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PDL 5046

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5046



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato FIORI

Regolamentazione giuridica dei partiti politici

Presentata il 1o giugno 2004


      

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Onorevoli Colleghi! - La «questione morale» è da tempo all'attenzione dell'opinione pubblica con una rilevanza così preminente da imporre la ricerca di soluzioni adeguate.
      Si è parlato molto di controlli da effettuare, a diverso titolo, sugli esponenti del mondo politico e più in generale nei confronti di coloro che svolgono determinate funzioni pubbliche; e sono in corso lodevoli proposte legislative ed amministrative dirette a consentire un più ampio sindacato sui guadagni e sul patrimonio dei parlamentari e di alcune categorie di funzionari dello Stato.
      Ma tali provvedimenti, anche se necessari e quindi auspicabili, non risolvono i problemi connessi alla questione morale.
      Anzi, chi pensasse di poter chiudere la partita con una simile normativa nasconderebbe a se stesso che la chiave del problema è altrove e più precisamente nel meccanismo di funzionamento dei partiti politici.
      È generale convincimento che le corruzioni e le deviazioni presenti all'interno dell'apparato dello Stato, e della pubblica amministrazione in senso più lato, non scaturiscono solo da casi di disonestà individuale collegati al desiderio di illeciti arricchimenti. Probabilmente anche ipotesi di questo tipo sono presenti, ma certamente esse non rappresentano la causa vera delle degenerazioni.
      E le misure assunte, come la cosiddetta anagrafe tributaria, rappresentano ben poca cosa per coloro che pensano di utilizzare il potere pubblico per fini di arricchimento personale.
      Il problema di fondo è diverso.
      Duole dirlo, ma la gravità del momento ci impone coraggio e chiarezza nell'affrontare apertamente le reali cause della crisi di credibilità di uomini politici, partiti e istituzioni.
      La crisi vera è sempre maturata all'interno dei partiti politici, nella loro gestione, nei meccanismi di funzionamento
 

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delle loro strutture, nel rispetto dei loro statuti, nei procedimenti che nel loro interno determinano l'emergere dei consensi, delle maggioranze e delle egemonie.
      Sia ben chiaro, ed è opportuno sottolinearlo, che ciò non rappresenta un atteggiamento qualunquistico di contestazione del sistema dei partiti; al contrario vuol essere una critica dura e spietata solo a quei metodi di conduzione che hanno portato alla degenerazione della democrazia interna delle forze politiche, condannandole ad una crisi morale che rappresenta l'anticamera del loro isolamento da parte dell'opinione pubblica.
      È insomma un discorso di difesa del partito politico quale strumento di partecipazione del cittadino alla vita politica e di attacco a quei metodi di «conduzione» che sono la ragione prima degli scandali e degli scandalismi.
      L'articolo 49 della Costituzione riconosce ai partiti un ruolo molto importante quando li descrive come strumenti per consentire ai cittadini di concorrere liberamente e con metodo democratico a determinare la politica nazionale.
      Ma oggi i partiti si comportano sempre come associazioni libere gestite democraticamente?
      Negli anni passati è accaduto che le egemonie interne fossero determinate dal controllo delle tessere e quindi anche dalle disponibilità economiche di cui i vari gruppi potevano disporre.
      Con «Tangentopoli» quella prassi deteriore è stata in gran parte cancellata. Ma altre insidie si intravedono all'orizzonte.
      La «competizione» per l'egemonia interna ai vari partiti è legittima e fondamentale per la vita democratica, sempre che non sia inquinata, come per il passato, dal commercio delle tessere, o da altre non meno pericolose degenerazioni.
      Intendiamo dire che il mancato rispetto dell'articolo 49 della Costituzione può derivare anche da una organizzazione e da una prassi di vita interna che non forniscano sufficienti garanzie di democraticità.
      In mancanza di precise norme che regolino la vita dei partiti può verificarsi che singoli o gruppi, per conquistarne «il controllo», si combattano in modo spregiudicato utilizzando mezzi privati e pubblici e strumentalizzino anche funzioni e poteri dello Stato distorcendone le finalità e gli impieghi.
      È qui il punto centrale di tutta la questione!
      È un fenomeno grave ed inquietante ma purtroppo presente, anche se in misura e in modi diversi, in molte formazioni politiche.
      La mancanza di idonee garanzie ci fa correre il rischio che tali fatti possano verificarsi in qualsiasi momento all'interno di tutti i partiti presenti sulla scena politica italiana.
      Ancora oggi il potere politico è sempre meno nel Parlamento e sempre più nei partiti, che lo esercitano senza un effettivo controllo democratico, e nei gruppi economico-finanziari che per definizione non rispettano alcuna regola democratica. Se i cittadini non trovano nei partiti un contrappeso fondato sul consenso la distorsione del sistema è senza rimedio.
      E tale distorsione esaspera la lotta per la conquista delle maggioranze interne, lotta che viene condotta con tutti i mezzi disponibili specie quando la gestione dei partiti non risponde a regole democratiche e la loro volontà non deriva dal consenso di una maggioranza.
      Ciò è ancora più grave oggi con l'introduzione del sistema uninominale-maggioritario, dove l'assenza delle preferenze rende ancora più brutale il potere del «capo» e della sua «nomenklatura».
      Che senso ha introdurre norme sempre più rigide per le elezioni comunali, regionali e nazionali, quando poi le iscrizioni, i congressi e la vita dei partiti sono lasciati alla discrezione dei leader, dei gruppi dirigenti, delle correnti e delle burocrazie delle stesse forze politiche?
      Si corre il rischio, cioè, che «centri» che effettivamente «dirigono» la vita politica nazionale possano essere di fatto sottratti alla volontà dei cittadini.
      Qualcuno potrà dire che essendo i partiti «delle associazioni non riconosciute» sono soggetti alle norme del codice
 

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civile e quindi al sindacato della magistratura.
      Ma si tratterebbe di una obiezione formalistica e comunque sospetta perché è facilmente comprensibile come sia debole una difesa della democraticità dei partiti affidata all'iniziativa giurisdizionale privata dei singoli cittadini.
      La realtà è che il Parlamento, ogni qual volta ha individuato un centro di riferimento di interessi generali meritevoli di particolare tutela, non ha ritenuto sufficiente il controllo del potere giudiziario.
      Così è stato, solo per fare alcuni esempi, per il servizio pubblico della RAI-TV per il quale fu istituita una particolare Commissione di vigilanza, così per il mercato dei titoli azionari e delle borse con la costituzione della CONSOB, così per i servizi di sicurezza, così per l'editoria con la commissione nazionale della stampa.
      Insomma, ogni qual volta il potere legislativo ha individuato settori della vita associata, pubblici o privati che siano, particolarmente rilevanti per la qualità, la quantità e l'importanza degli interessi che investono, ha sempre creato degli speciali «momenti» di controllo e di garanzia per ridurre il rischio di deviazione nel loro funzionamento.
      «Momenti di controllo» che non escludono la normale tutela giurisdizionale ma che si frappongono, a maggior garanzia, tra questa e il generale potere di controllo del Parlamento.
      Ebbene, sembra incredibile che proprio laddove si forma la volontà politica sostanziale, dove cioè si effettuano le scelte politiche di fondo che condizionano anche lo stesso potere legislativo, nessun controllo venga svolto.
      L'articolo 49 della Costituzione attribuisce un ruolo importantissimo ai partiti ma a condizione che i cittadini vi si possano associare liberamente e che la loro vita sia effettivamente regolata da statuti democratici.
      Chi controlla che questi princìpi siano rispettati?
      Chi garantisce che non si verifichino, volontariamente o involontariamente, condizioni tali da impedire la libertà di associazione e la democraticità della gestione?
      È giusto che la tutela di fatti così rilevanti per l'interesse nazionale sia lasciata all'iniziativa individuale dei singoli che potrebbero trovarsi a fare i conti con gruppi di potere ben organizzati?
      Ecco perché, se vogliamo veramente affrontare il nodo che sta al centro della «questione morale», dobbiamo porci il problema di creare un organo di controllo che possa garantire la democraticità degli statuti dei partiti e il rispetto della libertà di associazione ai medesimi, e una normativa di vita interna che impedisca la formazione di egemonie prive della legittimazione del consenso.
      Occorre tener presente la rilevanza e la finalità dell'articolo 49 della Costituzione e il principio che è indicato nella Costituzione per la formazione degli organi di decisione, nonché il principio cui si uniforma attualmente la legge elettorale per le due assemblee legislative.
      Dal complesso dei princìpi richiamati risulta che il costituente ha inteso affidare all'attuazione del metodo democratico all'interno dell'organizzazione dei singoli partiti il corretto funzionamento del Parlamento quale organo dell'effettiva manifestazione della volontà popolare.
      Tenuto conto di questa essenziale finalità di ordine costituzionale occorre predisporre strumenti idonei a garantirne la piena ed assoluta operatività. A questo fine non può certamente soccorrere il richiamo alla tutela generica del singolo associato dinanzi al giudice ordinario, dato che l'accertamento dell'applicazione in concreto del metodo democratico rappresenta una funzione pubblica che richiede altresì valutazioni di ordine eminentemente politico che non possono spettare istituzionalmente al magistrato ordinario.
      Occorre, quindi, predisporre un adeguato organo che abbia fra l'altro il potere di indagine nell'ambito della struttura di funzionamento dei partiti e delle associazioni pubbliche che di fatto concorrono alla formazione della politica nazionale.
 

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      Non si tratta di «costringere» i partiti all'interno di una gabbia «legislativa»; al contrario si tratta di esaltare la funzione prevista dall'articolo 49 della Costituzione rendendo effettive quelle condizioni, quelle facoltà e quei diritti che sono alla base di un loro «giusto» funzionamento.
      Molti predicano l'urgenza di un cambiamento profondo della qualità della vita pubblica; pochi hanno il coraggio di «mettere le mani» là dove si trovano le origini e le cause principali della decadenza morale cui stiamo assistendo.
      Ma non c'è alternativa. Solo se il Parlamento troverà la forza di riaffermare la propria centralità e il primato dell'investitura democratica e popolare potremo superare questo momento, restituendo ai partiti quel ruolo essenziale per il progresso sociale e politico della nazione.
      Un utile strumento di lavoro e di riflessione può essere costituito, a parere del proponente, dalla presente proposta di legge, che istituisce un organo di garanzia dotato di una sfera di poteri sufficientemente incisivi, tenuto conto della delicatezza della materia, che riguarda uno dei principali modi di esercizio della libertà: l'associazione in partiti politici e la vita interna dei medesimi. Non si può tacere a riguardo che la disciplina interna dei partiti politici, al di fuori del requisito della democraticità del sistema, non può essere per sua natura assoggettata a controlli che non provengano dal suo interno, pena la trasformazione del sistema.
      Si è inteso tuttavia delineare un sistema di controlli circa il rispetto del dettato costituzionale e degli statuti liberamente stabiliti, che serva ad evitare distorsioni in senso anticostituzionale.
      Proprio a tal fine si è inteso costituire una Commissione di garanti, composta di undici membri, di cui quattro nominati dal Presidente della Repubblica con le modalità previste per i membri del Consiglio superiore della magistratura; quattro eletti dal Parlamento - due dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica - con elezione non libera ma su due terne per ciascuna Camera, formate dal rispettivo Ufficio di Presidenza tra i cittadini eleggibili a senatore; tre magistrati ordinari nominati dal Consiglio superiore della magistratura. È prevista la immediata rieleggibilità per una sola volta e la incompatibilità con cariche politiche (articoli 1 e 2).
      Data la natura dei compiti che si intendono affidare alla Commissione, è prevista (articolo 4) la collaborazione del direttivo di ciascun gruppo parlamentare, atteso il rilievo che la Costituzione assegna ai gruppi parlamentari nell'organizzazione interna delle due Camere.
      I compiti della Commissione sono stati delineati tenendo presente il dettato dell'articolo 49 della Costituzione, di cui il punto emergente è la democraticità del sistema statutario dei partiti politici e quindi il rispetto degli statuti da parte degli organi direttivi dei medesimi. Ma l'aspetto più importante, e sul quale si intende richiamare l'attenzione, è quello del tesseramento dei singoli partiti, che nella proposta di legge (articolo 3) si è chiamato «adesione» poiché non tutti i partiti fanno ricorso ad un vero e proprio tesseramento. Questa operazione è di vitale importanza, perché condiziona tutta la vita di un partito nei momenti di più intensa partecipazione quali sono i congressi, a tutti i livelli. La celebrazione di questi nei termini statutari, insieme a corrette operazioni di tesseramento, sono la manifestazione concretamente più apprezzabile del «metodo democratico» contenuto nella Costituzione.
      Per rendere efficaci i controlli, sì che da essi derivino non solo affermazioni di principio bensì atti concreti idonei a correggere la rotta in senso democratico, sono previsti meccanismi ispettivi (articolo  5) ed un sistema di sanzioni (articoli 6  e  7) anche in collegamento con il rimborso delle spese elettorali, di cui alla citata legge n. 157 del 1999.
      Nell'intento di moralizzare la vita politica, a parere del proponente, si deve tenere presente l'efficacia che riveste la pubblicità dei comportamenti, che li assoggetta appunto al sindacato dell'elettorato, saldando così un altro degli anelli del sistema. La proibizione assoluta di ricevere
 

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aiuti finanziari per i partiti e per i singoli uomini politici può diventare, ad onta delle ottime intenzioni, un'arma efficace contro la corruzione, mentre l'ammissibilità dei medesimi, purché erogati in forma pubblica, può essere utile ad eliminare deviazioni.
      Anche a questo riguardo è demandata alla Commissione la tenuta del registro - pubblico - dei finanziamenti privati (articolo 10), che, realisticamente, non possono non essere ammessi purché, appunto, in modo palese e quindi soggetto al sindacato della pubblica opinione.
      Nel sistema sanzionatorio si sono previste sanzioni penali, che sono analoghe a quelle previste per analoghi reati in materia elettorale, sia per l'allarme sociale che i medesimi suscitano, sia per sottolineare il grande rilievo che l'ordinata vita dei partiti politici riveste per la società civile.
      Non meno importante è la norma prevista dall'articolo 8, che introduce il principio delle «elezioni primarie» per la scelta dei candidati, al fine di sottrarre alle oligarchie di partito l'individuazione di coloro che dovranno rappresentare i partiti nei diversi collegi elettorali.
      Nell'affidare all'attenzione degli onorevoli colleghi la presente proposta di legge, il proponente non può tacere una certa preoccupazione per l'estrema delicatezza della materia in cui essa intende incidere, sorretto peraltro in questa iniziativa dalla serena coscienza di voler contribuire alla chiarezza nell'espletamento di funzioni così importanti per la nostra vita sociale.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

CAPO I

Art. 1.
(Commissione per il controllo
dell'azione politica).

      1. È istituita la Commissione per il controllo dell'azione politica, di seguito denominata «Commissione».
      2. La Commissione è composta da:

          a) quattro membri nominati dal Presidente della Repubblica tra i cittadini aventi i requisiti per la elezione a componente del Consiglio superiore della magistratura;

          b) due membri nominati dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica fuori dal proprio seno su due terne per ciascuna Camera, formate dai rispettivi Uffici di Presidenza, tra i cittadini aventi i requisiti per l'elezione a senatore;

          c) tre membri nominati dal Consiglio superiore della magistratura tra i magistrati ordinari.

      3. La Commissione ha sede presso la Camera dei deputati e per il suo funzionamento si avvale di personale dipendente dalle due Camere, messo a disposizione dai rispettivi Presidenti.

Art. 2.
(Durata in carica).

      1. La Commissione elegge nel suo seno il presidente, con la maggioranza di otto voti.
      2. La Commissione dura in carica tre anni ed i suoi membri possono essere eletti per non più di due volte consecutive.

 

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      3. La qualità di componente della Commissione è incompatibile con l'esercizio di cariche di partito e con l'esercizio di cariche pubbliche elettive o di nomina su designazione politica.

Art.  3.
(Compiti della Commissione).

      1. Alla Commissione compete:

          a) verificare la conformità alle norme costituzionali degli statuti dei partiti politici;

          b) vigilare sul rispetto degli statuti da parte degli organi centrali e periferici dei partiti politici;

          c) controllare affinché la libertà di accesso ai partiti politici sia effettiva sia nella fase di adesione sia nel rinnovo della medesima e nel complessivo svolgimento dei congressi ai vari livelli: locale, intermedio e nazionale.

Art.  4.
(Funzioni ausiliarie dei gruppi
parlamentari).

      1. Nell'espletamento dei compiti di cui all'articolo 3, la Commissione si avvale della collaborazione dei direttivi dei gruppi parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica che fanno rispettivamente capo a ciascun partito.
      2. Il gruppo misto di ciascuna Camera esercita le funzioni di cui al comma 1 in ordine ai raggruppamenti politici che, pur avendo rappresentanza parlamentare, non abbiano carattere nazionale.

Art.  5.
(Poteri della Commissione).

      1. La Commissione può disporre accertamenti e verifiche da eseguire direttamente da parte di suoi componenti, oppure

 

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tramite commissari nominati dalla Commissione stessa fuori dal suo seno tra i cittadini, anche facenti parte della pubblica amministrazione, che abbiano i requisiti per la nomina a componenti della Commissione stessa.
      2. La Commissione può altresì disporre la presenza di suoi rappresentanti nei congressi dei partiti, qualora ciò sia reso necessario a seguito dei rilievi emersi nella sua attività di controllo.

Art.  6.
(Oneri della Commissione).

      1. Se dall'attività di controllo di cui agli articoli 3 e 5 la Commissione accerta l'esistenza di fatti e comportamenti in violazione delle norme della presente legge, essa intima agli organi statutariamente preposti alla direzione del partito, a carico del quale sono emersi rilievi, la cessazione dell'attività o la rimozione dell'atto illegittimo, fissando il termine per l'adempimento.
      2. In caso di inottemperanza la Commissione dispone la notifica della intimazione alle Presidenze delle Camere per la decisione in ordine all'erogazione del rimborso di cui alla legge 3 giugno 1999, n. 157, e successive modificazioni, ai sensi dell'articolo 7 della presente legge.
      3. L'Ufficio di Presidenza di ciascuna Camera esamina gli atti relativi e decide al riguardo entro venti giorni dalla notifica.

Art.  7.
(Adempimenti in ordine al rimborso
di cui alla legge 3 giugno 1999, n. 157).

      1. Al fine di adottare le decisioni di cui al comma 3 dell'articolo 6, l'Ufficio di Presidenza di ciascuna Camera acquisisce la relazione del direttivo del gruppo parlamentare in ordine ai fatti addebitati al relativo partito e se ritiene che ne ricorrono gli estremi può deliberare la sospensione o la revoca, parziale o totale, dell'erogazione

 

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del rimborso di cui alla legge 3 giugno 1999, n. 157, e successive modificazioni.

Art.  8.
(Elezioni primarie).

      1. La scelta dei candidati alle elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica è effettuata mediante «elezioni primarie» disciplinate con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, da emanare entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

CAPO II

Art.  9.
(Pubblicità dei finanziamenti privati).

      1. I dirigenti dei partiti ai livelli locale, intermedio e nazionale, i membri dei consigli comunali, provinciali, regionali, i membri del Parlamento e del Governo, che ricevono donazioni di somme di denaro o di attività o sovvenzioni in natura da parte di privati o di enti, devono darne comunicazione alla Commissione.

Art.  10.
(Poteri della Commissione in ordine ai finanziamenti privati dell'attività politica).

      1. La Commissione tiene il registro dei finanziamenti di cui all'articolo 9 che può essere consultato a semplice richiesta da parte dei membri del Parlamento.
      2. La Commissione provvede, altresì, a comunicare i finanziamenti di cui all'articolo 9 all'Ufficio di Presidenza di ciascuna Camera.

 

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CAPO III

Art.  11.
(Turbative dell'attività politica).

      1. Qualora la Commissione nella sua attività di controllo di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 3 rilevi che sono stati compiuti atti che limitano la libertà nell'adesione ad un partito politico o nel rinnovo della medesima, sporge denunzia all'autorità giudiziaria competente.

Art.  12.
(Sanzioni penali).

      1. Chiunque, al fine di limitare o vincolare l'adesione o di alterare lo svolgimento dei congressi di un partito politico, compie atti contrari allo statuto dello stesso, oppure eroga somme di denaro o somministra servizi, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa da 500 euro a 10.000 euro.
      2. Le pene di cui al comma 1 sono aumentate di un sesto se il colpevole è dirigente di un partito politico oppure eletto ad una carica pubblica.
      3. Alla stessa pena di cui al comma 1 è soggetto chi occulta in tutto o in parte i finanziamenti di cui all'articolo 9.
    


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