettività, di identificare i bisogni di assistenza infermieristica e gli obiettivi assistenziali, di pianificare, attuare e valutare l'assistenza prestata, garantendo la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche.
      Queste attività possono essere svolte sia individualmente sia all'interno di équipe nelle strutture sanitarie pubbliche e private, in strutture ospedaliere o anche extraospedaliere, e anche a domicilio della persona malata, e, infine, possono essere svolte con un rapporto di dipendenza da una azienda sanitaria o come libero professionista.
      In secondo luogo va ricordato il decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 24 luglio 1996, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 241 del 14 ottobre 1996, che, ai sensi del decreto legislativo n. 502 del 1992, articolo 6, comma 3, ha istituito per la professione di infermiere il diploma universitario abilitante.
      La formazione stabilita dal citato decreto ha durata triennale e si conclude con un esame di Stato abilitante all'esercizio della professione.
      In particolare poi, per l'identificazione degli operatori delle professioni sanitarie, vanno ricordate la legge 26 febbraio 1999, n. 42, e la legge 10 agosto 2000, n. 251.
      La legge 26 febbraio 1999, n. 42, tra le altre cose ha disposto: la modifica della denominazione di «professione sanitaria ausiliaria» con quella di «professione sanitaria» per sottolineare la maggiore autonomia e responsabilità riconosciute a tale profilo professionale; l'equipollenza immediata dei diplomi di infermiere professionale, conseguiti in passato con il precedente sistema di formazione del personale sanitario, al diploma universitario, sia ai fini dell'esercizio professionale, sia ai fini dell'accesso alla formazione post-base e, infine, l'abolizione del mansionario, che consente di individuare le competenze dell'infermiere traendole dal profilo professionale, dagli ordinamenti didattici e dal codice deontologico.
      La legge 10 agosto 2000, n. 251, invece, ha stabilito in primo luogo che gli operatori delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica svolgono con autonomia professionale attività dirette alla prevenzione, alla cura e alla salvaguardia della salute individuale e collettiva, espletando le funzioni individuate dalle norme istitutive dei relativi profili professionali nonché dagli specifici codici deontologici.
      La stessa legge n. 251 del 2000 ha previsto poi l'emanazione, da parte del Ministero della salute, di linee guida per l'attribuzione alle aziende sanitarie della diretta responsabilità di gestione delle attività di assistenza infermieristica.
      Inoltre ha provveduto a disciplinare gli operatori sanitari distinguendoli in quattro aree, nelle quali sono ricomprese tutte le figure professionali esistenti.
 

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      La prima area è quella delle professioni sanitarie infermieristiche e professione sanitaria ostetrica, nella quale sono comprese, secondo l'articolo 2 del decreto del Ministro della sanità 29 marzo 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 118 del 23 maggio 2001, le figure professionali dell'infermiere, dell'ostetrico e dell'infermiere pediatrico.
      La seconda area è quella delle professioni sanitarie riabilitative nella quale sono incluse, secondo l'articolo 3 del citato decreto del Ministro della sanità 29 marzo 2001, le figure professionali del podologo, del fisioterapista, del logopedista, dell'ortottista-assistente di oftalmologia, del terapista della neuro e psicomotricità dell'età evolutiva, del tecnico della riabilitazione psichiatrica, del terapista occupazionale, dell'educatore professionale.
      La terza area è quella delle professioni tecnico-sanitarie, nella quale, secondo l'articolo 4 del medesimo decreto del Ministro della sanità 29 marzo 2001, sono inserite, distinte in due diversi contesti, quello tecnico-diagnostico e quello tecnico-assistenziale, le figure professionali del tecnico audiometrista, del tecnico sanitario di laboratorio biomedico, del tecnico sanitario di radiologia medica, del tecnico di neurofisiopatologia, del tecnico ortopedico, del tecnico audioprotesista, del tecnico della fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare, dell'igienista dentale e del dietista.
      La quarta e ultima area è quella delle professioni tecniche della prevenzione che ricomprende, secondo l'articolo 5 del citato decreto del Ministro della sanità 29 marzo 2001, le figure professionali del tecnico della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro e dell'assistente sanitario.
      Sempre la legge 10 agosto 2000, n. 251, ha disposto l'istituzione di specifici corsi di laurea e di specializzazione ai quali possono accedere gli esercenti delle professioni individuate dalla legge stessa, in possesso di diploma universitario o di titolo equipollente.
      Si è, dunque, proceduto con due distinti decreti del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, entrambi del 2 aprile 2001, pubblicati nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 128 del 5 giugno 2001, alla determinazione delle classi delle lauree e delle lauree specialistiche delle professioni sanitarie.
      Di conseguenza è stata prevista la progressiva disattivazione, presso le università dove esistevano, delle scuole dirette a fini speciali per docenti e per dirigenti di assistenza infermieristica.
      Inoltre, ancora la legge 10 agosto 2000, n. 251, ha previsto l'individuazione di un ruolo dirigenziale anche per le professioni sanitarie diverse da quelle mediche. Per questo è stata prevista l'adozione da parte del Governo di un atto regolamentare per la definizione della disciplina concorsuale, riservata al personale in possesso degli specifici diplomi di laurea e di specializzazione previsti dall'articolo 5 della stessa legge. L'atto del Governo è stato adottato con il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 2001, n. 220.
      Nella materia è poi intervenuto il decreto-legge 12 novembre 2001, n. 402, recante «Disposizioni urgenti in materia di personale sanitario», convertito, con modificazioni, dalla legge 8 gennaio 2002, n. 1, il cui dispositivo è finalizzato a dare risposte adeguate su diverse questioni di fondamentale importanza per il comparto infermieristico.
      In primo luogo sono previste misure straordinarie e temporanee per il reclutamento di infermieri e di tecnici sanitari di radiologia medica.
      È poi disciplinata la formazione professionale delle figure dell'area sanitaria e sociosanitaria ripartendo le competenze organizzative tra diversi livelli istituzionali. Si è attribuita allo Stato l'individuazione delle figure professionali da formare: a tale fine, il Ministro della salute, sentito il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, avrebbe dovuto emanare un regolamento, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome
 

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di Trento e di Bolzano, di seguito denominata «Conferenza Stato-regioni».
      Il regolamento è stato in effetti adottato di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, ma la Corte dei conti ha ritenuto al riguardo di sollevare presso la Corte costituzionale la questione della legittimità della disposizione.
      Nelle more della pronuncia della Corte costituzionale, lo Stato e le regioni hanno raggiunto l'accordo 22 febbraio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 91 del 19 aprile 2001, le cui disposizioni riguardo la figura dell'operatore socio-sanitario restano confermate fino all'adozione del relativo regolamento. Fino a quando non sarà adottato, restano confermate le disposizioni al riguardo contenute nel citato accordo intervenuto in sede di Conferenza Stato-regioni il 22 febbraio 2001.
      Secondo il citato decreto-legge 12 novembre 2001, n. 402, deve essere poi sempre lo Stato a stabilire gli standard minimi di insegnamento teorico e pratico nonché i principi per la nomina delle commissioni.
      È attribuito invece alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano il compito di organizzare i corsi di formazione attraverso i quali possono essere formate le varie figure professionali. Anche la formazione complementare per l'operatore socio-sanitario è previsto che sia disciplinata con la stessa procedura.
      Sempre con lo stesso provvedimento sono inoltre disciplinati la formazione universitaria delle professioni sanitarie non mediche e i relativi titoli di studio.
      In particolare, per quanto riguarda la formazione universitaria, è previsto che il conseguimento del master di primo livello specialistico in scienze infermieristiche e delle professioni sanitarie costituisca titolo valutabile ai fini della progressione in carriera.
      In questo senso va ricordato che i master di primo e di secondo livello sono rilasciati al termine di corsi di perfezionamento scientifico e di alta formazione permanente e ricorrente successivi rispettivamente, il primo alla laurea triennale, il secondo a quella specialistica. Tali master sono organizzati dalle università ai sensi dell'articolo 3, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509.
      Il citato regolamento ha definito poi i punti cardine della riforma universitaria e in conformità agli standard europei ha determinato la nuova articolazione dei corsi e dei titoli di studio individuandoli nella laurea (tre anni); laurea specialistica (ulteriori due anni); diploma di specializzazione; diploma di dottorato di ricerca; master.
      Il citato decreto-legge 12 novembre 2001, n. 402, ha anche stabilito che i diplomi conseguiti in base alla normativa vigente dagli appartenenti alle professioni sanitarie sono validi ai fini dell'accesso ai corsi di laurea specialistica, ai master e agli altri corsi universitari di formazione post-base.
      Disciplina, inoltre, i corsi di riqualificazione professionale destinati agli infermieri generici con rapporto di lavoro a tempo indeterminato che sono svolti dalle aziende sanitarie e dalle strutture ospedaliere pubbliche e private autorizzate dalle regioni, specificando poi che la partecipazione con esito positivo ai corsi di riqualificazione professionale comporta l'inclusione degli infermieri generici nella categoria C ad esaurimento.
      L'accesso a tale categoria è disciplinato da disposizioni contrattuali, in base alle quali l'accesso avviene dall'esterno mediante pubblico concorso e, dall'interno, previo superamento di un'apposita selezione interna. In questa categoria sono compresi lavoratori che ricoprono posizioni che richiedono conoscenze teoriche specialistiche di base, capacità tecniche elevate, autonomia e responsabilità.
      Si prevede infine la possibilità per le aziende ospedaliere, per le altre istituzioni ed enti che svolgono attività sanitarie e socio-sanitarie, di poter assumere personale sanitario diplomato o laureato proveniente da altri Paesi dell'Unione europea.
      Il riferimento alla provenienza e non alla cittadinanza dà la possibilità di estendere l'applicazione della normativa anche
 

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ai cittadini di Stati terzi che abbiano conseguito o a cui siano stati riconosciuti i titoli professionali in altri Stati dell'Unione europea.
      D'altra parte, questa categoria di cittadini stranieri è già considerata autonomamente nella circolare del Ministero della sanità 14 aprile 2000.
      Inoltre il regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 febbraio 1994, n. 174, che individua i posti e le funzioni per i quali non si può prescindere dalla cittadinanza italiana, non fa riferimento alle professioni del comparto sanitario.
      È attribuita al Ministero della salute la facoltà di autorizzare le regioni a compiere gli atti istruttori di verifica per il rilascio del decreto ministeriale di riconoscimento dei titoli abilitanti per l'esercizio in Italia della specifica professione. Anche in questo caso la disposizione sembra riguardare sia i cittadini di altri Stati membri dell'Unione europea sia i cittadini di altri Stati.
      In questa ottica bisogna anche considerare che la citata circolare del Ministero della sanità 14 aprile 2000 riguardante il riconoscimento dei titoli professionali dell'area sanitaria conseguiti all'estero, fa riferimento in modo autonomo anche ai cittadini provenienti da Paesi terzi con titolo conseguito in un Paese terzo.
      Quella descritta è la spina dorsale, i riferimenti principali, di una legislazione, dunque, particolarmente vasta e articolata.
      Le attuali necessità del comparto infermieristico, il dovere di sviluppare al meglio l'offerta del Servizio sanitario nazionale, sollecitano il legislatore a fare chiarezza cercando di fissare dei punti fermi per la regolamentazione e lo sviluppo del comparto infermieristico e delle altre professioni sanitarie non mediche.
      La presente proposta di legge mira, dunque, a tracciare un riordino complessivo per la professione infermieristica che possa essere un punto di riferimento chiarificatore e un utile strumento per migliorare l'offerta del Servizio sanitario nazionale.
      In questo senso per ciò che concerne l'intero comparto delle professioni sanitarie non mediche si propone l'istituzione di un livello dirigenziale differenziato in un primo e in un secondo livello.
      Un primo livello, nel quale si distinguono dirigenti di prima fascia per i quali è necessario aver conseguito la laurea specialistica (LS 3+2) più il master di secondo livello e un secondo livello costituito da dirigenti di seconda fascia per i quali è necessario aver conseguito la laurea di 3 anni (L) o il master di primo livello.
      Coordinato con il livello dirigenziale rimane quello costituito dal personale sanitario non medico: per tale qualifica è necessario allo stato aver conseguito il diploma universitario abilitante o un titolo equipollente.
      Infine, alle dirette dipendenze del personale infermieristico si propone di introdurre la figura di aiuto infermiere, mutuata nei compiti e nella formazione da quella dell'attuale operatore socio-sanitario, delineata dal citato accordo 22 febbraio 2001.
      All'articolo 1 si definisce la qualifica del personale infermieristico e il suo relativo profilo, specificando, al comma 1, che l'infermiere è un operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante o di titolo equipollente e dell'iscrizione all'albo professionale, è responsabile dell'assistenza generale infermieristica.
      All'articolo 2 si fa esplicito riferimento al diploma universitario quale titolo principale di riferimento per l'abilitazione professionale, specificando che proprio il diploma universitario è valido per l'accesso ai corsi universitari, anche a quelli specialistici, ai master e agli altri corsi universitari di formazione post-base.
      All'articolo 3 si specificano i titoli equipollenti al diploma universitario, sia ai fini dell'esercizio professionale che a quelli dell'accesso alla formazione post-base. Si precisa, inoltre, che i criteri e le modalità per stabilire l'equipollenza al diploma universitario di ulteriori titoli conseguiti conformemente all'ordinamento in vigore anteriormente alla data di entrata in vigore dei decreti di individuazione dei profili
 

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professionali, sono stabiliti con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, precisando la possibilità di prevedere per tali titoli anche la partecipazione ad appositi corsi di riqualificazione professionale.
      All'articolo 4 si fa esplicito e dettagliato riferimento alla formazione universitaria per la professione infermieristica, ai sensi del citato decreto del Ministro dell'università e della ricerca 2 aprile 2001, e sono indicati i criteri per la disciplina degli ordinamenti didattici dei corsi universitari.
      L'articolo 5, invece, richiama la possibilità della formazione universitaria specialistica, sempre per la professione infermieristica, precisando le possibilità, le capacità e l'ambito di intervento per i laureati specialisti sempre nel rispetto delle competenze delle altre professionalità.
      L'articolo 6 specifica le competenze dei laureati specialisti.
      Con l'articolo 7 si fa poi richiamo alla possibilità, ai sensi dell'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, che le università possano attivare corsi di perfezionamento scientifico e di alta formazione permanente e ricorrente, successivi al conseguimento della laurea o della laurea specialistica, alla conclusione dei quali vengono rilasciati master universitari di primo e di secondo livello. Per accedere al master di primo livello è necessario il conseguimento della laurea nella professione sanitaria infermieristica oppure del diploma universitario di infermiere o di titoli equipollenti. Per accedere invece al master di secondo livello è necessario aver conseguito la laurea specialistica nelle scienze infermieristiche.
      L'articolo 8 istituisce la qualifica di dirigente delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica, autonoma e articolata su due differenti livelli.
      L'articolo 9 definisce i requisiti necessari per l'espletamento delle funzioni e delle competenze relativi alla qualifica professionale di dirigente di secondo livello delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica, specificando espressamente la necessità di aver conseguito, ai sensi della legge 10 agosto 2000, n. 251, la laurea in una delle professioni sanitarie, infermieristiche e ostetriche, della riabilitazione, tecniche e della prevenzione, istituita con il citato decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 2 aprile 2001, oppure il master di primo livello rilasciato dalle università, ai sensi dell'articolo 3, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, al termine di corsi di perfezionamento scientifico e di alta formazione permanente e ricorrente, successivi al conseguimento della laurea in una delle professioni sanitarie di cui alla legge 10 agosto 2000, n. 251.
      Con l'articolo 10 vengono precisate le competenze del dirigente delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica di secondo livello.
      L'articolo 11 definisce i requisiti necessari per l'espletamento delle funzioni e delle competenze relativi alla qualifica professionale di dirigente delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica di primo livello, specificando espressamente la necessità di aver conseguito, sempre ai sensi della legge 10 agosto 2000, n. 251, la laurea specialistica nelle professioni sanitarie istituita con il citato decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 2 aprile 2001, e il master di secondo livello rilasciato dalle università, ai sensi dell'articolo 3, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, al termine di corsi di perfezionamento scientifico e di alta formazione permanente e ricorrente,
 

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successivi al conseguimento della laurea specialistica nelle professioni sanitarie di cui alla legge 10 agosto 2000, n. 251.
      Con l'articolo 12 vengono precisate le competenze del dirigente delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica di primo livello.
      L'articolo 13 disciplina, ai sensi della normativa vigente, le procedure concorsuali riservate al personale in possesso della laurea in una delle professioni sanitarie non mediche, del diploma universitario o di titoli equipollenti e del master di primo livello e di secondo livello, per l'accesso alla qualifica di dirigente di secondo e di primo livello delle professioni sanitarie non mediche.
      Con l'articolo 14 viene invece istituita la figura professionale e il relativo profilo di aiuto infermiere. Tale professionista, a seguito del conseguimento di uno specifico attestato di qualifica conseguito al termine di una mirata formazione professionale, nell'ambito della propria area di competenza svolge un'attività mirata a soddisfare i bisogni primari della persona e a favorire il benessere e l'autonomia dell'utente. Svolge la sua attività nel settore sociale, in quello sanitario, in servizi di tipo socio-assistenziale, socio-sanitario, residenziali e semi-residenziali, in ambiente ospedaliero e al domicilio dell'utente sempre in collaborazione con gli altri operatori professionali preposti all'assistenza sanitaria e a quella sociale e sempre alle dirette dipendenze o sotto la supervisione del personale infermieristico e ostetrico. Vengono poi precisate in dettaglio le principali attività previste per l'aiuto infermiere.
      L'articolo 15 definisce le competenze dell'aiuto infermiere distinguendole in tecniche, relative alle conoscenze richieste e relazionali.
      L'articolo 16 riguarda la formazione della qualifica di aiuto infermiere, la cui competenza è riconosciuta alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, che provvedono alla organizzazione dei corsi e delle relative attività didattiche, nel rispetto delle linee guida tracciate dalla presente proposta di legge. Sono le regioni e le province autonome che accreditano, in virtù del proprio fabbisogno, determinato annualmente, le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, nonché le istituzioni pubbliche e private alla effettuazione dei corsi di formazione, per accedere ai quali il requisito minimo richiesto è il diploma di scuola dell'obbligo e il compimento del diciassettesimo anno di età.
      L'articolo 17 delinea i requisiti di massima per l'organizzazione della didattica.
      L'articolo 18 definisce le materie minime di insegnamento distinguendole in diverse aree disciplinari.
      L'articolo 19 prevede la necessità, per il conseguimento della qualifica di aiuto infermiere, del superamento, al termine del corso di formazione, di un esame finale. Per sostenere l'esame viene previsto un tetto massimo di assenze da non superare, la cui definizione è demandata alle singole regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Qualifica di personale infermieristico e relativo profilo professionale).

      1. L'infermiere è l'operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante o di titolo equipollente e dell'iscrizione all'albo professionale, è responsabile dell'assistenza generale infermieristica.
      2. L'assistenza infermieristica preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa è di natura tecnica, relazionale ed educativa. Le principali funzioni dell'assistenza infermieristica sono la prevenzione delle malattie, l'assistenza dei malati e dei disabili di tutte le età nonché l'educazione sanitaria.
      3. L'infermiere:

          a) partecipa all'identificazione dei bisogni di salute della persona e della collettività;

          b) identifica i bisogni di assistenza infermieristica della persona e della collettività e formula i relativi obiettivi;

          c) pianifica, gestisce e valuta l'intervento assistenziale infermieristico;

          d) garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche;

          e) agisce sia individualmente sia in collaborazione con gli altri operatori sanitari e sociali;

          f) per l'espletamento delle proprie funzioni si avvale, ove necessario, dell'opera del personale di supporto;

          g) svolge la sua attività professionale in strutture sanitarie pubbliche o private, nel territorio e nell'assistenza domiciliare, in regime di dipendenza o libero professionale.

 

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      4. L'infermiere contribuisce alla formazione del personale di supporto e concorre direttamente all'aggiornamento relativo al proprio profilo professionale e alla ricerca.

Art. 2.
(Diploma universitario e abilitazione).

      1. Il diploma universitario di infermiere, conseguito ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, abilita all'esercizio della professione, previa iscrizione all'albo professionale.
      2. Ai sensi dell'articolo 1, comma 10, del decreto-legge 12 novembre 2001, n. 402, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 gennaio 2002, n. 1, il diploma universitario di infermiere è valido ai fini dell'accesso ai corsi di laurea specialistica, ai master e agli altri corsi universitari di formazione post-base.

Art. 3.
(Titoli equipollenti).

      1. Ai sensi della legge 26 febbraio 1999, n. 42, è stabilita l'equipollenza al diploma universitario di infermiere, dei diplomi di infermiere professionale conseguiti anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, ai fini sia dell'esercizio professionale sia dell'accesso alla formazione post-base.
      2. Ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione post-base, con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sono stabiliti i criteri e le modalità per riconoscere come equivalenti ai diplomi universitari di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, ulteriori titoli conseguiti conformemente all'ordinamento vigente prima della data di entrata in vigore dei decreti di individuazione dei relativi profili professionali.

 

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      3. I criteri e le modalità definiti dal decreto di cui al comma 2 possono prevedere anche la partecipazione ad appositi corsi di riqualificazione professionale, con lo svolgimento di un esame finale.

Art. 4.
(Formazione universitaria).

      1. In conformità alla legge 10 agosto 2000, n. 251, e successive modificazioni, che prevede l'istituzione di specifici corsi di laurea per la professione infermieristica, e ai sensi del decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 2 aprile 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 128 del 5 giugno 2001, il presente articolo stabilisce i criteri per la disciplina degli ordinamenti didattici dei corsi universitari delle professioni sanitarie.
      2. I corsi di laurea afferenti alla classe della professione infermieristica sono istituiti e attivati dalle facoltà di medicina e chirurgia con il concorso, ove previsto dallo specifico profilo normativo, di altre facoltà. La formazione prevista dai predetti corsi avviene nelle aziende ospedaliere, nelle aziende ospedaliere universitarie, negli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, ovvero presso le altre strutture del Servizio sanitario nazionale e le istituzioni private accreditate ai sensi del decreto del Ministro dell'università e ricerca scientifica e tecnologica 24 settembre 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 234 del 7 ottobre 1997, e successive modificazioni. A tale fine sono stipulati appositi protocolli di intesa tra le regioni e le università, ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.
      3. I laureati nella classe della professione sanitaria infermieristica svolgono, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 10 agosto 2000, n. 251, con autonomia professionale, attività dirette alla prevenzione,

 

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alla cura e alla salvaguardia della salute individuale e collettiva, espletando le funzioni individuate dalle norme istitutive dei relativi profili professionali e dagli specifici codici deontologici e utilizzando metodologie di pianificazione per obiettivi dell'assistenza nell'età evolutiva, adulta e geriatrica.
      4. I laureati, al termine del percorso formativo delineato ai sensi del decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 2 aprile 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 128 del 5 giugno 2001, devono acquisire le competenze professionali previste dal regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 14 settembre 1994, n. 739.
      5. Le università assicurano la conclusione dei corsi di diploma universitario e il rilascio dei relativi titoli, secondo gli ordinamenti didattici vigenti, agli studenti già iscritti ai corsi alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 2 aprile 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 128 del 5 giugno 2001, e disciplinano altresì la facoltà per i medesimi studenti di optare per l'iscrizione ai corsi di laurea di cui al comma 2 del presente articolo.

Art. 5.
(Formazione universitaria specialistica).

      1. In conformità alla legge 10 agosto 2000, n. 251, e successive modificazioni, che prevede l'istituzione di corsi di laurea specialistica per la professione infermieristica, e ai sensi del decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 2 aprile 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 128 del 5 giugno 2001, il presente articolo stabilisce i criteri per la disciplina dell'ordinamento didattico per la classe di laurea specialistica universitaria nelle scienze infermieristiche.

 

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      2. I corsi di laurea di cui al comma 1 sono istituiti presso le facoltà di medicina e chirurgia con il concorso, ove previsto dallo specifico profilo normativo, di altre facoltà. La formazione prevista dai predetti corsi avviene nelle aziende ospedaliere, nelle aziende ospedaliere universitarie, negli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico ovvero presso le altre strutture del Servizio sanitario nazionale e le istituzioni private accreditate ai sensi del decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 24 settembre 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 234 del 7 ottobre 1997, e successive modificazioni. A tale fine sono stipulati appositi protocolli di intesa tra le regioni e le università, ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.
      3. I laureati specialisti possiedono una formazione culturale e professionale avanzata per intervenire con elevate competenze nei processi assistenziali, gestionali, formativi e di ricerca nell'ambito pertinente alla loro professione.
      4. I laureati specialisti che hanno acquisito le necessarie conoscenze scientifiche, i valori etici e le competenze professionali pertinenti alla professione di infermiere e hanno ulteriormente approfondito lo studio della disciplina e della ricerca specifica, alla fine del percorso formativo sono in grado di esprimere competenze avanzate di tipo assistenziale, educativo e preventivo in risposta ai problemi prioritari di salute della popolazione e di qualità dei servizi. In base alle conoscenze acquisite sono, altresì, in grado di tenere conto delle esigenze della collettività, dello sviluppo di nuovi metodi di organizzazione del lavoro, dell'innovazione tecnologica e informatica, anche con riferimento alle forme di tele-assistenza o di tele-didattica, nonché dell'omogenizzazione degli standard operativi a quelli dell'Unione europea.
      5. I laureati specialisti sviluppano, anche a seguito dell'esperienza maturata attraverso un'adeguata attività professionale, un approccio integrato ai problemi organizzativi
 

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e gestionali della professione infermieristica, qualificato dalla padronanza delle tecniche e delle procedure dell'organizzazione sanitaria, nel rispetto delle proprie e delle altrui competenze.

Art. 6.
(Competenze dei laureati specialisti).

      1. Le competenze dei laureati specialisti di cui all'articolo 5 comprendono:

          a) rilevare e valutare criticamente l'evoluzione dei bisogni dell'assistenza pertinenti alla specifica figura professionale;

          b) progettare e intervenire operativamente in ordine a problemi assistenziali e organizzativi complessi;

          c) programmare, gestire e valutare i servizi assistenziali nell'ottica del miglioramento della qualità, con specifico riferimento alla pianificazione, all'organizzazione, alla direzione e al controllo;

          d) supervisionare l'assistenza pertinente alla specifica figura professionale e svolgere azioni di consulenza professionale;

          e) applicare e valutare l'impatto di differenti modelli teorici nell'operatività dell'assistenza;

          f) progettare, realizzare e valutare interventi formativi;

          g) sviluppare le capacità di insegnamento per la specifica figura professionale nell'ambito delle attività tutoriali e di coordinamento del tirocinio nella formazione di base complementare e permanente;

          h) utilizzare i metodi e gli strumenti della ricerca pertinenti alla figura professionale nelle aree clinico-assistenziali, nell'organizzazione e nella formazione;

          i) analizzare criticamente gli aspetti etici correlati all'esistenza e a problemi multiprofessionali e multiculturali.

 

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Art. 7.
(Master).

      1. Ai sensi dell'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, e in attuazione dell'articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive modificazioni, le università possono attivare, disciplinandoli nei regolamenti didattici di ateneo, corsi di perfezionamento scientifico e di alta formazione permanente e ricorrente, successivi al conseguimento della laurea o della laurea specialistica, alla conclusione dei quali sono rilasciati i master universitari di primo e di secondo livello.
      2. Il master di primo livello specialistico in scienze infermieristiche è rilasciato al termine di corsi di perfezionamento scientifico e di alta formazione permanente e ricorrente, successivi al conseguimento della laurea in professioni sanitarie infermieristiche, del diploma universitario di infermiere o di titoli equipollenti, e costituisce, ai sensi dell'articolo 1, comma 9, del decreto-legge 12 novembre 2001, n. 402, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 gennaio 2002, n. 1, titolo valutabile ai fini della progressione di carriera.
      3. Il master di secondo livello in scienze infermieristiche è rilasciato al termine di corsi di perfezionamento scientifico e di alta formazione permanente e ricorrente, successivi al conseguimento della laurea specialistica nelle scienze infermieristiche.

Art. 8.
(Organizzazione della dirigenza delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica).

      1. La qualifica di dirigente delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica, di cui alla legge 10 agosto 2000, n. 251, e successive

 

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modificazioni, è articolata su due differenti livelli, disciplinati dagli articoli 9, 10, 11 e 12 della presente legge e gode di autonomia.

Art. 9.
(Dirigente di secondo livello delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica).

      1. Per l'espletamento delle funzioni e delle competenze relative alla qualifica professionale di dirigente di secondo livello delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica, è necessario avere conseguito, ai sensi della legge 10 agosto 2000, n. 251, e successive modificazioni, la laurea in una delle professioni sanitarie prevista dal decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 2 aprile 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 128 del 5 giugno 2001, ovvero il master di primo livello rilasciato dalle università, ai sensi dell'articolo 3, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, al termine di corsi di perfezionamento scientifico e di alta formazione permanente e ricorrente, successivi al conseguimento della laurea in una delle professioni sanitarie non mediche di cui alla citata legge n. 251 del 2000, e successive modificazioni.

Art. 10.
(Competenze del dirigente di secondo livello delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica).

      1. Il dirigente di secondo livello delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica,

 

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svolge con autonomia professionale una specifica attività diretta alla prevenzione, alla cura e alla salvaguardia della salute individuale e collettiva.
      2. Il dirigente di secondo livello svolge la sua attività sia nel settore sociale che in quello sanitario, in ambiente ospedaliero e a domicilio dell'utente, in servizi di tipo socio-assistenziale, socio-sanitario, residenziale e semi-residenziale. Le sue attività sono rivolte sia alla persona che al suo ambiente di vita.
      3. Il dirigente di secondo livello concorre a pianificare le attività del personale sanitario non medico per un'adeguata assistenza sia nell'età evolutiva che in quella adulta e geriatrica.
      4. In assenza del dirigente di primo livello, spetta al dirigente di secondo livello coordinare le attività del personale delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica.
      5. Il dirigente di secondo livello espleta le sue funzioni in conformità alle competenze delineate dal profilo professionale delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica e dei rispettivi codici deontologici, rispettando le proprie e le altrui competenze.

Art. 11.
(Dirigente di primo livello delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica).

      1. Per l'espletamento delle funzioni e delle competenze relative alla figura professionale di dirigente di primo livello delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica, è necessario avere conseguito, ai sensi della legge 10 agosto 2000, n. 251, e successive modificazioni, la laurea specialistica in una delle professioni sanitarie prevista dal

 

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decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 2 aprile 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 128 del 5 giugno 2001, nonché il master di secondo livello rilasciato dalle università, ai sensi dell'articolo 3, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, al termine di corsi di perfezionamento scientifico e di alta formazione permanente e ricorrente, successivi al conseguimento della laurea specialistica nelle professioni sanitarie di cui alla citata legge n. 251 del 2000, e successive modificazioni.

Art. 12.
(Competenze del dirigente di primo livello delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica).

      1. Il dirigente di primo livello delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica, svolge con autonomia professionale una specifica attività diretta alla prevenzione, alla cura e alla salvaguardia della salute individuale e collettiva.
      2. Il dirigente di primo livello svolge la sua attività sia nel settore sociale che in quello sanitario, in ambiente ospedaliero e a domicilio dell'utente, in servizi di tipo socio-assistenziale, socio-sanitario, residenziale e semi-residenziale. Le sue attività sono rivolte sia alla persona che al suo ambiente di vita.
      3. In particolare, il dirigente di primo livello pianifica e coordina le attività del personale sanitario non medico, collabora con il personale medico, interviene nei processi gestionali, assistenziali e formativi nell'ambito delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica.
      4. Il dirigente di primo livello organizza le attività in conformità agli standard operativi

 

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e qualitativi stabiliti dall'Unione europea.
      5. Il dirigente di primo livello esercita la propria attività con un approccio integrato ai problemi organizzativi e gestionali delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica, nel rispetto delle proprie e delle altrui competenze.
      6. Il dirigente di primo livello analizza, altresì, anche gli aspetti etici correlati all'esercizio della propria professione, utilizza metodi e strumenti di ricerca pertinenti alla propria figura professionale nelle aree clinico-assistenziali, nell'organizzazione e nella formazione.
      7. Il dirigente di primo livello sviluppa capacità di insegnamento nell'ambito di attività di formazione del personale sanitario non medico, sia per ciò che concerne attività tutoriali e di coordinamento che di tirocinio nella formazione di base complementare e permanente. Progetta e realizza interventi formativi.
      8. Il dirigente di primo livello valuta criticamente l'impatto della propria attività con specifico riferimento all'efficacia e all'impatto concreto dei diversi modelli teorici inerenti alla pratica delle professioni sanitarie non mediche.
      9. Il dirigente di primo livello programma e gestisce i servizi assistenziali con l'obiettivo del miglioramento continuo della loro qualità, con specifico riferimento alla pianificazione, alla organizzazione, alla direzione e al controllo.
      10. Il dirigente di primo livello valuta l'evoluzione dei bisogni dell'assistenza pertinenti all'area delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica, progetta e interviene operativamente in merito a problemi assistenziali e organizzativi complessi, svolge azioni di consulenza professionale.
      11. Il dirigente di primo livello espleta le proprie funzioni in conformità alle competenze delineate dal profilo professionale delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione,
 

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della prevenzione, nonché della professione ostetrica e dei rispettivi codici deontologici, rispettando le proprie e le altrui competenze.

Art. 13.
(Procedure concorsuali).

      1. Per la disciplina concorsuale riservata al personale in possesso della laurea in professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica, del diploma universitario o di titoli equipollenti e del master di primo o di secondo livello, per l'accesso alla qualifica di dirigente di secondo e di primo livello si applicano le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 2001, n. 220.

Art. 14.
(Istituzione della figura e del relativo profilo professionale dell'aiuto infermiere).

      1. È istituita la figura e il relativo profilo professionale dell'aiuto infermiere.
      2. L'aiuto infermiere, a seguito del conseguimento di uno specifico attestato di qualifica conseguito al termine di una mirata formazione professionale, nell'ambito della propria area di competenza svolge un'attività indirizzata a soddisfare i bisogni primari della persona e a favorire il benessere e l'autonomia dell'utente.
      3. L'aiuto infermiere svolge la sua attività sia nel settore sociale che nel settore sanitario, in servizi di tipo socio-assistenziale, socio-sanitario, residenziali e semi-residenziali, in ambiente ospedaliero e al domicilio dell'utente.
      4. L'aiuto infermiere svolge la sua attività in collaborazione con gli altri operatori professionali preposti all'assistenza sanitaria e a quella sociale, sempre alle dirette dipendenze o sotto la supervisione del personale infermieristico e ostetrico.

 

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      5. Le attività dell'aiuto infermiere sono rivolte sia alla persona che al suo ambiente di vita; in particolare, l'aiuto infermiere esercita le seguenti attività:

          a) assistenza diretta e aiuto domestico alberghiero: in tale contesto assiste la persona, in particolare non autosufficiente o costretta a letto, nelle attività quotidiane e di igiene personale, realizza attività semplici di supporto diagnostico e terapeutico; collabora ad attività finalizzate al mantenimento delle capacità psico-fisiche residue, alla rieducazione, alla riattivazione e al recupero funzionale; realizza attività di animazione e di socializzazione di singoli e di gruppi; coadiuva il personale sanitario e sociale nell'assistenza al malato anche terminale e morente; collabora con l'utente nella gestione del suo ambito di vita, cura la pulizia e l'igiene ambientali;

          b) intervento igienico-sanitario e di carattere sociale: osserva e collabora alla rilevazione dei bisogni e delle condizioni di rischio o di danno dell'utente; collabora all'attuazione degli interventi assistenziali, valuta, per quanto di competenza, gli interventi più appropriati da proporre, collabora alla attuazione di sistemi di verifica degli interventi; riconosce e utilizza linguaggi e sistemi di comunicazione e di relazione adeguati al contesto operativo; instaura idonei rapporti di collaborazione e di supporto nei confronti dell'utente e della sua famiglia, finalizzati a favorire l'integrazione sociale, il mantenimento e il recupero della identità personale dell'utente stesso;

          c) supporto gestionale, organizzativo e formativo: utilizza strumenti informativi di uso comune per la registrazione di quanto rilevato durante il servizio e collabora alla verifica della qualità del servizio erogato; concorre, rispetto agli operatori del suo stesso profilo professionale, alla realizzazione dei tirocini e alla loro valutazione; collabora alla definizione dei propri bisogni di formazione e frequenta corsi di aggiornamento; collabora, anche nei servizi assistenziali non di ricovero, alla realizzazione di attività semplici.

 

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Art. 15.
(Competenze dell'aiuto infermiere).

      1. All'aiuto infermiere sono attribuite le seguenti competenze:

          a) competenze tecniche, in base alle quali, in collaborazione con altre figure professionali: attua i piani di lavoro, utilizza metodologie di lavoro comuni e collabora con l'utente e con la sua famiglia; cura la pulizia e la manutenzione di arredi e di attrezzature, nonché la conservazione degli stessi e il riordino del materiale dopo l'assunzione dei pasti; provvede al lavaggio, all'asciugatura e alla preparazione del materiale da sterilizzare; garantisce la raccolta e lo stoccaggio corretti dei rifiuti, il trasporto del materiale biologico sanitario e dei campioni per gli esami diagnostici, secondo protocolli stabiliti; svolge attività finalizzate all'igiene personale, al cambio della biancheria, all'espletamento delle funzioni fisiologiche, all'aiuto nella deambulazione, all'uso corretto di presidi, ausili e attrezzature, all'apprendimento e al mantenimento di posture corrette; in sostituzione o in appoggio dei familiari e su indicazione del personale preposto, provvede a prestare il proprio aiuto per la corretta assunzione dei farmaci prescritti, per il corretto utilizzo di apparecchi medicali di semplice uso, per l'attuazione delle prestazioni sanitarie; riconosce e riferisce al personale competente eventuali sintomi di allarme che l'utente può presentare; attua interventi di primo soccorso, effettua piccole medicazioni o provvede al cambio delle stesse, controlla e assiste la somministrazione delle diete; collabora alle attività di animazione e alle attività che favoriscono la socializzazione, il recupero e il mantenimento di capacità cognitive e manuali; collabora a educare al movimento e a favorire movimenti di mobilizzazione semplici su singoli e gruppi, provvede al trasporto di utenti, anche immobilizzati, in barella o in carrozzella; collabora alla composizione della salma e provvede al suo trasferimento; utilizza specifici protocolli per garantire la sicurezza

 

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dell'utente, riducendo al massimo gli eventuali rischi, svolge attività di informazione sui servizi del territorio, cura il disbrigo di pratiche burocratiche; accompagna l'utente nell'accesso ai servizi;

          b) competenze socio-sanitarie, in base alle quali: individua le principali tipologie di utenti e le problematiche connesse; distingue le diverse fasi di elaborazione dei progetti di intervento personalizzati; è in grado nei vari ambiti di utilizzare strumenti relazionali appropriati per rapportarsi all'utente sofferente; riconosce le situazioni ambientali e le condizioni dell'utente per le quali è necessario mettere in atto le differenti competenze tecniche; conosce le modalità di rilevazione, di segnalazione e di comunicazione dei problemi generali e specifici relativi all'utente; riconosce le condizioni di rischio e le più comuni sindromi da prolungato allettamento e immobilizzazione; provvede a fornire all'utente e ai suoi familiari le informazioni di base e i principali interventi semplici di educazione alla salute relativi al mantenimento di uno stato di salute e di benessere; conosce l'organizzazione dei servizi sociali e sanitari nonché delle reti informali;

          c) competenze relazionali, in base alle quali: è in grado di lavorare in équipe; si rapporta con l'utente e con la sua famiglia, comunicando in modo partecipativo e stimolando il dialogo reciproco con l'utente in tutte le attività quotidiane di assistenza; è in grado di interagire, in collaborazione con il personale sanitario, con il malato morente; sa coinvolgere le reti informali, sa rapportarsi con le strutture sociali, ricreative e culturali del territorio; sa promuovere e organizzare momenti di socializzazione, fornendo sostegno alla partecipazione a iniziative culturali e ricreative sia sul territorio che in ambito residenziale; collabora nell'accogliere l'utente per assicurare una puntuale informazione sul servizio e sulle risorse; è in grado di gestire la propria attività con le dovute riservatezza

 

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ed eticità; affiancandosi ai tirocinanti, sa trasmettere le proprie competenze operative.

Art. 16.
(Formazione professionale dell'aiuto infermiere).

      1. La formazione professionale dell'aiuto infermiere è di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, che provvedono alla organizzazione dei corsi e delle relative attività didattiche in conformità a quanto previsto dalla presente legge.
      2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano accreditano, in base al proprio fabbisogno determinato annualmente, le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, le istituzioni pubbliche e private che rispondono ai requisiti determinati dal Ministero della salute e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali alla effettuazione dei corsi di formazione.
      3. Per l'accesso ai corsi di formazione è necessario essere in possesso del diploma di scuola dell'obbligo e avere compiuto il diciassettesimo anno di età al momento dell'iscrizione al corso.

Art. 17.
(Organizzazione della didattica).

      1. La didattica dei corsi di formazione di cui all'articolo 16 è strutturata per moduli e per aree disciplinari. Ogni corso deve comprendere un modulo di base, un modulo professionale e un tirocinio guidato da tenere presso le strutture nelle quali è previsto l'impiego della figura professionale dell'aiuto infermiere.
      2. I corsi di formazione per aiuto infermiere hanno durata annuale, con un numero di ore non inferiore a 1.000 articolate secondo le seguenti modalità:

          a) modulo di base: formazione teorica, numero minimo di 200 ore;

 

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          b) modulo professionalizzante: formazione teorica, numero minimo di 250 ore;

          c) esercitazioni e stage: numero minimo di 100 ore;

          d) tirocinio: numero minimo di 450 ore.

      3. Tenuto conto delle differenziate potenzialità di impiego della figura professionale di aiuto infermiere, è riconosciuta alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano la facoltà di prevedere moduli didattici mirati a tematiche specifiche riguardo sia all'utenza, sia alla struttura di riferimento. È prevista, inoltre, la possibilità di attivare moduli di formazione integrativa mirati a specifiche utenze e a specifici contesti operativi, per i quali è previsto un massimo di 200 ore, di cui 100 di tirocinio, nonché moduli tematici di formazione teorica per un numero minimo di 50 ore. Sono infine previste misure compensative, nella forma di moduli didattici integrativi post-base, in tutti i casi in cui la formazione prevista risulta insufficiente per quanto concerne la preparazione sanitaria o sociale.

Art. 18.
(Aree disciplinari e materie di insegnamento).

      1. Le aree disciplinari relative ai moduli didattici di cui all'articolo 17 sono articolate nelle seguenti materie di insegnamento:

          a) area socio-culturale, istituzionale e legislativa: elementi di legislazione nazionale e regionale a contenuto socio-assistenziale e previdenziale; elementi di legislazione sanitaria e di organizzazione dei servizi; elementi di etica e di deontologia; elementi di diritto del lavoro e in particolare il rapporto di dipendenza;

          b) area psicologica e sociale: elementi di psicologia e di sociologia; aspetti psico-relazionali e interventi assistenziali in rapporto alle specificità dell'utenza;

 

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          c) area igienico-sanitaria e area tecnico-operativa: elementi di igiene; disposizioni generali in materia di protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori, di igiene dell'ambiente e di comfort alberghiero; interventi assistenziali rivolti alla persona in rapporto a particolari situazioni di vita e di tipologia di utenza; metodologia del lavoro sociale e sanitario; assistenza sociale.

Art. 19.
(Esame finale).

      1. Al fine accedere alla relativa professoine la frequenza al corso di formazione professionale per aiuto infermiere è obbligatoria. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano stabiliscono, nel provvedimento istitutivo dei medesimi corsi, il numero massimo di assenze ammissibili superato il quale il corso si considera interrotto.
      2. Al termine del corso di formazione di cui al comma 1 sono previste una prova teorica e una prova pratica a cui sottoporre gli allievi. A tale fine, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel provvedimento istitutivo dei medesimi corsi, prevedono l'istituzione di un'apposita commissione d'esame, della quale fanno comunque parte, ai sensi del comma 2 dell'articolo 12 dell'accordo 22 febbraio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 91 del 19 aprile 2001, un esperto designato dall'assessorato regionale competente per la salute e un esperto designato dall'assessorato regionale competente per le politiche sociali.
      3. All'allievo che supera le prove di esame previste dal comma 2 è rilasciato un attestato di qualifica valido su tutto il territorio nazionale.
            


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