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PDL 5136

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5136



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

GAMBALE, EMERENZIO BARBIERI, GIOVANNI BIANCHI, BURTONE, CAMO, CARLUCCI, CHITI, CIMA, FANFANI, GAMBINI, GRILLINI, GRILLO, LUCÀ, LUCCHESE, LUIGI PEPE, PERROTTA, ROCCHI, ROSATO, RUZZANTE, SERENI, SINISCALCHI, VILLANI MIGLIETTA

Modifiche all'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, in materia di estensione delle ipotesi di confisca dei beni per taluni reati contro la pubblica amministrazione

Presentata il 9 luglio 2004


      

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Onorevoli Colleghi! - 1. Premessa.

1.1. Le condizioni della legalità nel Paese.

      1.1.1. Gli imprenditori. Secondo una recente indagine della Confesercenti la corruzione nel nostro Paese non sta diminuendo anzi, per il 62 per cento degli imprenditori italiani, il fenomeno, negli ultimi tempi, è rimasto invariato o addirittura aumentato, assumendo ormai le proporzioni preoccupanti degli anni di tangentopoli.

      1.1.2. La stampa. Le cronache dei giornali sono piene di arresti e di inchieste aperte: dalla vicenda dell'ospedale torinese Molinette relativa all'appalto per la fornitura di valvole cardiache, risultate poi anche inaffidabili, alle guardie carcerarie corrotte che rifornivano di droga i detenuti; dalle tangenti per corrompere funzionari dell'agenzia delle entrate, al politico indagato per aver accettato tangenti in cambio della sponsorizzazione di capi d'abbigliamento per le Forze di polizia; all'ex assessore condannato per corruzione al termine di un'inchiesta su convenzioni stipulate fra i comuni e alcune scuole private. A Roma come a Firenze, per citare solo due casi relativamente recenti, la cronaca giudiziaria ha visto altri casi di amministratori pubblici colti dalle telecamere della polizia mentre accettavano «bustarelle».

      1.1.3. Gli indici di legalità. L'indice di corruzione, che viene steso ogni anno dall'organizzazione Trasparency International,

 

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preparato in base alle opinioni di operatori economici e di professionisti raccolti tramite un minimo di tre sondaggi indipendenti, vede l'Italia inchiodata al ventinovesimo posto, dietro tutti i suoi maggiori partner europei, ma anche sotto Hong Kong e Singapore. Il punteggio massimo è di 10, quasi raggiunto dalla Finlandia, con 9,9, mentre il minimo è 0. Il peggiore tra i 91 Paesi rilevati risulta il Bangladesh con 0,4, appena sotto la Nigeria, che ha preso 1,0. L'Italia, con un punteggio di 5,5, raggiunge appena la sufficienza.

      1.1.4. La Corte dei conti. Nelle annuali relazioni del Procuratore generale della Corte dei conti, supremo organo di magistratura viene, ormai da anni, affermato «che la corruzione continua, anzi sembra che sia in aumento».

1.2. La risposta insufficiente delle istituzioni.

      La risposta degli amministratori. Il presidente della regione Piemonte Ghigo, intervenendo sul caso delle Molinette, dice che è un caso isolato, che il sistema è sano e che la sanità pubblica piemontese, come quella italiana, sono sane. Tutto ciò fino al successivo scandalo. Le statistiche ci dicono, invece, che questi fatti non sono, appunto, «anomali», ma che siamo di fronte ad un problema persistente, in quanto è ormai acclarato che i crimini scoperti, come la merce di contrabbando sequestrata, costituiscono una piccola parte del totale di reati commessi o della merce contrabbandata.

1.3. I mancati effetti della riforma della pubblica amministrazione.

      Una riforma tradita. Il decreto legislativo n. 165 del 2001 (che ha in gran parte ripreso le norme del decreto legislativo n. 29 del 1993) sancisce che «nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari», attribuendo ai politici le funzioni di indirizzo e di verifica e ai dirigenti le concrete funzioni gestionali di spesa e di intervento. Ma la concreta attuazione normativa di questo principio costituzionale sembra aver invece favorito paradossalmente, come risulta incontrovertibilmente dai dati prima riportati, la maggiore diffusione e non la contrazione dei reati contro la pubblica amministrazione. Gli amministratori, infatti, a tutti i livelli, sono per la stragrande maggioranza lontani mille miglia dal voler interpretare il loro ruolo solo come di mero indirizzo e di verifica, ma vogliono invece personalmente gestire interventi e risorse, assunzioni e appalti indirizzandoli, non a beneficiari e/o destinatari individuati per requisiti generali e obiettivi, ma il più delle volte molto specifici, cioé personali. Ciò li costringe a venire a patti con i dirigenti, rinunciando così al loro ruolo distinto di controllori e realizzando invece un intreccio di responsabilità, interessi, convivenze fra corpi politici e corpi burocratici, che spesso sfocia in quei fenomeni di scambio occulto che risultano sin qui scoperchiati solo in piccola parte.

1.4. I limiti della legislazione vigente.

      La legislazione vigente. La distinzione fra i reati di corruzione e di concussione, prevista dal codice penale del 1930, è rimasta immutata anche con l'entrata in vigore della riforma dei delitti contro la pubblica amministrazione, di cui alla legge 26 aprile 1990, n. 86. Si tratta di una disciplina legislativa anacronistica. Non è, infatti, ammissibile che un privato, il quale corrisponda o prometta di corrispondere denaro (o altra utilità) a un pubblico ufficiale, non soltanto vada esente da responsabilità penali, ma sia addirittura considerato parte lesa. Si evidenzia poi non solo il rischio astratto, ma, come è avvenuto in alcuni processi per tangentopoli, la concreta possibilità che nelle more dei procedimenti penali relativi i beni conseguiti illegalmente dagli indagati siano sottratti alla giustizia, come ha sperimentato anche Cittadinanzattiva, in occasione del processo contro l'ex Ministro della sanità De Lorenzo.

 

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2.    Perché e come combattere la corruzione.

2.1. La corruzione cancro sociale ed economico della società.

      La corruzione contro lo sviluppo economico e sociale. La corruzione è un fenomeno globale. Essa comporta uno spreco di risorse economiche, che si traduce in minori servizi per i cittadini, specie per i più bisognosi. La corruzione deteriora i rapporti economici, sociali e politici, contribuisce all'abbassamento dei livelli di legalità e facilita il malgoverno. Questo apre il campo alla riduzione delle libertà personali, alla violazione dei diritti civili e in particolare alla violazione della libera competizione in un libero mercato, garanzie tutte per un ordinato progresso economico e sociale. La corruzione non è un destino ineluttabile ma un sistema culturale. Accettare il sistema corruzione significa barattare la cultura del giusto, del rispetto, della solidarietà partecipe, dei diritti e dei doveri con la cultura del privilegio e dell'arbitrio.

2.2. La corruzione nella pubblica amministrazione e Cittadinanzattiva.

      L'esperienza di Cittadinanzattiva.
      Nel «DNA costitutivo» di Cittadinanzattiva vi è l'impegno costante a battersi, come si è battuta e ancora si batte, affinchè i cittadini siano «non ospiti, ma padroni di casa della Repubblica».
      Cittadinanzattiva, i cui cittadini attivi sono quelli che hanno a cuore l'interesse generale e la cura dei beni comuni, tra i quali non vi sono solo l'acqua, l'aria, i beni culturali, la salute ma il bene primario di ogni società organizzata, cioè il rispetto delle regole, non può non affrontare il problema della corruzione. La cultura della legalità nella pubblica amministrazione, di cui la corruzione rappresenta la patologia più grave e diffusa, emerge sempre di più quale condizione non solo per garantire il buon funzionamento dei servizi pubblici, ma quale condizione più generale per garantire competitività al sistema sociale ed economico del Paese. L'esperienza di Cittadinanzattiva ci insegna anche che l'illegalità non si combatte solo con nuove leggi, ma attraverso una quotidiana attività di informazione per insegnare i vantaggi sociali dei comportamenti onesti e gli svantaggi dei comportamenti corrotti sin dall'inizio della scolarizzazione, evidenziando il minore costo per la società intera quando il comportamento onesto è l'atteggiamento abituale, il costo dei privilegi e il peso delle ingiustizie, condannando pubblicamente la corruzione e il privilegio a tutti i livelli. Ma oggi appare necessario spingere il Governo e il Parlamento ad approvare leggi realmente efficaci, che consentano di realizzare linee politiche e programmi anti-corruzione, attraverso la pressione e il sostegno dell'opinione pubblica per accrescere il livello di trasparenza e di responsabilità nelle relazioni economiche e commerciali e nell'amministrazione della sfera pubblica, incoraggiando tutte le parti coinvolte in rapporti economici e commerciali ad operare ai più alti livelli possibili di integrità.

2.3. Le buone pratiche.

      La legge n. 109 del 1996 «Vogliamo che lo Stato sequestri e confischi tutti i beni di provenienza illecita, da quelli dei mafiosi a quelli dei corrotti. Vogliamo che beni mobili e beni immobili confiscati siano rapidamente conferiti, attraverso lo Stato e i comuni, alla collettività per creare lavoro, scuole, servizi, sicurezza, lotta al disagio». Con queste parole cominciava, eravamo nel 1995, la petizione con cui Libera chiedeva ai cittadini di sostenere una legge che promuovesse efficacemente l'uso sociale dei beni confiscati ai mafiosi e ai corrotti. La risposta fu un milione di firme raccolte. Grazie a questo grande sostegno popolare fu approvata la legge n. 109 del 1996 che prevede l'uso sociale dei beni confiscati ai mafiosi. Una legge che ha permesso di assegnare ai comuni, alle cooperative sociali, alle organizzazioni di volontariato, alle comunità per il recupero dei tossicodipendenti oltre mille beni confiscati alle mafie. Con una importante ricaduta sul piano sociale, occupazionale,

 

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dell'immagine dello Stato che restituiva alla collettività quanto sottratto dal crimine organizzato. Insieme ai successi però questi anni hanno portato anche una riflessione su come migliorare la legge stessa. I beni confiscati ai corrotti erano stati stralciati durante l'iter legislativo della legge n. 109 del 1996.

2.4. L'iniziativa di legge.

      2.4.1. Le motivazioni. Nel 2002 le associazioni Libera, Arci e Avviso pubblico avevano proposto, con una petizione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica la modifica della legge n. 575 del 1965, come modificata dalla legge n. 109 del 1996, in modo da includere tra i soggetti destinatari dei provvedimenti di sequestro e di confisca dei beni destinati poi all'uso sociale i colpevoli di reati di corruzione. Chiedevano che anche per i beni confiscati ai colpevoli dei reati di corruzione valesse la normativa oggi in vigore per i beni confiscati agli uomini delle organizzazioni mafiose. Chiedevano che l'individuazione, il sequestro e la confisca dei beni ai corrotti diventassero una priorità politica e legislativa nazionale e che questi beni fossero destinati ad un uso collettivo e sociale a disposizione di tutta la comunità a dimostrazione che quanto sottratto alla collettività tramite la corruzione deve tornare direttamente alla collettività stessa. Nonostante tale petizione, la maggioranza dei parlamentari ha continuato a rapportarsi a tali problematiche non con l'atteggiamento di chi deve tutelare un primario bene comune, ma con un neppure troppo celato atteggiamento di potenziale parte in causa in tali situazioni. Nel 2001 è stata, invero, approvata la legge n. 97 con cui è stato inserito nell'ordinamento il sequestro preventivo per i delitti contro la pubblica amministrazione. Una sorta di beffa perché il sequestro preventivo è finalizzato, non ad impedire l'occultamento delle utilità frutto dei delitti, ma solo ad evitare il pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati: fattispecie difficilmente applicabile a questi reati.

      2.4.2. La supplenza civica. Cittadinanzattiva, interpretando il nuovo ruolo di supplenza sussidiaria, per migliorare e non per spogliare di competenze le pubbliche istituzioni, sancito dall'articolo 118, quarto comma, della Costituzione novellata, si è fatta promotrice di una iniziativa legislativa per consentire al Parlamento di poter dare risposte forti ad uno dei principali problemi, non solo italiani, ma di tutto il mondo: una recente indagine Gallup per Trasparency International in 47 Paesi ha evidenziato che «se tutti i cittadini del mondo avessero una bacchetta magica vorrebbero, prima di tutto, eliminare la corruzione dei politici».

      2.4.3. La proposta di legge. Sono numerosi i progetti di legge giacenti in Parlamento sulla corruzione, che si propongono finalità anche condivisibili, quali quella di superare la tradizionale distinzione tra concussione e corruzione, creando un'unica figura di reato con la previsione di nuove sanzioni.
      Ma l'aspetto più urgente che confligge contro ogni ragionevole precauzione di rispetto degli istituti di garanzia dell'imputato è quella di impedire «oltre il danno anche la beffa» di vedere cioè, come è troppo frequentemente accaduto nei processi per tangentopoli, letteralmente volatilizzate, dopo un'eventuale condanna, ricchezze anche molto consistenti, prima ostentate.
      È pertanto necessario che in tutti i procedimenti avviati per il reato di corruzione e per tutti gli altri delitti contro la pubblica amministrazione, debbano, da parte delle autorità inquirenti e giudicanti, essere obbligatoriamente adottati tutti i provvedimenti tempestivamente idonei a bloccare la «fuga» dei beni frutto del reato, beni che saranno restituiti, se sarà provata l'estraneità degli stessi dai comportamenti criminosi, oppure confiscati se provata la colpevolezza.

 

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      Si tratta in buona sostanza di approvare un unico articolo che amplia le ipotesi di confisca e quindi di sequestro preventivo già previste dall'articolo 322-ter del codice penale e all'articolo 321 del codice di procedura penale, estendendo anche ai più gravi delitti contro la pubblica amministrazione la disciplina contenuta nell'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356.
      In questo modo sarà possibile procedere a sequestro non soltanto di quei beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato, ma anche di quelli di cui «il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica».
      Il procuratore della Repubblica provvederà, pertanto, direttamente a disporre anticipatamente il sequestro dei beni anche nel corso delle indagini preliminari.
      L'altro obiettivo è quello di restituire alla società civile i frutti dell'attività criminosa estendendo ai beni sequestrati ai corrotti le stesse disposizioni previste per i beni sequestrati e poi confiscati ai mafiosi.
      L'approvazione urgente della presente proposta di legge costituirebbe un importante tassello di un nuovo e necessario orientamento politico successivo alle vicende di Tangentopoli e permetterebbe una importante trasformazione dell'ordinamento italiano, costituendo, a carico dei politici corrotti, situazioni giuridiche non privilegiate.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Al comma 1 dell'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, dopo le parole: «Nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per taluno dei delitti previsti dagli articoli» sono inserite le seguenti: «314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 322, 322-bis, 323, 325,».

Art. 2.

      1. Dopo il comma 2 dell'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, è inserito il seguente:

      «2-bis. In caso di confisca di beni per uno dei delitti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 322, 322-bis, 323 e 325 del codice penale si applicano gli articoli 2-nonies, 2-decies e 2-undecies della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni».


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