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PDL 5049

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5049



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato LA MALFA

Istituzione del Ministero per lo sviluppo del Mezzogiorno

Presentata il 7 giugno 2004


      

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Onorevoli Colleghi! - Il Mezzogiorno continua a rappresentare un problema, ancora largamente irrisolto, dell'economia italiana. Indiscutibili sono alcuni successi registrati dall'area meridionale dalla seconda metà degli anni novanta ad oggi tra cui, in particolare, i più elevati tassi di crescita del prodotto interno lordo (PIL), rispetto al resto del Paese (1,7 per cento in media negli anni 1996-2003 rispetto all'1,4 per cento), alimentati soprattutto dalla dinamica degli investimenti fissi lordi. Particolarmente sostenuta è stata anche la crescita dei tassi demografici di impresa, a dimostrazione di una vitalità imprenditoriale che si è rivelata particolarmente vivace nel Mezzogiorno.
      Il divario «strutturale» tra il Mezzogiorno e il centro-nord non si è, tuttavia, attenuato nell'ultimo decennio. Al riguardo, vi sono vari indicatori preoccupanti:

          1) il PIL per abitante nel Mezzogiorno in percentuale di quello del centro-nord è risultato ancora pari al 58,7 per cento nel 2002 (55,7 per cento nel 1995). Tale incidenza va da un massimo del 67 per cento per il Molise ad un minimo del 53,7 per cento per la Calabria (che è la regione più povera del Paese);

          2) la dinamica relativa al mercato del lavoro meridionale, pur registrando un discreto recupero, non è riuscita ad attenuare le distanze con il resto del Paese: ad esempio, il tasso di disoccupazione nel 2003 è stato pari al 17,7 per cento nel Mezzogiorno contro il 4,5 per cento del centro-nord, quindi superiore di 13 punti percentuali, gli stessi del 1995 (20,4 per cento contro il 7,6 per cento);

          3) la disoccupazione giovanile è pari al 49 per cento nel sud rispetto al 14 per cento del centro-nord;

          4) mentre la popolazione del Mezzogiorno è poco più del 35 per cento della popolazione complessiva in Italia, appartiene

 

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all'area meridionale circa il 64 per cento delle persone in cerca di occupazione; il tasso di occupazione (pur in crescita dalla metà degli anni novanta) è modesto: 44,1 per cento nel 2003 (41,8 per cento in Sicilia e 42,3 per cento in Calabria) contro il 62,6 per cento nel centro-nord (68,3 per cento in Emilia Romagna). Vi sono inoltre, all'interno dell'area meridionale, circa 450 mila nuclei familiari - il 10 per cento del totale - nei quali nessun membro della famiglia ha un'occupazione; nel centro-nord solo il 2 per cento delle famiglie si trova in questa drammatica situazione;

          5) l'incidenza della povertà nel 2002, cioè la percentuale di famiglie che hanno una spesa mensile per consumi al di sotto della soglia della povertà, a livello nazionale è pari all'11 per cento e corrisponde a circa 2 milioni e 456 mila famiglie. Nel Mezzogiorno tale incidenza sale al 22,4 per cento rispetto a quote del 5 per cento e del 6,7 per cento registrate nel nord e nel centro del Paese. Poco più del 66 per cento delle famiglie povere è concentrato nel sud;

          6) a fronte di un miglioramento del tasso di occupazione, sono risultati crescenti dalla seconda metà degli anni novanta i tassi di irregolarità nel Mezzogiorno, pari nel 2001 al 22,9 per cento, rispetto al 12,3 per cento del centro-nord. La Calabria e la Campania sono le regioni caratterizzate dai più elevati tassi di irregolarità (rispettivamente del 29,1 per cento e del 25,2 per cento);

          7) il valore delle esportazioni per abitante risulta modesto nel Mezzogiorno: 1.371 euro (137 euro in Calabria) contro 6.474 euro del centro-nord;

          8) il tasso di industrializzazione conferma la modesta rilevanza del settore industriale nell'area meridionale a confronto con quella del resto del Paese: nel 2001, sulla base dei recenti risultati del censimento ISTAT sulle imprese e sui servizi, tale tasso è risultato pari a 41,5 (115,3 nel centro-nord). Rispetto al 1991 tale divario non sembra essersi attenuato (43,3 nel Mezzogiorno contro 125,3 del centro-nord);

          9) nel 2001 la dimensione media delle unità locali nel Mezzogiorno è modesta e minore rispetto a quella del centro-nord (2,9 addetti contro 3,9). La dimensione media risulta in flessione, per entrambe le aree, rispetto al 1991, a conferma della frammentazione della struttura produttiva del Mezzogiorno e del resto del Paese verificatasi negli anni novanta;

          10) per quanto riguarda le infrastrutture, l'indice generale rivela un livello di dotazione pari appena al 78 per cento rispetto ad una media di 100 per l'Italia nel suo complesso. In alcuni campi il confronto è particolarmente sfavorevole. Nel settore idrico, la dotazione del Mezzogiorno è pari appena alla metà dei valori medi nazionali; nelle comunicazioni, ai tre quinti, nell'energia non si raggiungono i tre quarti. Riguardo all'estensione della rete ferroviaria - Ferrovie dello Stato più ferrovie in concessione - il sud rappresenta solo il 40,4 per cento del totale italiano;

          11) la spesa per la ricerca è localizzata per il 93,4 per cento nel centro-nord e per il 6,6 per cento nel Mezzogiorno, così come lo era diversi anni fa. Il personale di ricerca è localizzato per il 92,4 per cento nel centro-nord e per il 7,6 per cento nel Mezzogiorno. Vi è poi uno squilibrio interno allo stesso Mezzogiorno; se in fatto di personale di ricerca il rapporto centro-nord e Mezzogiorno è di 7:1, tra Campania e Calabria è di 6:1 e tra centro-nord e Calabria è di 24:1. La ricerca privata (non universitaria) è ancora più squilibrata: assorbe solo il 3 per cento della spesa complessiva e il 4 per cento del personale, percentuali, queste, inferiori a quelle della ricerca pubblica che sono dell'8,7 per cento e del 9 per cento rispettivamente.

      Da questo insieme di dati, non ignoti, ma che talvolta si tende a dimenticare guardando alle medie nazionali, emergono con chiarezza due conclusioni.
      La prima è che, nonostante gli sforzi compiuti nel corso del dopoguerra per

 

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promuovere lo sviluppo economico del Mezzogiorno, il divario con il centro-nord permane elevatissimo. Da tutto questo non si può certo trarre la conclusione che questi sforzi siano stati inutili, poiché in assenza di essi il Mezzogiorno si troverebbe oggi in condizioni assai più precarie di quelle che pure emergono dai dati esposti.
      La seconda conclusione è che il persistere di questi divari è un fattore permanente di crisi del tessuto sociale del Paese. È dunque indispensabile farsi carico del problema e aggredire con politiche appropriate questi problemi.
      In realtà, mentre nei primi anni del dopoguerra la scelta che venne operata fu di dedicare un impegno straordinario per cercare di colmare il divario nord-sud, in tempi più recenti si è ritenuto che la fase degli interventi straordinari dovesse lasciare il posto a una politica ordinaria. Così è stata posta in liquidazione la Cassa per il Mezzogiorno, è stato abolito il Ministro senza portafoglio per il coordinamento degli interventi nel Mezzogiorno e si è ritenuto che bastassero le leggi specifiche a favore delle zone meno sviluppate, nonché i finanziamenti predisposti dall'Unione europea per le regioni meno favorite.
      Ma tutto ciò non basta. Il persistere dei divari, così come la conseguente concentrazione del malessere sociale nel Mezzogiorno, impongono oggi una nuova svolta e il ritorno ad una politica che abbia di mira il Mezzogiorno nel suo complesso e che fissi un traguardo concreto di superamento del divario come specifico obiettivo dell'azione di governo.
      Un esame della situazione attuale porta inevitabilmente alla conclusione che oggi non vi è più una sede nella quale le varie iniziative per il Mezzogiorno trovino una loro compiuta definizione. Alcune risorse sono distribuite dal Ministero dell'economia e delle finanze; altre, dal Ministero delle attività produttive; altre dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca; altre ancora, con un forte impatto sul Mezzogiorno, sono concentrate in Ministeri come quelli delle infrastrutture e dei trasporti, dell'ambiente e della tutela del territorio, per i beni e le attività culturali; altre, infine, vengono gestite dalle regioni individualmente, anche quando sarebbe necessario un coordinamento tra le diverse regioni meridionali. La stessa utilizzazione delle risorse che l'Unione europea mette a disposizione delle regioni più svantaggiate è soggetta ad una serie di difficoltà ben note.
      La conclusione alla quale una riflessione attenta sul problema meridionale conduce, è che è indispensabile disporre di uno strumento di intervento destinato a prefigurare lo sviluppo complessivo delle aree meridionali. Si può anche immaginare che si tratti di uno strumento la cui validità è legata alla persistenza delle difficoltà di sviluppo del Mezzogiorno e il cui orizzonte possa essere quindi stabilito in rapporto al superamento di questa condizione differenziale. Si potrebbe, da questo punto di vista, immaginare che questo strumento venga abolito quando il divario con il resto del Paese sia stato ridotto a una data percentuale.
      Lo strumento al quale si fa riferimento non può che consistere nella istituzione di un Ministero per lo sviluppo del Mezzogiorno che abbia la responsabilità diretta dell'amministrazione delle risorse specifiche che la legislazione vigente destina alle aree del sud nonché il potere di coordinare gli interventi dei vari Ministeri destinati alle aree del Mezzogiorno.
      In particolare, al Ministero per lo sviluppo del Mezzogiorno verrebbero trasferite le funzioni statali in materia di politiche di coesione nelle aree depresse attribuite attualmente al Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 24, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
      Inoltre, al nuovo Ministero, sarebbero trasferite le funzioni statali in materia di agevolazioni, contributi, sovvenzioni e benefìci alle attività produttive dirette ad attuare politiche di coesione, nonché di promozione degli investimenti esteri nelle aree depresse attribuite ora al Ministero delle attività produttive ai sensi dell'articolo
 

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28, comma 1, lettere a) e b), del citato decreto legislativo n. 300 del 1999.
      Sarebbero trasferite infine all'istituendo Ministero le funzioni di promozione e sostegno della ricerca attribuite oggi al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ai sensi dell'articolo 50, comma 1, lettera b), del menzionato decreto legislativo n. 300 del 1999.
      Questo per quanto riguarda l'importante mole di risorse che oggi vengono gestite da strutture ministeriali diverse, in totale assenza di coordinamento, risorse che in tale modo non possono determinare una massa critica di interventi concernenti le zone più suscettibili o più bisognose di sviluppo. Vi sono poi una serie di problemi di coordinamento delle iniziative che riguardano l'insieme delle regioni meridionali, dalle infrastrutture stradali a quelle dell'acqua a quelle ferroviarie e così via, che devono essere affrontati in un quadro unitario, così come deve essere perseguito il coordinamento delle iniziative delle regioni in tutte le materie che attengono allo sviluppo del Mezzogiorno nel suo complesso.
      Per queste ragioni, con la proposta di legge qui presentata, viene modificata la struttura del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) ed è istituita una Commissione in seno al CIPE stesso, presieduta dal presidente del Consiglio dei ministri o, su sua delega, dal Ministro per lo sviluppo del Mezzogiorno, che comprende tutti i Ministeri interessati a tali problematiche.
      Infine, al Ministero è affidato il compito di indirizzo, coordinamento e vigilanza sulle società a partecipazione pubblica che operano nel Mezzogiorno o su problemi che attengono al Mezzogiorno.
      Il problema dunque è quello di togliere agli interventi, pur lodevoli, che il Governo fa e intende fare nel Mezzogiorno e a favore del Mezzogiorno, il carattere di episodicità e frammentarietà che sostanzialmente ne limita l'efficacia complessiva.
      L'esempio di quanto si sta qui affermando è il progetto del Ponte dello stretto, un'opera certamente significativa per mole di investimenti richiesti e quindi per il possibile diretto impatto economico, ma che avrebbe scarsissimo effetto sui processi di sviluppo del Mezzogiorno se non costituisse parte organica di un progetto di attrezzatura infrastrutturale, almeno della Calabria e della Sicilia, se non di tutte le regioni meridionali. Progetto per il quale è necessaria una considerazione unitaria sotto il profilo economico e finanziario: ma per tale considerazione unitaria oggi non vi è una sede all'interno del Governo.
      Queste sono in sintesi le ragioni per le quali appare assolutamente urgente e indispensabile, alla luce anche del progressivo venire meno dei finanziamenti europei per la coesione, che l'Italia si doti di uno strumento specifico mirato a dare vigore e impostazione unitaria alle politiche volte alla soluzione della nostra storica questione meridionale.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Istituzione del Ministero per lo sviluppo del Mezzogiorno).

      1. È istituito il Ministero per lo sviluppo del Mezzogiorno, di seguito denominato «Ministero», con il compito di programmare ed attuare gli interventi di politica economica volti al sostegno dello sviluppo delle regioni meridionali, nonché al coordinamento dell'attività delle amministrazioni pubbliche e delle società a partecipazione pubblica operanti in tale settore.
      2. Con regolamento emanato ai sensi del comma 4-bis dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, si provvede, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, alla definizione dell'assetto organizzativo del Ministero ed alle riorganizzazioni degli altri Ministeri che si rendano necessarie a seguito dell'istituzione del Ministero stesso.

Art. 2.
(Competenze e finalità).

      1. Al Ministero sono attribuiti i compiti e le funzioni spettanti allo Stato in materia di programmazione e di attuazione degli investimenti pubblici, di coordinamento della spesa pubblica, di programmazione, coordinamento, attuazione e verifica degli interventi, anche infrastrutturali, per lo sviluppo economico delle aree depresse del Mezzogiorno, nonché di politiche di coesione.
      2. Il Ministero esercita le funzioni previste dalla legislazione vigente in materia di strumenti di programmazione negoziata e di programmazione dell'utilizzo

 

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dei fondi strutturali comunitari con riferimento alle aree depresse del Mezzogiorno.
      3. Il Ministero svolge compiti di indirizzo, coordinamento e vigilanza sugli enti pubblici statali e sulle società a partecipazione pubblica operanti nel settore delle politiche di coesione con riferimento alle aree depresse del Mezzogiorno, esercitando altresì i diritti di azionista dello Stato nelle predette società.
      4. Il Ministero esercita le funzioni di promozione e di sostegno della ricerca delle imprese situate nelle aree depresse del Mezzogiorno nonché di promozione degli investimenti esteri nelle imprese situate nelle medesime aree.

Art. 3.
(Trasferimento di funzioni).

      1. Al Ministero sono trasferite le funzioni statali in materia di politiche di coesione nelle aree depresse attribuite al Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 24, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
      2. Al Ministero sono trasferite le funzioni statali in materia di agevolazioni, contributi, sovvenzioni e benefìci alle attività produttive dirette ad attuare politiche di coesione, nonché di promozione degli investimenti esteri nelle aree depresse attribuite al Ministero delle attività produttive ai sensi dell'articolo 28, comma 1, lettere a) e b), del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni.
      3. Al Ministero sono trasferite le funzioni in materia di promozione e di sostegno della ricerca delle imprese con riferimento alle aree depresse, attribuite al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ai sensi dell'articolo 50, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

 

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Art. 4.
(Istituzione della Commissione per il sostegno allo sviluppo nelle aree depresse del Mezzogiorno).

      1. Presso il Comitato interministeriale per la programmazione economica è istituita la Commissione per il sostegno allo sviluppo nelle aree depresse del Mezzogiorno, di seguito denominata «Commissione».
      2. La Commissione è presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri o, su sua delega, dal Ministro per lo sviluppo del Mezzogiorno ed è composta dal Ministro dell'economia e delle finanze, dal Ministro delle attività produttive, dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali e dal Ministro delle politiche agricole e forestali.
      3. Il coordinamento delle attività della Commissione è attribuito al Ministero.

Art. 5.
(Disposizioni di attuazione).

      1. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri sono definite le modalità di trasferimento al Ministero delle strutture del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero delle attività produttive, alle quali sono attribuiti compiti nelle materie assegnate alla competenza del Ministero medesimo.
      2. Con i decreti di cui al comma 1 sono altresì definite le modalità di trasferimento al Ministero delle relative risorse umane e strumentali.


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