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PDL 4988

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4988


 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

DILIBERTO, RIZZO, PISTONE

Disposizioni per la tutela e la valorizzazione
dei vitigni autoctoni italiani

Presentata il 10 maggio 2004


      

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Onorevoli Colleghi! - Le ragioni che hanno indotto alla formulazione della presente proposta di legge sono riposte tutte nell'attuale situazione del comparto vitivinicolo italiano, che vede da una parte i produttori (singoli o riuniti in consorzi, cantine sociali o cooperative) muoversi nell'ottica della ricerca delle produzioni di qualità, al fine di conferire prestigio ai vini italiani nel mondo e, dall'altra, la crescente attenzione del consumatore all'espressione dei valori legati al territorio e alla ricerca di quella territorialità e di quella tipicità nei vini sentite come ultimo baluardo contro la globalizzazione organolettica, finora sacrificata dalle logiche di mercato e che ha privilegiato la coltivazione e la vinificazione dei vitigni alloctoni, più conosciuti e dalle grandi capacità di adattamento, ma oramai coltivati in ogni parte del mondo, e verso i quali si comincia a manifestare una certa stanchezza del consumatore stesso, annoiato dagli innumerevoli merlot e chardonnay, dal gusto indistinto, di cui è pieno il mondo, vini considerati buoni ma banali, tecnicamente ineccepibili, ma con poco carattere.
      La ricerca della qualità è stata però finora lasciata alla buona volontà e agli investimenti dei produttori, e spesso al coraggio di alcuni di loro, come testimonia anche il recente fenomeno delle degustazioni en primeur, organizzate dall'Associazione Grandi Cru della Costa Toscana sulla scia della ben più consolidata e centenaria esperienza di Bordeaux: il gesto ambizioso di un'Associazione che ha la
 

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possibilità di autofinanziarsi e che crede nella filosofia della qualità e dell'espressione del territorio.
      Ma in questo campo, in Italia siamo anni luce lontani da Bordeaux, poiché manca un mercato en primeur e anche e soprattutto perché mancano gli strumenti legislativi che sostengano la ricerca della qualità e siano in grado di assicurare una effettiva credibilità internazionale a manifestazioni di questo tipo.
      Per quanto riguarda il versante dei consumi, va ricordato che accanto alla diffusione del vino di qualità, e possibilmente dalle caratteristiche di identificabilità e di unicità, si è assistito a una ingiustificata crescita dei prezzi che ha portato alcuni prodotti a livelli insostenibili per la maggior parte degli appassionati, cosa in parte dipesa dagli ingenti investimenti sostenuti dai viticoltori e necessari per una produzione di qualità, ai quali a volte si sono affiancati fenomeni di forte speculazione commerciale che stanno a poco a poco saturando il mercato.
      La presente proposta di legge rappresenta la risposta che il legislatore italiano tenta di dare alla mancanza di competitività nazionale nel settore degli alloctoni, o vitigni internazionali, e persegue due obiettivi: il primo è quello della valorizzazione dei vitigni autoctoni, come espressione del territorio, attraverso la riscoperta, tramite la sperimentazione, anche di quelli le cui uve non vengono vinificate da decenni (i cosiddetti «vitigni antichi»), e il secondo è quello di contenere i costi di produzione per quei produttori che aderiscono al «Progetto nazionale di tutela e di valorizzazione dei vitigni autoctoni italiani del patrimonio culturale nazionale», di cui al capo III.
      Occorre dunque puntare ad un settore sul quale nessuno può fare concorrenza alle produzioni italiane. In Italia abbiamo potenzialmente circa mille varietà autoctone da utilizzare, o comunque da studiare, la cui caratteristica principale è di essere profondamente legate al territorio, quindi difficilmente esportabili. Diciamo «potenzialmente da utilizzare» in quanto i risultati della vinificazione non saranno per tutti positivi, ma in ogni caso il loro studio avrà permesso di conoscere meglio la storia della vite, che è condizione basilare per poter capire come e quando si è formato quello che è attualmente il più ricco patrimonio ampelografico del mondo, caratterizzato da una forte biodiversità. E noi conosciamo veramente troppo poco, in termini storici e botanici, dell'immenso tesoro che ci troviamo ad avere, rispetto al quale la Francia sembrerebbe sparire per il minor numero di vitigni e la conseguente minore biodiversità.
      Si tratta però di vitigni «difficili» che, a differenza di quelli internazionali, hanno un potenziale enologico di difficile, a volte difficilissima, espressione: vanno studiati, capiti, così come va identificato e conosciuto a fondo il loro terroir ideale. Inoltre, data la loro scarsa diffusione, c'è mancanza di dati analitici: da qui la necessità di una legge che punti soprattutto sulla ricerca.
      Non secondari sono poi i risvolti occupazionali che una tale legge sarebbe in grado di favorire: i territori del vino sono oggi un modello di sviluppo agricolo ecocompatibile, motivo per cui si richiede alle aziende e ai produttori un comportamento socialmente responsabile, in un'ottica di sviluppo sostenibile. Si tratterebbe di investire in un futuro nel quale si auspica che istituzioni e categorie coinvolte possano agire in sinergia.
      È da segnalare, inoltre, come per la prima volta nella legislazione italiana si promuove la sperimentazione di metodi di produzione e di trattamento più sicuri e meno inquinanti (di tipo biologico e simili), in linea con gli obiettivi delle ricerche promosse e finanziate dal Sesto programma quadro di azioni comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione, volto a contribuire alla realizzazione dello Spazio europeo della ricerca e all'innovazione (2002-2006), nell'area della «Qualità e sicurezza alimentare», di cui alla decisione n. 1513/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2002.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
PRINCÌPI E FINALITÀ

Art. 1.

      1. La presente legge reca norme per la tutela e la valorizzazione dei vitigni autoctoni italiani, antichi e tradizionali, dichiarati patrimonio culturale dello Stato, ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
      2. Ai fini della presente legge, per vitigni autoctoni italiani, antichi e tradizionali, di seguito denominati «vitigni autoctoni italiani», si intendono i vitigni che derivano dalla domesticazione antica delle viti silvestri italiane o dall'importazione antica da altri Paesi, in particolare orientali, che sono coltivati esclusivamente in Italia.

      3. Per le finalità di cui al comma 1, lo Stato e le regioni provvedono, ai sensi degli articoli 9 e 117 della Costituzione, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, a disciplinare in maniera organica le attività connesse alla conoscenza, alla conservazione e all'arricchimento dei vitigni autoctoni italiani.

Art. 2.

      1. Le attività di cui al comma 3 dell'articolo 1 sono svolte sotto l'alta vigilanza del Ministero per i beni e le attività culturali al quale compete altresì il ruolo di garante per lo svolgimento delle attività di studio e di ricerca necessarie per la tutela e la valorizzazione dei vitigni autoctoni italiani. Lo Stato, le regioni e gli enti locali collaborano ai fini dello svolgimento delle attività di cui al presente comma.

 

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Capo II
COMMISSIONE NAZIONALE PER LA CATALOGAZIONE DEI VITIGNI AUTOCTONI ITALIANI

Art. 3.

      1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali, adotta, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, un regolamento recante norme per la istituzione della Commissione nazionale per la catalogazione dei vitigni autoctoni italiani, di seguito denominata «Commissione», che ha il compito di procedere al censimento e alla catalogazione, per ogni singola regione, dei vitigni autoctoni italiani, dichiarati beni del patrimonio culturale dello Stato, ai sensi dell'articolo 1, comma 1. L'attività della Commissione è finalizzata alla redazione e all'attuazione del Progetto nazionale disciplinato ai sensi dei capi III e IV.
      2. La Commissione, presieduta dal presidente e, in caso di sua assenza o impedimento, da un vice presidente, è composta da esperti di chiara fama del settore vitivinicolo, nominati ai sensi del comma 5.

      3. Il presidente è nominato con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, e ha funzione di garante degli obiettivi di tutela e di valorizzazione dei vitigni autoctoni italiani.
      4. Il vice presidente è nominato con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, e ha funzione di tutela della biodiversità e di un modello agricolo ecosostenibile perseguiti attraverso la tutela e la valorizzazione dei vitigni autoctoni italiani.
      5. Il Ministro per i beni e le attività culturali, con proprio decreto, provvede alla nomina dei componenti della Commissione, che è costituita da:

          a) due membri scelti tra gli appartenenti agli istituti sperimentali di viticoltura ed enologia;

 

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          b) cinque docenti universitari, scelti tra gli appartenenti alla facoltà di agraria, e in particolare del corso di laurea in viticoltura ed enologia, con le seguenti competenze:

              1) un esperto di zonazione;

              2) un ampelografo;

              3) un virologo;

              4) un enologo;

              5) un esperto di biologia molecolare;

          c) un esperto di storia dell'alimentazione e della viticoltura;

          d) un esperto di archeobotanica.

      6. Ai lavori della Commissione partecipano, oltre ai componenti di cui ai commi 2 e 5, un rappresentante della regione cui appartiene il vitigno autoctono italiano in esame, un rappresentante delle province autonome di Trento e di Bolzano e un rappresentante della regione autonoma Valle d'Aosta.

      7. La Commissione ha facoltà di nominare membri integrativi, per assolvere ai controlli sul territorio di cui al comma 4 dell'articolo 4, nonché alla delimitazione del territorio vocato, secondo i princìpi della zonazione viticola, anche tenendo conto della necessità di monitorare costantemente territori le cui condizioni evolvono nel tempo.
      8. Al fine di assicurare l'omogeneità dei criteri di valutazione dei risultati ottenuti nella sperimentazione e nella coltivazione dei vitigni autoctoni italiani, il presidente, il vice presidente e i componenti della Commissione di cui ai commi 5 e 6 restano in carica per un periodo di cinque anni.

      9. Ai fini del coordinamento tra la Commissione e il Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini, di cui all'articolo 17 della legge 10 febbraio 1992, n. 164, e successive modificazioni, la Commissione ha competenza concorrente per le attività di studio e propaganda, di indagine sulla natura e la composizione analitica dei vini,

 

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sull'applicazione delle norme in materia di analisi chimiche e organolettiche sui vini italiani, di cui alle lettere d), i), l) e m) del comma 8 dell'articolo 17 della citata legge n. 164 del 1992. Alla Commissione si applicano altresì, in quanto compatibili, le norme previste dai commi 9, 10 e 12 del medesimo articolo 17 della legge n. 164 del 1992.
      10. È fatto obbligo alle regioni, alle province autonome di Trento e di Bolzano, alle università, agli istituti sperimentali di viticoltura ed enologia, e alle altre strutture pubbliche e private, che hanno già avviato o intendono avviare la catalogazione e la sperimentazione di vitigni autoctoni italiani, di trasmettere alla Commissione i dati in loro possesso.
      11. La Commissione, completato il censimento, deve accertare tutti i casi di omonimia e di false sinonimie dei vitigni di cui alla presente legge, attraverso esami di biologia molecolare, quale l'esame del DNA e simili.
      12. Entro sei mesi dalla data della sua costituzione, la Commissione deve ultimare i lavori di censimento, di catalogazione, di accertamento dei casi di omonimia e di false sinonimie dei vitigni autoctoni italiani, e comunicare le liste alle singole regioni, alle province autonome di Trento e di Bolzano e alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. Tali liste sono debitamente e periodicamente aggiornate, secondo le modalità stabilite dalla Commissione stessa.
      13. È istituito presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura un registro temporaneo dei vitigni autoctoni italiani della regione, di seguito denominato «registro temporaneo», nel quale sono iscritti d'ufficio i vitigni censiti, nel territorio di competenza, ai sensi del presente articolo. L'iscrizione nel registro temporaneo, fino al termine della sperimentazione decennale di cui all'articolo 5, è condizione indispensabile per una eventuale successiva iscrizione del vitigno nel Registro nazionale delle varietà di viti, ai sensi del comma 5 del medesimo articolo 5.
 

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Capo III
PROCEDURA DI PARTECIPAZIONE AL PROGETTO NAZIONALE DI TUTELA E DI VALORIZZAZIONE DEI VITIGNI AUTOCTONI ITALIANI DEL PATRIMONIO CULTURALE NAZIONALE

Art. 4.

      1. Dalla data di iscrizione del vitigno nel registro temporaneo da parte delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, che ne curano le modalità di pubblicità, i soggetti di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 5, interessati a valorizzare i vitigni autoctoni italiani censiti dalla Commissione nell'ambito del territorio di competenza, possono presentare domanda per partecipare al «Progetto nazionale di tutela e valorizzazione dei vitigni autoctoni italiani del patrimonio culturale nazionale», di seguito denominato «Progetto».
      2. La domanda di cui al comma 1 è indirizzata alla Commissione e deve contenere la richiesta di accedere al Progetto, una autocertificazione dei soggetti di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 5 in cui si dichiara che la propria zona di produzione ha le caratteristiche di terroir idonee alla coltivazione del vitigno autoctono italiano di cui si chiede la tutela, nonché l'espressa accettazione da parte dei medesimi soggetti all'effettuazione di verifiche sul territorio da parte della Commissione.
      3. I soggetti di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 5 hanno inoltre facoltà di chiedere, nella medesima domanda di cui al comma 1 del presente articolo, l'autorizzazione ad attuare nel territorio di competenza la sperimentazione mediante metodi di produzione e di trattamento meno inquinanti, in particolare di tipo biologico e affini, dichiarando contestualmente di accettare le verifiche che si rendano necessarie da parte della Commissione per il controllo delle tecniche utilizzate e dei risultati ottenuti.

 

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      4. Dalla data di ricevimento della domanda, la Commissione procede ai controlli ai fini del comma 2 e alla delimitazione del territorio vocato, secondo i princìpi della zonazione viticola, anche avvalendosi dei membri integrativi di cui al comma 7 dell'articolo 3, stabilendo secondo il proprio insindacabile giudizio a quali vitigni autoctoni il territorio analizzato risulta essere adatto, e concede o nega l'autorizzazione per la sperimentazione delle tecniche di cui al comma 3.
      5. La Commissione ha a disposizione un periodo di sei mesi, prorogabile una sola volta, dal ricevimento della domanda da parte dei soggetti di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 5, per effettuare i controlli sul territorio oggetto della domanda e pronunciarsi in merito alla partecipazione al Progetto.

      6. Nell'accoglimento delle domande di cui al comma 1 la Commissione dà priorità a quelle riguardanti varietà di vitigni di minore diffusione e in relazione alle quali si dispone di minori informazioni agronomiche, enologiche e storiche, nonché in grado di esaltare l'interazione fra vitigno e ambiente, al fine di tipizzare le produzioni vitivinicole e incrementare l'offerta vivaistica avendo cura di salvaguardarne la variabilità genetica.

Capo IV
ORGANIZZAZIONE DEL PROGETTO

Art. 5.

      1. I consorzi previsti dall'articolo 19 della legge 10 febbraio 1992, n. 164, le cantine sociali e le cooperative agricole produttrici, i comuni, le comunità montane e gli enti parco, la cui domanda di partecipazione al Progetto è stata accolta dalla Commissione ai sensi dell'articolo 4, hanno accesso a quella parte del Progetto che prevede, nelle zone viticole assegnate all'Italia CI, CII e CIII, di cui ai punti 4, 5 e 7 dell'allegato III del regolamento (CE)

 

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n. 1493/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo:

          a) per i vitigni antichi e le viti silvestri, la realizzazione di campi sperimentali per un periodo di cinque anni, finalizzati alla individuazione della varietà, alla conservazione della variabilità genetica esistente, all'effettuazione di indagini agronomiche-enologiche necessarie per l'iscrizione nel Registro nazionale delle varietà di viti di cui al comma 5;

          b) il rinnovo della sperimentazione per un ulteriore periodo di cinque anni per i medesimi campi di cui alla lettera a), previa verifica da parte della Commissione dei risultati ottenuti, al fine di accrescere le conoscenze agronomiche, enologiche e storiche, e se possibile ampliare la base genetica tramite programmi di autofecondazione. Al secondo quinquennio di sperimentazione possono partecipare, a condizione che ne abbiano fatto domanda e la stessa sia stata accolta, anche i singoli produttori.

      2. I singoli produttori la cui domanda è stata accolta dalla Commissione possono accedere a quella parte del Progetto che prevede, nelle zone viticole assegnate all'Italia CI, CII e CIII, di cui ai punti 4, 5 e 7 dell'allegato III del citato regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999:

          a) per i vitigni autoctoni e tradizionali, aventi diffusione nazionale o locale, campi sperimentali per un periodo di cinque anni, destinati all'effettuazione di ricerche approfondite di selezione massale e clonale per il recupero della varietà e per l'aumento della variabilità genetica, nonchè per il ripristino dello stato di coltivazione ideale, risanando il vitigno da malattie e da virosi, sottoponendolo a verifica fitosanitaria;

          b) il rinnovo della sperimentazione per un periodo di cinque anni per i medesimi campi di cui alla lettera a), previa verifica da parte della Commissione dei risultati ottenuti dalla vinificazione in

 

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purezza e a bassa produzione del vitigno in esame dopo i primi cinque anni, e previa domanda alla medesima Commissione, al fine di proseguire le ricerche e reimpostare la produzione e le tecniche di gestione del vigneto.

      3. Per i campi sperimentali di cui ai commi 1 e 2 è prevista una deroga alle norme vigenti al fine di consentire ai vivaisti la moltiplicazione del materiale generico per poter coltivare e vinificare i vitigni sottoposti a sperimentazione.
      4. In ogni caso, è possibile, se richiesto dal produttore o dal consorzio nella domanda e autorizzato dalla Commissione ai sensi del comma 3 dell'articolo 4, utilizzare i campi sperimentali di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo anche ai fini della ricerca di metodi di produzione e di trattamento più sicuri e meno inquinanti. In tale ipotesi, dopo i primi cinque anni di sperimentazione, i risultati ottenuti attraverso i metodi utilizzati sono valutati dalla Commissione, a proprio insindacabile giudizio, al fine del rinnovo o meno, per un ulteriore periodo di cinque anni, delle autorizzazioni richieste per proseguire la sperimentazione.
      5. Al termine dei primi dieci anni di sperimentazione attuata con le modalità previste dal presente articolo, il Ministero delle politiche agricole e forestali, sentito il parere vincolante della Commissione, e nel caso in cui la vinificazione abbia dato risultati positivi e il vitigno autoctono italiano sia stato previamente iscritto nel registro temporaneo, provvede alla iscrizione della varietà di vitigno nel Registro nazionale delle varietà di viti, di cui all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 24 dicembre 1969, n. 1164, da ultimo aggiornato con il decreto direttoriale del Ministero delle politiche agricole e forestali 7 maggio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 242 del 14 ottobre 2004.
      6. I soggetti che chiedono l'iscrizione ai sensi del comma 5 sono tenuti alla conservazione in purezza delle varietà di viti e dei cloni di varietà di viti medesimi.

 

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      7. Dalla data di iscrizione del vitigno autoctono italiano nel Registro nazionale delle varietà di viti di cui al comma 5, le operazioni di vinificazione devono essere effettuate all'interno della zona individuata dalla Commissione per la singola varietà, al fine di impedire l'utilizzo del nome del vitigno autoctono italiano al di fuori della zona di produzione riconosciuta dal Progetto. Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche tradizionali, o comunque atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche.
      8. L'inosservanza dell'obbligo di tutela del territorio d'origine dei vitigni autoctoni italiani, stabilito dal comma 7, è punita con sanzione amministrativa da 2.500 euro a 16.000 euro.
      9. Dalla data di iscrizione del vitigno autoctono italiano nel Registro nazionale delle varietà di viti di cui al comma 5, è consentita ai vivaisti la moltiplicazione del materiale genetico.
      10. Dalla data di iscrizione del vitigno autoctono italiano nel Registro nazionale delle varietà di viti di cui al comma 5, i produttori possono chiedere l'inserimento dei vini ottenuti da tali vitigni nei disciplinari DOCG, DOC e IGT.
      11. I vini prodotti al termine della sperimentazione, e nel rispetto di quanto stabilito dai commi 5, 6, 7 e 8, possono essere commercializzati a condizione che il produttore dichiari sull'etichetta del prodotto: la partecipazione al Progetto; la vinificazione in purezza del vitigno; la rinuncia agli eventuali vitigni migliorativi previsti dal disciplinare; nonché, nel caso in cui siano stati autorizzati all'uso di tecniche biologiche, l'indicazione «prodotto biologico», in attuazione di quanto previsto dall'allegato VII, sezione B, punto 4, del citato regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, che conferisce agli Stati membri la facoltà di rendere obbligatorie, proibire o limitare l'utilizzazione di alcune indicazioni di cui alla sezione B, punti 1 e 2, del medesimo allegato VII, dagli articoli 13 e 19 del regolamento (CE) n. 753/2002 della Commissione,
 

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del 29 aprile 2002, che fissa talune modalità di applicazione del citato regolamento (CE) n. 1493/1999, i quali consentono agli Stati membri di stabilire disposizioni supplementari per quanto concerne l'utilizzo in designazione, rispettivamente, delle indicazioni facoltative e della indicazione delle varietà di viti, nonché dall'articolo 19 del decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 3 luglio 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 174 del 29 luglio 2003.
      12. Il Ministro delle politiche agricole e forestali, con proprio decreto, stabilisce le modalità di attuazione dell'obbligo di cui al comma 11.
      13. L'inosservanza dell'obbligo della dichiarazione sull'etichetta previsto al comma 11 comporta, a carico del soggetto inadempiente, la immediata esclusione dal Progetto e una sanzione amministrativa da 516,46 euro a 3.098,74 euro, ai sensi di quanto stabilito dall'articolo 30 della legge 10 febbraio 1992, n. 164, oltre all'eventuale applicazione delle sanzioni stabilite dall'articolo 31 della medesima legge n. 164 del 1992.

Capo V
REGOLAMENTO ATTUATIVO

Art. 6.

      1. Con regolamento attuativo, da emanare da parte delle regioni o delle province interessate, o di eventuali altri organi competenti, entro e non oltre trenta giorni dall'accoglimento delle domande di cui all'articolo 4, sono stabilite le modalità di concessione e l'estensione dei campi sperimentali di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 5, per i quali è previsto l'esonero dai diritti d'impianto, nonché l'estensione minima e massima della eventuale quota produttiva da riservare al Progetto al termine della sperimentazione, previo acquisto dei diritti d'impianto da parte dei soggetti interessati a proseguire nella vinificazione.

 

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Capo VI
DURATA DEL PROGETTO
E COPERTURA FINANZIARIA

Art. 7.

      1. Il Progetto ha una durata di dieci anni, per ciascuna varietà di viti allo studio. Al termine della sperimentazione decennale, i campi sperimentali possono essere trasformati in collezioni, oppure, nel caso in cui la vinificazione abbia dato risultati positivi e sia avvenuta l'iscrizione del vitigno nel Registro nazionale delle varietà di viti ai sensi del comma 5 dell'articolo 5, divenire parte produttiva, in base alla quota riservata al Progetto ai sensi del regolamento attuativo di cui all'articolo 6.
      2. Le risorse per la realizzazione del Progetto sono destinate alle spese per i lavori della Commissione, per l'attività di zonazione, per le attività di ricerca e per l'attuazione dei campi sperimentali di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 5, comprese le microvinificazioni e le analisi sensoriali, per la preparazione della documentazione necessaria per l'iscrizione nel Registro nazionale delle varietà di viti, ai sensi del comma 5 dell'articolo 5.
      3. Un apposito capitolo di spesa, aperto ad eventuali erogazioni liberali di persone fisiche e giuridiche private in qualità di sponsor del Progetto, è riservato alle necessarie attività di comunicazione e divulgazione dei vitigni autoctoni italiani e dei vini ottenuti dai medesimi, quali pubblicazioni scientifiche e divulgative, ricerche e operazioni di marketing, anche tramite banchi di assaggio e degustazioni itineranti su tutto il territorio italiano.
      4. Alle erogazioni liberali di cui al comma 3 del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste dagli articoli 15, comma 1, lettera h), e 100, comma 2, lettera f), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, in materia di oneri deducibili

 

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dal reddito delle persone fisiche e giuridiche in quanto finalizzati all'organizzazione di mostre e di esposizioni di rilevante interesse scientifico e culturale, nonchè agli studi e alle ricerche a tale fine necessari.

      5. Le risorse di cui al comma 2 sono erogate a valere sulle risorse dei Fondi strutturali dell'Unione europea per il periodo 2000-2006 di cui al regolamento (CE) n. 1783/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 1999, al regolamento (CE) n. 1784/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 1999, al regolamento (CE) n. 1263/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999 e al regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999.
      6. Per i soggetti che hanno chiesto e ottenuto l'autorizzazione anche per la sperimentazione di metodi di produzione e di trattamento più sicuri e meno inquinanti, di cui al comma 3 dell'articolo 4 e al comma 4 dell'articolo 5, i finanziamenti per la realizzazione dei medesimi campi sperimentali sono altresì erogati a valere sulle risorse dei Fondi previsti per il periodo 2002-2006 per l'area della «Qualità e sicurezza alimentare» del Sesto programma quadro di azioni comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione, volto a contribuire alla realizzazione dello Spazio europeo della ricerca e all'innovazione (2002-2006), di cui alla decisione n. 1513/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2002.
Frontespizio Relazione Progetto di Legge
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