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PDL 5180

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5180



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

ANNUNZIATA, BATTAGLIA, GIOVANNI BIANCHI, FANFANI, FISTAROL, LOSURDO, LUCÀ, ORICCHIO, RAMPONI, RANIELI, REALACCI, ROCCHI

Modifiche all'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, in materia di estensione delle ipotesi di sequestro e confisca dei beni per alcuni delitti contro la pubblica amministrazione

Presentata il 22 luglio 2004


      

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Onorevoli Colleghi! - Il 28 febbraio 1996 il Parlamento italiano approvò definitivamente la legge sull'uso dei beni confiscati ai mafiosi, legge 7 marzo 1996, n. 109. La legge era stata proposta e fortemente sostenuta dall'associazione «Libera». Il milione di firme raccolte a sostegno della legge e il senso di responsabilità dei colleghi parlamentari di allora portarono al conseguimento di un importante traguardo di grande significato civile per il nostro Paese. L'intenzione era di chiedere la riforma di una legge ormai vecchia (la legge n. 646 del 1982) che regolava in maniera insoddisfacente proprio la confisca dei beni. Da quella petizione nacque la citata legge n. 109 del 1996 per il «riutilizzo a fini sociali dei beni confiscati ai mafiosi», contenente modifiche alla legge n. 575 del 1965 e all'articolo 3 della legge n. 223 del 1991.
      Promulgata immediatamente dopo un'altra legge che istituiva il Fondo di solidarietà per le vittime del racket e dell'usura (legge n. 108 del 1996) la citata legge n. 109 del 1996 mostrò subito tutta la sua bontà pratica e simbolica. Pratica, perché i dati dimostrano chiaramente che questa legge ha permesso l'utilizzo a fini sociali di migliaia di beni immobili, per un valore di centinaia di milioni di euro. Mentre la precedente normativa, in ben 14
 

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anni (1982-1996) era riuscita a confiscare soltanto 34 beni. Simbolica, perché la legge n. 109 del 1996 non soltanto permette di colpire le mafie nei loro interessi economici, ma contemporaneamente permette di redistribuire a favore della collettività queste ricchezze, favorendo la costruzione di un tessuto sociale attivo, un deterrente naturale contro il potere mafioso.
      Nonostante questi importanti risultati, conseguiti grazie all'impegno della magistratura e delle forze dell'ordine, troppo grande rimane ancora lo scarto tra il giro di affari delle organizzazioni mafiose e ciò che si riesce realmente a confiscare. Per questo occorre dare un impulso decisivo e positivo all'applicazione della legge n. 109 del 1996 partendo proprio da un aspetto della legge che inopinatamente fu stralciato durante il suo iter legislativo, ovvero la estensione delle ipotesi di sequestro e confisca dei beni in alcuni delitti contro la pubblica amministrazione e loro uso sociale.
      Il movimento «Cittadinanzattiva» interpretando il nuovo ruolo di supplenza sussidiaria, sancito dall'articolo 118, quarto comma, della Costituzione, si è fatta promotrice di una iniziativa legislativa con cui si intende offrire al Parlamento l'opportunità di una risposta forte ad uno dei principali problemi, non solo italiani, ma di tutto il mondo: la lotta alla corruzione. Questo fenomeno ha raggiunto ovunque dimensioni ed aspetti devastanti e inaccettabili con il proliferare di abusi e illegalità di ogni genere che stanno determinando la dissipazione di preziose risorse economiche, a danno soprattutto delle fasce più deboli della popolazione, e impedendo un corretto sviluppo economico e civile dell'intera umanità.
      La lotta alla illegalità e alla corruzione richiede dunque di raccogliere e sostenere questa iniziativa della società civile e di attuare misure legislative adeguate alla gravità della situazione. Le annuali relazioni della Suprema Corte dei conti riferiscono un allarmante aumento di questo fenomeno nel nostro Paese, così come dimostrano le statistiche e gli indici di legalità puntualmente rilevati. Del resto, le stesse cronache quotidiane riferiscono abbondantemente di vicende di corruzione che continuano a perpetuarsi, quasi disinvoltamente, nell'amministrazione della cosa pubblica.
      Di fronte a tale quadro la risposta delle istituzioni appare nettamente insufficiente. Il decreto legislativo n. 29 del 1993 sembrava finalmente avere definito con chiarezza il ruolo di mero indirizzo e verifica attribuito agli amministratori pubblici rispetto alle reali funzioni gestionali dei dirigenti. Invece, le resistenze, le interpretazioni «ad personam» e i continui raggiri operati nei confronti di questa importante normativa hanno vanificato le sue «nobili» finalità, tra le quali appunto vi era quella di porre un freno alla corruzione dilagante.
      Né la riforma dei delitti contro la pubblica amministrazione, di cui alla legge 26 aprile 1990, n. 86, ha portato elementi di contrasto al fenomeno, dal momento che ha lasciato irrisolto il nodo della distinzione fra i reati di corruzione e concussione, prevista dal codice penale del 1930. Addirittura, il sequestro preventivo dei beni per i delitti contro la pubblica amministrazione, introdotto nell'ordinamento giuridico con la legge n. 97 del 2001, si è rivelato un vero e proprio dileggio, poiché tale istituto non impedisce la dissimulazione dei profitti illeciti, bensì elude solo il rischio che la incondizionata disponibilità di essi possa favorire la perpetuazione di altri reati, ipotesi nella fattispecie assai inverosimile.
      La presente iniziativa legislativa intende opportunamente fare in modo che in tutti i procedimenti di corruzione e negli altri delitti contro la pubblica amministrazione si provveda, anche nel corso delle indagini preliminari, al blocco immediato dei beni originati dal presunto illecito profitto, che saranno confiscati solo se accertata la effettiva colpevolezza dei soggetti interessati.
      In pratica si propone di ampliare le ipotesi di confisca e quindi di sequestro preventivo già previste dagli articoli 322-ter del codice penale e 321 del codice di
 

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procedura penale, estendendo anche ai reati più gravi contro la pubblica amministrazione la disciplina contenuta nell'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356.
      Solo così si potrà efficacemente provvedere al sequestro dei beni acquisiti con illecito profitto, anche nelle ipotesi di immotivata provenienza, di fittizia intestazione a eventuali prestanome ed in tutti i casi di accertata incongruità delle dichiarate condizioni di reddito.
      Ecco perché l'approvazione da parte del Parlamento di questa importante iniziativa legislativa può rappresentare una efficace svolta nella lotta alla illegalità, alla corruzione e ai privilegi, segnando un momento importante di sensibilizzazione e di riflessione sull'alto significato civile e sociale del recupero e del riutilizzo dei patrimoni accumulati illecitamente, restituendo così, non solo alla classe politica, ma a tutte le istituzioni del nostro Paese la fiducia, la dignità e il prestigio che oggi appaiono fortemente compromessi.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Al comma 1 dell'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, dopo le parole: «Nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per taluno dei delitti previsti dagli articoli» sono inserite le seguenti: «314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 322, 322-bis, 323, 325,».

Art. 2.

      1. Dopo il comma 2 dell'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, è inserito il seguente:

      «2-bis. In caso di confisca di beni per uno dei delitti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 322, 322-bis, 323 e 325 del codice penale si applicano gli articoli 2-nonies, 2-decies e 2-undecies della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni».


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