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PDL 4752

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4752



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

VIGNI, BENVENUTO, VIOLANTE, BANDOLI, AGOSTINI, ABBONDANZIERI, ADDUCE, ALBERTINI, ALBONETTI, AMICI, ANGIONI, ANNUNZIATA, BANDOLI, BATTAGLIA, BELLINI, BIELLI, BOATO, BONITO, BORRELLI, BOVA, BUEMI, BUFFO, BURTONE, CALZOLAIO, CAMO, CAPITELLI, CARBONELLA, CARLI, CAZZARO, CEREMIGNA, CHIANALE, CHIAROMONTE, CHITI, CIMA, COLUCCINI, CORDONI, CRISCI, CRUCIANELLI, CUSUMANO, DAMERI, DE BRASI, DI SERIO D'ANTONA, DIANA, DUCA, FANFANI, FILIPPESCHI, FRANCI, FRIGATO, GAMBINI, GASPERONI, GIACCO, GRANDI, GRILLINI, GROTTO, INNOCENTI, INTINI, LABATE, LADU, LUCÀ, LUMIA, LUSETTI, MACCANICO, PAOLA MARIANI, RAFFAELLA MARIANI, MARIOTTI, MARTELLA, MAURANDI, MAZZARELLO, MELANDRI, MOLINARI, MOTTA, MUSSI, NESI, NIGRA, OLIVERIO, OTTONE, PANATTONI, PAPPATERRA, PIGLIONICA, PINOTTI, PISTONE, POTENZA, PREDA, RAFFALDINI, RANIERI, REALACCI, ROCCHI, ROSSIELLO, ROTUNDO, RUGGHIA, RUZZANTE, SANDI, SANDRI, SCIACCA, SEDIOLI, SINISCALCHI, SPINI, SQUEGLIA, TANONI, TIDEI, TOCCI, TOLOTTI, TRUPIA, MICHELE VENTURA, VERTONE, VIANELLO, ZANOTTI, ZUNINO

Delega al Governo per la riforma fiscale ecologica e per interventi in materia di promozione dello sviluppo sostenibile e di modernizzazione ambientale dell'economia

Presentata il 25 febbraio 2004


      

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Onorevoli Colleghi! -

Premessa. La strada obbligata dello sviluppo sostenibile.

      Nello scenario di inizio millennio si intravede nitidamente il bivio dinanzi al quale si trovano gli Stati moderni, chiamati a compiere scelte dalle quali dipende la possibilità di un governo democratico, solidale e sostenibile della globalizzazione.
      In particolare, si diffonde nella coscienza collettiva un sentimento di insicurezza e di inquietudine dinanzi alla gravità dei problemi ambientali.
      Il nostro tempo è caratterizzato da un modello di produzione e di consumo energivoro e rapace, che oltre a non garantire

 

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una equa distribuzione del prodotto a livello mondiale, fa un uso indebito dei beni della terra, depauperando le risorse naturali e innescando violenti processi di cambiamento climatico.
      Non si tratta di opporsi alla globalizzazione, ma di cambiarne profondamente il segno e di orientarla verso la sostenibilità ambientale e sociale.
      È su questo terreno che si innestano le scelte che siamo chiamati a compiere.
      Dinanzi alla fame, alla sete, alle guerre che ogni giorno uccidono migliaia di uomini, donne e bambini in tutto il globo, di fronte agli ormai palpabili effetti delle alterazioni climatiche, al moltiplicarsi esponenziale dei disastri ecologici, occorrono nuove regole dirette a riconvertire e governare il mercato verso un nuovo modello di sviluppo dell'economia, atto a soddisfare assieme, su un livello più alto e nobile, le istanze di solidarietà e di rispetto per l'ecosistema globale.
      La presente proposta di legge prende dunque le mosse dalla consapevolezza di come l'attuale modello di produzione e consumo sia insostenibile sul piano ambientale e redistributivo, nonché nella sua fragilità sistemica, in prospettiva, sul versante geopolitico.
      Quella stessa organizzazione economica, incentrata sul consumo dei combustibili fossili, che ha consentito all'umanità di sprigionare le energie necessarie alla trasformazione del mondo, mostra, ora, tutti i suoi limiti, non solo per la sempre più iniqua e diseguale distribuzione del prodotto, ma per il fatto di avere essa stessa stravolto, in un arco temporale relativamente breve, i millenari equilibri naturali terrestri, marini e di tutta la biosfera, innescando un processo di alterazione degli ecosistemi, le cui preoccupanti conseguenze sono sempre più evidenziate dalla comunità scientifica internazionale.
      È sbagliato agitare lo spettro di imminenti e inevitabili catastrofi apocalittiche, ma pecca di ignoranza forse prima ancora che di superbia chi acriticamente e con fatalismo irresponsabile si affida alla mano invisibile del mercato e al potere della tecnica, senza considerare il bilancio entropico dell'era dei combustibili fossili e dunque gli effetti, empiricamente evidenziabili, dei processi di degrado ambientale innescati da un mercato orientato solo alla massimizzazione del profitto monetario.
      L'inquinamento dei mari, dei fiumi, dei laghi, il surriscaldamento e l'avvelenamento dell'atmosfera del pianeta, la deforestazione, la perdita della biodiversità e le alterazioni climatiche, con i conseguenti effetti in termini di siccità, scioglimento dei ghiacciai e innalzamento del livello dei mari, riduzione della produttività agricola, proliferazione di malattie, questi e altri allarmanti fenomeni testimoniano la gravità dei problemi ambientali che dobbiamo affrontare e risolvere.
      Solo per rimanere all'accelerazione del tasso di perdita della biodiversità, secondo gli ultimi rapporti presentati dall'UNEP (Global Biodiversity Asessment - GBA), le attività umane starebbero distruggendo la variopinta bellezza del creato con un ritmo senza precedenti nella storia: nonostante gli ambiziosi obiettivi del Consiglio europeo di Goteborg, il numero delle specie animali e vegetali in pericolo ha ancora un trend ascendente; la perdita di geni, habitat ed ecosistemi permane con un ritmo di crescita superiore che in passato, tanto che si stima che circa un quinto della diversità biologica del pianeta potrebbe scomparire nei prossimi 3 o 4 lustri in assenza di una rapida inversione di tendenza.
      Per non parlare, poi, della vera, autentica, emergenza planetaria dell'effetto serra: dopo gli anni del brusio assordante e irresponsabile degli eco-scettici, è ormai asseverato dagli scienziati dei più autorevoli consessi scientifici internazionali, come l'Intergovernmental Panel on Climate Change delle Nazioni Unite, che la Terra si sta surriscaldando: la temperatura media globale del pianeta è aumentata di un valore compreso tra 0,6 e 0,8 co dalla fine dell'800 e, ciò che più inquieta, è che essa continua ad aumentare, nell'ultimo periodo, ad un ritmo di crescita esponenziale di almeno 0,2 co per decennio.
 

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      Secondo le proiezioni e i modelli elaborati dagli scienziati dell'Integrated Pollution Prevention and Control (IPCC) nei prossimi cento anni l'aumento della temperatura media globale del pianeta si può collocare tra un valore compreso tra poco più di 1 grado e quasi 5 gradi Celsius (ossia tra 2,52 e 10,44 gradi della scala Fahrenheit): gli effetti del riscaldamento globale non lasciano spazio né tempo al dubbio.
      Già ora, del resto, le alterazioni climatiche sono sempre più acute e gli sconvolgimenti metereologici risultano sempre più devastanti, secondo una progressione geometrica che si va statisticamente evidenziando.
      Tali scenari sono aggravati dall'attuale trend di crescita demografica della popolazione mondiale e dal relativo prevedibile aumento dell'inquinamento e del consumo di risorse naturali non rinnovabili nei Paesi emergenti e in via di sviluppo, ove la povertà e il degrado ambientale si intrecciano in modo perverso.
      Sono, questi, problemi epocali, che inducono a ritenere obbligata la strada dello sviluppo sostenibile, una strada che manda in soffitta i classici paradigmi di riferimento dell'economia, come l'assolutezza illimitata del produrre e lo stesso concetto di consumo.
      Lo sviluppo sostenibile è, infatti, una necessità che parte dalla consapevolezza dei limiti strutturali alla capacità di rinnovamento delle risorse e di assorbimento degli agenti inquinanti e dell'entropia immessa nell'ecosistema per mezzo delle attività economiche.
      Non è tuttavia solo la strada della sobrietà e del consumo critico e intelligente; è il ribaltamento della logica stessa del consumo, posto che l'accezione più sofisticata della sostenibilità dello sviluppo è diretta a costruire una organizzazione economica che «non consuma le risorse naturali ma le usa e le riusa illimitatamente», sulla base della teoria dei cicli chiusi.
      È questo il versante più avanzato dell'elaborazione culturale, scientifica ed economica, attraverso la quale dobbiamo ripensare l'organizzazione economica delle società moderne e, dunque, le politiche industriali, energetiche, dei servizi, dei trasporti, dell'agricoltura, del lavoro.
      La necessità di coniugare la sostenibilità ambientale e sociale con la crescita economica è, a ben vedere, il salto di qualità compiuto nelle politiche dell'Unione europea, al fine di onorare gli impegni assunti a Rio de Janeiro nel 1992 e a Johannesburg nel 2002.
      In tale prospettiva, la presente proposta di legge intende ispirarsi esplicitamene al lavoro di elaborazione culturale e politica compiuto dall'Unione europea, la quale, oltre ad aver conferito una dignità giuridica al principio dello sviluppo sostenibile, ha elaborato, negli ultimi anni, grazie soprattutto al fondamentale impulso della Commissione, una serie di indirizzi strategici dai quali non è possibile prescindere.
      Le politiche dell'Unione in tema di sviluppo sostenibile si fondano sull'analisi delle inefficienze dell'attuale struttura economica. L'insostenibilità del modello di sviluppo dei Paesi avanzati viene attribuita, in particolare, all'uso inefficiente di due risorse fondamentali: il fattore lavoro e le risorse ambientali.
      Nel primo caso si verifica un sottoutilizzo del fattore produttivo, nel secondo caso uno sfruttamento eccessivo.
      Il costante incremento della produttività del lavoro verificatosi nel passato ha raggiunto oggi un punto critico; si è spezzata la correlazione positiva tra crescita economica e occupazione, posto che l'aumento del prodotto interno lordo (PIL), laddove si verifica, non è più in grado di garantire automaticamente la crescita dei livelli occupazionali. Parallelamente, la correlazione negativa tra crescita economica e tutela ambientale rischia di compromettere il potenziale di crescita a lungo termine. Ma anche questa persistente correlazione che l'ambientalismo continua a sottolineare non è più sufficiente a spiegare da sola i problemi che abbiamo dinanzi. Quel che occorre, sono strumenti in grado di far fronte ai
 

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problemi risolvendoli in modo durevole e strutturale.
      Vanno in questa direzione le recentissime proposte della Commissione in tema di politica energetica, biocarburanti, emission trading, progettazione ecocompatibile dei prodotti che consumano energia, nonché il VI Programma di azione in materia ambientale e le diverse strategie tematiche elaborate per l'integrazione del fattore ambientale nelle politiche di settore, le quali indicano, con ricchezza di suggestioni, tutte le diverse opzioni percorribili per addivenire ad uno sviluppo di qualità che, oltre ad essere socialmente ed ecologicamente responsabile, sia anche, in una economia di mercato, strutturale e durevole.
      Per proseguire sul sentiero tracciato in tal senso e non tornare indietro come invece sta accadendo in questa legislatura per taluni, fondamentali, aspetti della politica nazionale della sostenibilità, è necessario operare in modo complessivo e non settoriale, attraverso un insieme di riforme che siano dirette ad una autentica modernizzazione e innovazione ecologica dell'economia.
      Se, infatti, chiamiamo moderno un pensiero che rifletta, interpreti e sia in grado di realizzare i cambiamenti nell'epoca attuale, il paradigma della crescita economica illimitata, con i suoi risvolti industrialistici e consumistici, non è più moderno.
      Il pensiero moderno, nel nuovo secolo, parte dalla coscienza dei limiti, è consapevole della complessità del rapporto con la natura e della responsabilità che ne consegue, non è prigioniero del primato di una crescita economica senza qualità, insostenibile per la capacità di carico del nostro pianeta.
      Di fronte alle sfide che abbiamo davanti, siamo tutti chiamati a un supplemento di responsabilità.
      Per puntare su uno sviluppo sostenibile, durevole e più equo occorre individuare le linee di riforma atte a innescare un processo di trasformazione degli attuali modelli di produzione e di consumo, così come auspicato nell'ultimo World Summit di Johannesburg.
      Gli indirizzi concreti per articolare una strategia globale di sostenibilità sono molteplici, ma sulla scorta dell'esperienza comunitaria, posta a fondamento della presente proposta di legge, si possono raggruppare attorno ai seguenti filoni, di cui ora si darà brevemente conto.

Il contenuto della proposta di legge.

      Così come nel corso del novecento, in seguito alla grande crisi del '29, e poi nel dopoguerra, lo Stato sociale fu la grande risposta alla necessità di regolare il mercato per garantire occupazione e protezione sociale, così oggi, di fronte ad una vera e propria crisi degli equilibri ecologici, la grande sfida da vincere è quella di una regolazione del mercato per garantire la sostenibilità ambientale dello sviluppo. Ebbene, se la politica fiscale è stata - nell'esperienza dello Stato sociale - una politica volta ad assicurare allo Stato una quota di risorse per finanziare i servizi sociali ed attuare una redistribuzione del reddito e della ricchezza che consentisse di attenuare le disuguaglianze generate dal mercato, oggi, di fronte alla crisi ecologica, la politica fiscale deve divenire sempre più uno strumento orientato non solo verso finalità di carattere sociale, ma anche di carattere ambientale.
      Alla ricerca della combinazione ottimale tra tassazione, crescita economica, ambiente e occupazione, è finalizzato il dibattito sulla fiscalità ecologica. La presente proposta di legge intende proseguire un cammino già intrapreso anche nel nostro Paese. Già nelle scorse legislature erano state presentate alcune proposte di legge su questo tema (in particolare quelle dell'onorevole De Benetti).
      Vogliamo ricordare soprattutto alcuni provvedimenti approvati:

          - la «Delega al Governo per l'introduzione di incentivi con finalità ecologiche per uno sviluppo economico sostenibile e per l'occupazione» (articolo 11 della legge

 

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13 maggio 1999, n. 133) peraltro purtroppo mai attuata;

          - la legge n. 388 del 2000 (finanziaria 2001), segnatamente l'articolo 6, commi 13-19, che ha introdotto la possibilità di abbattimento dal reddito di impresa di taluni investimenti rivolti alla salvaguardia ambientale. Con tale disposizione, la politica degli ecoincentivi passa dagli «aiuti» a monte del processo produttivo e del prodotto, alla detassazione per gli investimenti ambientali già avvenuti, introducendo un fattore premiante lo sviluppo sostenibile e un fattore di competitività innovativa del mercato;

          - nell'ambito della riforma Ronchi sui rifiuti (decreto legislativo n. 22 del 1997), fondamentale è stato il passaggio da tassa a tariffa sulla quantità dei rifiuti prodotta, che peraltro risulta ancora applicata in modo parziale sul territorio nazionale;

          - l'introduzione di una tassa sulle emissioni di anidride solforosa (SO2) e di ossidi di azoto (NOx) dei grandi impianti di combustione e di una tassa energia-carbonio nell'ambito delle manovre di finanza pubblica rispettivamente per il 1998 e per il 1999, hanno rappresentato il primo passo verso l'effettiva applicazione del principio comunitario del «chi inquina paga». In particolare la carbon tax, in linea con gli impegni di Kyoto di riduzione di gas-serra (in particolare di emissioni di CO2), destinando parte del gettito alla riduzione degli oneri sociali per le imprese, rappresenta la prima concreta applicazione del trasferimento del carico fiscale dal lavoro alle risorse ambientali utilizzate dal sistema produttivo;

          - gli sgravi fiscali sugli interventi di risparmio energetico e le agevolazioni fiscali associate alle ristrutturazioni edilizie.

      Con la presente proposta di legge il raggio d'azione della fiscalità ecologica viene per la prima volta ad allargarsi sino a divenire strumento fondamentale di orientamento e indirizzo della varie componenti della politica economica, dalla politica industriale a quella energetica, dalla finanza ai trasporti, dall'agricoltura sino alla gestione del territorio.
      Come si vedrà diffusamente nel prosieguo della presente trattazione, in tutti questi settori, attraverso un uso oculato e selettivo della fiscalità, è possibile incentivare comportamenti dei contribuenti e delle imprese atti a salvaguardare l'ambiente, disincentivando i comportamenti e i fattori inquinanti, e garantendo al tempo stesso più elevati livelli di efficienza e di competitività in un quadro di modernizzazione ecologica dell'economia.

A) La fiscalità come motore della riconversione ambientale dell'economia.

      La prospettiva di uno sviluppo sostenibile richiede politiche pubbliche, l'attivazione di strumenti economici, fiscali e di governo capaci di regolare il prelievo delle risorse e gli impatti ambientali e, insieme, di sollecitare positive convergenze fra economia ed ecologia, mercato e ambiente, promuovendo innovazione, efficienza e maggiore competitività internazionale.
      In tal senso, le politiche ambientali di nuova generazione non si basano solo su meccanismi normativi, di comando e di controllo, ma partecipano alla determinazione delle politiche economiche, fiscali, industriali e sociali, integrandosi nel sistema produttivo e di consumo, per riorientarne le modalità di funzionamento e le finalità.
      Le politiche per la sostenibilità non si limitano, pertanto, ad una serie di interventi parziali, singoli, ma delineano obiettivi generali, un quadro prospettico di nuova governance, entro il quale tutti gli attori, pubblici e privati, imprenditoriali e sociali, sono chiamati ad un nuovo approccio ai temi dello sviluppo.
      Per attuare efficaci politiche per la sostenibilità assume un rilievo del tutto peculiare, per il suo carattere di trasversalità rispetto alle altre politiche di settore, la fiscalità ecologica, la quale, oltre ad essere considerata dalla teoria economica come uno tra gli strumenti maggiormente apprezzabili sia sul piano dell'efficacia

 

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ambientale, sia su quello dell'efficienza economica (sul piano dell'efficacia in quanto consente, attraverso l'internalizzazione del danno ambientale nei prezzi di mercato, di ridurre l'entità dell'inquinamento prodotto e di correggere le distorsioni esistenti sul mercato per l'uso eccessivo delle risorse ambientali; sul piano dell'efficienza, in quanto tende ad ottimizzare il rapporto costi/benefìci nel senso del raggiungimento di obiettivi ambientali al minor costo possibile) costituisce il principale strumento rimasto in mano agli Stati nazionali per sollecitare una riconversione ambientale dei modelli di produzione e di consumo.
      Nonostante le imposte o le tasse ambientali offrano numerosi vantaggi rispetto al semplice approccio normativo (definizione di standard ambientali), tali strumenti hanno sempre incontrato notevoli resistenze di applicazione, in quanto apparentemente legati alla necessità di un aumento della pressione fiscale e a maggiori costi di produzione.
      Si tratta di una visione limitativa, considerato che tra le prerogative della leva fiscale figura in particolare quella della flessibilità.
      L'effetto di un'imposizione fiscale può, infatti, essere mitigato da una serie di misure contestuali volte ad attenuare o neutralizzare effetti diretti o indiretti indesiderati sul piano dell'equità sociale (ad esempio effetti regressivi) o sul piano produttivo (ad esempio effetti inflattivi e svantaggi competitivi).
      In tal senso, l'approccio sinora indicato in sede comunitaria è quello dello spostamento del carico fiscale dal lavoro (attraverso una riduzione degli oneri sociali) alle risorse ambientali utilizzate, in modo da lasciare invariati i costi di produzione per le imprese.
      Senza aumentarlo, il carico fiscale dovrebbe essere gradualmente alleggerito sul fattore lavoro e proporzionalmente appesantito sul fattore natura, cioè sul consumo di energia e di risorse naturali scarse e non rinnovabili e sulla emissione di agenti inquinanti, al fine di internalizzare il fattore ambientale nel costo dei prodotti.
      Attraverso questa traslazione del carico fiscale si otterrebbero «doppi dividendi», per l'occupazione e per l'ambiente.
      Se questo è il principio guida che ha presieduto le riforme fiscali ecologiche che diversi Paesi dell'Unione europea hanno cominciato ad introdurre negli ultimi anni, la sua applicazione concreta è complessa e controversa.
      Gli effetti sui costi aziendali e quelli sociali sui ceti più deboli devono essere attentamente modulati. Imprese troppo intensamente o rapidamente tassate potrebbero subire indesiderabili perdite di competitività e, al limite, decidere di delocalizzarsi nei Paesi con minore fiscalità, più basso costo del lavoro e senza vincoli ambientali.
      È necessario perciò porre in essere riforme fiscali ecologiche progressive e modulari, introducendo all'inizio aliquote moderate e molte esenzioni, tenendo conto, ad esempio, della specificità dei settori industriali ad alto consumo energetico (come la metallurgia, i laterizi, il vetro, la chimica, i quali risultano peraltro soggetti ai vincoli di riduzione delle emissioni derivanti dal Protocollo di Kyoto), per i quali devono essere introdotti specifici incentivi per la riconversione ambientale e il risparmio energetico, senza correre il rischio di annacquare, peraltro, gli interventi proprio là dove i consumi energetici risultano più intensi.
      Sempre con riferimento al settore energetico, è necessario tenere presente, a titolo esemplificativo, come l'80 per cento dei consumi energetici nei Paesi industriali non sia imputabile alle attività industriali, ma al riscaldamento e al condizionamento degli edifici, ai trasporti, ai servizi al consumatore finale, alla trasformazione e alla preparazione degli alimenti, all'illuminazione, (anche la tradizionale correlazione tra crescita del PIL e consumi energetici sta venendo meno dinanzi alla dematerializzazione dell'economia, all'aumento dei consumi nel terziario e nei servizi, a fronte di una industria sempre meno energy-intensive).
 

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      Settori, questi ultimi, che non solo non possono delocalizzarsi, sfuggendo alle logiche della tax competition, ma hanno potenziali di risparmio energetico enormi, spesso tra il 30 e l'80 per cento. Case e automobili, ad esempio, potrebbero già oggi essere progettate e costruite con tecnologie da tempo disponibili, capaci di ridurre di almeno quattro volte il consumo di energie non rinnovabili.
      La maggior parte dei carichi ambientali non sono, infatti, generati da poche grandi aziende «inquinatrici», ma da milioni di consumatori, dai loro stili di vita e, soprattutto, dalle abitudini di consumo e dalle tecnologie che utilizzano.
      In questo quadro, per orientare il mercato verso prodotti e servizi più moderni, gli interventi di fiscalità ecologica dovrebbero incidere su una ampia platea di contribuenti.
      In tal caso, tuttavia, incombe il rischio di un carico fiscale regressivo che potrebbe colpire maggiormente i ceti deboli, da difendere quindi con misure compensative e ammortizzatori sociali, i quali a loro volta, se largamente applicati, potrebbero ancora una volta sterilizzare, almeno in parte, gli effetti della fiscalità ecologica.
      Da queste scarne premesse si evince come la misura e la congrua calibrazione degli interventi di fiscalità ecologica costituiscano il presupposto per il loro stesso successo, nello stretto trade off tra le esigenze di competitività e di tutela sociale e quelle di protezione ambientale e della salute.

B) L'innovazione tecnologica per l'aumento dell'efficienza nell'uso delle risorse ambientali e lo sviluppo delle tecniche e delle tecnologie pulite nel sistema produttivo.

      Non vi è dubbio che l'adozione di un sistema di produzione orientato al risparmio energetico, alla compatibilità ambientale e ad un uso razionale delle materie prime utilizzate nei diversi comparti produttivi condurrebbe già nel breve periodo ad un sensibile incremento dell'efficienza produttiva, consentendo alle imprese italiane di rafforzare la propria competitività nei mercati internazionali.
      È evidente, quindi, la stretta correlazione tra competitività e sostenibilità e, dunque, tra economia ed ecologia.
      In tale contesto, l'introduzione e l'utilizzo di tecnologie pulite costituiscono il presupposto dal quale non è possibile prescindere al fine di conseguire una serie di benefìci sia in termini di competitività, per il vantaggio competitivo derivante dalla posizione di «first comer», sia in termini strategici, per una riduzione delle importazioni di energia e di materie prime atta a diminuire la dipendenza dall'estero.
      Nell'ambito energetico si pensi alla enorme potenzialità delle nuove tecnologie connesse al risparmio energetico e allo sviluppo delle fonti rinnovabili, con particolare riferimento alle prospettive industriali che potranno derivare dallo sviluppo del vettore idrogeno, mentre, nell'ambito dei prodotti, si pensi, solo a titolo esemplificativo, alle possibilità di smaltimento e di riciclaggio della componentistica elettronica nell'era del computer: ogni ufficio d'Italia, pubblico e privato, ha riposto in qualche angolo «rifiuti» di elettronica.
      Lo sviluppo delle migliori tecniche disponibili (BAT) e delle tecnologie pulite costituisce, a ben vedere, una chiave di volta per invertire in positivo l'attuale correlazione negativa tra sviluppo economico e tutela ambientale.
      Un elemento fondamentale per un nuovo modello di sviluppo è l'utilizzo di tecnologie pulite, cioè di tecnologie capaci di ridurre il fabbisogno di nuove risorse ambientali attraverso:

          un miglioramento della «produttività naturale» dei prodotti (maggiore rendimento energetico, riduzione del contenuto di materie prime, eccetera);

          una maggiore durata dei prodotti;

          un maggiore riutilizzo e riciclaggio;

          un miglioramento della tecnologia dei processi produttivi.

 

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      Anche se i modelli economici tendono a considerare la tecnologia come un fattore esogeno, in realtà essa dovrebbe essere considerata il risultato di incentivi originati sia nel settore pubblico sia in quello privato. Una collaborazione tra governo e industria per lo sviluppo di un piano industriale per la diffusione di tecnologie pulite costituisce un presupposto fondamentale per il perseguimento di politiche di tutela ambientale.
      Del resto, le sfide competitive del XXI secolo richiedono sempre più elevati standard di qualità ambientale e di sicurezza, e la promozione di un'industria italiana di tecnologie pulite costituirebbe una fondamentale scelta strategica.
      Anche in questo caso costituisce un aiuto prezioso il lavoro compiuto dalla Commissione europea, la quale, il 28 gennaio 2004, ha presentato una apposita comunicazione, «Incentivare le tecnologie per lo sviluppo sostenibile: piano d'azione sulle tecnologie ambientali per l'Unione europea» (COM(2004)38), nella quale individua undici azioni prioritarie con cui la Commissione, i governi nazionali e regionali, l'industria e gli altri soggetti interessati potranno promuovere lo sviluppo e l'adozione delle tecnologie ambientali.
      Se la tutela dell'ambiente è divenuta, ormai, esigenza imprescindibile di salvaguardia degli ecosistemi che deve motivare le decisioni politiche e democratiche, essa è anche una formidabile risorsa economica.
      L'innovazione ecologica, per le grandi opportunità economiche da essa derivanti, rappresenta, in questo senso - come si vedrà nel prosieguo della presente trattazione - la risposta più forte all'andamento sfavorevole dell'attuale ciclo economico e, dunque, la sola via in grado di contrastare il lungo e all'apparenza inesorabile processo di declino industriale e di perdita di competitività internazionale del nostro Paese.

C) Finanza etica e partecipazione del capitale privato agli investimenti in campo ambientale.

      Oggi le risorse finanziarie necessarie per sostenere il «credito all'ambiente» sono sostanzialmente pubbliche.

      Occorre dunque stimolare l'intervento di capitale privato, e uno degli strumenti a tal fine è quello di agevolare, attraverso la leva fiscale, la diffusione di fondi comuni di investimento ecologici, ossia fondi destinati a finanziare selettivamente progetti di sviluppo sostenibile che recano effetti benefici, sia sul piano della tutela ambientale, sia su quello sociale.
      Si tratta, in sostanza, di dare corpo e sostanza ad un ramo specifico di quella che viene comunemente definita la finanza etica, la quale rappresenta uno dei filoni evolutivi più interessanti e promettenti del capitalismo moderno, essendo diretta a coniugare le logiche del profitto con finalità ambientali e sociali, nell'ottica di una competizione rispettosa di tutti gli stakeholder. Si rinvia, a questo proposito, a quanto esposto nell'illustrazione dell'articolato.

D) Servizi ambientali e politiche per l'occupazione.

      La tutela dell'ambiente non costituisce soltanto una esigenza imprescindibile di salvaguardia degli ecosistemi, ma può trasformarsi in una straordinaria occasione di creazione di nuovi posti di lavoro e di nuove professionalità.
      L'attuale tendenza alla dematerializzazione dell'economia comporta una riduzione dei posti di lavoro in numerosi settori maturi dell'industria e del terziario.
      In tale ambito, un piano di rilancio dell'occupazione dovrebbe essere orientato a favorire fattori di crescita economica e di competitività sul piano internazionale, quali l'innovazione tecnologica, la formazione professionale e la garanzia della «qualità totale» del prodotto o del servizio fornito.
      Le misure in favore dell'occupazione dovrebbero, pertanto, basarsi sul miglioramento della qualità della vita e, in particolare, della qualità ambientale, attraverso una valorizzazione del patrimonio

 

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naturale, delle bellezze paesaggistiche, della salvaguardia dei beni culturali e ambientali; dovrebbero promuovere lo sviluppo di attività nel campo dei servizi ambientali, quali il riciclaggio dei rifiuti, la gestione delle acque, le attività di protezione e di manutenzione del territorio, nonché le attività di bonifica e di disinquinamento. In tal modo, attraverso opportuni corsi di formazione, numerosi disoccupati potrebbero trovare opportunità di lavoro, orientandosi verso il soddisfacimento di quella domanda in servizi sociali e ambientali che paradossalmente al momento non trova soddisfazione proprio per la carenza di figure professionali adeguate.
      Nello stesso settore energetico si stima che per i consumi domestici gli standard di rendimento energetico possano essere migliorati del 40-50 per cento effettuando investimenti adeguati nel settore delle abitazioni (doppi/tripli vetri, isolamento del tetto, caldaie e sistemi di climatizzazione della generazione più avanzata); anche in tale contesto, potrebbero essere creati numerosi posti di lavoro, dando nuovo impulso all'edilizia, e, segnatamente, alla cosiddetta «bioedilizia» ed alla riqualificazione, manutenzione, rigenerazione del patrimonio edilizio esistente.

E) Maggiore consapevolezza ai fini di una modifica dei comportamenti da parte di tutti gli attori dell'economia globale.

      Già il piano di azione della Conferenza sull'ambiente e lo sviluppo tenutasi a Rio de Janeiro nel giugno 1992, affermava che «la causa principale del continuo degrado dell'ambiente globale è la non sostenibilità del livello di consumo e produzione, particolarmente nei Paesi industrializzati (...)». In effetti, l'estensione degli attuali consumi industriali e dei modelli produttivi a tutto il pianeta richiederebbe un volume di risorse superiore di ben dieci volte a quelle disponibili, con evidente rischio di tensioni distributive a livello globale.
      L'esaurimento e il degrado delle risorse naturali e ambientali costituiscono un peso addossato alle generazioni future, oltre che una potenziale riduzione delle prospettive di prosperità economica.
      Ciò significa che il perseguimento dell'obiettivo di sostenibilità dello sviluppo comporta non soltanto l'adozione di nuovi modelli di produzione e di consumo ma soprattutto la consapevolezza da parte di tutti i soggetti attivi dell'economia della imprescindibile necessità di protezione dell'ambiente in cui viviamo, anche in relazione alla responsabilità delle generazioni presenti nei confronti di quelle che verranno.
      Diviene pertanto indispensabile incoraggiare un uso responsabile delle risorse ambientali, attraverso una informazione e una sensibilizzazione di coloro che attualmente sono attori del sistema economico e svolgono attività rischiose per l'ambiente.
      Una formazione appropriata all'interno di una organizzazione produttiva, sia essa pubblica o privata, di coloro che svolgono attività in grado di provocare un impatto significativo sull'ambiente, una sensibilizzazione sul loro ruolo e sui potenziali danni che errori, imperizie, negligenze, possono comportare all'ambiente, può risultare di grande vantaggio in termini di riduzione dei rischi, aumento di produttività, immagine aziendale, oltre che, ovviamente, in termini di tutela ambientale.
      Dall'altro lato, è necessario che il consumatore sia consapevole dei benefìci di un sistema produttivo più rispettoso dell'ambiente e degli sforzi compiuti dall'impresa per investimenti in prodotti e in processi ecocompatibili, e che tale politica di protezione e di tutela ambientale risulta premiante per l'azienda in quanto scelta e sostenuta dal destinatario finale della sua attività produttiva.
      In questa direzione l'affermazione dello sviluppo sostenibile richiede la creazione di un contesto favorevole e l'attivazione di nuovi e più efficaci strumenti di politica ambientale. Tra questi, come si vedrà, assumono un peculiare rilievo la contabilità ambientale - che si sta introducendo anche in Italia in diversi comuni e che va

 

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estesa ai vari livelli istituzionali - e i sistemi comunitari di certificazione ambientale di prodotto (marchio ECOLABEL) e di organizzazione e gestione (marchio EMAS).

1. Finalità - Lo sviluppo sostenibile e il Protocollo di Kyoto.

      L'articolato che si propone è ampio e tecnicamente complesso, essendo diretto a dare una coerente attuazione al principio comunitario dello sviluppo sostenibile, mediante l'integrazione orizzontale del fattore ambientale nelle diverse politiche di settore (fisco-energia-industria-trasporti-agricoltura-pubblica amministrazione).
      Al riguardo, si ricorda preliminarmente come l'intervento comunitario in materia di sviluppo sostenibile si sia dipanato nel corso degli anni fino a quando il Trattato sull'Unione europea non gli ha conferito rango politico. Questa evoluzione è proseguita con il Trattato di Amsterdam, con l'integrazione del principio della sostenibilità tra i compiti della Comunità europea e con l'inserimento, tra le priorità assolute, del raggiungimento di un livello elevato di protezione dell'ambiente.
      Soprattutto in questi ultimi anni l'Unione europea ha elaborato, come accennato, un articolato sistema di strategie per la sostenibilità a breve e lungo termine, invitando i Paesi membri a rafforzare la coerenza delle proprie politiche, ponendo al centro delle priorità uno sviluppo sostenibile dal punto di vista ambientale, economico e sociale.
      In tale quadro, una delle raccomandazioni ricorrenti provenienti dalla Commissione europea è quella di superare un approccio verticale e settoriale dei problemi ecologici, adottandone uno orizzontale, che tenga conto dell'importanza della politica fiscale, della politica di spesa e dell'efficacia degli strumenti economici per raggiungere obiettivi ambientali.
      In particolare, l'Unione europea invita gli Stati membri ad adottare misure atte ad integrare il fattore ambientale in tutte le politiche di settore, al fine di promuovere modelli di produzione e di consumo ecosostenibili.
      In questo contesto, per sollecitare la modifica dei comportamenti dei produttori e dei consumatori in senso favorevole all'ambiente, gioca un ruolo cruciale la fiscalità ecologica, la quale rappresenta, come illustrato precedentemente, lo strumento più efficace e flessibile rimasto in capo agli Stati nazionali per indirizzare il mercato verso nuovi, più efficienti e concorrenziali, modelli di sviluppo.
      Non è un caso, infatti, che nelle democrazie avanzate si assista, in questi ultimi anni, ad un crescente interesse nei confronti dell'utilizzo della leva fiscale per finalità ambientali: molti Paesi hanno introdotto o sono in procinto di introdurre articolati sistemi di incentivi, agevolazioni e disincentivi diretti a strutturare un nuovo tipo di imposizione capace di tener conto del valore, anche economico, delle risorse naturali.
      Per introdurre in maniera efficace, strutturale e durevole, il principio dello sviluppo sostenibile nell'ordinamento giuridico, la proposta di legge prevede una delega legislativa, che reca una serie di princìpi e criteri diretti, in primo luogo, a sollecitare una riconversione dei modelli di produzione e di consumo in senso ambientalmente sostenibile e tecnologicamente efficiente; in tale prospettiva, si persegue, anzitutto, l'obiettivo di rimodulare, sulla scorta delle più avanzate esperienze internazionali di fiscalità ecologica, l'incidenza del carico tributario, spostandolo dal lavoro al consumo e al prelievo delle risorse naturali non rinnovabili, internalizzando al contempo i costi ambientali dei cicli produttivi aperti e promovendo un processo di dematerializzazione dell'economia e, in definitiva, un incremento della competitività dei sistemi territoriali e del sistema produttivo nazionale nel suo complesso.
      Accanto a tali finalità e strettamente integrata con esse vi è poi l'esigenza di conseguire in modo economicamente efficiente e secondo le scadenze temporali previste, gli obiettivi di riduzione globale dei gas ad effetto serra stabiliti dal Protocollo

 

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di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, approvato a Kyoto l'11 dicembre 1997, e reso esecutivo ai sensi della legge 1o giugno 2002, n. 120, e ripartiti in sede comunitaria dalla decisione 2002/358/CE del Consiglio, del 25 aprile 2002.
      In proposito, è necessario ricordare come sulla base del Protocollo di Kyoto i Paesi industrializzati e quelli con economia in transizione si siano impegnati a ridurre, entro il periodo 2008-2012, le emissioni di gas ad effetto serra del 5,2 per cento rispetto ai livelli di emissioni del 1990.
      La misura complessiva della riduzione delle emissioni è stata ripartita, fra i Paesi richiamati nell'Allegato I al Protocollo, in maniera non uniforme, in considerazione del grado di sviluppo industriale, del reddito, dei livelli di efficienza energetica, in modo tale che i Paesi industrializzati si facciano carico di maggiori responsabilità a favore dei bisogni dei Paesi in via di sviluppo.
      In base all'Accordo - che ha una spiccata valenza anche di carattere «sociale» nei confronti dei Paesi in via di sviluppo - i Paesi membri dell'Unione europea dovranno conseguire una riduzione delle emissioni pari all'8 per cento rispetto ai livelli di emissioni del 1990.
      L'articolo 4 del Protocollo ha riconosciuto peraltro all'Unione la facoltà di ridistribuire tra i suoi Stati membri gli obiettivi ad essa imposti, a condizione che rimanga invariato il risultato finale.
      In base alla ripartizione operata in sede comunitaria dalla citata decisione n. 2002/358/CE del Consiglio, del 25 aprile 2002, l'Italia ha assunto l'impegno di una riduzione del 6,5 per cento del livello delle emissioni rispetto al 1990.
      Sul punto, è appena il caso di ricordare come, rispetto a tale data, in Italia il livello di emissioni sia considerevolmente cresciuto, e dunque la percentuale di riduzione di emissioni che il nostro Paese dovrà conseguire risulta più elevata.
      La ratifica del Protocollo di Kyoto da parte del nostro Paese, avvenuta con la citata legge 1o giugno 2002, n. 120, reca una serie di disposizioni finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas-serra.
      Sulla base della legge di ratifica, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati, presenta al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) un piano di azione nazionale per la riduzione dei livelli di emissione dei gas-serra e l'aumento del loro assorbimento.
      Tale piano individua le politiche e le misure finalizzate al raggiungimento dei migliori risultati in termini di riduzione delle emissioni, mediante il miglioramento dell'efficienza energetica del sistema economico nazionale e un maggiore utilizzo delle fonti di energia rinnovabili, l'aumento degli assorbimenti di gas-serra derivanti dalle attività e dai cambiamenti di uso del suolo e forestali, la piena utilizzazione dei meccanismi istituiti dal Protocollo di Kyoto per la realizzazione di iniziative congiunte con gli altri Paesi industrializzati (joint implementation) e con quelli in via di sviluppo (clean development mechanism) e, infine, l'accelerazione delle iniziative di ricerca e di sperimentazione per l'introduzione dell'idrogeno quale combustibile e per la realizzazione di impianti per la produzione di energie alternative pulite (biomasse, biogas, combustibile derivato dai rifiuti, impianti eolici, fotovoltaici, geotermici).
      La presente proposta di legge delega si propone, quindi, in via prioritaria ma non esclusiva, di tradurre in via legislativa gli indirizzi contenuti nella strategia nazionale d'azione ambientale per lo sviluppo sostenibile, di cui alla delibera CIPE n. 57 del 2 agosto 2002, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 255 del 30 ottobre 2002, e successivi aggiornamenti, la quale anch'essa auspica anzitutto, come elemento fondamentale per una integrazione del fattore ambientale nei mercati, una riforma complessiva in senso ecologico del sistema fiscale.
 

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2. Gli incentivi per la riconversione ambientale delle attività produttive.

2. 1. Gli investimenti ambientali in ricerca, sviluppo e infrastrutture ecologiche.

      L'Italia è la quinta potenza industriale del pianeta, e tuttavia soffre di una acuta crisi di competitività, che affonda le sue radici in fattori strutturali.
      Il livello di crescita del PIL e la progressiva, costante, erosione delle quote di mercato nel commercio internazionale testimoniano lo stato di sofferenza in cui versa il Paese.
      Secondo i dati dell'ultima relazione di Banca d'Italia, la quota percentuale dei prodotti italiani ormai occupa solo il 3,6 per cento dell'intero interscambio mondiale, mentre nel 1995 era al 4,5 per cento.
      Nel contesto di una economia globalizzata, il vero handicap del nostro Paese, unanimemente riconosciuto da molti esperti di politica economica ed industriale, consiste nell'incapacità di utilizzare l'innovazione tecnologica come motore dello sviluppo, di investire in settori densi di prospettive come le tecnologie informatiche, le biotecnologie, il risparmio energetico e le energie rinnovabili.
      La percentuale di spesa sul PIL per ricerca e sviluppo in Italia è pari ad appena l'1 per cento a fronte del 2,5 per cento dell'Inghilterra, del 2,8 per cento degli USA e del 3,5 per cento dei Paesi scandinavi. Gli Stati Uniti esportano prodotti ad alta tecnologia pari ad una quota del 20 per cento delle loro esportazioni, a fronte di un modesto 3,7 per cento per l'Italia. La performance in tema di brevetti è ancora più disastrosa, essendo l'Italia posizionata in coda ai Paesi dell'Unione europea; per non parlare dei Paesi emergenti, ove anche la Corea del Sud ha dimostrato capacità innovative superiori a quelle nostrane.
      Alla luce di tali considerazioni l'articolo 2, comma 1, lettera a), numero 1), della proposta di legge, prevede come criterio direttivo l'introduzione di una specifica disciplina tributaria agevolativa volta a delineare, a regime, un sistema di incentivazione degli investimenti in ricerca e sviluppo «a carattere selettivo» ossia prioritariamente diretto a promuovere l'adozione di innovazioni di processo e di prodotto a ridotto impatto ambientale ed alta efficienza tecnologica, nel presupposto che questa sia la strada maestra per offrire una prospettiva competitiva al tessuto produttivo nazionale.
      È, infatti, fin troppo evidente che, in una logica di mercato, un'impresa meno inquinante e che consuma meno materia prima godrà di un considerevole vantaggio competitivo.
      Per stimolare questo processo di modernizzazione ecologica si prevede che i costi di ricerca e di sviluppo agevolabili in forma di deduzione dalla base imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle società (IRES) siano iscrivibili sia tra le «immobilizzazioni immateriali» di cui all'articolo 2424, primo comma, lettera B), punto I), del codice civile, includendovi anche i costi dei diritti di brevetto industriale e di utilizzazione di opere dell'ingegno che comportano innovazioni tecnologiche nei processi produttivi che determinano risparmio energetico, risparmio idrico e riduzione delle emissioni inquinanti, sia tra le «immobilizzazioni materiali» di cui al citato articolo 2424, primo comma, lettera B), punto II), necessarie per prevenire, ridurre e riparare i danni ambientali.
      L'ambito dell'agevolazione comprende dunque anche gli investimenti in beni strumentali - impianti, macchinari e attrezzature industriali - volti all'adozione di cicli produttivi a ridotto consumo energetico ed idrico e a basse emissioni inquinanti, soprattutto in relazione alle emissioni di gas ad effetto serra.
      La norma dispone, altresì, che a decorrere dal terzo periodo di imposta successivo a quello di prima applicazione del beneficio, la quota di reddito detassato corrisponda all'eccedenza rispetto alla media degli investimenti ambientali realizzati nei due periodi di imposta precedenti. Tale impostazione consente di operare in una logica incrementale volta a favorire in maniera selettiva il reinvestimento degli utili di impresa e per questa via rafforzare

 

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la patrimonializzazione delle imprese, fattore, quest'ultimo, di grande rilevanza strategica anche in relazione ai nuovi criteri di valutazione del rischio di credito introdotti dal Nuovo accordo di Basilea sui requisiti patrimoniali delle banche.
      Un profilo di assoluto rilievo è dato, inoltre, dal fatto che ai fini dell'agevolazione devono intendersi comunque inclusi nelle fattispecie in oggetto anche gli investimenti ambientali direttamente funzionali alla partecipazione al sistema comunitario di ecogestione ed audit (EMAS), di cui di cui al regolamento (CE) n. 761/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001, nonché quelli diretti ad introdurre innovazioni di processo e di prodotto ai fini dell'ottenimento del marchio comunitario di qualità ecologica Ecolabel, di cui al regolamento (CE) n. 1980/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 luglio 2000, relativamente ai prodotti cui esso risulta applicabile ai sensi della normativa comunitaria. Il principio di delega in esame va letto, peraltro, assieme a quello di cui al numero 7) della lettera a) del comma 1 dell'articolo 2 della proposta di legge, volto a superare l'attuale mancanza di sinergie tra mondo universitario e mondo delle imprese, attraverso la previsione della parziale esclusione dalla base imponibile ai fini dell'IRES delle spese sostenute dalle piccole e medie imprese, come definite dall'Unione europea, per i contratti di ricerca stipulati con istituzioni e con enti pubblici di ricerca, ivi compresi i costi eventualmente sostenuti per i contratti stipulati con i medesimi soggetti concernenti l'utilizzo di infrastrutture materiali, macchinari, tecnologie e beni strumentali all'attività di ricerca di proprietà delle istituzioni e degli enti di ricerca pubblici. Una simile agevolazione appare in grado di innescare quel gioco delle convenienze economiche atto a sviluppare in una logica industriale e commerciale le idee «prodotte» in partnership tra il sistema universitario e della ricerca pubblica e il sistema delle imprese, liberando al contempo maggiori risorse per rafforzare le prospettive di sviluppo di entrambi.

2.2 Gli incentivi ai sistemi comunitari di certificazione ambientale di processo e di prodotto (EMAS ed Ecolabel).

      In linea con l'approccio comunitario, la presente proposta di legge considera centrale per le politiche di sostenibilità la promozione dell'adesione delle imprese, del settore industriale e dei servizi, ai sistemi di ecogestione e audit ambientale e a quelli di certificazione ecologica dei prodotti.
      Sul punto, si ricorda che l'obiettivo del nuovo sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS) consiste nel promuovere miglioramenti continui delle prestazioni ambientali delle organizzazioni di tutti i settori, mediante l'introduzione e l'attuazione da parte delle organizzazioni di sistemi di gestione ambientale come indicato nell'allegato I del citato regolamento n. 761 del 2001; la valutazione obiettiva e periodica di tali sistemi; la formazione e la partecipazione attiva dei dipendenti delle organizzazioni e l'informazione del pubblico e delle altre parti interessate.
      Ciascuna organizzazione che vuole partecipare al sistema deve quindi adottare una politica ambientale che definisca gli obiettivi e i princìpi di azione dell'organizzazione rispetto all'ambiente; effettuare un'analisi ambientale delle proprie attività, dei prodotti e dei servizi; istituire un sistema di gestione ambientale (a norma dell'allegato I) effettuare regolarmente un audit ambientale (a norma dell'allegato II) e fare una dichiarazione ambientale recante l'indicazione della sostenibilità ambientale dell'organizzazione.
      Per quanto concerne il sistema comunitario di certificazione ecologica, conosciuto con il marchio Ecolabel, l'obiettivo è quello di promuovere i prodotti che presentano un minore impatto sull'ambiente rispetto ad altri prodotti dello stesso gruppo. Il marchio di qualità ecologica può essere assegnato ai prodotti disponibili nella Comunità che rispettino determinati e rigorosi requisiti ambientali. Il marchio può pertanto essere assegnato a un prodotto che contribuisce significativamente a migliorare aspetti ecologici

 

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essenziali. Le categorie di prodotti certificabili devono rappresentare un volume importante sul mercato interno e presentare importanti prospettive di miglioramento dell'ambiente a seguito della scelta dei consumatori. Le domande di assegnazione del marchio di qualità ecologica sono soggette al pagamento di un importo, così come anche l'uso del marchio è subordinato al pagamento di un diritto annuo da parte dell'utilizzatore.
      Al fine di agevolare i citati sistemi di certificazione ambientale di processo e di prodotto la proposta di legge prevede un ampio campionario di interventi.

La revisione dei coefficienti di ammortamento dei beni di impresa.

      In primo luogo, la citata lettera a), numero 2), prevede una revisione, sulla base di criteri di sostenibilità ambientale, dei coefficienti di ammortamento dei beni di impresa, volta all'incentivazione dei beni materiali-strumentali a ridotto impatto ambientale e basso consumo energetico certificati secondo i predetti standard comunitari di qualità ecologica. Anche in questo caso le imprese, a seconda del relativo settore produttivo, potrebbero godere di un trattamento fiscale di maggior favore qualora nella propria dotazione di beni materiali scelgano quelli con le migliori performance in termini di risparmio energetico, inquinamento e ciclo di vita del bene ammortizzabile.

L'eliminazione dell'IRAP per le imprese innovative ed ecosostenibili.

      Il successivo numero 3) della medesima lettera a) prevede, poi, che, fermi restando i princìpi di cui all'articolo 8 della legge 7 aprile 2003, n. 80, concernenti la graduale riduzione dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), si introduca una prioritaria esclusione dalla base imponibile dell'imposta del costo del lavoro a favore dei soggetti che aderiscono al citato sistema comunitario di ecogestione ed audit (EMAS), prevedendo altresì una parziale deducibilità, ai fini della determinazione del valore della produzione netta, del costo del lavoro dei ricercatori, nonché dei costi delle attività di lavoro e di consulenza direttamente funzionali alla partecipazione al citato sistema di ecogestione e all'ottenimento del citato marchio comunitario di qualità ecologica (Ecolabel), nonché la possibilità per le regioni di variare, con legge, l'aliquota dell'imposta differenziandola per settori di attività e per categorie di soggetti passivi sulla base degli standard comunitari di sostenibilità ambientale dei processi e dei prodotti.
      Tale criterio direttivo, se correttamente attuato, consente di innescare nelle imprese un virtuoso processo di competizione ambientale, ove i vantaggi risultano duplici, posto che l'adozione di sistemi di certificazione ambientale, favoriti nel caso delle piccole e medie imprese da un apposito credito di imposta, incide positivamente sia in termini di aumento dell'efficienza e della competitività, per le ragioni sopra esposte, sia in termini di aumento dell'occupazione, considerata la prioritaria esclusione del costo del lavoro dalla base imponibile IRAP per le imprese ecosostenibili.

Il credito di imposta per le piccole e medie imprese che adottano i sistemi comunitari di certificazione ambientale.

      Per favorire la diffusione dei sistemi di certificazione ambientale in un tessuto produttivo caratterizzato da un elevatissimo numero di piccole e medie imprese, come quello italiano, il successivo numero 4) della citata lettera a) prevede l'introduzione, in via prioritaria proprio a favore delle piccole e medie imprese, di un credito di imposta, utilizzabile esclusivamente in compensazione e non concorrente alla formazione del reddito imponibile ai fini IRE e IRES e del valore della produzione netta ai fini dell'IRAP, finalizzato ad incentivare l'adesione al citato sistema comunitario di ecogestione ed audit (EMAS)

 

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e la diffusione del marchio di qualità ecologica (Ecolabel).
      Per la misura del credito di imposta viene fissato un limite massimo non superiore all'80 per cento della spesa sostenuta dalle imprese per gli adempimenti di carattere amministrativo funzionali all'ottenimento dell'iscrizione nel registro EMAS e all'assegnazione e all'uso del marchio Ecolabel, ivi compresi le imposte e i diritti annuali di registrazione, fermi restando i vincoli comunitari per quanto concerne la disciplina sugli aiuti di Stato.

2.3 L'eliminazione dei sussidi con effetti distorsivi sul piano ambientale.

      Una delle raccomandazioni più stringenti rivolta dalla Commissione agli Stati membri dell'Unione è quella di riformare le politiche di sussidi alla produzione e al consumo distorsive dal punto di vista ambientale; si tratta, in sostanza, di eliminare le sovvenzioni e le agevolazioni che incentivano l'uso eccessivo delle risorse, introducendo al contempo un criterio di selettività nella concessione delle agevolazioni, atto a premiare le aziende ecoefficienti e ad evitare la promozione di investimenti in processi e prodotti da cui derivino conseguenze non desiderabili sul piano dello sviluppo sostenibile.
      A tal fine, il numero 5) introduce come criterio di delega la revisione delle vigenti discipline di sostegno al sistema produttivo, ivi comprese quelle le cui risorse finanziarie sono confluite nel Fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all'articolo 61, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, al fine di introdurre un titolo preferenziale a carattere selettivo nell'erogazione degli incentivi e delle agevolazioni a favore dei soggetti che partecipano ai sistemi di ecogestione e di certificazione della qualità ecologica dei processi e dei prodotti, o che abbiano avviato concretamente le procedure per parteciparvi. La norma prevede inoltre criteri di ripartizione del citato Fondo con apposite delibere del CIPE che tengano prioritariamente conto dell'impatto ambientale degli interventi agevolati e risultino altresì coerenti con il piano di azione nazionale per la riduzione dei livelli di emissione dei gas serra e l'aumento del loro assorbimento, approvato, ai sensi all'articolo 2 della legge 1o giugno 2002, n. 120, con deliberazione del medesimo Comitato, fermo restando il criterio generale di destinazione territoriale delle risorse disponibili per finalità di riequilibrio economico e sociale.
      La disposizione interessa le modalità di applicazione di quelle che sono le principali discipline agevolative adottate dal nostro ordinamento: nel citato Fondo sono, infatti, confluite le risorse già allocate nel fondo per le aree depresse, relative sia all'intervento straordinario nel Mezzogiorno che all'intervento ordinario nelle aree depresse (legge n. 64 del 1986 e legge n. 208 del 1998), nel fondo per l'imprenditoria giovanile (articolo 27, comma 11, della legge n. 488 del 1999) nonché le risorse iscritte in bilancio per il credito di imposta investimenti e quello per le nuove assunzioni (articoli 7 e 8 della legge n. 388 del 2000).
      L'integrazione del fattore ambientale nelle politiche di sostegno allo sviluppo, che il criterio di delega in oggetto persegue, appare in grado di avviare un virtuoso processo di competizione ecologica tra le imprese, posta la preferenza che viene accordata alle imprese «pulite», che intendono portare avanti progetti d'investimento ecosostenibili.

2.4 Gli incentivi per le start-up nel settore ambientale.

      Il numero 6) della lettera a) del comma 1 dell'articolo 2, prevede l'introduzione di una disciplina tributaria agevolativa, anche in forma di riduzione dell'aliquota dell'IRES ovvero di determinazione forfetaria dell'imponibile, diretta a favorire, per il primo anno di attività e per i due esercizi successivi, i soggetti che iniziano un'attività produttiva in alcuni settori che assumono una rilevanza strategica per il sistema Paese.

 

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      Si tratta, in particolare, di agevolare la nascita di nuove realtà imprenditoriali nei seguenti settori: raccolta differenziata, riciclaggio e smaltimento dei rifiuti; salvaguardia e implementazione del patrimonio boschivo, con particolare riferimento agli interventi di manutenzione e di restauro dei boschi cedui, di forestazione, riforestazione, gestione forestale, gestione dei suoli agricoli e dei pascoli e rivegetazione, atti ad incrementare il potenziale nazionale di assorbimento di carbonio; agricoltura biologica e attività connesse alla raccolta e della trasformazione della materia prima per lo sfruttamento energetico delle biomasse, con particolare riferimento alle attività agricole di coltivazione di semi oleosi a fini della produzione di biocarburanti e di biocombustibili; risanamento idrogeologico del territorio e manutenzione e implementazione dei sistemi di gestione idrica; produzione di dispositivi per il risparmio energetico e di beni a basso impatto ambientale che rispettino gli standard di qualità ambientale previsti per l'ottenimento del marchio di qualità ecologica; servizi alle imprese per le attività di consulenza, gestione e certificazione ambientale.
      È evidente che la scelta dei settori da agevolare, che non dovrà peraltro introdurre distorsioni nella concorrenza del mercato interno, è diretta a stimolare l'espansione di talune attività che, oltre ad avere un impatto significativo in tema di tutela ambientale, appaiono funzionali ad un più efficace sfruttamento economico dei meccanismi flessibili delineati dal Protocollo di Kyoto.
      Si pensi, a questo riguardo, alle attività di rimboschimento e di forestazione, suscettibili, in prospettiva, di generare crediti di emissione, nonché alle attività agricole connesse alle biomasse che costituiscono una occasione di sviluppo del nostro Paese in un settore, quello dei biocarburanti, che appare destinato a crescere in modo esponenziale, anche in virtù del favore con cui viene considerato dall'Unione europea.

3. Gli incentivi per la promozione delle attività e degli investimenti privati in campo ambientale.

3.1 I fondi comuni di investimento mobiliare ecologici.

      Al fine di incentivare la partecipazione del capitale privato alla realizzazione di progetti di investimento in campo ambientale, la lettera b) del comma 1 dell'articolo 2 della proposta di legge in esame, delega il Governo ad introdurre un regime tributario agevolativo, sotto forma di abbattimento dell'imposta sostitutiva sui redditi di natura finanziaria, per i frutti e i proventi derivanti dal risparmio affidato in gestione a fondi comuni di investimento ecologici.
      Sul punto, è opportuno ricordare come l'articolo 3, comma 1, lettera d), della legge 7 aprile 2003 , n. 80, abbia previsto l'introduzione di un regime di favore fiscale per il risparmio affidato in gestione a fondi etici.
      La disposizione in commento intende completare tale previsione, estendendo il regime agevolato anche alla categoria, invero del tutto nuova, dei fondi comuni ecologici.
      In proposito, si ricorda come sia attualmente all'esame congiunto delle Commissioni finanze e ambiente della Camera dei deputati una articolata proposta di legge, atto Camera n. 3494 Vigni ed altri, diretta proprio ad agevolare fiscalmente la raccolta di risparmio sui fondi ecologici costituiti dalle banche.
      La questione dell'attrazione dei capitali privati nei progetti d'investimento in campo ambientale è centrale nell'orizzonte fin qui delineato e la leva fiscale appare come lo strumento più idoneo per incoraggiare tale processo, dal momento che nel breve periodo, a parità di trattamento fiscale, valutazioni di convenienza economica potrebbero indurre i risparmiatori verso altre scelte di investimento.
      L'agevolazione in oggetto è diretta, segnatamente, ad introdurre un ulteriore strumento per raggiungere in modo economicamente

 

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efficiente gli impegni di riduzione delle emissioni derivanti dal Protocollo di Kyoto.
      Ai fini della fruizione dell'agevolazione, i regolamenti di gestione dei fondi da determinare in base a criteri definiti con regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia e la Commissione nazionale per le società e la borsa, dovranno prevedere, infatti, che non meno dei quattro quinti del relativo attivo siano investiti in titoli di società operanti nel settore ambientale che realizzano progetti e interventi di sviluppo sostenibile, purché suscettibili di utilizzazione economica, anche in relazione al conseguimento di crediti di emissioni nell'ambito del sistema di scambio di quote di emissioni dei gas ad effetto serra nella Comunità, di cui alla direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003.
      I fondi ecologici, per godere di un trattamento fiscale di favore, dovranno, in sostanza, operare su azioni o titoli di società attive nel settore ambientale e negli ambiti connessi all'attuazione del Protocollo di Kyoto, del quale si intende utilizzare appieno i meccanismi flessibili.
      Per comprendere meglio la questione, si ricorda che meccanismi previsti dal Protocollo, sono:

          a) l'emission trading (ET): i Paesi che riescano ad ottenere un surplus nella riduzione delle emissioni possono «vendere» tale surplus ad altri Paesi che - al contrario - non riescano a raggiungere gli obiettivi assegnati;

          b) la joint implementation (JI): (attuazione congiunta degli obblighi individuali) gruppi di Paesi soggetti a vincolo, fra quelli indicati dall'Annex I, possono collaborare per raggiungere gli obiettivi fissati accordandosi su una diversa distribuzione degli obblighi rispetto a quanto sancito dal Protocollo, purchè venga rispettato l'obbligo complessivo. A tal fine, essi possono trasferire a (o acquistare da) ogni altro Paese emission reduction unit (ERUs) realizzate attraverso specifici progetti di riduzione delle emissioni;

          c) i clean development mechanisms (CMD): il fine di tali meccanismi è quello di fornire assistenza alle Parti non incluse nell'Annex I negli sforzi per la riduzione delle emissioni. I privati o i governi dei Paesi industrializzati che forniscono tale assistenza possono ottenere, in cambio dei risultati raggiunti nei Paesi in via di sviluppo grazie ai progetti, certified emission reduction (CERs) il cui ammontare viene calcolato ai fini del raggiungimento del target.

      Tali meccanismi, se adeguatamente utilizzati, introdurrebbero una certa flessibilità e una sensibile riduzione dei costi gravanti complessivamente sui sistemi economici dei Paesi soggetti al vincolo di riduzione delle emissioni.
      Per tali ragioni, la norma in oggetto circoscrive l'ambito di agevolazione dei fondi ecologici alle società attive in campo ambientale, con particolare riferimento a quelle operanti nei settori direttamente funzionali al raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto e ad un pieno sfruttamento dei meccanismi flessibili in esso contemplati.
      In tale quadro, l'orizzonte strategico di intervento, che farebbe scattare l'agevolazione fiscale per i proventi e i frutti derivanti dalla particolare categoria di fondi etici in questione, comprende:

          a) gli interventi diretti alla riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, con particolare riferimento alle emissioni di biossido di carbonio, coerenti con il Piano di azione nazionale per la riduzione dei livelli di emissione dei gas serra e l'aumento del loro assorbimento, concernenti il comparto della produzione di energia da fonti rinnovabili ed assimilate, quali le attività di ricerca, sviluppo, costruzione e messa in opera di impianti produzione di energia eolica, solare, fotovoltaica, miniidroelettrica, geotermica, a biomasse e con celle combustibili a idrogeno, ivi compresi gli interventi di risparmio energetico da applicare ad impianti preesistenti;

          b) gli interventi per la tutela dell'ambiente da attuare nell'ambito di progetti di

 

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cooperazione internazionale, con particolare riferimento agli interventi in campo ambientale di imprese italiane in Stati ad economia in transizione e in Paesi in via di sviluppo, con priorità per i progetti destinati alla costruzione, ristrutturazione e messa in sicurezza di impianti di produzione di energia mediante l'impiego di tecnologie finalizzate alla riduzione delle emissioni di gas serra, da realizzare in conformità con i meccanismi flessibili previsti dal Protocollo di Kyoto (Joint Implementation e Clean Development Mechanism) e finalizzati all'ottenimento di diritti di emissione in relazione al sistema di scambio di quote di emissioni di gas ad effetto serra nella Comunità, di cui alla citata direttiva 2003/87/CE;

          c) le iniziative volte alla conservazione della natura e della biodiversità, quali la gestione, la tutela e lo sviluppo di aree protette, gli interventi per la conservazione della fauna e della flora e, in particolare, gli interventi di riforestazione, di gestione forestale, di gestione dei suoli agricoli e pascoli e di rivegetazione, atti ad incrementare il potenziale nazionale di assorbimento di carbonio (Carbon Sink), nonché le attività agricole connesse allo sfruttamento della biomassa a fini energetici, con particolare riferimento alla produzione di biocarburanti e di biocombustibili;

          d) i progetti di bonifica di terreni e di acque superficiali o di falda inquinate e di recupero di aree industriali dismesse, la messa in sicurezza di siti contaminati, gli interventi per la ristrutturazione della rete idrica e la prevenzione del rischio idrogeologico.

      Nel corso dell'esame parlamentare potranno peraltro essere approfonditi ulteriormente gli aspetti tecnici e giuridici connessi al funzionamento dei fondi comuni ecologici, ferma restando l'esigenza di introdurre misure di incentivazione degli investimenti ambientali in vista dell'istituzione del mercato dei diritti di emissione, il quale potrebbe costituire l'occasione per innescare un circuito virtuoso di rilancio dell'economia e dell'occupazione in settori di punta, ad alta densità innovativa e tecnologica, del sistema Paese.

3.2 Deducibilità delle erogazioni liberali per le organizzazioni che svolgono attività in campo ambientale senza scopo di lucro.

      Sempre nell'ottica di una promozione dell'attrazione dei capitali privati in campo ambientale, il numero 2) della lettera b) in commento, reca la previsione, fermi restando i princìpi di cui agli articoli 3 e 4 della legge 7 aprile 2003, n. 80, di una maggiore deducibilità, ai fini dell'imposta sul reddito (IRE) e dell'IRES, delle somme, conferite sotto forma di erogazione liberale ad enti o istituzioni pubblici, fondazioni, associazioni e organizzazioni legalmente riconosciute che svolgono attività in campo ambientale senza scopo di lucro.

4. La politica energetica e gli incentivi per la riduzione delle emissioni, il risparmio e l'efficienza energetica.

4.1 Disposizioni per l'attuazione di un mercato interno per il commercio dei diritti di emissione di anidride carbonica.

      I numeri da 1) a 1.4) della lettera c) del comma 1 dell'articolo 2 della presente proposta di legge intendono definire il quadro normativo necessario ai fini del rispetto della percentuale di riduzione delle emissioni di anidride carbonica prevista in ottemperanza agli impegni sottoscritti nel Protocollo di Kyoto.
      A tal fine, il Governo è delegato ad individuare, per il periodo 2005-2012, soglie di emissione specifica di anidride carbonica, decrescenti nel tempo, consentite alle imprese operanti nei settori della siderurgia e della produzione di energia, carta, cemento e vetro, di cui all'Allegato A del Protocollo di Kyoto. Con i medesimi decreti delegati, in conformità con i princìpi di cui alla direttiva 2003/87/CE, recante l'istituzione di un sistema di scambio

 

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di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, dovranno in particolare essere introdotti:

          un sistema di controlli uniforme per la misurazione, il monitoraggio, la verifica, la certificazione e la comunicazione dei livelli di emissione di anidride carbonica, nonché delle modalità per il rilascio dell'autorizzazione ad emettere gas a effetto serra, per gli impianti soggetti ai vincoli di riduzione delle emissioni di cui all'Allegato I della citata direttiva 2003/87/CE e in conformità ai princìpi e ai criteri di cui agli Allegati IV e V della direttiva medesima;

          un piano nazionale di assegnazione delle quote di emissione per il triennio 2005-2007 e il quinquennio 2008-2012, conformemente ai criteri di cui all'Allegato III della citata direttiva 2003/87/CE;

          le modalità per l'organizzazione del mercato per il commercio dei diritti di emissione di anidride carbonica (cosiddetto «emission trading»), con riferimento al trasferimento, alla restituzione e alla cancellazione di quote di emissioni;

          un sistema sanzionatorio efficace e dissuasivo per il mancato rispetto delle soglie di emissione specifica di anidride carbonica ammesse, con criteri di progressività rispetto allo scostamento dalle soglie medesime, fermi restando i criteri per la determinazione dell'ammontare delle sanzioni per le emissioni in eccesso di cui all'articolo 16 della citata direttiva 2003/87/CE.

      Con le disposizioni in commento, il Governo è chiamato a definire, in conformità con gli indirizzi adottati in sede comunitaria, le modalità per l'organizzazione dell'emission trading, ossia il mercato per il commercio dei diritti di emissione di anidride carbonica.
      È di tutta evidenza come nell'ottica sin qui delineata la possibilità del commercio dei diritti di emissione di anidride carbonica si configuri non solo come uno strumento per raggiungere gli obiettivi del Protocollo a costi più vantaggiosi attraverso il ricorso a meccanismi di mercato, ma anche, e soprattutto, come uno straordinario volano per il rilancio dell'economia in settori strategici per la competitività del sistema Paese.
      Con riferimento alle esigenze di sostenibilità, si rileva come mediante la commercializzazione dei permessi di emissione, lo stesso mercato provvederà ad allocarli nel modo più efficiente, riducendo i costi globali rispetto a meccanismi più rigidi quali la semplice definizione di limiti.
      Per far partire tale meccanismo, la cui piena entrata in vigore è prevista - a livello internazionale - nel 2008, è necessario pertanto adoperarsi sin da ora, come stanno facendo alcuni governi europei, organizzazioni governative e società, al fine di poterne verificare le modalità di funzionamento, accompagnando altresì l'introduzione di un tale sistema con i necessari interventi sul piano fiscale, come la menzionata agevolazione sui fondi comuni ecologici e, in particolare, sul piano della politica energetica, ricalibrando su nuove basi l'imposizione sugli olii minerali e incentivando una riconversione delle infrastrutture energetiche.

4.2 La tassazione dei combustibili fossili e la promozione dei carburanti alternativi.

      L'introduzione di un sistema sanzionatorio per le emissioni eccedenti le soglie ammesse e l'utilizzo di strumenti quali il mercato dei diritti di emissione postulano una rimodulazione del quadro impositivo sugli oli minerali che tenga complessivamente conto degli effetti - di natura economico-finanziaria e inerenti anche il profilo della salvaguardia della competitività delle imprese, in particolare del settore energetico - derivanti dalla sovrapposizione di strumenti di natura fiscale, quali la carbon tax, con altri strumenti di natura extratributaria operanti, in base al principio comunitario del «chi inquina paga», al di fuori della logica tributaria, e rientranti pertanto nell'ambito della tutela risarcitoria e della responsabilità ambientale

 

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in materia di prevenzione e di riparazione del danno ambientale. Sulla base di tale assunto, il numero 2) della lettera c) del comma 1 dell'articolo 2 della presente proposta di legge delega il Governo ad intervenire sulla disciplina delle accise sugli oli minerali, al fine di definire in maniera coerente e unitaria la strategia di politica economica da adottare per il rispetto della percentuale di riduzione delle emissioni prevista in ottemperanza agli impegni derivanti dal Protocollo di Kyoto, fermo restando che in prospettiva le emissioni di gas-serra eccedenti le soglie ammesse dovranno configurarsi come attività illecite, passibili pertanto di essere sanzionate in via amministrativa e anche penale.
      Per ciò che concerne, specificamente, la tassazione dei combustibili fossili, è opportuno ricordare come dalla fine degli anni '90, in virtù dell'andamento instabile dei prezzi dei prodotti petroliferi, imputabile alla non favorevole congiuntura internazionale, si siano succeduti, in modo talvolta disordinato e frammentario, una lunga serie di interventi in materia di accise sugli oli minerali.
      Sul punto è intervenuto, da ultimo, l'articolo 7 della citata legge delega di riforma del sistema fiscale statale, legge n. 80 del 2003, il quale ha prospettato un generale riordino della disciplina delle accise, disciplina anch'essa oggetto di armonizzazione comunitaria, ai sensi dell'articolo 93 del Trattato CE, in quanto funzionale al conseguimento dell'obiettivo della effettiva abolizione delle frontiere fiscali, che è alla base della politica fiscale dell'Unione europea.
      Il comma 1, lettera a), del citato articolo 7, nell'enunciare i criteri cui dovrà ispirarsi il legislatore delegato per la riforma del sistema dell'accisa, richiama genericamente i principi della salvaguardia della salute e dell'ambiente, esprimendo una preferenza per l'utilizzo di prodotti ecocompatibili.
      Il citato numero 2) della proposta di legge interviene anche sulla materia delle accise, al fine di meglio specificare gli indirizzi di sostenibilità ambientale che andranno adottati con particolare riferimento alla tassazione dei prodotti energetici.
      Al riguardo è opportuno ricordare nuovamente come l'articolo 8 della legge n. 448 del 1998, e successive modificazioni, abbia istituito la cosiddetta «carbon tax» e, in applicazione del Protocollo di Kyoto, abbia contestualmente previsto l'entrata in vigore, per il 1o gennaio 2005, di aliquote (cosiddette «obiettivo») delle accise sugli oli minerali, formulate secondo criteri di compatibilità ambientale. Il medesimo articolo ha, inoltre, stabilito che nel periodo transitorio, appunto prima dell'entrata a regime delle aliquote obiettivo, le accise debbano essere modificate, aumentandole gradualmente, con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Successivamente, l'andamento del mercato internazionale del petrolio ha comportato un forte aumento del prezzo del greggio, con conseguente innalzamento del carico fiscale sui prodotti petroliferi. Per contenere l'onere tributario in modo da evitare un effetto negativo sul livello dei prezzi, si sono susseguiti una serie di interventi volti, nel loro complesso, a favorire il contenimento dei prezzi dei carburanti, intervenendo direttamente sulla loro componente fiscale.
      In particolare, si è provveduto a rimodulare le aliquote delle accise, in misura tale da compensare l'aggravio dell'imposta sul valore aggiunto derivante dall'aumento dei prezzi del petrolio, stabilendo al contempo che, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, le aliquote delle accise possano essere variate, in aumento o in diminuzione, tenuto conto dell'andamento dei prezzi internazionali del petrolio greggio, in modo da compensare la conseguente incidenza dell'IVA, nella cui base imponibile confluiscono anche le accise.
      Per quanto concerne la cosiddetta «carbon tax», si è passati, dunque, dalla previsione di un progressivo incremento della tassazione (che, sia pur riferita direttamente alle sole accise, avrebbe in realtà prodotto effetti anche ai fini IVA, considerata la base imponibile dell'imposta), ad una temporanea sospensione delle
 

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variazioni in aumento da realizzare su base annuale in vista dell'attuazione del Protocollo di Kyoto.
      Il regime impositivo vigente appare, pertanto, tuttora incerto e instabile, soggetto a numerosi e ripetuti interventi di proroga di agevolazioni fiscali, che non configurano una chiara e coerente strategia di medio periodo volta a promuovere l'utilizzo di prodotti ecocompatibili in vista del raggiungimento degli ambiziosi obiettivi di riduzione delle emissioni di gas-serra derivanti dal Protocollo di Kyoto.
      I criteri direttivi enunciati nella presente proposta di legge si pongono pertanto l'obiettivo di stabilizzare il quadro impositivo sugli oli minerali, introducendo a regime un sistema di prelievo direttamente correlato al potenziale inquinante dei diversi combustibili e immaginando un percorso di ridefinizione delle aliquote di accisa atto ad orientare il mercato verso l'utilizzo di combustibili «puliti».
      In tale quadro, la proposta di legge prevede, in particolare, la rimodulazione, per il triennio 2005-2007, della tassa sulle emissioni di anidride carbonica (carbon tax), di cui all'articolo 8 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni, al fine di ridefinire, in relazione alle innovazioni tecnologiche e ai più avanzati criteri di sostenibilità ambientale per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, la misura delle aliquote di accisa per il carbone, il coke di petrolio e il bitume di origine naturale emulsionato con il 30 per cento di acqua, denominato «Orimulsion», impiegati negli impianti di combustione come definiti dalla direttiva 2001/80/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2001, nonché le misure compensative di cui al citato articolo 8, comma 10, rimodulando altresì, sulla base dei predetti criteri di sostenibilità ambientale, la misura delle aliquote di cui all'allegato 1 della citata legge n. 448 del 1998, anche al fine di introdurre un regime agevolativo permanente per gli oli minerali emulsionati a basso tenore di zolfo e di piombo e per il gas metano utilizzati per combustione per usi industriali.
      Tali disposizioni vanno lette in modo coordinato con quelle di cui alla successiva lettera d), concernenti la promozione dei carburanti sostenibili nell'ambito di una nuova strategia a favore dei trasporti e della mobilità sostenibile.
      Ai fini della promozione dei carburanti alternativi, il numero 1) della citata lettera d) dispone, in particolare, un riordino - in conformità con la direttiva 2003/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'8 maggio 2003, sulla promozione dell'uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti, e fermi restando i princìpi di cui all'articolo 7 della legge 7 aprile 2003, n. 80 - del regime fiscale dei carburanti per uso autotrazione in base al livello di concentrazione di inquinanti generati attraverso la combustione.
      Partendo dalla constatazione di un sistema della mobilità che vede un parco automobilistico sempre più «dieselizzato», e al fine di rendere competitivi in termini di prezzi relativi i prodotti a ridotto impatto ambientale, il citato criterio di delega prevede, segnatamente, una rimodulazione della misura delle aliquote di accisa decorrenti dal 1o gennaio 2005, di cui all'allegato 1 della citata legge n. 448 del 1998, diretta a:

          differenziare l'aliquota di accisa sul gasolio per autotrazione, incrementando l'incidenza del prelievo sul gasolio tradizionale e agevolando contestualmente il gasolio senza zolfo, denominato «bludiesel» e le emulsioni di acqua in gasolio, denominate «gasolio bianco»;

          ridurre le aliquote di accisa sui carburanti con minor densità di carbonio, quali il gas metano e il GPL utilizzati per autotrazione;

          introdurre un regime permanente di esenzione dall'accisa, senza limiti di contigenti annui, per i biocarburanti, con particolare riferimento al biodiesel e agli altri carburanti derivati da prodotti di origine agricola, di cui all'articolo 2 della citata direttiva 2003/30/CE.

      Accanto a tali interventi, suscettibili di innescare, pur a parità di gettito, un

 

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significativo incremento della domanda e dell'offerta di carburanti alternativi, il successivo numero 3) della citata lettera d), dispone altresì la rimodulazione delle agevolazioni sul gasolio per autotrazione impiegato dagli autotrasportatori, di cui all'articolo 5 del decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 452, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 16, al fine di introdurre a regime un'analoga agevolazione con esclusivo riferimento al «bludiesel», al «gasolio bianco» e al «biodiesel», nonché alle miscele di gasolio/biodiesel con almeno il 5 per cento di quest'ultimo, utilizzati dagli esercenti le attività di trasporto merci.

4.3 Incremento della tassa sulle emissioni di anidride solforosa e di ossidi di azoto.

      Al fine di disincentivare talune emissioni inquinanti concernenti i grandi impianti di combustione, il numero 3) della lettera c) della proposta di legge reca la previsione di una maggiorazione progressiva, nel triennio 2005-2007, della tassa sulle emissioni di anidride solforosa (SO2) e di ossidi di azoto (NOx), responsabili dei processi di acidificazione, di cui all'articolo 17, comma 29, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, applicata ai grandi impianti di combustione come definiti dalla citata direttiva 2001/80/CE, finalizzata alla riduzione delle emissioni inquinanti in conformità con il citato Piano di azione nazionale per la riduzione dei livelli di emissione dei gas serra e l'aumento del loro assorbimento.
      Al riguardo, si segnala come la disposizione in commento vada coordinata con la previsione di cui alla successiva lettera h), numero 3), la quale dispone, per le imprese soggette alla maggiorazione progressiva della tassa sulle emissioni di anidride solforosa (SO2) e di ossidi di azoto (NOx), una fiscalizzazione degli oneri sociali, se documentabile da parte delle imprese medesime l'adozione di sistemi di gestione ambientale e delle migliori tecnologie disponibili ai fini della riduzione delle emissioni inquinanti.

4.4 Incentivi per le start-up operanti nel settore delle fonti rinnovabili di energia.

      Nonostante l'avvenuto recepimento della direttiva europea per l'aumento nel nostro Paese delle fonti rinnovabili, il persistere degli sforzi per l'estensione del meccanismo dei certificati verdi e la costruzione di alcuni (pochi) nuovi impianti eolici e a biomasse, il settore delle fonti rinnovabili stenta ancora a decollare, almeno rispetto agli obiettivi raggiunti da altri Paesi europei come la Germania e la Spagna.
      Al fine di contribuire alla nascita di nuove imprese operanti nel settore, il numero 4) della citata lettera c), in linea con lo statuto teorico della fiscalità ecologica, dispone l'introduzione di una disciplina agevolativa sul piano tributario, anche in forma di riduzione dell'aliquota (IRES) ovvero di determinazione forfetaria dell'imponibile, diretta a favorire, per un arco di tempo almeno triennale, i soggetti che iniziano un'attività produttiva nel settore delle fonti rinnovabili di energia, con particolare riferimento alle attività di ricerca, sviluppo e produzione finalizzate:

          a) alla realizzazione di impianti per la produzione di elettricità e di calore attraverso l'energia solare, eolica, idraulica, geotermica, e lo sfruttamento delle biomasse;

          b) alla produzione di idrogeno da fonti energetiche rinnovabili e dal gas naturale in impianti dotati delle migliori tecnologie disponibili ai fini del sequestro e dello stoccaggio dell'anidride carbonica;

          c) alla realizzazione di impianti a celle combustibili per la produzione di energia e di sistemi di propulsione a idrogeno per le motrici ferroviarie, i motori auto e i navigli, in conformità con le finalità del VI Programma quadro per la ricerca comunitaria.

 

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      Il principio direttivo in commento è volto a recuperare il preoccupante ritardo accumulato dal nostro Paese rispetto ai maggiori partner europei nel settore delle energie rinnovabili, nel presupposto che senza un forte sostegno da parte dello Stato il mercato delle energie rinnovabili non sembra destinato, almeno nel breve periodo, a crescere in modo significativo. È per tale ragione che si ritiene opportuno mettere in campo una disciplina tributaria agevolativa specificamente diretta a promuovere la nascita in tale settore di nuove imprese e nuove professionalità.

4.5 Agevolazioni per l'energia elettrica e l'idrogeno prodotti da fonti rinnovabili.

      Il numero 5) della lettera c) delega il Governo ad attuare una rimodulazione delle imposta erariale di consumo sull'energia elettrica diretta e delle modalità di applicazione delle relative addizionali, diretta ad affiancare, accanto al sistema dei certificati verdi, un intervento volto a ridurre l'incidenza dell'imposizione sui consumatori finali di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili mediante impianti eolici, idroelettrici, fotovoltaici, geotermici e a biomasse, senza alcun limite di potenza generatrice degli impianti medesimi - come invece previsto dalla disciplina vigente - e con particolare riferimento agli usi finali di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili destinati alla produzione di idrogeno.
      Al riguardo, si ricorda come l'idrogeno, quale combustibile/vettore pulito, possa essere prodotto in diversi modi; il modo di produzione più efficiente è l'elettrolisi, un processo industriale mediante il quale si estrae idrogeno dall'acqua. Tale processo richiede tuttavia un forte consumo di energia elettrica, per cui la produzione di idrogeno non risulta per questa via conveniente sotto un profilo economico e, soprattutto, ambientale, qualora l'energia elettrica utilizzata sia a sua volta derivata dal consumo di combustibili fossili. Ciò premesso, l'unica strada percorribile per produrre idrogeno mediante elettrolisi è quella di sfruttare l'energia elettrica prodotta da fonti alternative e rinnovabili mediante impianti eolici, idroelettrici, fotovoltaici, geotermici e a biomasse.
      Ed è per tale ragione che si ritiene debba essere fiscalmente agevolato, sino ad arrivare ad una totale esenzione, il consumo di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, e in special modo il consumo destinato alla sperimentazione e poi la produzione industriale dell'idrogeno, un vettore energetico pulito e realmente alternativo, su cui l'Unione europea ha già scommesso.

4.6 Promozione delle reti di teleriscaldamento e degli impianti di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili.

      Il numero 6) della medesima lettera c), reca come criterio direttivo la messa a regime delle agevolazioni fiscali già introdotte nell'ordinamento per le reti di teleriscaldamento alimentate con biomassa ovvero con energia geotermica; a tal fine si prevede l'introduzione di agevolazioni tributarie a carattere permanente, anche in forma di credito d'imposta correlato ad ogni chilovattora (Kwh) di calore fornito da traslare sul prezzo di cessione all'utente finale.
      Sempre nell'ottica di promuovere il comparto delle fonti rinnovabili, semplificando un quadro normativo confuso che reca non pochi problemi per la costruzione di nuovi impianti, anche in relazione al riparto delle competenze derivante dal nuovo titolo V della parte seconda della Costituzione, il numero 7) reca come criterio direttivo la revisione e la semplificazione delle procedure amministrative di autorizzazione a costruire nuovi impianti di produzione di elettricità proveniente da fonti energetiche rinnovabili.
      Per quanto concerne l'energia e, in particolare, il settore delle fonti rinnovabili, è opportuno rammentare come tra le priorità del programma operativo del Consiglio e della Commissione europea per l'anno 2004 figuri l'ulteriore integrazione dei princìpi dello sviluppo sostenibile nelle

 

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politiche dell'Unione, la quale sarà raggiunta incoraggiando e sostenendo l'utilizzazione delle fonti energetiche rinnovabili associata ad una maggiore efficienza energetica.
      Tra le iniziative di maggior rilievo che è necessario comunque tenere nella debita considerazione ai fini della predisposizione di una nuova strategia nazionale di politica energetica, vanno menzionate, in particolare, le seguenti:

          la proposta di direttiva (COM(2002)415) del 22 luglio 2002, volta a promuovere la cogenerazione, ovvero la produzione congiunta di calore e di elettricità, quale parte integrante della strategia per l'uso efficiente dell'energia e per un maggiore ricorso alle fonti rinnovabili;

          la proposta di direttiva (COM(2003)453) del 1o agosto 2003, relativa all'istituzione di un quadro per l'elaborazione di specifiche misure per la progettazione ecocompatibile dei prodotti che consumano energia, quali dispositivi elettrici ed elettronici ed apparecchi per il riscaldamento, al fine di garantire un maggiore rispetto dell'ambiente durante il ciclo di vita del prodotto;

          la proposta di direttiva (COM(2003)739) del 10 dicembre 2003, relativa all'efficienza degli usi finali dell'energia;

          la comunicazione, del 10 settembre 2003, volta a delineare una strategia per la promozione della tecnologia dell'idrogeno e delle pile a combustibile all'interno dell'Unione europea.

4.7 Il credito d'imposta per l'efficienza energetica delle imprese industriali.

      Nel settore dell'efficienza energetica sono finalmente in via di adozione i decreti per l'efficienza energetica, con il relativo meccanismo dei cosiddetti «certificati bianchi»; questi interventi costituiscono un primo passo in avanti verso una concreta politica di risparmio e di miglior uso dell'energia, ma non appaiono ancora sufficienti ad abbattere i consumi energetici, i quali risultano, invece, in costante aumento, in particolare nei servizi al consumatore finale e in quelli ausiliari compresi nel settore domestico, nonostante la sostanziale stagnazione dell'economia.
      Ciò premesso, al fine di promuovere una maggiore decentralizzazione delle fonti di produzione energetica, idonea anche a mitigare l'impatto di eventuali ulteriori esiziali interruzioni dell'energia elettrica su scala nazionale, il numero 7) della lettera c) del comma 1 dell'articolo 2 della proposta di legge reca come criterio direttivo l'introduzione, a favore delle imprese industriali, di uno specifico credito di imposta per la sostituzione dei motori industriali con motori ad alta efficienza energetica e per la sostituzione del parco dei trasformatori con congegni dotati delle migliori tecniche disponibili ai fini dell'efficienza energetica, nonché per l'acquisto di mini centrali idroelettriche e termo-elettriche alimentate a metano o funzionanti con celle combustibili a idrogeno o a metanolo.
      La disposizione in oggetto appare del tutto in linea con gli indirizzi contenuti nella strategia d'azione ambientale deliberata dal CIPE.

4.8 Agevolazioni per le ristrutturazioni eco-sostenibili e la «bioedilizia».

      Introducendo un ulteriore criterio di selezione qualitativa degli interventi agevolativi, il numero 8) reca come principio direttivo l'introduzione in via permanente di un credito di imposta, ai fini IRE e IRES, pari ad una quota percentuale delle spese sostenute per gli interventi di ristrutturazione edilizia diretti al miglioramento dell'efficienza termica ed energetica degli edifici con destinazione abitativa e commerciale, ovvero conformi ai criteri della bioedilizia, ivi incluse le spese, dirette al risparmio del consumo energetico, sostenute per l'acquisto e l'installazione di impianti per il riscaldamento, la climatizzazione e la produzione di acqua calda alimentati con fonti energetiche rinnovabili,

 

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nonché per l'acquisto di elettrodomestici, caratterizzati dalla più alta efficienza energetica - asseverata secondo standard comunitari - e di congegni tecnologici diretti a razionalizzare l'uso dell'energia elettrica, dell'acqua e dei combustibili per il riscaldamento domestico.
      Sempre nell'ambito delle strategie dirette ad un maggiore risparmio energetico, si colloca la previsione di cui al successivo numero 9), diretta a rimodulare e rifinanziare gli interventi previsti dagli articoli 8, 10, 11, 13 e 14 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, al fine di prevedere criteri di concessione dei contributi ivi previsti diretti a privilegiare in via prioritaria l'efficienza energetica e termica, mediante l'impiego di combustibili a basso impatto ambientale e le fonti di energia rinnovabili.
      Da ultimo, per completare il quadro di incentivazione per il risparmio energetico, incentivando al contempo un settore particolarmente promettente dell'architettura contemporanea, interviene il numero 10) il quale prevede una revisione dei criteri di applicazione dell'imposta comunale sugli immobili (ICI), al fine di consentire ai comuni una modulazione delle aliquote ovvero dei coefficienti che si applicano alla rendita catastale per il calcolo della base imponibile diretta ad agevolare i titolari di immobili che risultino dotati di particolari dispositivi per il risparmio energetico e che siano costruiti secondo criteri conformi alla bioedilizia.

4.9 La tariffa sociale per l'energia elettrica e il gas a favore dei soggetti economicamente svantaggiati.

      La lettera c), numero 12), prevede l'introduzione, senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato, di una tariffa sociale agevolata a favore dei clienti domestici del mercato dell'energia elettrica e del gas che si trovano in condizioni di provato disagio economico.
      La disposizione prende le mosse da una iniziativa in tal senso promossa, con esclusivo riferimento al mercato vincolato dell'elettricità, dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas per superare l'attuale sistema di agevolazioni tariffarie, basato sugli scaglioni di consumo e del tutto indipendente da parametri reddituali delle utenze familiari.
      L'Autorità ha proposto, infatti, che l'attuale tariffa agevolata sia concessa alle famiglie in reali condizioni di disagio economico, da individuare attraverso l'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE o «redditometro») già in uso per la fornitura agevolata di servizi essenziali.
      La riforma della tariffa sociale - che nella presente proposta di legge si intende delegare al Governo ma che in realtà, in base alla disciplina vigente di cui alla legge n. 481 del 1995, sembra possibile introdurre attraverso indirizzi del Governo in tal senso diretti alla citata Autorità di regolazione, alla quale spetta in via primaria il compito di determinare le tariffe - si rende necessaria perché il sistema in vigore, che discrimina le famiglie unicamente in base al livello dei consumi, non appare più in grado di raggiungere né gli obiettivi sociali né quelli di efficienza energetica per i quali fu introdotto nel 1975.
      All'epoca, infatti, per garantire i consumi essenziali di elettricità a basso prezzo alle fasce povere della popolazione, fu stabilita una tariffa progressiva per scaglioni di consumo.
      I cambiamenti degli stili di vita e l'aumento generalizzato dei consumi hanno fatto sì che oggi una ampia fascia di consumatori, non necessariamente in condizioni economiche disagiate, paghi l'elettricità meno del suo costo di produzione, essendo sussidiata da chi con maggiori consumi paga l'elettricità molto di più (tra le famiglie con maggiori consumi rientrano anche quelle numerose in condizioni di disagio economico, mentre fra quelle con bassi consumi rientrano ad esempio i single ad alto reddito). L'ISEE, di cui qui si propone l'utilizzo, assume come unità di riferimento il reddito complessivo e una parte del patrimonio del nucleo familiare, consentendo di meglio selezionare, sulla base di criteri e di parametri omogenei, la

 

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platea dei beneficiari dell'agevolazione. L'impiego dell'ISEE consente anche una semplificazione e una riduzione dei costi amministrativi: la selezione dei beneficiari viene effettuata una sola volta a prescindere dal numero di agevolazioni richieste, le società elettriche e quelle del gas dovranno solo applicare un indicatore calcolato dall'Istituto nazionale della previdenza sociale e i potenziali beneficiari con una sola autocertificazione potranno accedere a più servizi. Nella citata proposta dell'Autorità il regime agevolato si applicherebbe unicamente ai contratti di potenza impegnata di 3 kW, con l'eccezione dei clienti in gravi condizioni di salute, e limitatamente ad una quantità di consumi annui che varia in proporzione ai numero di componenti dell'unità familiare.
      Gli eventuali sconfinamenti da tali soglie di consumo dei clienti agevolati dovrebbero essere penalizzati in modo tale da contenere allo stesso tempo eventuali comportamenti opportunistici e sprechi di energia. Le famiglie agevolate dovrebbero peraltro continuare a pagare le componenti della tariffa relative al combustibile e agli oneri di sistema, per mantenere anche per questa clientela un segnale di prezzo proveniente dal mercato.
      L'impostazione adottata nei criteri di delega prevede che la tariffa - da determinare con delibera dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas - sia modulata con criteri di progressività in base a scaglioni di consumo che tengano conto del numero dei componenti del nucleo familiare e dell'esigenza di indurre i consumatori finali ad un uso efficiente dell'energia elettrica e del gas.
      La disposizione in commento, nonostante l'impatto rilevante sugli utenti, non dovrebbe comportare oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato, in quanto i costi della nuova tariffa sociale a favore dei soggetti economicamente svantaggiati dovranno essere «spalmati» sulla restante clientela, restando quindi invariato l'onere complessivo per la fornitura energetica sostenuto dalla clientela domestica, così come del resto si è ipotizzato nella recente proposta di riforma della tariffa sociale per l'energia elettrica formulata dall'Autorità di settore.

4.10 Misure per il rilancio dei consumi ecocompatibili.

      Nonostante l'andamento ciclico negativo e i conseguenti vincoli di liquidità registrati in questi anni di stagnazione economica, le famiglie italiane non sembrano aver rinunciato completamente ai consumi. È per tale ragione che il credito al consumo ha fatto registrare anche recentemente significative percentuali di incremento, con particolare riferimento alla domanda di prestiti per l'acquisto di beni cosiddetti «durevoli» (mezzi di trasporto, apparecchi radio televisivi ed elettrodomestici in genere, strumenti musicali, eccetera).
      Se si tratti di una perdita di prudenza e lungimiranza imposta dalle necessità economiche oppure di una salutare maggiore propensione a contrarre passività finanziarie derivante da un mutato atteggiamento culturale più orientato al mercato è difficile da stabilire.
      Fatto sta che la crisi dei consumi non ha rallentato il ricorso degli italiani al credito al consumo; il fenomeno ha iniziato ad assumere dimensioni sempre più vaste, grazie anche all'evoluzione del contesto socio-economico e all'innovazione tecnologica e dei sistemi di pagamento.
      Ciò premesso, considerata la sua natura anticiclica, il credito al consumo si configura oggi come un prodotto tipico di economie mature che racchiude potenzialità da sfruttare per il rilancio della crescita economica del nostro Paese.
      La crescita dei fenomeno agisce infatti direttamente sulla propensione al consumo attivando un incremento della domanda interna che non può non incidere positivamente anche su tutta la filiera della produzione e della distribuzione nazionale.
      In questa fase di debolezza della domanda, molti acquisti di beni durevoli, come auto e motocicli, non avrebbero luogo senza il sostegno del credito al

 

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consumo, il quale assume sempre più un ruolo fondamentale nelle strategie di marketing delle imprese commerciali.
      Alla luce di tali considerazioni si pone l'esigenza, in particolare in questa fase di stagnazione della domanda, di definire un quadro regolamentare atto a facilitare un ulteriore sviluppo del settore.
      In questa prospettiva, il numero 12) della lettera c) delinea un intervento di natura fiscale volto a defiscalizzare gli interessi passivi sostenuti per operazioni di credito al consumo meritevoli di sostegno alla luce dei princìpi dello sviluppo sostenibile. Si pensi, a titolo di esempio, ad un incentivo selettivo a favore dei redditi medio-bassi in forma di deduzione o di detrazione fiscale degli interessi passivi sostenuti per l'acquisto di auto nuove con maggiori performance ambientali in termini di emissioni di gas-serra rispetto a quelle già possedute. L'agevolazione in oggetto potrebbe applicarsi inoltre ad altri settori merceologici, come gli elettrodomestici ad alto rendimento energetico (classe AAA), per i quali i produttori nazionali sono attualmente leader nel settore. Va peraltro notato come il costo complessivo di una tale agevolazione potrebbe addirittura risultare nullo, dato il peso dell'IVA e delle altre imposte dirette che deriverebbero dall'acquisto finanziato, mentre il beneficio in termini di rilancio della domanda e di miglioramento delle performance ambientali sarebbe certo. A fronte, ad esempio, di un finanziamento quinquennale di 10.000 euro per l'acquisto di una vettura ecologica, se si ipotizzasse anche una integrale detrazione dall'imposta sul reddito degli interessi passivi per le fasce di reddito medio basso - pari al 5 per cento annuo e dunque pari a meno di 2.000 euro in cinque anni - l'Erario, a fronte di minori entrate in cinque anni pari a meno di 2.000 euro, incasserebbe subito il gettito dell'IVA - al 20 per cento pari a 2.000 euro - nonché quello delle altre imposte dirette su produttori e sui distributori, nonché le altre imposte tipo bollo e registro, e dunque la misura agevolativa sembrerebbe più che compensata, con evidenti effetti benefici sul piano del rilancio della domanda e dei consumi.

5. La politica dei trasporti e gli incentivi per la mobilità sostenibile.

5.1. I carburanti alternativi nei servizi di trasporto pubblico locale.

      La lettera d) del comma 1 dell'articolo 2 in commento reca una serie di criteri direttivi diretti a promuovere nuove forme di mobilità sostenibile.
      Segnatamente, il numero 2), in conformità con la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2003/30/CE sulla promozione dell'uso dei carburanti rinnovabili nel settore dei trasporti, dispone l'impiego obbligatorio, entro il triennio 2005-2007, in linea con gli obiettivi di cui all'articolo 3 della citata direttiva comunitaria, di biocarburanti: negli autoveicoli destinati al trasporto pubblico locale, a partire dai comuni con oltre 100.000 abitanti, secondo percentuali in miscela con il gasolio progressivamente crescenti; in miscela con il gasolio distribuito nella rete, secondo percentuali progressivamente crescenti nel triennio considerato, per gli autoveicoli privati e i natanti destinati alla nautica da diporto.
      La disposizione prefigura quindi un primo possibile intervento per rendere l'aria delle nostre città meno irrespirabile, fermo restando l'obiettivo, assolutamente alla portata del nostro Paese, di avere, entro il 2010, una flotta di mezzi di trasporto pubblico locale interamente zero emission.

5.2. Eco-tasse ed eco-incentivi automobilistici.

      Nella direzione di una azione statuale diretta a disincentivare stili di vita recanti significative esternalità negative per la salute e per l'ambiente, il numero 4) della citata lettera d) interviene in materia di tasse automobilistiche, prevedendo l'obbligo per le regioni di commisurare l'imposizione

 

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in questione in senso direttamente proporzionale al livello di emissioni di gas serra e di polveri sottili che i veicoli possono generare. A tal fine dovrà tenersi conto della tipologia di carburante impiegato, del consumo normalizzato di carburante per chilometro percorso e dell'adozione di dispositivi antinquinamento conformi alla più recente normativa comunitaria in materia di emissioni dei veicoli a motore, ferma restando comunque l'esigenza di prevedere al contempo una riduzione dell'incidenza del prelievo ovvero una esenzione per i veicoli a ridotto impatto ambientale alimentati con sistemi di propulsione ibridi, a energia elettrica, a metano, a GPL e a idrogeno.
      Nella stessa direzione, il successivo numero 5) reca l'introduzione in via permanente di una disciplina tributaria agevolativa finalizzata ad incentivare il rinnovamento del parco auto ad alto potenziale inquinante non conforme alla direttiva 94/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 marzo 1994; a tal fine si prevede anche la possibilità di rimodulare i criteri di applicazione dell'imposta provinciale di trascrizione, di cui all'articolo 56 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, prevedendo forme di esenzione permanente relativamente agli atti di acquisto di autoveicoli e motocicli a basso consumo energetico, azionati con motore elettrico, dotati di sistemi di propulsione ad emissioni zero, ovvero ibridi alimentati con carburanti a ridotto impatto ambientale e che risultano dotati delle migliori tecnologie disponibili ai fini della riduzione delle emissioni inquinanti.
      Anche in tal caso il criterio di delega è diretto ad introdurre, a regime, un sistema di ecoincentivi di natura fiscale atto a orientare le scelte di produttori e dei consumatori verso il mercato, in costante espansione, dei veicoli a basso impatto ambientale.
      In tale prospettiva va inquadrato anche il principio di cui al numero 9) della lettera d), volto all'introduzione di incentivi fiscali a carattere permanente per l'acquisto, da parte di persone fisiche e di persone giuridiche, di autoveicoli alimentati in tutto o in parte a metano o a GPL e la previsione di analoghi incentivi a favore dei medesimi soggetti per l'installazione su autoveicoli a benzina di impianti di alimentazione funzionanti a GPL o a metano.
      Ai fini di una maggiore sensibilizzazione e informazione dei consumatori, il numero 6) della medesima lettera d) prevede, inoltre, l'introduzione dell'obbligo, a carico dei distributori, di informare i consumatori, nell'ambito della commercializzazione di autovetture nuove, sul risparmio di carburante e sulle emissioni di CO2, in conformità con la direttiva 1999/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 1999.

5.3. Incentivi per il trasporto su rotaia e il cabotaggio marittimo.

      Sempre nell'ambito degli interventi diretti a favorire una mobilità sostenibile, e al fine di incentivare il trasporto su rotaia, riequilibrando la preferenza attualmente accordata al molto più inquinante trasporto su gomma, il numero 7) reca la previsione di agevolazioni fiscali, nell'ambito della disciplina del reddito di impresa, per la promozione del trasporto di merci su rotaia e per lo sviluppo del cabotaggio marittimo, anche prevedendo a favore delle imprese di armamento operanti in quest'ultimo settore forme di determinazione forfettaria del reddito imponibile sul modello della tonnage tax, di cui all'articolo 4, comma 1, lettera n), della citata legge n. 80 del 2003.
      Con la medesima finalità, il numero 8) dispone poi, la deducibilità, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), delle somme spese per gli abbonamenti annuali e mensili ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale ed interregionale su rotaia, entro il limite massimo di 1.000 euro annui e in via prioritaria favore dei titolari di redditi medio-bassi.

 

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6. La politica delle risorse agricole: bioagricoltura, biocarburanti, carbon sink e tutela della salute.

      Tra le politiche per la sostenibilità, quelle inerenti il comparto agricolo assumono un peculiare rilievo, non solo in relazione alla necessità che il settore primario operi nell'ambito di standard produttivi ecocompatibili, ma anche, e soprattutto, in considerazione delle potenzialità che potrebbero da questo derivare in termini di promozione dello sviluppo sostenibile.
      Ci si riferisce, in primo luogo, alle straordinarie opportunità di sviluppo che possono rinvenirsi nello sfruttamento dei residui agricoli e delle biomasse ai fini energetici, nonché alle potenzialità connesse alla produzione di carburanti alternativi, come i biocarburanti di origine agricola. Non meno importanti risultano, infine, le attività agricole di rimboschimento, per il loro elevato potenziale di assorbimento di carbonio, rilevante anche ai fini del raggiungimento degli obiettivi di riduzione dei gas-serra derivanti dal Protocollo di Kyoto.

      Ciò premesso, la presente proposta di legge reca alcuni interventi di natura tributaria diretti ad introdurre incentivi fiscali, anche in forma di una modifica dei criteri di determinazione del valore netto della produzione ai fini dell'IRAP, per le attività di rimboschimento dirette ad incrementare il potenziale nazionale di assorbimento del carbonio, nonché per le attività agricole biologiche certificate sulla base di standard comunitari e per quelle connesse allo sfruttamento delle biomasse a fini energetici [articolo 2, comma 1, lettera e), numero 1)].
      Con il medesimo approccio, il numero 2) della lettera e), ai fini della promozione dell'assistenza tecnica agli agricoltori e dei servizi alle imprese agricole, prevede la deducibilità, ai fini IRAP, delle spese sostenute per l'impiego di esperti e di tecnici del settore ai fini dell'adozione di pratiche agricole eco-compatibili e conformi ai criteri dell'agricoltura biologica.
      A fianco di tali incentivi, in linea con lo statuto teorico della fiscalità ecologica, il numero 3) reca come criterio direttivo l'introduzione, in conformità alla strategia tematica per l'uso sostenibile dei pesticidi prevista dal Sesto programma di azione in materia di ambiente della Comunità europea, ed alla normativa comunitaria in materia di impiego dei pesticidi e dei biocidi, di una imposta sulla produzione e sui consumi, modulata secondo le disposizioni generali stabilite dall'articolo 61 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, sui prodotti fitosanitari, in particolare fertilizzanti, fitofarmaci e prodotti chimici di sintesi, maggiormente suscettibili di determinare esternalità negative sull'ambiente e sulla salute umana: la stessa disposizione prevede, inoltre, per i medesimi prodotti, un incremento dell'IVA.
      Al riguardo, si rileva come nonostante l'auspicata riduzione dell'uso dei pesticidi, in particolare nell'agricoltura, registrata nell'ultimo decennio, il livello di utilizzo di sostanze chimiche pericolose per la salute e per l'ambiente sia ancora molto elevato. A fianco della disciplina comunitaria, che pone severi vincoli alla produzione e alla distribuzione dei pesticidi e dei biocidi, appare dunque opportuno introdurre, in linea con quanto previsto in altri Paesi, un'apposita imposta di consumo su quelle tipologie di prodotti fitosanitari suscettibili di recare i maggiori danni all'ambiente, da individuare in base a parametri tecnici da definire in conformità con la disciplina comunitaria, molto attenta a questo settore.

7. La politica dei prodotti.

7.1. L'imposta intelligente sui consumi: le nuove aliquote dell'IVA.

      Uno degli elementi caratterizzanti la fiscalità ecologica è, come accennato, la traslazione del carico fiscale dal lavoro al consumo e al prelievo di risorse naturali, in particolare non rinnovabili.

 

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      Sulla base di questo assunto, la presente proposta di legge delega intende adottare coerentemente il principio comunitario dei «chi inquina paga», pur nella consapevolezza che tale principio si inquadra originariamente al di fuori della logica tributaria, rientrando nell'ambito della tutela risarcitoria e della responsabilità ambientale in materia di prevenzione e di riparazione del danno ambientale.
      In linea con lo statuto teorico della fiscalità ecologica, si pone dunque l'esigenza di orientare il comportamento di tutti gli attori del mercato, internalizzando il fattore ambientale nei costo dei beni e dei servizi, deprimendo in tal modo il consumo di beni recanti particolari esternalità negative sulla salute e sull'ambiente e alleggerendo al contempo il carico fiscale sui prodotti e sui processi ecosostenibili.
      Sulla base di questa strategia, posta a fondamento di un progressivo e pervasivo processo di dematerializzazione dell'economia, il comma 1, lettera f), numero 1), dell'articolo in esame, reca una serie di princìpi e criteri direttivi volti a completare il quadro normativo di riordino contenuto nella citata legge delega di riforma del sistema fiscale statale.
      Pertanto, fermi restando i princìpi di cui all'articolo 5 della legge n. 80 del 2003, la disposizione in commento reca come criterio direttivo la revisione, in conformità con la normativa comunitaria, delle aliquote dell'IVA, al fine di introdurre una aliquota ordinaria compresa tra il 20 e il 22 per cento, e due aliquote ridotte comprese tra il 5 e il 14 per cento per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi elencati nell'allegato H della direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, prevedendo, in particolare, nel rispetto del principio di neutralità fiscale inerente il sistema comunitario dell'IVA, una applicazione selettiva delle due aliquote ridotte volta a ridurre, nell'ambito dei beni e dei servizi di cui ai citato allegato H, l'incidenza del prelievo sulle cessioni di beni il cui ciclo di vita presenti un ridotto impatto ambientale, anche tenendo conto dei parametri previsti per la certificazione con il marchio europeo di qualità ecologica Ecolabel, e sulle prestazione di servizi, con particolare riferimento a quelli ad alta intensità di lavoro, che non comportano un impatto ambientale rilevante ovvero risultano funzionali ad un migliore tutela dell'ambiente, ferma restando l'applicazione dell'aliquota ordinaria per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, anche se inclusi nel citato allegato H, suscettibili di determinare esternalità negative per la salute e per l'ambiente; a tal fine la norma precisa che sono da intendere comunque funzionali ad una migliore tutela dell'ambiente i servizi di raccolta e di riduzione dei rifiuti.
      Al riguardo, occorre rilevare come la possibilità di intervenire in materia di IVA sia attualmente condizionata dalla disciplina comunitaria, contenuta essenzialmente nella citata direttiva 77/388/CEE (cosiddetta «sesta direttiva IVA»), la quale è stata oggetto di numerose modificazioni.
      In particolare, la direttiva 92/77/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, sul riavvicinamento delle aliquote dell'IVA, ha disposto l'applicazione, fino alla fissazione di un regime definitivo, di un sistema di imposta transitorio fondato su tre aliquote ordinarie (una normale e due ridotte) e su alcune ipotesi (aliquota-ponte e aliquota super-ridotta) in cui è consentito agli Stati membri di mantenere transitoriamente aliquote inferiori a quelle del regime ordinario.
      Tale regime transitorio, prorogato, da ultimo, al 31 dicembre 2005, dalla direttiva 2001/4/CE del Consiglio, del 19 gennaio 2001, dispone la fissazione, da parte degli Stati membri, di un'aliquota normale non inferiore al 15 per cento, identica per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi; una o due aliquote ridotte, non inferiori al 5 per cento, applicabili esclusivamente ai prodotti, inclusi nell'elenco di cui all'allegato H della citata direttiva 77/388/CEE, di primario interesse sociale o culturale.
      A tale regime, sono previste, tuttavia, alcune eccezioni, tra cui la possibilità per gli Stati membri di mantenere (fino alla fine del periodo transitorio), le esenzioni e
 

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le aliquote inferiori all'aliquota minima del 5 per cento (cosiddette «aliquote super-ridotte») purché fossero già in vigore al 1o gennaio 1991 e conformi alla legislazione comunitaria, nonché rispondenti ai requisiti di cui all'articolo 17 della seconda direttiva 67/227/CEE del Consiglio, dell'11 aprile 1967.
      La lettera f), numero 1) del comma 1 dell'articolo in esame, delega dunque il Governo ad operare, nel rispetto dei suddetti vincoli comunitari, una rimodulazione, con finalità ambientali, delle aliquote dell'imposta, al fine di introdurre una seconda aliquota ridotta alla quale sottoporre alcuni prodotti e servizi contenuti nel citato allegato H meritevoli di particolare attenzione in relazione alle esigenze di sostenibilità.
      Alcuni beni e servizi, suscettibili di essere tassati con aliquota ridotta, in quanto contemplati nel citato allegato H, potrebbero quindi essere tassati in maniera differenziata a seconda del tipo di prodotto e delle concrete modalità di svolgimento del servizio; si potrebbe così prevedere, ad esempio, una prima aliquota ridotta del 10 per cento per i lavori edili di ristrutturazione di abitazioni, mentre se gli stessi servizi venissero effettuati secondo i parametri della bioedilizia si potrebbe disporre l'applicazione di una seconda aliquota ulteriormente ridotta, sino al limite massimo consentito dall'Unione europea, ossia il 5 per cento.
      Si tratta, in sostanza, di analizzare quali tra i prodotti e i servizi contemplati nell'allegato H siano meritevoli di essere incentivati ovvero depressi in relazione alle istanze di sostenibilità, e quali invece debbano essere oggetto di tassazione ordinaria, considerando inoltre che l'introduzione di una ulteriore aliquota ridotta consente un certo margine di flessibilità nel condurre una tale complessa operazione.
      Una operazione che risulta possibile in quanto la stessa Commissione europea afferma che non esiste l'obbligo per uno Stato membro di assoggettare alla stessa aliquota IVA l'insieme di una categoria dell'allegato H, nella misura in cui una modulazione diversa non dia luogo a distorsioni di concorrenza.
      Nell'intento di promuovere un'agevole applicazione della legislazione, la Commissione raccomanda, peraltro, agli Stati membri di evitare, nella definizione del campo di applicazione delle aliquote ridotte, distinzioni che, a causa della loro complessità, comportino rischi di errore quando le imprese devono determinare l'aliquota applicabile ai prodotti che esse fabbricano o commercializzano. Una simile complessità è, infatti, pregiudizievole per tutti e si dovrebbe rispettare il principio dell'unicità delle aliquote, derogandovi soltanto nei casi in cui sia possibile una chiara distinzione tra i beni e/o i servizi assoggettati all'aliquota ridotta (o a due aliquote ridotte differenti) e quelli assoggettati all'aliquota normale; ovviamente, tale distinzione non può dare luogo a distorsioni di concorrenza tra i beni e/o i servizi in questione.
      Per dare un'idea dei possibili interventi in materia di IVA si riportano di seguito le categorie di beni e i servizi inclusi nel nuovo allegato H della proposta di direttiva del Consiglio, presentata dalla Commissione europea, che modifica la direttiva 77/388/CEE per quanto riguarda le aliquote ridotte dell'IVA:

          prodotti alimentari (incluse le bevande, ad esclusione tuttavia delle bevande alcoliche) destinati al consumo umano e animale; animali vivi, sementi, piante e ingredienti normalmente destinati ad essere utilizzati nella preparazione di prodotti alimentari; prodotti normalmente utilizzati per integrare o per sostituire prodotti alimentari;

          erogazione di acqua;

          prodotti farmaceutici e articoli simili normalmente utilizzati per cure mediche, per la prevenzione delle malattie e per trattamenti medici e veterinari, inclusi i prodotti utilizzati per fini di contraccezione e di protezione dell'igiene femminile;

          apparecchi medici, materiale ausiliario e altri strumenti medici, normalmente destinati ad alleviare o a curare invalidità,

 

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per uso personale esclusivo dei disabili, nonché materiale e strumenti elettrici, elettronici o di altro tipo, e mezzi di trasporto, concepiti o adattati specialmente per le persone disabili;

          riparazione dei suddetti beni;

          seggiolini per bambini installati negli autoveicoli;

          trasporto di persone e dei rispettivi bagagli al seguito;

          fornitura di libri, inclusi quelli in locazione nelle biblioteche (compresi stampati, fogli illustrativi e materiale stampato analogo, album, album da disegno o da colorare per bambini, musica stampata o manoscritta, mappe e carte idrografiche o altri tipi di carte), giornali e periodici, diversi dal materiale interamente o essenzialmente destinato alla pubblicità;

          diritto d'ingresso a spettacoli, teatri, circhi, fiere, parchi di divertimento, concerti, musei, zoo, cinema, mostre ed altre manifestazioni o istituti culturali simili;

          ricezione di servizi radiotelevisivi:

          servizi forniti da o diritti da versare a scrittori, compositori e artisti interpreti;

          diritto d'ingresso a manifestazioni sportive e diritto di uso di impianti sportivi;

          cessione, costruzione, restauro, trasformazione, riparazione, manutenzione e pulizia di abitazioni. Locazione di abitazioni nella misura in cui tale prestazione di servizi non è esente in virtù dell'articolo 13 della proposta di direttiva;

          cessioni di beni e prestazioni di servizi del genere normalmente utilizzato per la produzione agricola, esclusi beni di investimento quali macchinari o fabbricati;

          cessioni di piante vive e di altri prodotti della floricoltura (compresi bulbi, radici e simili, fiori recisi e fogliame ornamentale) e di legna da ardere;

          alloggio fornito da alberghi e simili, compresi gli alloggi per vacanze e l'affitto di posti per campeggio e di posti per roulotte «servizi di ristorazione»;

          cessioni di beni e prestazioni di servizi da parte di enti che sono riconosciuti come organismi di carattere sociale dagli Stati membri e che sono impegnati in attività di assistenza e di sicurezza sociale, nella misura in cui tali prestazioni e servizi non siano esenti in virtù dell'articolo 13;

          servizi prestati da agenzie di pompe funebri e di cremazione e cessione di beni connessi a tali attività;

          prestazione di cure mediche e odontoiatriche e trattamenti termali, nella misura in cui tali prestazioni non siano esenti in virtù dell'articolo 13;

          servizi di assistenza domestica (per esempio aiuto domestico e assistenza a bambini, anziani, malati o disabili);

          servizi fognari e servizi prestati in connessione con la pulizia delle strade pubbliche, la rimozione dei rifiuti domestici ed il trattamento o il riciclaggio dei residui, diversi dai servizi forniti dagli organismi di cui all'articolo 4, paragrafo 5;

          cessione di energia elettrica, di gas attraverso il sistema di distribuzione di gas naturale, e di calore distribuito in rete.

      Alla luce di quanto sopra esposto, la scelta di operare sull'IVA, nonostante i vincoli comunitari anzidetti, appare la più funzionale per addivenire, attraverso l'imposizione indiretta sul valore aggiunto, ad una reale internalizzazione dei costi ambientali in quelli dei prodotti e dei servizi.
      In questo quadro, in attesa dell'istituzione di un regime IVA armonizzato definitivo, il Governo è chiamato ad attivarsi per consentire, in linea con gli indirizzi provenienti dalla Commissione europea, l'adozione di una imposizione indiretta «intelligente» sui consumi la quale, lungi dall'alterare il principio della concorrenza nel mercato interno, possa operare selettivamente sui beni e sui servizi alla luce

 

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dei richiamati princìpi dello sviluppo sostenibile.
      L'incidenza del prelievo indiretto andrà ridefinita sulla base di tali princìpi; mentre nulla osta ad un eventuale aggravio dell'aliquota massima, nel definire le aliquote delle categorie di beni e dei servizi soggetti ad una tassazione agevolata il Governo sarà tenuto ad operare nell'ambito della normativa comunitaria, rispettandone i vincoli (in particolare quelli derivanti dal citato allegato H) e le procedure, i quali, peraltro, già adesso consentono, benché limitatamente, l'applicazione di una aliquota agevolata per taluni servizi ad alta intensità di lavoro.

7.2. Il consorzio obbligatorio per la raccolta, lo stoccaggio e il riciclaggio degli elettrodomestici.

      Nell'ambito della politica dei prodotti, assume una rilevanza strategica l'incentivazione del riciclaggio degli elettrodomestici, delle macchine da ufficio che consumano energia e, comunque, dei dispositivi elettronici che in virtù di un rilevante tasso di obsolescenza vengono frequentemente sostituiti. Si tratta di problema rilevante, oggetto di attenzione anche da parte dell'Unione europea.
      Per risolvere tale problematica il numero 2) della lettera f) prevede l'istituzione - in conformità con i princìpi di cui alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche [COM(2000)347], - di un consorzio obbligatorio per la raccolta, lo stoccaggio e il riciclaggio degli elettrodomestici, nonché dei dispositivi aventi una componente elettronica e un tasso di obsolescenza rilevanti, come definiti dalla citata proposta di direttiva.
      Si tratta, in particolare, di istituire un consorzio con personalità giuridica privata e senza fini di lucro, al quale devono partecipare tutte le imprese, produttrici e importatrici, che smaltiscono, tramite il riciclaggio, i citati prodotti, da individuare con uno o più regolamenti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive.
      Al fine di assicurare al consorzio i mezzi finanziari per lo svolgimento dei propri compiti, il principio direttivo in oggetto prevede l'introduzione di un sovrapprezzo di vendita sugli elettrodomestici e sui prodotti elettronici individuati ai sensi del precedente periodo; tale sovrapprezzo è applicato da parte dei produttori e degli importatori dei prodotti medesimi, con diritto di rivalsa sugli acquirenti in tutte le successive fasi della commercializzazione. I produttori e gli importatori verseranno direttamente al consorzio i proventi del sovrapprezzo; con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sono determinati, in particolare: il sovrapprezzo in relazione alla singola tipologia dei prodotti; la percentuale del sovrapprezzo da rifondere ai soggetti che restituiscono al consorzio i predetti prodotti; le modalità per l'istituzione di sistemi di raccolta dei rifiuti ad opera dei distributori per le apparecchiature provenienti dai nuclei domestici e dei produttori negli altri casi, nonché per lo stoccaggio dei rifiuti medesimi in centri di trattamento soggetti ad apposita autorizzazione.

7.3. Incentivi per il recupero dei rifiuti.

      Al fine di promuovere più efficienti forme di gestione dei rifiuti solidi, che riteniamo siano una grande e purtroppo inutilizzata risorsa, il numero 3) della lettera f) prevede, fermo restando il disposto di cui alla lettera c), numero 11), una progressiva maggiorazione dell'ammontare del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi, di cui all'articolo 3, comma 24, della legge 28 dicembre 1995, n. 549.
      Il successivo numero 4) dispone, inoltre, l'introduzione di agevolazioni tributarie per le imprese operanti nel settore della raccolta, dei trattamento, del recupero dei rifiuti, anche mediante il rifinanziamento

 

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e l'estensione alle medesime imprese delle agevolazioni in forma automatica di cui all'articolo 8, comma 2, della legge 7 agosto 1997, n. 266.

7.4. L'integrazione del fattore ambientale nelle procedure di acquisto della pubblica amministrazione.

      Il quadro delle politiche e delle misure in favore della dematerializzazione della produzione e del consumo si articola su diversi piani.
      Nell'ambito della politica dei prodotti, oltre l'esigenza di internalizzare i costi ambientali, assume una importanza centrale la creazione di un mercato di prodotti a basso impatto ambientale. A fianco di alcuni strumenti da valorizzare, come l'etichettatura ecologica, si pone l'esigenza, più volte evidenziata dall'Unione europea, di inserire i requisiti ambientali tra le caratteristiche richieste ai prodotti e ai servizi utilizzati dalla pubblica amministrazione. Occorre, in sostanza, configurare il «consumatore» della pubblica amministrazione, i cui consumi incidono sul PIL in misura pari a circa il 18 per cento, come il primo acquirente e utilizzatore di beni a ridotto impatto ambientale.
      A tal fine, appare opportuno inserire, nei capitolati di acquisto di beni e di servizi da parte della pubblica amministrazione, dei requisiti ambientali, attribuendo un sistema a punteggio che dia uno specifico valore alle prestazioni ambientali di un prodotto o di un servizio, senza tuttavia escludere automaticamente quelli che non possiedono tali requisiti, ciò in modo da non venire in contrasto con la disciplina comunitaria in materia di appalti di beni e di servizi.
      Il numero 5) della lettera f) impegna pertanto il Governo a prevedere, nel rispetto dei vincoli derivanti dalla disciplina comunitaria, l'obbligo per le amministrazioni pubbliche di inserire, nelle procedure di acquisto di beni e di servizi, un titolo di preferenza a favore dei beni e dei servizi aventi particolari requisiti di sostenibilità ambientale, certificati sulla base di standard comunitari di qualità ecologica, con particolare riferimento alle caratteristiche del processo produttivo, al consumo energetico, al ciclo di vita dei prodotti e alla natura riciclabile dei medesimi.
      Nella medesima direzione, il successivo numero 6) reca la previsione della copertura del fabbisogno di prodotti e di materiali della pubblica amministrazione, nella massima quantità possibile disponibile sul mercato, attraverso l'acquisto di prodotti e materiali derivanti dal recupero dei rifiuti, mentre il numero 7), anche al fine di promuovere il mercato di prodotti derivanti dal riutilizzo dei rifiuti, prevede la obbligatoria introduzione nei capitolati e nei contratti di appalto della pubblica amministrazione e degli enti che realizzano opere soggette alla normativa sui lavori pubblici, ai sensi della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, della copertura del relativo fabbisogno di materiali e di prodotti attraverso l'utilizzo di prodotti e materiali a ridotto impatto ambientale provenienti dalla raccolta differenziata, da attività di scavo, di demolizione, di costruzione e da scarti di produzione industriale, ottenuti in centri di recupero autorizzati.

7.5. L'imposta sui composti organici volatili (COV).

      Il numero 8) della medesima lettera f) reca la previsione di una imposizione sulle emissioni di composti organici volatili (COV), finalizzata a ridurre l'inquinamento ambientale in conformità alla direttiva 1999/13/CE del Consiglio, dell'11 marzo 1999, sulla limitazione delle emissioni di composti organici volatili dovute all'uso di solventi organici in talune attività e in taluni impianti.
      Il criterio di delega si pone l'obiettivo di ridurre le emissioni di solventi in atmosfera derivanti dalle operazioni di lavaggio e di verniciatura industriale.
      Il settore in questione è molto vasto e le cifre ed il giro di affari ad esso connessi sono enormi. Basti pensare che in Italia si producono circa 1.500.000 tonnellate

 

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l'anno di vernici, mediamente al 40 per cento di residuo secco: ciò significa che già nei barattoli sono contenute 900.000 tonnellate di solvente destinate ad evaporare. Di 1.500.000 di tonnellate di vernici prodotte, il 40 per cento circa (650.000 tonnellate), è utilizzato nell'industria, il che implica l'uso, ai fini delle diverse operazioni industriali di applicazione e diluizione delle vernici stesse, nonché di pulizia degli impianti e degli attrezzi, di almeno 1.500.000 di tonnellate di solventi.
      La cifra complessiva che ne risulta colloca le emissioni nei processi di finitura al terzo-quarto posto come causa di impatto ambientale, dopo il traffico, il riscaldamento civile e industriale e le emissioni dovute a processi naturali spontanei.
      Per quanto riguarda il settore della verniciatura, il processo di progressivo abbandono dei solventi è reso difficoltoso dall'elevata complessità del settore, articolato in circa 200.000 aziende, piccole e medie, distribuite eterogeneamente su tutto il territorio nazionale in contesti produttivi e di sviluppo molto spesso incomparabili.
      A livello internazionale e comunitario è ormai diffusa la consapevolezza circa la gravità del problema. L'uso di solventi nelle attività di lavaggio industriale e di verniciatura industriale, a causa delle caratteristiche di questo tipo di operazioni, provoca emissioni di COV nell'aria che sono nocive per la sanità pubblica e contribuiscono alla formazione locale e transfrontaliera di ossidanti fotochimici nello strato limite della troposfera con danni alle risorse naturali, e in talune condizioni di esposizione, con effetti nocivi per la salute umana. L'inquinamento dovuto ai COV in una regione influenza spesso l'aria e l'acqua di altre regioni. La necessità di ridurre le emissioni di COV è un dato, dunque, ormai acquisito. Tuttavia, le modalità attraverso cui raggiungere questo scopo non possono non essere compatibili con il modello di sviluppo della nostra industria, spesso composta da imprese medie e medio-piccole (e dunque impossibilitate a sostenere costi eccessivamente onerosi). Le emissioni di COV possono tuttavia essere evitate o ridotte nell'attività industriale, dato che esistono prodotti sostitutivi meno nocivi, o si potrebbero adottare altre misure tecniche per ridurre le emissioni nell'ambiente.
      Si tratta, quindi, di prevedere l'introduzione di un sistema di tassazione delle emissioni, con il duplice scopo di ottenere una significativa riduzione degli inquinanti emessi e, contemporaneamente, di riequilibrare la competitività di mercato e, segnatamente, le distorsioni della concorrenza derivanti dalla presenza sul mercato di soggetti che traggono un indebito vantaggio competitivo dalle loro produzioni inquinanti, a scapito delle imprese più moderne ed efficienti che hanno sostenuto investimenti per migliorare le proprie performance ambientali sul piano delle emissioni.
      Per quanto concerne più in generale l'imposta che qui si propone, si rileva come soggetto passivo dell'imposta siano le imprese che producono, commercializzano e utilizzano COV e loro miscele, determinati in base a specifici parametri tecnici; l'aliquota dell'imposta è determinata in base al quantitativo globale annuo dei COV emessi dalle imprese, determinato ai sensi dell'allegato II B annesso alla citata direttiva 1999/13/CE; all'imposta dovranno applicarsi, in quanto compatibili, le norme di cui al testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504.
      Al riguardo, si segnala come la disposizione in commento vada coordinata con la previsione di cui alla successiva lettera h), numero 3), la quale dispone, per le imprese soggette all'imposta sulle emissioni di composti organici volatili, una fiscalizzazione degli oneri sociali se documentabile da parte delle imprese medesime l'adozione di sistemi di gestione ambientale e delle migliori tecnologie disponibili ai fini della riduzione delle emissioni inquinanti.
 

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8.  Le politiche di gestione sostenibile del territorio.

      Per quanto concerne le politiche di gestione del territorio, la lettera g) del comma 1 dell'articolo 2 reca una serie di princìpi direttivi in materia di: piani per la programmazione dell'estrazione di materiali da cava in funzione della significativa possibilità di riutilizzo di prodotti derivanti da attività di recupero di materiali inerti; agevolazioni, anche di natura tributaria, per l'utilizzo di materiali inerti riciclati derivanti da demolizione, da costruzione e da scarti di produzione industriale ottenuti in centri di recupero autorizzati; incremento dell'incidenza del prelievo fiscale sulla attività di estrazione dei materiali di cava; riqualificazione ambientale delle strutture turistiche ricettive, con particolare riferimento alle strutture alberghiere.

9. I sistemi di contabilità ambientale.

9.1 La contabilità ambientale istituzionale.

  Uno dei presupposti alla base dell'introduzione nell'ordinamento del principio dello sviluppo sostenibile è costituito dalla disponibilità di strumenti di verifica degli effetti ambientali derivanti dalle scelte compiute.
      È così che in questi ultimi anni, in diversi Paesi, sotto la spinta della Commissione europea, sono stati introdotti strumenti di verifica delle implicazioni ambientali delle politiche di settore, ivi compresa un'analisi sistematica del patrimonio naturale di cui ciascun Paese è dotato e delle variazioni, di ordine quantitativo e qualitativo, che esso subisce per effetto dei processi produttivi e di consumo.
      Si tratta di una questione che ha trovato eco, nella scorsa legislatura, nei dibattiti parlamentari tenuti in occasione dell'esame dei Documenti di programmazione economico-finanziaria (DPEF) nonché in alcune proposte di legge.
      Già in sede di approvazione del DPEF 1999-2001, il Governo è stato impegnato a redigere, in via sperimentale, un bilancio in termini ambientali, per illustrare le spese che perseguono finalità di tutela dell'ambiente, facendo riferimento all'avvio della redazione sperimentale di un bilancio in termini di eco-contabilità da allegare al bilancio dello Stato.
      L'esigenza di un ampliamento degli strumenti tradizionali utilizzati per l'elaborazione di statistiche economiche, si fonda sulla considerazione della inadeguatezza e della scarsa significatività dell'attuale sistema di contabilità nazionale con riferimento al fattore ambientale.
      I sistemi di contabilità nazionale adottati dai diversi Paesi non evidenziano, infatti, tra i costi di produzione, l'uso delle risorse naturali, con l'effetto di fornire una misura sovrastimata del PIL.
      A livello internazionale e comunitario si è pertanto diffusa la convinzione della necessità dell'adozione di nuove forme di contabilità e nuovi indicatori della sostenibilità dello sviluppo, la quale ha trovato espressione giuridica in appositi indirizzi e documenti, a partire dall'Agenda 21 approvata al vertice ONU di Rio de Janeiro del 1992, sino al VI Programma comunitario a favore dell'ambiente e di uno sviluppo sostenibile, il quale ribadisce la necessità di ampliare gli strumenti tradizionali impiegati per l'elaborazione di statistiche economiche revisionando gli indicatori economici principali, quali il prodotto nazionale lordo, affinché rispettino il valore delle risorse naturali e ambientali impiegate per la produzione dei redditi attuali e futuri e affinché rilevino sulla base di valori monetari prestabiliti le perdite e i danni arrecati all'ambiente.
      La lettera h), numero 1), delega il Governo ad adottare un sistema di contabilità ambientale della pubblica amministrazione, relativo a ciascun livello istituzionale, finalizzato a realizzare l'integrazione tra contabilità economica e contabilità ambientale, in conformità alla prassi internazionale e agli indirizzi dell'Unione europea e articolato secondo il

 

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modulo dei conti economici integrati con gli indici ambientali (National Accounting Matrix including Enviromental Accounts- NAMEA), il conto satellite della spesa per la protezione ambientale (Systéme Européen de Rassenblement de l'Information Economique sur l'Environnement - SERIEE) e il sistema degli indicatori settoriali di pressione ambientale realizzato in riferimento ai settori dell'energia, dei trasporti, del turismo, dell'agricoltura, dell'industria e della gestione dei rifiuti.
      Il sistema di contabilità ambientale, elaborato e validato dall'Istituto nazionale di statistica, d'intesa con l'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici, con le agenzie regionali per la protezione dell'ambiente e con l'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente, contiene: informazioni strettamente connesse con il sistema statistico nazionale concernenti la consistenza del patrimonio naturale e le sue modificazioni e variazioni a seguito dell'impatto delle attività economiche sulle risorse ambientali; le interazioni tra ambiente e attività economiche, dovute alla pressione che queste ultime esercitano sia utilizzando le risorse dell'ambiente, sia immettendovi emissioni inquinanti; i costi correnti relativi alla prevenzione del danno ambientale e alla compensazione del danno, i costi di ripristino e i costi passivi relativi al danno ambientale non riparato.

9.2 La contabilità ambientale societaria.

      Sulla base delle medesime motivazioni teoriche sopra esposte, il numero 2) della lettera h) delega il Governo a riformulare la vigente disciplina civilistica in materia di bilancio societario, di cui alla sezione IX del capo V del titolo V del libro V del codice civile, al fine di introdurre un sistema di contabilità ambientale, integrativo degli ordinari documenti di bilancio, inteso alla rendicontazione dei rischi legati a passività finanziarie nascoste derivanti dai danni ambientali connessi allo svolgimento delle attività produttive, ferma restando la disciplina comunitaria in materia di applicazione dei princìpi contabili internazionali, di cui al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002.

10. Disposizioni procedurali.

      Il comma 2 dell'articolo 2 dispone che i decreti legislativi previsti dalla presente proposta di legge siano adottati su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, e con gli altri Ministri interessati, sentito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
      Gli schemi dei decreti legislativi sono trasmessi al Parlamento ai fini dell'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari entro trenta giorni dalla data di trasmissione degli schemi di decreto medesimi. Le Commissioni possono chiedere ai Presidenti delle Camere una proroga di venti giorni per l'espressione del parere, qualora ciò si renda necessario per la complessità della materia o per il numero dei decreti trasmessi nello stesso periodo all'esame delle Commissioni.
      Qualora sia concessa la proroga del termine per l'adozione del parere, i termini per l'emanazione dei decreti legislativi sono prorogati di venti giorni. Decorsi tali termini, i decreti legislativi possono essere comunque emanati.
      Il comma 5 dispone, inoltre, che entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi, possono essere emanate, con uno o più decreti legislativi, disposizioni integrative e correttive.
      Il comma 6 dispone, infine, che il Ministro delle attività produttive, di intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, promuove, senza oneri a carico del bilancio dello Stato, apposite convenzioni con banche, istituti e società finanziari, al fine di facilitare l'accesso al credito per la realizzazione delle iniziative agevolate ai sensi della presente proposta di legge.

 

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11. Interventi in materia di tassazione dei redditi di capitale, norme di attuazione e copertura finanziaria.

      L'articolo 3 della proposta di legge reca, tra l'altro, le norme di copertura finanziaria, le quali sono in parte ricalcate sul modello della citata legge delega per la riforma del sistema fiscale statale.
      Si prevede, infatti, un'attuazione modulare della riforma, con una modalità di copertura composita, in base alla quale una serie di interventi dovranno essere ad invarianza di gettito.
      In particolare, dai decreti legislativi adottati ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera a), numero 5) (fondo aree depresse), lettera c), numeri 1), 1.1), 1.2), 1.3), 1.4) (emision trading), 10) (ICI) e 12) (tariffa sociale), lettera d), numeri 2), 2.1), 2.2), (biocarburanti), 4) (tassa auto) e 6) (informazione CO2 distributori auto), lettera f), numeri 2) (consorzio rifiuti elettronici), 5), 6) e 7) (procedure acquisto della pubblica amministrazione), lettera g), numeri 1) (piano regionale cave), 4) (fondo riqualificazione turistica) e 5) (strutture alberghiere), lettera h), numeri 1) e 2) (contabilità ambientale), non possono derivare oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato.
      Nel caso di eventuali maggiori oneri, si procede ai sensi dell'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Tale ultima disposizione prevede, in particolare, che qualora nel corso dell'attuazione di leggi si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di spesa o di entrata indicate dalle medesime leggi al fine della copertura finanziaria, il Ministro competente ne dà notizia tempestivamente al Ministro dell'economia e delle finanze, il quale, anche ove manchi la predetta segnalazione, riferisce al Parlamento con propria relazione e assume le conseguenti iniziative legislative. La relazione individua le cause che hanno determinato gli scostamenti, anche ai fini della revisione dei dati e dei metodi utilizzati per la quantificazione degli oneri autorizzati dalle predette leggi.
      La clausola di copertura finanziaria dispone, poi, che i decreti legislativi recanti gli interventi concernenti l'eliminazione dell'IRAP, la deducibilità ai fini IRE ed IRES delle donazioni alle associazioni ambientaliste e quella relativa agli abbonamenti per il trasporto pubblico su rotaia contengono esclusivamente misure a carattere ordinamentale ovvero organizzatorio, oppure possono recare oneri nei limiti della copertura finanziaria assicurata ai sensi del comma 6 dell'articolo in commento.
      Il comma 3 dell'articolo in esame prevede che nel Documento di programmazione economico-finanziaria sia data specifica evidenza in una apposita sezione delle misure da intraprendere per dare concreta attuazione alla strategia d'azione ambientale per lo sviluppo sostenibile; andranno dunque indicate annualmente le variazioni dell'ammontare delle entrate connesse con le modifiche da introdurre al regime di imposizione diretta e al regime di imposizione indiretta ai fini della promozione dello sviluppo sostenibile.
      Per quanto concerne gli interventi onerosi (ossia gli incentivi per la ricerca e lo sviluppo, la revisione dei coefficienti di ammortamento, il credito di imposta per le certificazioni Emas ed Ecolabel, le agevolazioni per le start-up nei settori strategici e quelle inerenti i fondi comuni ecologici, gli interventi in materia di imposta sull'energia elettrica, reti di teleriscaldamento, credito di imposta per i motori industriali e le ristrutturazioni ecosostenibili, gli ecoincentivi nel settore auto e quelli per il trasporto merci su rotaia e il cabotaggio, nonché gli incentivi per l'agricoltura e quelli inerenti la fiscalizzazione degli oneri sociali per imprese soggette alla tassa NOX e COV) si dispone che i maggiori oneri per il bilancio dello Stato da questi derivanti siano coperti a valere sulle maggiori entrate derivanti dagli interventi in materia di carbon tax, di tassa sulle emissioni di anidride solforosa e ossidi di azoto, di accise sugli altri oli minerali, di imposte sui pesticidi e i COV, di aumento delle aliquote IVA e di redditi di capitale.

 

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      Sempre ai fini della copertura finanziaria, il comma 5 delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di regime fiscale sostitutivo per i redditi di natura finanziaria, al fine di uniformare l'incidenza del prelievo su tali redditi in misura non inferiore al 15 per cento, fermo restando le disposizioni agevolative di cui al comma 2, lettera b), numero 1), della presente proposta di legge, concernenti i fondi comuni di investimento ecologici, nonché i criteri di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), numero 4), della legge 7 aprile 2003, n. 80, concernenti l'introduzione di un regime differenziato di favore fiscale per il risparmio affidato a fondi pensione, a fondi etici e a casse di previdenza privatizzate.
      Infine, il comma 6 dispone che la legge finanziaria rechi, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera b), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, le modifiche, in conformità ai criteri direttivi di cui agli articoli 2 e 3 della presente proposta di legge, al regime dell'IRE, dell'IRAP e dell'IVA che comportano effetti finanziari e definisca la copertura degli eventuali ulteriori oneri derivanti dai decreti legislativi di attuazione delle deleghe previste dalla presente proposta di legge.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Delega al Governo per la riforma fiscale ecologica e per interventi in materia di promozione dello sviluppo sostenibile e di modernizzazione ambientale dell'economia).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti la riforma fiscale ecologica e interventi in materia di promozione dello sviluppo sostenibile e di modernizzazione ambientale dell'economia, in conformità ai princìpi e criteri direttivi stabiliti dall'articolo 2.

Art. 2.
(Finalità e princìpi e criteri direttivi
della delega).

      1. Al fine di dare coerente attuazione al principio comunitario dello sviluppo sostenibile, mediante l'integrazione del fattore ambientale nelle politiche di settore e, in particolare, nell'ordinamento tributario, attraverso una riforma fiscale ecologica diretta a sollecitare una riconversione dei modelli di produzione e di consumo in senso ambientalmente sostenibile e tecnologicamente efficiente; rimodulare l'incidenza del carico tributario dal lavoro al consumo e al prelievo delle risorse naturali non rinnovabili, internalizzando i costi ambientali dei cicli produttivi aperti, promuovendo un processo di dematerializzazione dell'economia e un incremento della competitività dei sistemi territoriali e del sistema produttivo nazionale, conseguendo in modo economicamente efficiente e secondo le scadenze temporali previste gli obiettivi di riduzione globale dei gas ad effetto serra stabiliti dal Protocollo di

 

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Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Kyoto l'11 dicembre 1997, e reso esecutivo ai sensi della legge 1o giugno 2002, n. 120, di seguito denominato «Protocollo di Kyoto», e ripartiti in sede comunitaria dalla decisione n. 2002/358/CE del Consiglio, del 25 aprile 2002, i decreti legislativi di cui all'articolo 1 si conformano, nel rispetto dei princìpi e delle norme comunitarie, delle competenze per materia delle amministrazioni statali, nonché delle attribuzioni delle regioni e degli enti locali, come definite ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) per quanto concerne gli incentivi per la riconversione ambientale delle attività produttive:

              1) previsione di una disciplina tributaria agevolativa diretta ad escludere dalla base imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle società (IRES), in aggiunta alle ordinarie deduzioni, una quota di reddito delle piccole e medie imprese destinata agli investimenti ambientali, intendendosi tali i costi di ricerca e di sviluppo volti all'adozione di innovazioni di processo e di prodotto a ridotto impatto ambientale e alta efficienza tecnologica, iscrivibili tra le immobilizzazioni immateriali di cui all'articolo 2424, primo comma, lettera B), punto I, del codice civile, ivi compresi i costi dei diritti di brevetto industriale e di utilizzazione di opere dell'ingegno che comportano innovazioni tecnologiche nei processi produttivi che determinano risparmio energetico, risparmio idrico e riduzione delle emissioni inquinanti, nonché i costi di acquisto delle immobilizzazioni materiali, di cui al citato articolo 2424, primo comma, lettera B), punto II, del codice civile, necessarie per prevenire, ridurre e riparare i danni ambientali, con particolare riferimento agli investimenti in beni strumentali consistenti in impianti, macchinari e attrezzature industriali, volti all'adozione di cicli produttivi a ridotto consumo energetico e idrico e a basse emissioni inquinanti, con particolare riferimento alle emissioni di

 

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gas ad effetto serra, ferma restando l'esclusione dall'agevolazione degli investimenti realizzati in attuazione di obblighi di legge e prevedendo altresì che a decorrere dal terzo periodo di imposta successivo a quello di prima applicazione del beneficio, la quota di reddito detassato corrisponda all'eccedenza rispetto alla media degli investimenti ambientali realizzati nei due periodi di imposta precedenti; ai fini dell'agevolazione sono da intendere comunque inclusi nella fattispecie di cui al presente numero gli investimenti ambientali direttamente funzionali alla partecipazione al sistema comunitario di ecogestione e audit, di cui al regolamento (CE) n. 761/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001, di seguito denominato «sistema EMAS», nonché quelli diretti ad introdurre innovazioni di processo e di prodotto ai fini dell'ottenimento del marchio comunitario di qualità ecologica (Ecolabel), di cui al regolamento (CE) n. 1980/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 luglio 2000, di seguito denominato «marchio Ecolabel», relativamente ai prodotti cui esso risulta applicabile ai sensi della normativa comunitaria; le agevolazioni di cui al presente numero si applicano anche agli investimenti ambientali sostenuti dalle piccole e medie imprese, come definite dall'Unione europea, che nell'ambito di distretti industriali o di filiere produttive si aggregano, in numero non inferiore a dieci, utilizzando nuove strutture consortili o altri strumenti contrattuali, per realizzare sinergie nelle attività di ricerca e sviluppo di processi e di prodotti a ridotto impatto ambientale;

              2) revisione, sulla base di criteri di sostenibilità ambientale, dei coefficienti di ammortamento stabiliti dalla tabella allegata al decreto del Ministro delle finanze 31 dicembre 1988, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 27 del 2 febbraio 1989, volta all'incentivazione dei beni materiali e strumentali a ridotto impatto ambientale e basso consumo energetico certificati secondo standard comunitari di qualità ecologica;

 

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              3) previsione, fermi restando i princìpi di cui all'articolo 8 della legge 7 aprile 2003, n. 80, concernenti la graduale riduzione dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP): di una prioritaria esclusione dalla base imponibile dell'IRAP del costo del lavoro a favore dei soggetti che aderiscono al sistema EMAS; di una parziale deducibilità, ai fini della determinazione del valore della produzione netta, del costo del lavoro dei ricercatori in possesso del titolo di studio universitario o equiparato, nonché dei costi delle attività di lavoro e di consulenza direttamente funzionali alla partecipazione al citato sistema di ecogestione e all'ottenimento del marchio Ecolabel; della possibilità per le regioni di variare, con legge, l'aliquota dell'IRAP differenziandola per settori di attività e per categorie dl soggetti passivi sulla base di standard comunitari di sostenibilità ambientale dei processi e dei prodotti;

              4) introduzione, in via prioritaria a favore delle piccole e medie imprese, come definite dall'Unione europea, di un credito di imposta, utilizzabile esclusivamente in compensazione e non concorrente alla formazione del reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito (IRE) e dell'IRES nonché del valore della produzione netta ai fini dell'IRAP, destinato ad incentivare l'adesione al sistema EMAS e la diffusione del marchio Ecolabel, in misura non superiore all'80 per cento della spesa sostenuta dalle imprese per gli adempimenti di carattere amministrativo funzionali all'ottenimento dell'iscrizione nel registro del sistema EMAS nonché all'assegnazione e all'uso del marchio Ecolabel, ivi compresi le imposte e i diritti annuali di registrazione, fermi restando i vincoli comunitari in materia di aiuti di Stato;

              5) revisione, fermi restando i princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 5 della legge 29 luglio 2003, n. 229, e successive modificazioni, delle disposizioni vigenti in materia di interventi di sostegno pubblico per lo sviluppo delle attività produttive, ivi compresi gli interventi agevolativi le cui risorse finanziarie sono confluite

 

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nel fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all'articolo 61, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, al fine di introdurre un criterio selettivo di accesso all' erogazione degli incentivi e delle agevolazioni a favore dei soggetti che partecipano ai sistemi di ecogestione e di certificazione della qualità ecologica dei processi e dei prodotti di cui al numero 4) della presente lettera, o che hanno concretamente avviato l'iter procedurale per parteciparvi, prevedendo altresì criteri selettivi di ripartizione del citato fondo con apposite delibere del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), che tengano prioritariamente conto dell'impatto ambientale degli interventi agevolati e risultino altresì coerenti con il piano di azione nazionale per la riduzione dei livelli di emissione dei gas serra e l'aumento del loro assorbimento, previsto dall'articolo 2 della legge 1o giugno 2002, n. 120, e con le linee guida di cui alla deliberazione CIPE n. 123/2002 del 19 dicembre 2002, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 68 del 22 marzo 2003, fermo restando il criterio generale di destinazione territoriale delle risorse del fondo per finalità di riequilibrio economico e sociale;

              6) previsione, fermo restando quanto disposto dalla lettera c), numero 4), del presente comma, di una disciplina tributaria agevolativa, anche in forma di riduzione dell'aliquota dell'IRES ovvero di determinazione forfettaria dell'imponibile, diretta a favorire, per il primo anno di attività e per i due esercizi successivi, i soggetti che iniziano un'attività produttiva di rilevanza strategica per il Paese, nei seguenti settori:

              6.1) raccolta differenziata, riciclaggio e recupero dei rifiuti;

              6.2) salvaguardia e implementazione del patrimonio boschivo, con particolare riferimento agli interventi di manutenzione e di restauro dei boschi cedui, di afforestazione, di riforestazione, di gestione forestale, di gestione dei suoli agricoli e dei pascoli nonché di rivegetazione,

 

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atti ad incrementare il potenziale nazionale di assorbimento di carbonio;

              6.3) agricoltura biologica, attività connesse alla raccolta e alla trasformazione della materia prima per lo sfruttamento energetico delle biomasse e attività agricole di coltivazione di semi oleosi ai fini della produzione di biocarburanti e di biocombustibili;

              6.4) risanamento idrogeologico del territorio, manutenzione e implementazione dei sistemi di gestione idrica;

              6.5) produzione di dispositivi per il risparmio energetico e di beni a basso impatto ambientale che rispettino gli standard di qualità ambientale previsti per l'ottenimento del marchio Ecolabel;

              6.6) servizi alle imprese per le attività di consulenza, di gestione e di certificazione ambientale;

              7) previsione della parziale esclusione dalla base imponibile ai fini dell'IRES delle spese sostenute dalle piccole e medie imprese, come definite dall'Unione europea, per i contratti di ricerca mirati allo sviluppo sostenibile stipulati con istituzioni e con enti pubblici di ricerca, ivi compresi i costi eventualmente sostenuti per i contratti stipulati con i medesimi soggetti concernenti l'utilizzo di infrastrutture materiali, macchinari, tecnologie e beni strumentali all'attività di ricerca di proprietà delle istituzioni e degli enti di ricerca pubblici;

          b) per quanto concerne la promozione delle attività e degli investimenti privati in campo ambientale:

              1) previsione di un regime tributario agevolativo per i frutti e i proventi derivanti dal risparmio, affidato in gestione a fondi comuni di investimento ecologici, finalizzato ad incentivare la partecipazione del capitale privato alla realizzazione di progetti di investimento in campo ambientale; ai fini della fruizione dell'agevolazione, i regolamenti di gestione dei fondi, da determinare in base a criteri definiti con regolamento del Ministro dell'economia

 

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e delle finanze, sentita la Banca d'Italia e la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), prevedono che non meno dei quattro quinti del relativo attivo siano investiti in titoli di società operanti nel settore ambientale che realizzano progetti e interventi di sviluppo sostenibile, purché suscettibili di utilizzazione economica, anche in relazione al conseguimento di crediti di emissioni nell'ambito del sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, di cui alla direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, nei seguenti settori e ambiti di attività:

                  1.1) interventi diretti alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, con particolare riferimento alle emissioni di biossido di carbonio, coerenti con il piano di azione nazionale per la riduzione dei livelli di emissione dei gas serra e l'aumento del loro assorbimento, previsto dall'articolo 2 della legge 1o giugno 2002, n. 120, e con le linee guida di cui alla delibera CIPE n. 123/2002 del 19 dicembre 2002, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 68 del 22 marzo 2003, concernenti il comparto della produzione di energia da fonti rinnovabili ed assimilate, quali le attività di ricerca, sviluppo, costruzione e messa in opera di impianti di produzione di energia eolica, solare, fotovoltaica, mini-idroelettrica, geotermica, a biomasse e con celle combustibili a idrogeno, ivi compresi gli interventi di risparmio energetico da applicare ad impianti preesistenti;

                  1.2) interventi per la tutela dell'ambiente da attuare nell'ambito di progetti di cooperazione internazionale, con particolare riferimento agli interventi in campo ambientale di imprese italiane in Stati ad economia in transizione e in Paesi in via di sviluppo, con priorità per i progetti destinati alla costruzione, alla ristrutturazione e alla messa in sicurezza di impianti di produzione di energia mediante l'impiego di tecnologie finalizzate alla riduzione delle emissioni di gas serra, da realizzare, in conformità con i meccanismi flessibili previsti dal Protocollo di

 

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Kyoto e finalizzati all'ottenimento di diritti di emissione in relazione al sistema per lo scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra nella Comunità, di cui alla citata direttiva 2003/87/CE;

                  1.3) iniziative volte alla conservazione della natura e della biodiversità, quali la gestione, la tutela e lo sviluppo di aree protette, gli interventi per la conservazione della fauna e della flora e, in particolare, gli interventi di afforestazione, di riforestazione, di gestione forestale, di gestione dei suoli agricoli e dei pascoli e di rivegetazione, atti ad incrementare il potenziale nazionale di assorbimento di carbonio nonché le attività agricole connesse allo sfruttamento della biomassa a fini energetici, con particolare riferimento alla produzione di biocarburanti e di biocombustibili;

                  1.4) i progetti di bonifica di terreni e di acque superficiali o di falda inquinate e di recupero di aree industriali dismesse, la messa in sicurezza di siti contaminati, gli interventi per la ristrutturazione della rete idrica e la prevenzione del rischio idrogeologico;

              2) previsione, fermi restando i princìpi e criteri direttivi di cui agli articoli 3 e 4 della legge 7 aprile 2003, n. 80, di una maggiore deducibilità, ai fini dell'IRE e dell'IRES, delle somme conferite, sotto forma di erogazione liberale, ad enti o a istituzioni pubblici, fondazioni, associazioni e organizzazioni legalmente riconosciute che svolgono attività in campo ambientale senza scopo di lucro;

          c) per quanto concerne la politica energetica e gli incentivi per la riduzione delle emissioni, il risparmio e l'efficienza energetica:

              1) fissazione, per il periodo 2005-2012, di soglie di emissione specifica di anidride carbonica, decrescenti nel tempo, consentite alle imprese operanti nei settori della siderurgia e della produzione di energia, di carta, di cemento e di vetro, di cui all'allegato A del Protocollo di Kyoto, ai fini del rispetto della percentuale di

 

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riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra stabilita dal medesimo Protocollo e ripartita in sede comunitaria dalla citata decisione n. 2002/358/CE, e definizione, in conformità ai princìpi di cui alla citata direttiva 2003/87/CE:

                  1.1) di un sistema di controlli uniforme per la misurazione, il monitoraggio, la verifica, la certificazione e la comunicazione dei livelli di emissione di anidride carbonica, nonché delle modalità per il rilascio dell'autorizzazione ad emettere gas a effetto serra, per gli impianti soggetti ai vincoli di riduzione delle emissioni di cui all'allegato I della citata direttiva 2003/87/CE e in conformità ai princìpi e ai criteri di cui agli allegati IV e V della direttiva medesima;

                  1.2) di un piano nazionale di assegnazione delle quote di emissione per il triennio 2005-2007 e per il quinquennio 2008-2012, conformemente ai criteri di cui all'allegato III della citata direttiva 2003/87/CE;

                  1.3) delle modalità per l'organizzazione del mercato per il commercio dei diritti di emissione di anidride carbonica, con riferimento al trasferimento, alla restituzione e alla cancellazione di quote di emissioni;

                  1.4) di un sistema sanzionatorio efficace e dissuasivo per il mancato rispetto delle soglie di emissione specifica di anidride carbonica ammesse ai sensi del presente numero, con criteri di progressività rispetto allo scostamento dalle soglie medesime, fermi restando i criteri per la determinazione dell'ammontare delle sanzioni per le emissioni in eccesso di cui all'articolo 16 della citata direttiva 2003/87/CE;

              2) rimodulazione, per il triennio 2005-2007, della tassa sulle emissioni di anidride carbonica, denominata «carbon tax» di cui all'articolo 8 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni, al fine di ridefinire, in relazione alle innovazioni tecnologiche e ai più avanzati criteri di sostenibilità ambientale

 

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per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, la misura delle aliquote di accisa per il carbone, il coke di petrolio e il bitume di origine naturale emulsionato con il 30 per cento di acqua, denominato «Orimulsion», impiegati negli impianti di combustione, come definiti dalla direttiva 2001/80/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2001, nonché le misure compensative di cui al citato articolo 8, comma 10, della legge n. 448 del 1998, e successive modificazioni, rimodulando altresì, sulla base dei predetti criteri di sostenibilità ambientale e fermi restando i princìpi e criteri direttivi di cui alla lettera d), numero 1), del presente comma, la misura delle aliquote di cui all'allegato 1 annesso alla citata legge n. 448 del 1998, e successive modificazioni, anche al fine di introdurre un regime agevolativo permanente per gli oli minerali emulsionati a basso tenore di zolfo e di piombo e per il gas metano utilizzati per combustione per usi industriali;

              3) previsione di una maggiorazione progressiva, nel triennio 2005-2007, della tassa sulle emissioni di anidride solforosa (S02) e di ossidi di azoto (NOx), responsabili dei processi di acidificazione di cui all'articolo 17, comma 29, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, applicata ai grandi impianti di combustione come definiti dalla citata direttiva 2001/80/CE, finalizzata alla riduzione delle emissioni inquinanti in conformità con il piano di azione nazionale per la riduzione dei livelli di emissione dei gas serra e l'aumento del loro assorbimento, previsto dall'articolo 2 della legge 1o giugno 2002, n. 120, e con le linee guida di cui alla deliberazione CIPE n. 123/2002 del 19 dicembre 2002, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 68 del 22 marzo 2003;

              4) introduzione di una disciplina agevolativa sul piano tributario, anche in forma di riduzione dell'IRES ovvero di determinazione forfetaria dell'imponibile, diretta a favorire, per un arco di tempo almeno triennale, i soggetti che iniziano un'attività produttiva nel settore delle fonti

 

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rinnovabili di energia, con particolare riferimento alle attività di ricerca, di sviluppo e di produzione finalizzate: alla realizzazione di impianti per la produzione di energia elettrica e di calore attraverso l'energia solare, eolica, idraulica, geotermica, e lo sfruttamento delle biomasse; alla produzione di idrogeno da fonti energetiche rinnovabili e dal gas naturale in impianti dotati delle migliori tecnologie disponibili ai fini del sequestro e dello stoccaggio dell'anidride carbonica; alla realizzazione di impianti a celle combustibili per la produzione di energia e di sistemi di propulsione a idrogeno per le motrici ferroviarie, i motori auto e i navigli, in conformità con le finalità del VI Programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico dell'Unione europea nel periodo 2002-2006;

              5) rimodulazione dell'imposta erariale di consumo sull'energia elettrica e delle modalità di applicazione delle relative addizionali, al fine di ridurre l'incidenza dell'imposta sui consumatori finali di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili mediante impianti eolici, idroelettrici, fotovoltaici, geotermici e a biomasse, senza alcun limite di potenza generatrice per gli impianti medesimi e con particolare riferimento agli usi finali di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili destinati alla produzione di idrogeno;

              6) previsione di agevolazioni fiscali a carattere permanente per le reti di teleriscaldamento alimentate con biomassa ovvero con energia geotermica, anche mediante la previsione di un credito d'imposta correlato ad ogni chilowattora di calore fornito e da traslare sul prezzo di cessione all'utente finale;

              7) introduzione, a favore delle imprese industriali, di un credito di imposta per la sostituzione dei motori industriali con motori ad alta efficienza energetica e per la sostituzione del parco dei trasformatori con congegni dotati delle migliori tecnologie disponibili ai fini dell'efficienza energetica, nonché per l'acquisto di mini centrali idroelettriche e termo-elettriche

 

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alimentate a metano o funzionanti con celle combustibili a idrogeno o a metanolo, anche al fine di promuovere una maggiore decentralizzazione delle fonti di produzione energetica idonea a mitigare eventuali interruzioni dell'energia elettrica su scala nazionale;

              8) introduzione in via permanente di un credito di imposta ai fini dell'IRE e dell'IRES, pari ad una quota percentuale delle spese sostenute per gli interventi di ristrutturazione edilizia diretti al miglioramento dell'efficienza termica ed energetica degli edifici con destinazione abitativa e commerciale, ovvero conformi ai criteri della bioedilizia, ivi incluse le spese, dirette al risparmio del consumo energetico, sostenute per l'acquisto e l'installazione di impianti per il riscaldamento, la climatizzazione e la produzione di acqua calda alimentati con fonti energetiche rinnovabili, nonché per l'acquisto di elettrodomestici, caratterizzati dalla più alta efficienza energetica, asseverata secondo standard comunitari, e di congegni tecnologici diretti a razionalizzare l'uso dell'energia elettrica, dell'acqua e dei combustibili per il riscaldamento domestico;

              9) rimodulazione e rifinanziamento dei contributi previsti agli articoli 8, 10, 11, 13 e 14 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, al fine di prevedere criteri di concessione dei fondi diretti a privilegiare in via prioritaria l'efficienza energetica e termica mediante l'impiego di combustibili a basso impatto ambientale e le fonti di energia rinnovabili;

              10) revisione dei criteri di applicazione dell'imposta comunale sugli immobili, al fine di consentire ai comuni una modulazione delle aliquote ovvero dei coefficienti che si applicano alla rendita catastale per il calcolo della base imponibile diretta ad agevolare gli immobili costruiti ovvero ristrutturati conformemente ai criteri della bioedilizia e che risultano dotati di dispositivi tecnologicamente avanzati per il risparmio energetico;

              11) introduzione, fermi restando i princìpi di cui alla legge 14 novembre

 

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1995, n. 481, e successive modificazioni, e senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato, di una tariffa sociale agevolata a favore dei clienti domestici del mercato dell'energia elettrica e del gas che si trovano in condizioni di provato disagio economico, da determinare mediante l'utilizzo dell'indicatore della situazione economica equivalente, di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, e successive modificazioni; la tariffa, da adottare con delibera dell'Autorità garante per l'energia elettrica e il gas, è modulata con criteri di progressività in base a scaglioni di consumo che tengano conto del numero dei componenti del nucleo familiare e dell'esigenza di indurre i consumatori finali ad un uso efficiente dell'energia elettrica e del gas;

              12) l'introduzione di una agevolazione fiscale per i finanziamenti erogati da banche e altri intermediari finanziari a favore di persone fisiche titolari di redditi medio-bassi, destinati all'acquisto di autoveicoli, motocicli ed elettrodomestici conformi ai più avanzati standard comunitari in termini di risparmio energetico e di riduzione delle emissioni inquinanti, in forma di deduzione o di detrazione dall'IRE di quota parte degli interessi passivi e delle spese amministrative sostenuti per operazioni di credito al consumo, di durata complessiva non superiore a cinque anni ed entro un tasso di interesse non superiore di una percentuale pari al doppio del tasso ufficiale di sconto praticato nel trimestre precedente l'erogazione del finanziamento;

          d) per quanto concerne la politica dei trasporti e gli incentivi per la mobilità sostenibile:

              1) promozione dei carburanti alternativi, mediante un riordino, nel rispetto dei vincoli comunitari, in conformità con la direttiva 2003/30/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'8 maggio 2003, sulla promozione dell'uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti, e fermi restando i princìpi di cui all'articolo 7 della legge 7

 

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aprile 2003, n. 80, del regime fiscale dei carburanti in base al livello di concentrazione di inquinanti generati attraverso la combustione, prevedendo, in particolare, una rimodulazione della misura delle aliquote di accisa, decorrenti dal 1o gennaio 2005, di cui all'allegato 1 annesso alla legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni, diretta a:

                  1.1) differenziare l'aliquota di accisa sul gasolio per autotrazione, incrementando l'incidenza del prelievo sul gasolio tradizionale e agevolando contestualmente il gasolio senza zolfo, denominato «bludiesel» e le emulsioni di acqua in gasolio, denominate «gasolio bianco», al fine di rendere competitivi in termini di prezzi relativi i prodotti a ridotto impatto ambientale;

                  1.2) ridurre le aliquote di accisa sui carburanti con minore densità di carbonio, quali il gas metano e il GPL utilizzati per autotrazione;

                  1.3) introdurre un regime permanente di esenzione dall'accisa, senza limiti di contigenti annui, per i biocarburanti, con particolare riferimento al biodiesel e agli altri carburanti derivati da prodotti di origine agricola, di cui all'articolo 2 della citata direttiva 2003/30/CE;

              2) previsione, in conformità con la citata direttiva 2003/30/CE, dell'impiego obbligatorio, entro il triennio 2005-2007, secondo tassi di sostituzione in linea con gli obiettivi di cui all'articolo 3 della medesima direttiva, di biocarburanti:

                  2.1) negli autoveicoli destinati al trasporto pubblico locale, a partire dai comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti, secondo percentuali in miscela con il gasolio progressivamente crescenti;

                  2.2) in miscela con il gasolio distribuito nella rete, secondo percentuali progressivamente crescenti nel triennio considerato, per gli autoveicoli privati e i natanti destinati alla nautica da diporto;

 

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              3) rimodulazione delle agevolazioni sul gasolio per autotrazione impiegato dagli autotrasportori, di cui all'articolo 5 del decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 452, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 16, e successive modificazioni, al fine di introdurre a regime un'analoga agevolazione con esclusivo riferimento al «bludiesel», al «gasolio bianco» e al «biodiesel», nonchè alle miscele di gasolio e biodiesel con almeno il 5 per cento di quest'ultimo, utilizzati dagli esercenti le attività di trasporto merci;

              4) revisione della tassa automobilistica, prevedendo l'obbligo per le regioni di commisurarla in senso direttamente proporzionale al livello di emissioni di gas serra e di polveri sottili che i veicoli possono generare, tenendo conto della tipologia di carburante impiegato, del consumo normalizzato di carburante per chilometro percorso e dell'adozione di dispositivi antinquinamento conformi alla normativa comunitaria in materia di emissioni dei veicoli a motore, prevedendo comunque una riduzione dell'incidenza del prelievo ovvero una esenzione per i veicoli a ridotto impatto ambientale alimentati con sistemi di propulsione ibridi, a energia elettrica, a metano, a GPL e a idrogeno;

              5) introduzione di una disciplina tributaria agevolativa finalizzata ad incentivare il rinnovamento del parco auto ad alto potenziale inquinante non conforme alla direttiva 94/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 marzo 1994, anche mediante la revisione dei criteri di applicazione dell'imposta provinciale di trascrizione, di cui all'articolo 56 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, relativamente agli atti di acquisto di autoveicoli e di motocicli a basso consumo energetico, azionati con motore elettrico, dotati di sistemi di propulsione ad emissioni zero, ovvero ibridi alimentati con carburanti a ridotto impatto ambientale e che risultano dotati delle migliori tecnologie disponibili ai fini della riduzione delle emissioni inquinanti;

 

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              6) previsione, in conformità con la direttiva 1999/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 1999, dell'obbligo, a carico dei distributori, di informare i consumatori, nell'ambito della commercializzazione di autovetture nuove, sul risparmio di carburante e sulle emissioni di CO2;

              7) previsione di agevolazioni fiscali nell'ambito della disciplina del reddito di impresa per la promozione del trasporto di merci su rotaia e per lo sviluppo del cabotaggio marittimo, anche prevedendo a favore delle imprese di armamento operanti in quest'ultimo settore forme di determinazione forfettaria del reddito imponibile sul modello della tassa sul tonnellaggio delle navi di cui all'articolo 4, comma 1, lettera n), della legge 7 aprile 2003, n. 80;

              8) previsione, fermi restando i princìpi di cui all'articolo 3, comma 1, lettere a), b) e c), della legge 7 aprile 2003, n. 80, della deducibilità, ai fini dell'IRE, delle somme spese per gli abbonamenti annuali e mensili ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale ed interregionale su rotaia, entro il limite massimo di 1.000 euro annui e in via prioritaria a favore dei soggetti titolari di redditi medio-bassi e che non risultano intestatari di veicoli per il trasporto privato;

              9) previsione di incentivi fiscali a carattere permanente per favorire l'acquisto, da parte di persone fisiche e di persone giuridiche, di autoveicoli alimentati in tutto o in parte a metano o a GPL e previsione di analoghi incentivi a favore dei medesimi soggetti per l'installazione su autoveicoli a benzina di impianti di alimentazione funzionanti a GPL o a metano;

          e) per quanto concerne la politica delle risorse agricole:

              1) previsione di incentivi fiscali, anche mediante una modifica dei criteri di determinazione del valore netto della produzione ai fini dell'IRAP, per le attività di rimboschimento dirette ad incrementare il potenziale nazionale di assorbimento del

 

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carbonio, nonché per le attività agricole biologiche certificate sulla base di standard comunitari e per quelle connesse allo sfruttamento delle biomasse a fini energetici;

              2) promozione dell'assistenza tecnica agli agricoltori e dei servizi alle imprese agricole, anche mediante la previsione della integrale deducibilità, ai fini dell'IRAP, delle spese sostenute per l'impiego di esperti e di tecnici del settore al fine dell'adozione di pratiche agricole eco-compatibili e conformi ai criteri dell'agricoltura biologica;

              3) introduzione, in conformità alla strategia per l'uso sostenibile dei pesticidi prevista dal Sesto programma di azione in materia di ambiente della Comunità europea, di cui alla decisione n.1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002, e alla normativa comunitaria in materia di impiego dei pesticidi e dei biocidi, di una imposta sulla produzione e sui consumi, modulata secondo le disposizioni generali previste dall'articolo 61 del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, sui prodotti fitosanitari, in particolare fertilizzanti, fitofarmaci e prodotti chimici di sintesi, maggiormente suscettibili di determinare esternalità negative sull'ambiente e sulla salute umana, prevedendo altresì per i medesimi prodotti un incremento dell'incidenza dell'imposta sul valore aggiunto, fermi restando i princìpi e criteri direttivi di cui alla lettera f), numero 1), del presente comma;

          f) per quanto concerne la politica dei prodotti:

              1) revisione, in conformità con la normativa comunitaria e fermi restando i princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 5 della legge 7 aprile 2003, n. 80, delle aliquote dell'imposta sul valore aggiunto (IVA), al fine di introdurre una aliquota ordinaria compresa tra il 20 e il 22 per cento, e due aliquote ridotte comprese tra

 

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il 5 e il 14 per cento per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi elencati nell'allegato H della direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, prevedendo altresì, nel rispetto del principio di neutralità fiscale inerente il sistema comunitario dell'IVA, una applicazione selettiva delle aliquote ridotte volta a ridurre, nell'ambito dei beni e dei servizi di cui al citato allegato H, l'incidenza del prelievo sulle cessioni di beni il cui ciclo di vita presenti un ridotto impatto ambientale, anche tenendo conto dei parametri previsti per la certificazione con il marchio Ecolabel, e sulle prestazioni di servizi, con particolare riferimento a quelli ad alta intensità di lavoro, che non comportino un impatto ambientale rilevante ovvero risultino funzionali ad una migliore tutela dell'ambiente, ferma restando l'applicazione dell'aliquota ordinaria per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, anche se inclusi nel citato allegato H, suscettibili di determinare esternalità negative per la salute e per l'ambiente, secondo parametri da adottare in conformità al Sesto programma di azione in materia di ambiente della Comunità europea, di cui alla citata decisione n. 1600/2002/CE; sono da intendere comunque funzionali ad una migliore tutela dell'ambiente i servizi di raccolta e recupero dei rifiuti;

              2) istituzione, in conformità con i princìpi di cui alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche COM(2000)347, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee C 365E del 19 dicembre 2000, di un consorzio obbligatorio per la raccolta, lo stoccaggio e il riciclaggio degli elettrodomestici, nonché dei dispositivi aventi una componente elettronica e un tasso di obsolescenza rilevanti, come definiti dalla citata proposta di direttiva; al consorzio, con personalità giuridica privata, senza fini di lucro e retto da uno statuto approvato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, partecipano tutte le imprese, produttrici e importatrici, che smaltiscono, tramite il riciclaggio,

 

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i citati prodotti, da individuare con uno o più regolamenti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive; al fine di assicurare al consorzio i mezzi finanziari per lo svolgimento dei propri compiti, previsione dell'istituzione di un sovrapprezzo di vendita sugli elettrodomestici e sui prodotti elettronici individuati ai sensi del periodo precedente, da applicare da parte dei produttori e degli importatori dei prodotti medesimi, con diritto di rivalsa sugli acquirenti in tutte le successive fasi della commercializzazione; i produttori e gli importatori versano direttamente al consorzio i proventi del sovrapprezzo; con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive, sono determinati: il sovrapprezzo in relazione alla singola tipologia dei prodotti; la percentuale del sovrapprezzo da rifondere ai soggetti che restituiscono al consorzio i predetti prodotti; le modalità per l'istituzione di sistemi di raccolta dei rifiuti ad opera dei distributori per le apparecchiature provenienti dai nuclei domestici e dei produttori negli altri casi, nonché per lo stoccaggio dei rifiuti medesimi in centri di trattamento soggetti ad apposita autorizzazione;

              3) previsione di una progressiva maggiorazione dell'ammontare del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi, di cui all'articolo 3, comma 24, della legge 28 dicembre 1995, n. 549;

              4) previsione di agevolazioni tributarie per le imprese operanti nel settore della raccolta, del trattamento e del recupero dei rifiuti, anche mediante il rifinanziamento e l'estensione alle medesime imprese delle agevolazioni in forma automatica di cui all'articolo 8, comma 2, della legge 7 agosto 1997, n. 266;

              5) previsione, nel rispetto dei vincoli derivanti dalla disciplina comunitaria, dell'obbligo per le amministrazioni pubbliche di inserire, nelle procedure di acquisto di beni e servizi, un titolo di preferenza a favore dei beni e dei servizi

 

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aventi particolari requisiti di sostenibilità ambientale, certificati sulla base di standard comunitari di qualità ecologica, con particolare riferimento alle caratteristiche del processo produttivo, al consumo energetico, al ciclo di vita dei prodotti e alla natura riciclabile dei medesimi;

              6) previsione della copertura del fabbisogno di prodotti e di materiali della pubblica amministrazione, nella massima quantità possibile disponibile sul mercato, attraverso l'acquisto di prodotti e materiali derivanti dal recupero dei rifiuti di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998;

              7) previsione della obbligatoria introduzione nei capitolati e nei contratti di appalto della pubblica amministrazione e degli enti che realizzano opere soggette alla normativa sui lavori pubblici, ai sensi della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, della copertura del relativo fabbisogno di materiali e di prodotti attraverso l'utilizzo di prodotti e di materiali a ridotto impatto ambientale provenienti dalla raccolta differenziata, da attività di scavo, di demolizione, di costruzione e da scarti di produzione industriale, ottenuti in centri di recupero autorizzati, al fine di promuovere il mercato di prodotti derivanti dal riutilizzo dei rifiuti;

              8) previsione di un'imposizione fiscale sulle emissioni di composti organici volatili (COV), finalizzata a ridurre l'inquinamento ambientale in conformità alla direttiva 1999/13/CE del Consiglio, dell'11 marzo 1999, sulla limitazione delle emissioni di composti organici volatili dovute all'uso di solventi organici in talune attività e in taluni impianti; soggetto passivo dell'imposta sono le imprese che producono, commercializzano e utilizzano COV e loro miscele; l'aliquota dell'imposta è determinata in base al quantitativo globale annuo dei COV emessi dalle imprese, determinato ai sensi dell'allegato II B annesso alla citata direttiva 1999/13/CE; all'imposta si applicano, in quanto compatibili,

 

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le disposizioni del citato testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni;

          g) per quanto concerne la gestione del territorio:

              1) previsione della predisposizione, da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, di piani per la programmazione dell'estrazione di materiali da cava in funzione della crescente e significativa possibilità di riutilizzo di prodotti derivanti da attività di recupero di materiali inerti provenienti da attività di scavo, di demolizione, di costruzione e da scarti di produzione industriale, ottenuti in centri di recupero autorizzati, prevedendo altresì un potere sostitutivo del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio in caso di inadempienza da parte degli enti territoriali;

              2) previsione di agevolazioni, anche di natura tributaria, per l'utilizzo di materiali inerti riciclati derivanti da attività di demolizione, di costruzione e da scarti di produzione industriale ottenuti in centri di recupero autorizzati;

              3) previsione, al fine di incentivare un uso razionale delle risorse non rinnovabili, di un incremento dell'incidenza del prelievo fiscale sull'attività di estrazione dei materiali di cava;

              4) previsione, nell'ambito del Fondo di cofinanziamento dell'offerta turistica, di cui all'articolo 6 della legge 29 marzo 2001, n. 135, e successive modificazioni, di una quota non inferiore al 15 per cento da destinare alla riqualificazione ambientale delle strutture ricettive;

              5) previsione di criteri e di parametri per la definizione di standard di qualità e di tutela ambientale da utilizzare nell'ambito di una nuova classificazione delle strutture alberghiere di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano;

              6) istituzione di un fondo finalizzato alla bonifica dei siti inquinati di cui al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.

 

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22, e successive modificazioni, e all'articolo 1 della legge 9 dicembre 1998, n. 426, e successive modificazioni, sulla base dei seguenti criteri direttivi:

                  6.1) istituzione di una imposta a carico dei fabbricanti di prodotti chimici, petroliferi e altri prodotti potenzialmente inquinanti in misura non inferiore allo 0,1 per cento del fatturato;

                  6.2) applicazione all'imposta di cui al numero 6.1) di un coefficiente commisurato alla pericolosità dei prodotti e all'adozione delle migliori tecniche disponibili per la riduzione dell'impatto ambientale;

                  6.3) destinazione dei proventi dell'imposta di cui al numero 6.1) al citato fondo e attribuzione di parte delle risorse del fondo medesimo alle regioni e agli enti locali per il finanziamento di interventi di bonifica privi di rilevanza nazionale;

                  6.4) assegnazione delle risorse del fondo sulla base di una lista di priorità che tiene conto delle caratteristiche di rischio sanitario e ambientale derivanti dall'inquinamento del sito e dall'urgenza dell'intervento di messa in sicurezza;

                  6.5) attribuzione al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e delle attività produttive, del potere di emanare disposizioni regolamentari inerenti le modalità di funzionamento e di accesso al fondo;

          h) per quanto concerne gli altri interventi per la promozione dello sviluppo sostenibile:

              1) introduzione di un sistema di contabilità ambientale relativo a ciascun livello istituzionale finalizzato a realizzare l'integrazione tra contabilità economica e contabilità ambientale in conformità alla prassi internazionale e agli indirizzi dell'Unione europea, articolato secondo il modulo dei conti economici integrati con gli indici ambientali (National accounting matrix including enviromental accounts-NAMEA), il conto satellite della spesa per

 

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la protezione ambientale (Système européen de rassenblement de l'information economique sur l'environnement-SERIEE) e il sistema degli indicatori settoriali di pressione ambientale realizzato in riferimento ai settori dell'energia, dei trasporti, del turismo, dell'agricoltura, dell'industria e della gestione dei rifiuti. Il sistema di contabilità ambientale, elaborato e validato dall'Istituto nazionale di statistica, di intesa con l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici, le agenzie regionali per la protezione dell'ambiente e l'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente, contiene: informazioni strettamente connesse con il sistema statistico nazionale concernenti la consistenza del patrimonio naturale e le sue modificazioni e variazioni a seguito dell'impatto delle attività economiche sulle risorse ambientali; le interazioni tra ambiente e attività economiche, dovute alla pressione che queste ultime esercitano sia utilizzando le risorse dell'ambiente, sia immettendovi emissioni inquinanti; i costi correnti relativi alla prevenzione del danno ambientale e alla compensazione del danno, i costi di ripristino e i costi passivi relativi al danno ambientale non riparato;

              2) riformulazione della disciplina civilistica in materia di bilancio societario di cui alla sezione IX del capo V del titolo V del libro V del codice civile, al fine di introdurre un sistema di contabilità ambientale, integrativo degli ordinari documenti di bilancio, destinato alla rendicontazione dei rischi legati a passività finanziarie nascoste derivanti dai danni ambientali connessi allo svolgimento delle attività produttive, ferma restando la disciplina comunitaria in materia di applicazione dei princìpi contabili internazionali, di cui al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002;

              3) previsione, per le imprese soggette alla maggiorazione progressiva della tassa sulle emissioni di anidride solforosa (SO2) e di ossidi di azoto (NOx), di cui alla lettera c), numero 3), e per le imprese

 

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soggette all'imposta sui composti organici volatili di cui alla lettera f), numero 8), di una fiscalizzazione degli oneri sociali se documentabile da parte delle imprese medesime l'adozione di sistemi di gestione ambientale e delle migliori tecniche disponibili ai fini della riduzione delle emissioni inquinanti.

      2. I decreti legislativi di cui all'articolo 1 sono adottati su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, e con gli altri Ministri interessati, sentito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. I medesimi decreti legislativi recano l'indicazione espressa delle disposizioni abrogate a seguito della loro entrata in vigore.
      3. Gli schemi dei decreti legislativi adottati ai sensi della presente legge sono trasmessi al Parlamento ai fini dell'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari entro un mese dalla data di trasmissione degli schemi di decreto medesimi. Le Commissioni parlamentari possono chiedere ai Presidenti delle Camere una proroga di venti giorni per l'espressione del parere, qualora ciò si renda necessario per la complessità della materia o per il numero degli schemi trasmessi nello stesso periodo all'esame delle stesse Commissioni.
      4. Qualora sia concessa, ai sensi del comma 3, la proroga del termine per l'espressione del parere, i termini per l'emanazione dei decreti legislativi sono prorogati di venti giorni. Decorso il termine di cui al citato comma 3, primo periodo, ovvero quello prorogato ai sensi del secondo periodo del medesimo comma 3, i decreti legislativi possono essere comunque emanati.
      5. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui alla presente legge, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui al comma 1, possono essere emanate, con uno o più decreti legislativi, disposizioni integrative e correttive dei medesimi decreti.

 

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      6. Il Ministro delle attività produttive, di intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, promuove, senza oneri a carico del bilancio dello Stato, apposite convenzioni con banche, istituti e società finanziari, al fine di facilitare l'accesso al credito per la realizzazione delle iniziative agevolate previste dai princìpi e criteri direttivi stabiliti dal comma 2.

Art. 3.
(Interventi in materia di tassazione dei redditi di capitale e norme di copertura finanziaria).

      1. Dai decreti legislativi adottati ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera a), numero 5), lettera c), numeri 1), 10) e 11), lettera d), numeri 2), 4) e 6), lettera f), numeri 2), 5), 6) e 7), lettera g), numeri 1), 4), 5) e 6), lettera h), numeri 1) e 2), non possono derivare oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato. Nel caso di eventuali maggiori oneri, si provvede ai sensi dell'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.
      2. I decreti legislativi adottati ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera a), numero 3), lettera b), numero 2), e lettera d), numeri 8) e 9), possono prevedere esclusivamente misure a carattere ordinamentale ovvero organizzatorio, ovvero possono recare oneri nei limiti della copertura finanziaria assicurata ai sensi del comma 6 del presente articolo.
      3. Nel Documento di programmazione economico-finanziaria è data specifica evidenza in una apposita sezione delle misure da intraprendere per dare concreta attuazione alla strategia di azione ambientale per lo sviluppo sostenibile e sono indicate annualmente le variazioni dell'ammontare delle entrate connesse con le modifiche da introdurre al regime di imposizione diretta e al regime di imposizione indiretta ai fini della promozione dello sviluppo sostenibile.
      4. Ai maggiori oneri per il bilancio dello Stato derivanti dalle disposizioni di

 

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cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), numeri 1), 2), 4), 6) e 7), lettera b), numero 1), lettera c), numeri 4), 5), 6), 7), 8), 9) e 12), lettera d), numeri 3), 5), 7) e 9), lettera e), numeri 1) e 2), lettera f), numero 4), lettera g), numero 2), e lettera h), numero 3), si provvede a valere sulle maggiori entrate derivanti delle disposizioni di cui al medesimo articolo 2, comma 1, lettera c), numeri 2) e 3), lettera d), numero 1), lettera e), numero 3), lettera f), numeri 1), 3) e 8), lettera g), numero 3), e di cui al comma 5 del presente articolo.

      5. Il Governo è altresì delegato ad adottare, nel medesimo termine di cui all'articolo 1, uno o più decreti legislativi in materia di regime fiscale sostitutivo per i redditi di natura finanziaria, al fine di uniformare l'incidenza del prelievo su tali redditi in misura non inferiore al 15 per cento, ferme restando le disposizioni agevolative di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b), numero 1), della presente legge, concernenti i fondi comuni di investimento ecologici, nonché i princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), numero 4), della legge 7 aprile 2003, n. 80, concernenti l'introduzione di un regime differenziato di favore fiscale per il risparmio affidato a fondi pensione, a fondi etici e a casse di previdenza.

      6. La legge finanziaria reca, ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera b), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, le modifiche, in conformità ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 2 della presente legge e al presente articolo, al regime dell'IRE, dell'IRES, dell'IRAP e dell'IVA che comportano effetti finanziari, e definisce la copertura degli eventuali ulteriori oneri derivanti dall'attuazione dei decreti legislativi adottati ai sensi della presente legge. Per quanto non previsto dalla presente legge si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui alla legge 7 aprile 2003, n. 80.    


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