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PDL 5048

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5048




 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

MINNITI, VIOLANTE, INNOCENTI, RUZZANTE, CORDONI, CABRAS, PISA, PINOTTI, ANGIONI, CARBONI, DE BRASI, MAURANDI, GUERZONI, LUMIA, LUONGO, ROTUNDO, SANDI

Delega al Governo per l'adozione di misure e strumenti operativi per la tutela sanitaria dei militari

Presentata il 1o giugno 2004


      

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Onorevoli Colleghi! - La realtà organizzativa e funzionale delle nostre Forze armate è caratterizzata da una pluralità di competenze e di professionalità all'interno delle quali si trovano a coesistere, spesso in un unico ambiente, o comunque convergenti verso un unico fine, quasi tutti i mestieri, le professioni e le attività che esistono nel mondo civile.
      Negli enti reparti delle Forze armate e all'interno dell'Amministrazione della difesa operano nei ruoli delle armi combattenti e in quelle dei corpi e nei ruoli del personale civile, ingegneri, chimici, fisici, sociologi, tecnici, capi-squadra, tornitori, montatori, elettro-meccanici, motoristi, radaristi, solo per citarne alcuni.
      È del tutto evidente quindi il quadro dei rischi che è proprio delle realtà produttive organizzate. I materiali e le sostanze impiegati sono tra i più vari, con contenuti e caratteristiche di per sé pericolosi o che possono diventare tali per il particolare uso che si è costretti a farne.
      A tali rischi, che possiamo considerare intrinseci all'ambiente di lavoro, se ne devono aggiungere altri, derivanti o presenti nel teatro operativo in cui ci si trova a operare. Teatri non sempre conosciuti e non sempre prevedibili nelle loro componenti ambientali o nelle modificazioni indotte da situazioni di conflitto armato.
      Inoltre la trasformazione nella composizione del nostro strumento militare con la recente abolizione del servizio militare di leva, da un lato, e la ormai sistematica utilizzazione di militari italiani in operazioni di pace al di fuori dei confini nazionali comportano una radicale trasformazione dei connotati classici del servizio militare, che si configura sempre più come attività produttiva, mestiere nel
 

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senso più alto della parola, ponendo così al legislatore e alle forze politiche e sociali problemi assimilabili a quelli che si pongono per la tutela della generalità dei soggetti che con la loro opera concorrono a realizzare le finalità e gli obiettivi del nostro sistema giuridico e sociale. Le missioni internazionali che hanno già impegnato decine di migliaia di militari e anche contingenti di personale civile comportano la necessità di doversi misurare anche con problemi del tutto nuovi, quali quelli che vengono indicati con l'espressione «stress da campo di battaglia» o con inquietanti interrogativi, cui non è facile dare risposte certe, quali quelli posti dalla possibile esposizione alle radiazioni da uranio impoverito per le quali si è fatto ricorso a speciali commissioni di indagine.
      Con la presente proposta di legge intendiamo dare una organica sistemazione alle misure di prevenzione, riabilitazione e cura della salute del personale militare e civile della difesa e predisporre una serie di strumenti operativi adeguati a tale fine.
      Già in prima approssimazione, quindi, i militari di carriera possono configurarsi come una categoria di lavoratori il cui rapporto di lavoro si caratterizza per l'accentuata presenza - con riferimento alle finalità del rapporto di servizio - di componenti pubblicistiche che portano ad organizzarlo in forme gerarchiche senza che ciò ponga in discussione il sottostante rapporto di lavoro.
      Si tratta, del resto, di una vicenda analoga a quella del lavoro marittimo, ad esempio, anche per il quale si verifica la coesistenza di momenti pubblicistici e privatistici nelle relazioni intercorrenti fra i due soggetti del rapporto stesso, proprio in considerazione dell'inderogabile esigenza di unità di comando che scaturisce dallo specifico «luogo» di lavoro.
      Sul piano oggettivo del contenuto della prestazione che si richiede al militare in servizio permanente, poi, occorre prendere atto che essa si configura, almeno con riferimento alle «missioni di pace», in termini diversi da quelli tradizionali del «fare la guerra» o prepararsi per fare la guerra, tanto da far ritenere che le stesse armi costituiscono strumento rispetto all'obiettivo primario costituito, appunto, dalla salvaguardia della pace e dell'ordine per la ricostruzione. Con una crescente omologazione, oltre tutto, al servizio dei corpi smilitarizzati con i quali spesso i militari operano fianco a fianco condividendo situazioni di rischio.
      È, altresì, evidente che l'evoluzione della «mission» delle Forze armate in generale, e di quelle «di pace», in particolare, richiede un diverso modello di più intenso radicamento nel territorio e fra la popolazione civile, con ciò scontando una sistematica condivisione di rischi e problemi di tutela della salute sia provenienti, per così dire, dal territorio, sia importati ovvero indotti dalla stessa presenza militare.
      La progressiva omologazione dei lavoratori militari (decisamente fuori dal concetto di «cittadini in armi per la difesa della Patria») agli altri lavoratori, rende necessaria, quindi, una rivisitazione compiuta delle categorie logiche finora utilizzate per trattare dei loro rapporti con «il datore di lavoro» per quanto riguarda le attese e i bisogni più direttamente legati alla tutela della salute in tutte le sue accezioni.
      Si tratta, in tutti questi casi, di rischi che:

          1) sono intimamente legati alla specifica attività di «esercizio ed uso delle armi» che, a ben guardare, non costituisce una situazione dissimile - in termini di rischio professionale - da quella di qualsivoglia lavoratore nel diretto rapporto con gli strumenti e con i mezzi di lavoro particolarmente pericolosi;

          2) sono connessi, altresì, con attività di quotidiana gestione dell'apparato militare, per mansioni strumentali del tutto analoghe a quelle degli addetti a opifici ovvero ad ambienti organizzati;

          3) possono scaturire da interventi di sostegno e di aiuto per popolazioni colpite da calamità naturali ovvero da eventi bellici di cui le popolazioni stesse sono attori «passivi»;

 

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          4) derivano da attività che, pur non di combattimento, riguardano il controllo del territorio, la fornitura di servizi di sicurezza per le popolazioni e gli impianti ivi allocati.

      Questi rischi sono tutti assimilabili a quelli professionali della generalità dei lavoratori, a conferma, del resto, della circostanza che come si assottigliano sempre più i confini fra gli ambienti di vita e di lavoro, così si assottigliano quelli fra ambienti di lavoro e vita e ambienti ove possono determinarsi condizioni di conflitto armato.
      Si pone, quindi, il problema della adeguatezza della tutela dei militari - di carriera e, per le fasi residuali, di leva - in termini di:

          a) entità e qualità delle prestazioni garantite qualora gli stessi siano vittime di un infortunio, qualificabile come professionale secondo gli ordinari canoni, o di una malattia qualificabile come professionale secondo gli anzidetti canoni;

          b) qualità dei servizi in concreto apprestati affinché il militare vittima di infortunio o di malattia professionale trovi una tutela effettiva ed efficace sul piano sanitario, a partire dagli essenziali momenti e servizi funzionali a riconoscere con la massima tempestività e la migliore certezza l'origine professionale di manifestazioni morbose che appaiano analoghe a quelle di altre affezioni, in ipotesi di origine non professionale.

      Per il primo aspetto una consolidata linea interpretativa - frutto di un equivoco persistente che accomuna pensione privilegiata per causa di servizio e indennizzo per rischio professionale - non ha consentito finora di ricondurre tutti i militari nell'alveo della assicurazione generale per infortuni e malattie professionali, pur in assenza di una esplicita esclusione, come si verifica ad esempio per i vigili del fuoco.
      Al momento resta prioritario l'impegno tecnico e operativo affinché, in concomitanza e in parallelo con l'attuazione compiuta della riforma che ha abolito il servizio militare di leva, si verifichi il definitivo superamento delle motivazioni che a suo tempo hanno portato ad escludere l'assicurabilità dei militari per gli infortuni e le malattie professionali secondo i princìpi generali. Sulla base di questi ultimi, infatti, tale riconduzione appare certamente possibile quantomeno nella forma della gestione per conto dello Stato che è al momento la regola per gli impiegati civili dello Stato, ormai tutelati tutti dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) nel contesto di un'ampia accezione del rischio di macchina o di apparati elettrici nonché del rischio di ambiente organizzato.
      Per agevolare tale organica riconduzione al modello generale di sistema di tutela per i rischi professionali - privati e pubblici, civili e militari - con la presente proposta di legge si conferisce al Governo una delega per il riordino della normativa in materia di tutela dei militari rispetto ai rischi di infortunio o di malattia professionale in modo da uniformare la relativa disciplina a quella dei restanti dipendenti dello Stato, nel rispetto delle specificità del particolare rapporto di servizio dei militari stessi.
      In ogni caso, anche a voler prescindere per il momento da questo intervento di riordino, e in funzione di esso, si ritiene che, preso atto delle profonde modificazioni introdotte nell'anzidetto rapporto di «servizio militare», i fattori di rischio più volte richiamati siano in ogni caso giuridicamente rilevanti già a fronte del vigente, frammentario, sistema normativo di riferimento sia per il riconoscimento della causa di servizio sia in termini di equo indennizzo, senza escludere la concreta possibilità che singoli militari o gruppi di essi promuovano azioni giudiziarie nei confronti dello Stato per il risarcimento dei danni subiti: di ordine fisico-biologico, morale, fisico-patrimoniale.
      La rilevanza è accresciuta dalla più matura - e ormai da tutti condivisa - concezione della tutela per i rischi professionali come «presa in carico» del lavoratore rispetto all'incidenza dei rischi

 

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stessi - nei momenti di esposizione (per interventi prevenzionali) - e in quelli di realizzazione dei rischi stessi (con interventi curativi, riabilitativi, di reinserimento sociale e professionale).
      I militari, insomma, partecipano, quali soggetti esposti a rischi in gran parte condivisi con la restante popolazione lavorativa, ai problemi e alle tematiche della prevenzione dei rischi stessi, con una caratterizzazione per quanto riguarda quei rischi che derivano dall'utilizzo di strumenti operativi - armi individuali, mezzi di trasporto, eccetera - ovvero di sostanze tipiche dello specifico servizio e il cui utilizzo può dover essere circondato da doverose cautele di riservatezza.
      Da ciò il rilievo di un assetto organizzatorio adeguato per lo sviluppo della presa in carico, a partire - per le malattie professionali - dalla esatta e compiuta conoscenza dei fattori di rischio, della loro azione morbigena, delle condizioni e degli strumenti necessari o utili per la rimozione dei fattori stessi.
      Compiuta conoscenza che per le motivazioni prima enunciate appare destinata ad avere senz'altro ricadute significative anche sulla conoscenza di rischi che, per fattori contingenti o per sistematica contiguità/comunanza, riguardano la generalità della popolazione.
      La complessità di queste valutazioni ovviamente non riguarda il solo settore militare, accomunando la generalità dei lavoratori, militari e non, tanto che si parla di malattie professionali perdute e di malattie professionali addirittura sconosciute.
      Di fronte a siffatta complessità è assodato che nessun lavoratore, e men che mai un militare possa da solo individuare gli elementi che dimostrino la professionalità della malattia da cui è affetto; elementi che, soprattutto rispetto al sistema «difesa», non possono essere lasciati allo sviluppo di dialettiche scientifiche o «mediatiche».
      Per questo, nel settore, contiguo, dell'assicurazione per i rischi del lavoro gestita dall'INAIL, pur a fronte di indicazioni giurisprudenziali che fanno carico al lavoratore di dimostrare tale connotazione di malattie professionali, l'Istituto assicuratore ha ritenuto di porre le proprie strutture e personale al servizio dei lavoratori stessi per la complessa opera di dimostrazione.
      Tale impegno, doveroso, non è certamente sufficiente da solo ma costituisce comunque un valido contributo per la realizzazione di una comune e concordata base di conoscenza e di valutazione, particolarmente preziosa - unitamente all'opera dei soggetti pubblici specificamente preposti alla gestione degli interventi di igiene e di prevenzione - a fronte della difficoltà, anch'essa oggettiva, di muoversi attraverso il «viluppo» di concause di lesione e di invalidità, con riferimento soprattutto alle cosiddette «malattie multifattoriali».
      Per la stragrande maggioranza delle «nuove patologie», infatti, difficilmente il lavoro può considerarsi causa esclusiva di esposizione a rischio professionale, concorrendo piuttosto con altri fattori a determinare la specifica patologia.
      Per questo risulta essenziale - ed è l'obiettivo della lettera b) prima illustrata - la disponibilità di apparati professionali, strumentali e informativi che consentano di mettere insieme in modo organico, ordinato e significativo tutte le informazioni che, nel loro insieme, possano attestare con ragionevole certezza la possibile, probabile o certa eziologia professionale (esclusiva o multifattoriale) dell'affezione morbosa presa di volta in volta in considerazione.
      È un obiettivo, e un impegno, che coinvolge professionalità diversificate che, con l'impianto di idonei sistemi informativi - sul versante delle banche dati e su quello delle procedure di utilizzazione/alimentazione - riescano a costruire una solida base epidemiologica per fattori di rischio che via via emergano all'attenzione del sistema di tutela integrale con riferimento specifico alle difficoltà connesse con:

          1) la «mobilità» territoriale dei corpi militari (che presuppone la disponibilità di evolute analisi ambientali in territori al di

 

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fuori dell'Italia), con la promiscuità con ambienti di vita e di lavoro, con la riservatezza che circonda l'utilizzazione di sostanze ad uso militare e che appare spesso vincolo maggiore di quello costituito dalla riservatezza di brevetto dei prodotti commerciali;

          2) la valutazione dei danni alla persona che l'utilizzo di strumenti e/o prodotti difettosi possa provocare quali evento infortuni ovvero evento malattia professionale;

          3) l'impegno, in ogni caso, a utilizzare le informazioni e le ricerche epidemiologiche al servizio di interventi prevenzionali, di eliminazione delle fonti di rischio o di sottrazione del lavoratore (militare in questo caso) all'azione di dette fonti, di diagnosi precoce di malattie che se prese in tempo possono essere efficacemente protette e tutelate.

      Con la presente proposta di legge, pertanto, si prende atto che lo Stato resta primariamente e direttamente responsabile per la tutela prevenzionale e anche indennitaria (al di là dell'intervento in gestione per conto dell'INAIL) e che, come l'INAIL per i propri assistiti, così lo Stato per il personale militare (e in prospettiva per tutti i suoi dipendenti) ha il dovere di promuovere la tutela della salute di tale personale nonché di affiancarlo nella dimostrazione, laddove occorra, della eziologia professionale - esclusiva o multifattoriale - di specifiche menomazioni.
      Si propone, conseguentemente, l'istituzione di tale servizio, articolato sul territorio, collegato organicamente con gli altri servizi pubblici del settore e in particolar modo con l'INAIL quale operatore amministrativo della speciale gestione, nei termini indicati in linea di massima nella proposta di legge stessa, da declinare poi sul piano tecnico e gestionale con apposita normativa regolamentare da adottare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri quale sintesi di convergenti responsabilità dei Ministeri della difesa, della salute, del lavoro e delle politiche sociali.
      In questo modo si è inteso coniugare il rispetto della primaria esigenza di coordinamento e di integrazione fra i vari servizi pubblici, con la specialità del settore militare che si ritiene richieda, per le considerazioni accennate in precedenza, specifiche e dedicate attenzione e professionalità che non escludono, ovviamente, la anzidetta garanzia di piena e organica integrazione.
      L'assetto del servizio militare di medicina del lavoro è modulato sui tre livelli ordinari di responsabilità, per funzioni territoriali essenzialmente operative cui corrispondono funzioni di coordinamento e di governo, rispettivamente a livello regionale e centrale.
      Nei criteri di determinazione dei fabbisogni, comunque congrui sul piano essenzialmente qualitativo, resta confermato l'impegno generale della pubblica amministrazione di coniugare qualità ed economicità di gestione, con espresso richiamo alle opportunità offerte da una adeguata e convinta politica delle sinergie, essenziale anche per la stretta interdipendenza fra ambienti di vita, di lavoro «militari».

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro) sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per il riordino della disciplina in materia di tutela sociale per i rischi professionali del personale militare dello Stato al fine di adeguare la disciplina stessa, in particolare per gli interventi di recupero e indennitari, a quella vigente per la generalità dei dipendenti dello Stato, nel rispetto delle specificità del particolare rapporto di servizio e secondo i princìpi e criteri direttivi stabiliti dalla presente legge.
      2. Il decreto legislativo di cui al comma 1 reca altresì norme finalizzate a valorizzare l'apporto di strutture e di funzioni dell'amministrazione statale alla individuazione dei rischi propri della particolare categoria di personale rappresentata dai militari, anche nella sua interazione con i rischi ai quali sono soggetti i lavoratori statali nel loro complesso e la generalità della popolazione.

Art. 2.

      1. Per le finalità di cui all'articolo 1, con particolare riferimento alla gestione dei rapporti dell'amministrazione statale con il personale militare relativi alla erogazione di prestazioni riferite allo stato di salute del medesimo personale, i connessi compiti di medicina del lavoro sono attribuiti alla sanità militare che, per il governo del relativo esercizio, opera tramite il Centro nazionale militare di medicina del lavoro istituito ai sensi del comma 2.
      2. È istituito, presso il Ministero della difesa, il Centro nazionale militare di medicina del lavoro, di seguito denominato

 

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«Centro nazionale». Il Centro nazionale, posto alle dirette dipendenze del Ministro della difesa, si avvale per l'espletamento delle funzioni ad esso assegnate del personale medico e paramedico in servizio nelle Forze armate.

Art. 3.

      1. Con decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro della salute, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono istituiti nell'ambito di ciascuna regione centri regionali militari di medicina del lavoro, di seguito denominati «centri regionali», e presso le unità operative delle Forze armate sezioni militari di medicina del lavoro, di seguito denominate «sezioni».
      2. Ciascun centro regionale dirige e organizza le attività delle sezioni rientranti nell'ambito della propria competenza territoriale, promuovendo il necessario coordinamento con le corrispondenti funzioni regionali.
      3. Con lo stesso decreto di cui al comma 1 o con separato decreto, da emanare nei termini previsti dal citato comma 1, è fissata la pianta organica necessaria per il funzionamento del complessivo servizio militare di medicina del lavoro nelle sue articolazioni territoriali, nel rispetto dei seguenti criteri di economicità e di efficienza, tenendo conto della necessità di:

          a) mantenere un equilibrato rapporto fra il numero dei militari di riferimento e quello del personale medico e paramedico addetto;

          b) utilizzare sistematicamente politiche di sinergie con altri soggetti pubblici, nazionali e regionali, compreso l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), per quanto riguarda le funzioni e le attività strumentali, informative e di ricerca epidemiologica.

 

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Art. 4.

      1. Nelle more dell'entrata in vigore del decreto legislativo previsto dall'articolo 1, i decreti di cui all'articolo 3 definiscono le procedure attraverso le quali le sezioni predispongono, per il successivo inoltro al Centro nazionale, sotto la responsabilità di ciascun comandante di Corpo, la mappa del rischio redatta, in conformità a quanto previsto dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 e successive modificazioni, con riferimento agli enti e al personale nei confronti del quale il comandante stesso esercita le proprie funzioni.
      2. Con i medesimi decreti del Ministro della difesa, di cui al comma 1, sono altresì fissati la procedura, di regola telematica, di aggiornamento costante della mappa ivi prevista, le relative responsabilità operative nonché i controlli da operare, in conformità a quanto previsto dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni.

Art. 5.

      1. Le sezioni utilizzano protocolli sanitari, secondo uno schema tipo predisposto dal Centro nazionale, per l'effettuazione degli accertamenti a cui sottoporre il personale nonché per l'assunzione delle misure individuali e collettive di protezione dal rischio.
      2. I centri regionali definiscono le attività da svolgere in concorso con l'INAIL, con le strutture del Servizio sanitario nazionale e con gli enti di ricerca pubblici e privati e adottano le misure per la loro concreta realizzazione anche in regime di convenzione.
      3. Il Centro nazionale coordina l'attività dei centri regionali e definisce gli schemi di protocollo e di convenzione di cui ai commi 1 e 2.

Art. 6.

      1. Entro il 30 settembre di ciascun anno il Ministro della difesa invia alle

 

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Camere una relazione annuale sulla tutela della salute del personale militare, elaborata dal Centro nazionale e contenente un'analisi dettagliata degli incidenti riscontrati durante l'attività di servizio correlati alle probabili cause che li hanno generati nonché delle patologie o delle menomazioni contratte dal personale e riconosciute dipendenti da causa di servizio o che sono state oggetto di istanza di riconoscimento.
      2. La relazione di cui al comma 1 è discussa dalle Commissioni parlamentari competenti in materia di difesa e di sanità della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

Art. 7.

      1. Per le finalità di cui alla presente legge è istituito il Fondo speciale per la tutela della salute nelle Forze armate, con uno stanziamento di 50 milioni di euro annui a decorrere dal 2005.
      2. All'onere derivante dall'attuazione del comma 1, pari a 50 milioni di euro annui a decorrere dal 2005, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per il medesimo anno dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della difesa.
      3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


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