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PDL 5248

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5248



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

BENVENUTO, LETTIERI, PISTONE, CENNAMO, COLUCCINI, FLUVI

Modifica alla tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, in materia di riduzione alla metà dell'aliquota IVA sui cibi confezionati per animali domestici

Presentata il 6 settembre 2004


      

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Onorevoli Colleghi! - Sono oltre 9 milioni, vale a dire il 40 per cento del totale, le famiglie italiane che, dividendosi in parti pressoché uguali, possiedono un cane o un gatto. Dal punto di vista sociale, quindi, il possesso di un animale domestico rappresenta un fenomeno ormai diffusissimo: a ciò occorre aggiungere l'importanza sociale e terapeutica che questi animali oggi rivestono, soprattutto se si tiene conto del ruolo fondamentale di compagnia che svolgono, ad esempio, nei confronti delle persone più anziane. Non è un caso che il Ministero della salute abbia stipulato nel febbraio 2003 un accordo con le regioni per fornire indicazioni in merito sia alla cura ed al benessere dell'animale da compagnia, sia agli incentivi per l'individuazione di programmi terapeutici che prevedono l'utilizzo degli animali domestici.
      Accanto al rilevante fenomeno sociale, si evidenzia anche un significativo sviluppo industriale del connesso settore produttivo. Il nostro Paese è un importante produttore europeo di cibo per animali da compagnia. Esistono infatti numerose aziende italiane di medie e piccole dimensioni, che non si limitano a distribuire tali prodotti ma li producono. Il mercato italiano del cosiddetto pet-food supera oggi i 900 milioni di euro in termini di fatturato al netto dell'IVA, che raggiunge al consumo i 1.500 milioni di euro.
      Attualmente tale fatturato è coperto per il 50 per cento da produzione interna e per il 50 per cento da importazioni.
 

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Tuttavia, il mercato italiano di questi prodotti rimane ancora immaturo, se confrontato con gli altri Paesi europei, e pertanto presenta ampi ed interessanti margini di crescita anche dal lato delle esportazioni, che ad oggi rappresentano circa il 18 per cento della produzione nazionale.
      Malgrado ciò, forse per ragioni che una volta potevano avere un fondamento, ma che certamente oggi non l'hanno più, l'Italia applica al cibo confezionato per animali domestici un'aliquota IVA del 20 per cento, equiparandolo fiscalmente ai beni di lusso.
      Il nostro Paese, adottando tale scelta, è andato in una direzione opposta alla direttiva europea 92/77/CEE, che invece sottopone giustamente il cibo per animali domestici ad aliquota ridotta analogamente a quanto previsto per tutti gli altri prodotti destinati all'alimentazione animale.
      L'ampia diffusione del fenomeno dimostra implicitamente come sia errato ritenere, per ciò solo, ricchi e benestanti i possessori di animali domestici e di conseguenza come sia ingiustificata ed iniqua l'aliquota IVA applicata, che peraltro contribuisce ad ostacolare la crescita di un mercato che è per metà un mercato locale.
      Spagna, Germania e Grecia dimostrano invece, ad esempio, come il passaggio ad un'aliquota ridotta (7 per cento) abbia consentito un significativo e correlato sviluppo del mercato.
      La proposta di legge propone di armonizzare l'incidenza dell'IVA sui cibo per animali domestici, fissando un'unica aliquota al 10 per cento, così come previsto dalla normativa europea. A tale proposito, meritano di essere ricordati i diversi regimi IVA ai quali sono attualmente sottoposti gli alimenti per animali domestici, a seconda che siano destinati al consumo al dettaglio o all'ingrosso ed a seconda della composizione (di origine animale o vegetale) degli stessi, in una situazione che genera confusione e costi aggiuntivi anche per gli stessi produttori.
      Ad oggi le aliquote applicate sono così definite:

          20 per cento, per gli alimenti per cani o gatti destinati alla vendita al minuto;

          10 per cento, per quelli destinati alla vendita all'ingrosso;

          4 per cento, per quelli destinati alla vendita all'ingrosso ma di origine vegetale.

      Non può pertanto meravigliare che tale schizofrenia fiscale crei effetti distorsivi. Basti pensare che un allevatore di cani paga un'IVA al 4 o al 10 per cento per l'acquisto dello stesso prodotto per il quale i consumatori pagano un'IVA al 20 per cento. L'esito è di penalizzare fiscalmente quanti detergono un animale domestico per motivi di affezione o di compagnia, rispetto a chi ne fa un'attività imprenditoriale.
      Rileviamo in proposito che il dipartimento di economia dell'Università dell'Insubria di Varese, su sollecitazione di aziende del settore, ha elaborato un modello econometrico per valutare gli effetti sul mercato e sulle entrate dello Stato derivanti dalla prevista armonizzazione dell'aliquota IVA al 10 per cento. Il modello dimostra come la riduzione dell'aliquota, già dal secondo anno, generi effetti positivi per le entrate erariali determinando maggiore produzione e nuova occupazione.
      L'articolo 1 della presente proposta di legge pertanto modifica il numero 91 della parte III della tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, inserendo anche gli «alimenti confezionati per animali domestici» nell'aliquota ridotta al 10 per cento.
      L'articolo 2 individua la copertura finanziaria che, per i motivi sopra ricordati, si rende necessaria solo per il primo anno di applicazione della nuova disposizione.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifica alla tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633).

      1. Il numero 91) della parte III della tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

          «91) foraggi melassati o zuccherati; altre preparazioni del genere di quelle utilizzate nell'alimentazione degli animali; alimenti confezionati per animali domestici».

Art. 2.
(Copertura finanziaria).

      1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in 15 milioni di euro per l'anno 2004, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


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