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PDL 5119

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5119



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
GIANFRANCO CONTE, BIANCHI CLERICI, ANTONIO PEPE, RANIELI, PATRIA, GARAGNANI, BUTTI, DEGENNARO, ARACU, BAIAMONTE, EMERENZIO BARBIERI, BERTOLINI, CARLUCCI, CUSUMANO, FIORI, LAMORTE, LICASTRO SCARDINO, PALMIERI, RODEGHIERO, SANTULLI, SARO, VIALE

Censimento, cessione in proprietà e circolazione di beni mobili di interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico di proprietà privata. Modifiche al codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42

Presentata il 6 luglio 2004


      

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Onorevoli Colleghi! - È universalmente noto che il nostro Paese detiene oltre il 50 per cento del complesso dei beni artistici del mondo, un patrimonio di cui andare fieri e, soprattutto, da salvaguardare, da tutelare e da proteggere non solo per il suo valore intrinseco, ma anche perché simbolo della cultura e dell'identità storica italiane.
      Con la rimozione delle barriere confinarie sussiste il rischio di ampliamento del già fin troppo vasto fenomeno del mercato clandestino di beni artistici, che si avvale peraltro delle differenti normative sul controllo e sulla circolazione che hanno i vari Paesi dell'Unione europea.
      Nel corso del 2003 i furti in danno dei beni culturali sono stati 1.205 e 16.839 gli oggetti trafugati, segnando una diminuzione del 20 per cento rispetto all'anno precedente. Il maggior numero di furti è stato commesso in danno di privati (625 per 10.513 oggetti trafugati); seguono le chiese (479 furti con 2.793 oggetti sottratti), poi gli enti pubblici e privati (85 furti e 3.225 oggetti rubati). Colpiti anche i musei pubblici non statali (11 furti per 244 oggetti rubati) e i musei statali (5 furti e 64 oggetti); nessun furto invece in danno di musei privati ed ecclesiastici.
      Questo trend in diminuzione, tuttavia, non tiene conto dell'enorme quantità di beni culturali in possesso di privati cittadini, i quali, ove non li avessero notificati all'autorità competente, li detengono illegalmente
 

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grazie alla legge 20 giugno 1909, n. 364, con cui si stabilì la proprietà dello Stato sui beni artistici rinvenuti.
      Tale impostazione, introdotta con il lodevole intento di tutelare il patrimonio artistico italiano e consolidata dalla giurisprudenza, è ripetuta sia nella legge n. 1089 del 1939 sia nel testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, di cui al decreto legislativo n. 490 del 1999, da ultimo in gran parte confluito nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004.
      Essa ha prodotto un vasto e solo parzialmente conosciuto mondo parallelo, alimentato dai ritrovamenti non dichiarati, dai furti di opere di qualsiasi tipo, dai ritardi nell'opera di classificazione, anche solo per quei beni già in possesso dello Stato. Sono ben note le polemiche sull'enorme quantità di opere lasciate a degradarsi nei sotterranei dei musei nazionali; noti collezionisti affermano ormai che il «tombarolo» è una figura romantica e superata, poiché i migliori «colpi» si eseguono tra gli scaffali delle opere non classificate dei depositi delle pubbliche amministrazioni.
      Il furto di quello che non esiste non è un furto e, d'altro canto, il privato che viene derubato di oggetti illegalmente detenuti si guarderà bene dal denunziarlo. Con buona pace delle statistiche che ci dicono che va meglio.
      L'enormità del patrimonio culturale nazionale mette in crisi persino l'attività di controllo dei beni già classificati; la Corte dei conti denunciava nel 1993 che ben 36 mila opere d'arte, ufficialmente in prestito a uffici pubblici e ambasciate, di fatto erano scomparse nel nulla.
      D'altra parte va osservato che l'introduzione in Spagna di una norma similare ha consentito l'uscita allo scoperto di milioni di pezzi artistici, al di là di quanto era prevedibile immaginare.
      La normativa ipervincolistica produce inoltre un altro risultato paradossale: quello di colpire non tanto gli ambigui personaggi protagonisti del mercato clandestino, quanto spesso collezionisti, antiquari e financo eredi in perfetta buona fede.
      L'antiquaria Ida Benucci acquista a Londra da Christie's una pala d'altare di Benvenuto di Giovanni e ne organizza il rientro in Italia con una mostra a Palazzo Venezia a Roma (ottobre 2000); ma poiché la vendita, risalente al 1885, non era stata autorizzata dalla Curia vescovile di Grosseto (nel cui territorio l'opera era collocata) potevano configurarsi i reati di furto e di ricettazione. Tutto, a cominciare dal nome dell'antiquaria, faceva capire come queste eventualità andassero escluse: la pala era stata addirittura proposta per l'acquisto al comune di Siena. Ma il magistrato si è mosso in base alla legge, disponendo il sequestro immediato, l'espropriazione senza indennizzo e la restituzione alla Curia, che non l'aveva mai richiesta. Ovviamente l'antiquaria riuscirà a dimostrare le proprie ragioni, ma tra diversi anni e con molte spese.
      Il collezionista e antiquario di arte antica Edoardo Almagià dopo molti anni di attività a New York decide di tornare in Italia riportando nel proprio Paese una collezione colà certosinamente raccolta, composta di pezzi archeologici italici, preziosa per i suoi approfondimenti tematici, al fine di metterla a disposizione del pubblico e degli studiosi. Annunzia questo suo intendimento in un convegno parlamentare sul mercato dei beni culturali a palazzo San Macuto nel novembre 2002. Un furente funzionario del Ministero per i beni e le attività culturali, colà presente, lo insulta pubblicamente (dandogli del ricettatore e del ladro); segue denunzia alla procura della Repubblica di Roma, «per aver ricevuto oggetti non identificati da persone sconosciute». Avviso di garanzia, diverse perquisizioni: difficile credere che la collezione tornerà a casa, in Italia.
      Conclusione: ci si astenga in futuro dal riportare in Italia beni di italica provenienza reperiti all'estero e i musei stranieri si astengano dal prestare all'Italia opere di provenienza italica, anche se uscite in tempi remoti. A meno che un provvedimento apposito non ne escluda il sequestro, come nel caso della proposta di
 

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legge atto Camera n. 2811 all'esame della Camera dei deputati, dall'esemplificativo e paradossale titolo: «Disposizioni in materia di non sequestrabilità delle opere d'arte prestate da uno Stato o da un'istituzione culturale straniera all'Italia per l'esposizione al pubblico».
      La presente proposta di legge parte da alcuni presupposti concettuali:

          a) il possesso di beni culturali non può essere a priori considerato un furto ai danni della collettività, ma una necessaria condizione di libertà e di cultura e un'espressione della sensibilità artistica;

          b) non tutti i beni culturali hanno la medesima valenza, poiché per la gran parte di essi può parlarsi di interesse in relazione alla loro antichità o al loro valore storico-culturale, più che di reale valore artistico;

          c) la rigidità e l'equiparazione nel trattamento tra tutti i beni culturali hanno prodotto il gigantesco mercato clandestino, di cui siamo solo parzialmente testimoni, poiché non abbiamo che una pallida idea di quanto sia ampio;

          d) in Italia occorre ricreare un mercato dell'arte con regole di circolazione semplificate, che favorisca l'uscita allo scoperto di milioni di pezzi, prima che i pezzi pregiati prendano definitivamente la via dell'estero.

      L'impostazione descritta appartiene ormai a numerosi settori e comincia a farsi spazio, sia pure a fatica, anche nell'amministrazione del Ministero per i beni e le attività culturali. D'altro canto il testo base, sia pure ampiamente riformulato e semplificato nelle procedure, è quello dell'allora Ministro per i beni culturali e ambientali Veltroni della scorsa legislatura (atto Senato n. 1033, approvato ed arenatosi alla Camera dei deputati nel marzo 1998, atto Camera n. 3216) che prevedeva la possibilità, condizionata al placet del Ministero, che il privato divenisse proprietario dei suddetti beni.
      Ma gli elementi di novità sono diversi e importanti: si richiede infatti il pagamento di una somma commisurata al 10 per cento del valore di esproprio del bene. Questo avvicinerebbe la proposta di legge ad un condono, ma con una particolarità: la porta è sempre aperta. Né poteva essere diversamente: un condono da effettuare entro una certa scadenza produce illegittimità già dal momento successivo alla scadenza, che è proprio quello che si vuole evitare. Un regime transitorio è stato disposto solo per la chiusura dei procedimenti penali in corso, per evitare il ricorso alle possibilità offerte dalla presente proposta di legge solo a seguito di una denunzia.
      La norma prevede l'applicabilità della procedura a qualsiasi tipo di bene artistico o culturale, diversamente dal progetto Veltroni che era limitato ai soli beni archeologici e numismatici. Su questo punto si è sviluppato un ampio dibattito di cui diamo conto nelle note conclusive
      Sostanzialmente i soggetti possessori stimano il valore del bene posseduto, ne inviano documentazione alle competenti soprintendenze e pagano il 10 per cento del valore; le soprintendenze hanno centottanta giorni per controdedurre, altrimenti si intende accolta la domanda del possessore. Si spera che esse si organizzino in forme efficienti, lasciando perdere le inezie e concentrandosi sui beni più importanti, per i quali va effettuata la verifica dell'interesse culturale e può essere necessario disporre prescrizioni per la conservazione o esercitare il diritto di prelazione, che viene confermato. Compito dell'amministrazione preposta è anche di riversare la massa documentale delle dichiarazioni nelle banche dati informatiche già esistenti nell'ambito della catalogazione dei beni culturali.
      Altro elemento rilevante è costituito dalla possibilità di chiudere i procedimenti in corso, salvo che si siano già subite condanne definitive per reati in materia di beni culturali. Si stimola inoltre la denunzia all'autorità competente dei ritrovamenti grazie alla previsione del pagamento di un prezzo pari al valore (precedentemente era un quarto del valore) in favore dello scopritore fortuito o eventualmente dell'assegnazione in proprietà.

 

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      L'articolo 2 della proposta di legge introduce o riscrive o specifica taluni reati in materia di beni culturali. Base per la riformulazione è un testo del Ministro per i beni e le attività culturali Urbani mai giunto a compiuta definizione, ma del quale erano estremamente lodevoli gli intenti. Sono introdotte le figure di spoliazione di bene culturale, appropriazione indebita di bene culturale e ricettazione di bene culturale ed è meglio definito il concetto di smembramento di bene culturale. Il profilo pecuniario delle relative sanzioni è assolutamente prevalente rispetto alla privazione della libertà personale, che tuttavia rimane per il suo valore di deterrenza.
      Conclusivamente, la proposta di legge prevede un'ampia possibilità di circolazione dei beni dichiarati, introducendo un regime a sé stante, molto semplificato. Questa soluzione può produrre diversi scompensi e lascia intravedere due regimi: uno per lo Stato, gli enti ed i privati con diritto di proprietà antecedente al 1909 o con bene dichiarato (con la conseguente complessa procedura), l'altro semplificato, per i privati che hanno dichiarato il possesso. Se, ad esempio, un privato con diritto di proprietà riconosciuto vuole vendere all'estero in forma semplificata, paga il 10 per cento e si libera delle procedure. Pertanto su tale punto i presentatori della proposta di legge sono aperti al contributo di tutti coloro che sono esperti nel settore. Potrebbe, per esempio, prevedersi l'introduzione di una «norma ponte» che deleghi il Governo a semplificare la normativa sulla circolazione dei beni culturali secondo criteri maggiormente liberisti.
      In relazione alla tipologia di beni cui è applicabile questa proposta di censimento e cessione in proprietà, gli esperti sostengono che ci si dovrebbe riferire ai soli beni archeologici e numismatici, cui faceva riferimento la legge n. 364 del 1909, che fu emanata appunto dopo una vicenda nella quale dei preziosi reperti archeologici avevano preso la strada dell'estero senza che il Governo avesse potuto fare nulla. Anzi, per i beni numismatici andrebbe individuata una data prima della quale applicare la procedura prevista dal testo proposto, distinguendo tra monete antiche e recenti.
      Tuttavia nella evoluzione delle norme successive alla legge del 1909, la differenza nel regime di proprietà tra i beni archeologici o numismatici e gli altri beni culturali è andata sfumando sin quasi a scomparire. Inoltre, come mostra il caso Benucci, l'autorità di controllo tende a travalicare l'interpretazione della legge, avviando procedimenti che, pur risolvendosi in un nulla di fatto, comunque comportano spese e problemi per i soggetti perseguiti. Pertanto si è preferito dettare una norma riferita a tutti i beni culturali, lasciando al Parlamento l'approfondimento di queste tematiche ed un definitivo chiarimento sul regime di proprietà dei beni culturali.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifiche al codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42).

      1. Dopo l'articolo 11 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 è inserito il seguente:

      «Art. 11-bis - (Beni mobili di interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico in possesso di privati) - 1. I privati possessori o detentori a qualsiasi titolo di beni mobili di interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico, definiti ai sensi degli articoli 10 e 11, comma 1, lettere a), d), f), g) e h), non denunciati né consegnati a norma delle disposizioni di cui al capo VI, ne acquisiscono la proprietà mediante pagamento di un decimo del valore determinato ai sensi dell'articolo 99.
      2. La richiesta di acquisizione in proprietà di cui al comma 1 è presentata alla competente soprintendenza corredata da documentazione fotografica e descrittiva, anche informatica, idonea alla certa e completa identificazione dei beni e del luogo ove essi si trovano, eventualmente periziata da un esperto in relazione al valore e alla autenticità, e da ogni altra documentazione utile, nonché dalla dichiarazione dell'interessato, resa ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante il possesso o la detenzione in buona fede.
      3. La soprintendenza competente di cui al comma 2 si esprime entro centottanta giorni dalla data di ricezione della richiesta, determinando il valore di acquisto dei

 

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beni; entro il medesimo termine può procedere alla loro ispezione od ordinarne la presentazione. Qualora la soprintendenza non si esprima nel termine indicato, la richiesta si intende accolta. Con il provvedimento di accoglimento della richiesta la soprintendenza dispone che i beni siano inventariati come proprietà privata e detta le eventuali disposizioni per la loro integrità e conservazione, ivi comprese le limitazioni alla loro circolazione. Il provvedimento non costituisce dichiarazione di autenticità.
      4. Ricorrendone le condizioni, la soprintendenza competente provvede altresì alla verifica dell'interesse culturale ai sensi dell'articolo 12. Ai beni culturali privati, come definiti dal presente articolo, si applicano le disposizioni sulla prelazione di cui alla sezione II del capo IV.
      5. Salve le prescrizioni per la loro integrità e conservazione e previa comunicazione alla soprintendenza competente per i soli beni dichiarati di interesse culturale ai sensi dell'articolo 13, i beni culturali privati, come definiti dal presente articolo, possono essere oggetto di attività contrattuale a titolo gratuito od oneroso e la loro circolazione è libera, in deroga alle disposizioni della sezione I del capo IV e delle sezioni I e II del capo V. La mancata comunicazione, per i beni dichiarati di interesse culturale ai sensi dell'articolo 13, ricade nelle ipotesi di cui agli articoli 173 e 174.
      6. I possessori e i detentori di beni mobili di interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico che fanno domanda di acquisizione in proprietà secondo le modalità previste dal presente articolo non sono punibili per i reati di cui agli articoli 174, 175, comma 1, 175-bis e 176-bis del presente codice, nonché di cui agli articoli 648 e 712 del codice penale, a condizione che non abbiano riportato condanne definitve per delitti di cui al capo I del titolo II della parte quarta del presente codice».

      2. In sede di prima applicazione dell'articolo 11-bis del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto

 

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legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, introdotto dal comma 1 del presente articolo, la presentazione della richiesta di acquisizione in proprietà estingue i reati di cui agli articoli 174 e 175 del medesimo codice di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, e di cui agli articoli 648 e 712 del codice penale, anche nel caso in cui il procedimento sia in corso, a condizione che essa sia presentata entro un mese dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 3, primo periodo, del presente articolo.
      3. Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, adottato entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono determinati i requisiti e le modalità di presentazione della richiesta di cui al comma 2 dell'articolo 11-bis del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, introdotto dal comma 1 del presente articolo, e delle comunicazioni di cui al comma 5 del medesimo articolo 11-bis. Con uno o più decreti del Ministro per i beni e le attività culturali sono altresì dettate le disposizioni per la catalogazione e l'archiviazione informatica delle documentazioni, nonché delle comunicazioni presentate ai sensi dei citati commi 2 e 5 dell'articolo 11-bis del codice di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, assicurando la compatibilità e l'interscambio informativo con la banca dati prevista dall'articolo 85 del medesimo codice.
      4. All'articolo 92 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, le parole: «non superiore al quarto del» sono sostituite dalle seguenti: «pari al»;

          b) dopo il comma 4 è aggiunto il seguente:

      «4-bis. Nel caso previsto dall'articolo 90, il proprietario dell'immobile o del fondo o, in assenza di questi, lo scopritore, possono optare, nei casi in cui non sussista

 

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l'interesse culturale ai sensi dell'articolo 13, per la richiesta di acquisizione in proprietà di cui all'articolo 11-bis».

      5. Il Ministero per i beni e le attività culturali provvede ad assicurare la più sollecita e ampia diffusione delle disposizioni di cui alla presente legge, avvalendosi anche dei mezzi di comunicazione di massa, e adotta ogni misura idonea a promuoverne e ad agevolarne l'applicazione.

Art. 2.
(Introduzione di nuove figure di reato nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42).

      1. All'articolo 169 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) alla lettera a) del comma 1 la parola: «demolisce» è sostituita dalla seguente «deteriora»;

          b) dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:

          «2-bis. È punito con l'arresto da sei a diciotto mesi e con l'ammenda da 5.000 euro a 50.000 euro chiunque volontariamente demolisce, distrugge, smembra o disperde un bene culturale, anche proprio».

      2. Dopo l'articolo 171 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, è inserito il seguente:

      «Art. 171-bis. - (Spoliazione di un bene culturale) - 1. È punito con l'arresto da uno a sei anni e con l'ammenda da 5.000 euro a 20.000 euro chiunque commette reato di furto su un bene culturale.
      2. È punito con l'arresto da due a sei anni e con l'ammenda da 10.000 euro a 30.000 euro chiunque commette il reato di furto in abitazione, furto con strappo o

 

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con stacco, furto con violenza sulle cose, furto con frode su un bene culturale.
      3. È punito con l'ammenda fino a 1.000 euro chiunque commette il reato di ingresso abusivo nel fondo o nell'edificio altrui costituente bene culturale, espressamente segnalato come tale da apposite indicazioni.
      4. È punito con l'arresto fino a due anni e con l'ammenda fino a 10.000 euro chiunque commette il reato di occupazione di fondo o di edificio altrui costituente bene culturale.
      5. È punito con l'arresto da sei mesi a tre anni e con l'ammenda fino a 10.000 euro chiunque commette il reato di usurpazione su un bene culturale.
      6. È punito con l'arresto da tre a otto anni e con l'ammenda fino a 20.000 euro chiunque commette il reato di rapina su un bene culturale».

      3. L'articolo 175 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, è sostituito dai seguenti:

      «Art. 175 - (Violazione in materia di ricerca archeologica) - 1. È punito con l'arresto fino ad un anno e con l'ammenda da 1.000 euro a 10.000 euro chiunque esegue una ricerca archeologica senza concessione.
      2. Se il fatto è commesso con strumenti per il sondaggio del terreno o con apparecchiature per la rilevazione dei metalli, le sanzioni sono raddoppiate.
      3. È punito con l'arresto fino a sei mesi e con l'ammenda da 1.000 euro a 10.000 euro chiunque esegue una ricerca archeologica in difformità dalla concessione ottenuta.

      Art. 175-bis. (Appropriazione indebita di un bene culturale). - 1. È punito con l'arresto fino ad un anno e con l'ammenda fino a 10.000 euro chiunque, dopo avere rinvenuto fortuitamente un bene culturale, se ne appropria.
      2. Le sanzioni di cui al comma 1 sono raddoppiate se il fatto è commesso nell'ambito di un'attività svolta in base a concessione di ricerca».

 

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      4. Dopo l'articolo 176 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, è inserito il seguente:

      «Art. 176-bis - (Ricettazione di un bene culturale). - 1. È punito con l'arresto da uno a due anni e con l'ammenda da 2.000 euro a 20.000 euro chiunque, in modo consapevole, vende, acquista o in qualunque modo favorisce la circolazione di un bene culturale proveniente dai reati previsti agli articoli 169, 171-bis, 173, 174, 175, 175-bis e 176.
      2. Se il fatto è commesso colposamente su beni che, per la loro qualità, per la condizione di chi li offre o per l'entità del prezzo, fanno supporre che costituiscono il prodotto o il prezzo o il profitto di un reato, si applica la pena dell'arresto fino ad un anno e dell'ammenda da 1.000 euro a 10.000 euro».


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