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PDL 5091

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5091




 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato PISAPIA

Norme per l'attuazione del principio del ripudio della guerra sancito dall'articolo 11 della Costituzione e dallo Statuto dell'ONU

Presentata il 29 giugno 2004


      

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Onorevoli Colleghi! - A partire dalla fine degli anni ottanta del secolo scorso, dopo la conclusione della «guerra fredda», abbiamo purtroppo assistito a un ricorso crescente alla forza militare per dirimere controversie internazionali o, peggio ancora, per motivi esclusivamente di potere politico ed economico: interventi armati, e in alcuni casi vere e proprie operazioni di guerra, che già hanno prodotto, e ancora più produrranno, conseguenze incalcolabili in termini di perdite di vite umane, di distruzioni di strutture civili, di devastazioni ambientali.
      Nel corso di questi conflitti, decine di migliaia di persone innocenti hanno perso la vita, sono state mutilate o ferite, hanno visto distrutti i loro affetti e i loro beni. Altre centinaia di migliaia di civili sono morti per fame o per malattie a causa degli embarghi. A questo flagello vanno aggiunte le persecuzioni e le sofferenze di tanti popoli, emarginati e oppressi, e, nel contempo, le atrocità del terrorismo internazionale che ha colpito tanti innocenti.
      All'escalation di odio, di dolore, di distruzione e di morte ha corrisposto l'inerzia e l'impotenza di quelle istituzioni internazionali che dovrebbero operare per la pace, tra cui, soprattutto, le Nazioni Unite.
      L'istituzione dell'ONU aveva proprio lo scopo di evitare quanto, invece, è accaduto in questi ultimi decenni: non a caso, come è scritto nel preambolo del suo Statuto, la finalità di tale istituzione sopranazionale era, o sarebbe dovuta essere, quella di mettere al bando definitivamente il «flagello della guerra» che per due volte nel corso di una stessa generazione aveva causato indicibili sofferenze all'umanità. Fu quindi definito, contro le minacce alla pace, un complesso di misure: basti ricordare
 

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l'uso controllato della forza, nelle forme e alle condizioni stabilite dal capitolo VII, al fine di «conseguire con mezzi pacifici la soluzione delle controversie internazionali»; il monopolio della forza in capo al Consiglio di sicurezza, attraverso l'istituzione - che però non è stata mai attuata - di organismi militari permanenti alle sue dipendenze, chiamati a svolgere, di fatto, funzioni di polizia internazionale. Oggi quel patto è stato nei fatti dimenticato e, ogni giorno di più, viene ignorato e calpestato.
      La nostra Costituzione, all'articolo 11, stabilisce che «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali (...)». Questa norma, purtroppo violata più volte e relegata troppo spesso nella desuetudine, è stata di fatto considerata normativamente come non precettiva: il che ha anche determinato un'operazione politica e giuridica di «normalizzazione costituzionale» della guerra che intende privare l'articolo 11 della Costituzione di ogni valore vincolante. Tale norma conserverebbe al più - si sostiene - un significato programmatico: un nobile auspicio per tempi migliori.
      Contro gli apologeti della guerra, la pace deve essere considerata un bene fondamentale del popolo italiano: un bene che né il Parlamento, né il Governo dovrebbero mai mettere in discussione.
      Il ripudio della guerra appartiene in dote al popolo italiano; e al popolo italiano spetta oggi la responsabilità di ripristinarlo, delegittimando le scelte in senso contrario del Governo e del Parlamento. Per questo, oggi più che mai, è importante che una larga mobilitazione politica impugni la bandiera dell'articolo 11 della Costituzione, una bandiera che troppi, anche nel nostro Paese, hanno irresponsabilmente ammainato.
      La presente proposta di legge, che riprende e recepisce una proposta di legge di iniziativa popolare recante «Norme per l'attuazione del principio del ripudio della guerra sancito dall'articolo 11 della Costituzione e dallo Statuto dell'ONU», tende all'approvazione di una serie di garanzie che rendano operante l'articolo 11 della Costituzione, ne consentano l'effettiva applicazione e prevedano rigorose sanzioni in caso di sue violazioni.
      L'articolo 1 (Ripudio della guerra) si richiama direttamente alla prescrizione dell'articolo 11 della Costituzione che bandisce l'uso della guerra in ogni sua forma (comma 1), e propone una definizione di «guerra» (comma 2) coerente con il dettato costituzionale e con lo Statuto dell'ONU.
      L'uso della forza militare, consentito dall'articolo 52 della Costituzione, per la difesa della patria da aggressioni esterne, è la sola eccezione ammessa sia all'articolo 11 della medesima Carta costituzionale, sia dalla generale normativa dello Statuto dell'ONU, che riserva al Consiglio di sicurezza il potere di usare la forza internazionale. L'eccezione prevista dall'articolo 51 dello Statuto dell'ONU riguarda il diritto di difesa di uno Stato attaccato militarmente da un altro Stato: in questo caso, lo Stato aggredito può usare la forza per difendersi dall'attacco in atto, in attesa che intervenga direttamente il Consiglio di sicurezza e prenda le misure necessarie per il ristabilimento della pace.
      Per quanto concerne il terrorismo - la cui gravità e la cui pericolosità anche per la pace, oltre che per la sicurezza di tutti, sono sempre più evidenti - è indispensabile creare le condizioni effettive e concrete per combattere con efficacia tali atti criminali, attraverso l'identificazione, la cattura e la punizione dei colpevoli, e non certo con gli strumenti bellici che, alla fine, non colpiscono, se non in minima parte, i veri terroristi, ma provocano, invece, la morte di migliaia di vittime innocenti.
      L'articolo 2 (Prevenzione dei conflitti), al comma 1, conferma l'impegno del nostro Paese alla cooperazione internazionale per il mantenimento della pace (incluse le missioni di peacekeeping, e cioè di interposizione armata con il consenso delle parti interessate). Tale articolo sancisce anche, al comma 2, un principio di
 

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grande importanza, e cioè che qualsiasi «missione» che comporti l'uso della forza, e non risponda alle rigorose previsioni degli articoli 43, 45 e 47 dello Statuto dell'ONU, deve essere considerata illegale. L'uso della forza, eventualmente deliberato dal Consiglio di sicurezza, deve essere affidato a contingenti militari posti sotto la sua diretta responsabilità e sorveglianza, con l'assistenza di un Comitato di stato maggiore permanente. Previsioni che, in realtà e purtroppo, non sono mai divenute effettive, in quanto è invalsa la prassi deleteria e pericolosa di «appaltare» l'uso della forza alle grandi potenze interessate ad esercitarla. La conseguenza è stata che il Consiglio di sicurezza si è limitato a legittimare ex ante - o, spesso, ex post - guerre di aggressione che le potenze interessate avrebbero comunque condotto - o avevano già condotto - in ossequio alle proprie convenienze strategiche.
      L'articolo 3 (Inammissibilità di ulteriori interventi armati), al comma 1, vieta qualsiasi intervento militare all'estero da parte delle Forze armate italiane in violazione delle norme contenute negli articoli 1 e 2; al comma 2 prevede specifiche sanzioni per tali violazioni.
      L'articolo 4 (Armi vietate dalle convenzioni internazionali) vieta, in conformità con quanto previsto da vari trattati internazionali ratificati dal nostro Paese, non solo l'uso, ma anche la produzione, il transito nel nostro Paese e l'esportazione di armi biologiche, chimiche e nucleari, ed estende questo divieto alle «bombe a grappolo», ai proiettili all'uranio impoverito e alle mine anti-uomo (peraltro recentemente bandite da un trattato multilaterale al quale solo gli Stati Uniti, fra i Paesi occidentali, si sono rifiutati di aderire). Le industrie belliche italiane ne hanno prodotto per decenni grandissime quantità e le mine italiane, fra le più pericolose, sono ancora sparse in varie parti del mondo, creando quotidianamente vittime innocenti anche in zone dove gli eventi bellici sono del tutto cessati.
      L'articolo 5 (Cooperazione con la Corte penale internazionale) conferma la collaborazione del nostro Paese con la Corte penale internazionale, recentemente entrata in funzione (luglio 2002). La Corte ha il compito di perseguire gravi illeciti internazionali come i crimini contro l'umanità, i crimini di guerra, il genocidio, i crimini contro la pace. Nello stesso tempo, vieta, al comma 2, che l'Italia possa stipulare accordi per sottrarre cittadini di Paesi terzi alla giurisdizione della Corte.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Ripudio della guerra).

      1. Ai fini della realizzazione di un ordinamento internazionale che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni, di cui all'articolo 11 della Costituzione, è sempre vietato il ricorso allo strumento della guerra, ad esclusione dei casi di difesa della patria disciplinati ai sensi del comma 3.
      2. Per «guerra» si intende qualunque intervento armato di uno o più Stati che, a causa del ricorso massiccio alla violenza, sia idoneo a provocare la morte, la mutilazione o il ferimento di persone innocenti o a produrre distruzioni indiscriminate o a causare gravi alterazioni dell'ambiente naturale.
      3. La difesa della patria, di cui all'articolo 52 della Costituzione, è esercitata nell'ambito delle disposizioni dell'articolo 51 dello Statuto dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU).

Art. 2.
(Prevenzione dei conflitti).

      1. L'Italia coopera alla soluzione pacifica delle controversie internazionali, ai sensi del capitolo VI dello Statuto dell'ONU.
      2. Nelle more dell'attuazione degli articoli 43, 45 e 47 dello Statuto dell'ONU, l'Italia può fornire soltanto formazioni non armate, nonché contingenti militari per il mantenimento della pace, con il consenso delle parti interessate. I relativi accordi devono essere autorizzati dalla Camere in conformità all'articolo 80 della Costituzione.

 

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Art. 3.
(Inammissibilità di ulteriori
interventi armati).

      1. Le Forze armate italiane non possono compiere interventi militari all'estero in violazione alle disposizioni di cui agli articoli 1 e 2.
      2. I fatti illeciti e le conseguenze dannose connessi ad operazioni militari non possono essere sottratti al sindacato giurisdizionale.

Art. 4.
(Armi vietate dalle convenzioni
internazionali).

      1. In attuazione del Trattato contro la proliferazione delle armi nucleari, firmato a Londra, Mosca e Washington il 1o luglio 1968, reso esecutivo dalla legge 24 aprile 1975, n. 131; della Convenzione sull'interdizione della messa a punto, produzione e immagazzinamento delle armi batteriologiche (biologiche) e tossiche, e sulla loro distruzione, firmata a Londra, Mosca e Washington il 10 aprile 1972, resa esecutiva dalla legge 8 ottobre 1974, n. 618; della Convenzione sulla proibizione dello sviluppo, produzione, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche e sulla loro distruzione, con annessi, fatta a Parigi il 13 gennaio 1993, resa esecutiva dalla legge 18 novembre 1995, n. 496, sono vietati la produzione, l'introduzione e il transito nel territorio nazionale di armi biologiche, chimiche e nucleari, nonché la loro fornitura ai Paesi esteri.
      2. Il divieto di cui al comma 1 è esteso alle mine anti-uomo, alle bombe a grappolo, ai proiettili, alle munizioni all'uranio impoverito e a ogni altro sistema d'arma il cui uso è vietato dalle convenzioni internazionali.

 

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Art. 5.
(Cooperazione con la Corte
penale internazionale).

      1. L'Italia fornisce piena collaborazione all'attività della Corte penale internazionale, istituita a Roma il 17 luglio 1998, ai sensi degli articoli 88 e seguenti dello statuto istitutivo della medesima Corte, reso esecutivo dalla legge 12 luglio 1999, n. 232.
      2. È vietato stipulare accordi internazionali volti a sottrarre i cittadini di Paesi terzi alla giurisdizione della Corte penale internazionale.    


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