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PDL 4967

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4967



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato RICCIUTI

Disposizioni in materia di corresponsione di indennizzi a cittadini, enti e imprese italiani per beni, diritti e interessi perduti in territori già soggetti alla sovranità italiana e all'estero

Presentata il 5 maggio 2004


      

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Onorevoli Colleghi! - Sebbene la nostra Costituzione, all'articolo 35, sancisca il dovere della Repubblica italiana di tutelare il lavoro italiano all'estero, la questione degli indennizzi alle migliaia di cittadini italiani per le perdite subite in oltre trentacinque Paesi stranieri è un problema di carattere umano, personale, familiare, prima che economico e politico, ancora non risolto.
      La perdita dei territori ceduti alla ex Jugoslavia è quello più grave e che ci ha colpito di più perché abbiamo perduto una parte di territorio italiano, un pezzo di Patria. Ma anche le ex colonie si avviavano ormai a diventare territorio nazionale, come la Libia, che era già stata costituita nelle due province di Tripoli e Bengasi dove l'attività economica si era sviluppata in modo impressionante. E così anche in Etiopia e in Albania.
      I nostri concittadini hanno subito, però, perdite in tantissimi altri Paesi, inclusi gli Stati Uniti, il Brasile, la Cina, il Giappone, e, più recentemente, lo Zaire, la Somalia, la Liberia, l'Iraq e il Kuwait.
      Inoltre, molti dei Paesi in cui sono avvenute le perdite hanno vissuto e vivono ancora condizioni differenti sotto il profilo politico e istituzionale. Questo complica il recupero dei beni e delle informazioni e dà ragione delle tante disposizioni legislative emanate.
      Considerati i tanti anni trascorsi dal verificarsi delle perdite, si pone per lo Stato il problema di risolvere, con equità ed entro breve tempo, le molte questioni ancora aperte, come testimoniano le numerose vertenze non ancora definite e il cospicuo contenzioso in atto.
      A questo punto chiudere la vicenda dei beni perduti all'estero rappresenta
 

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un'istanza di giustizia e di dignità del nostro Paese, nonché un'esigenza fondamentale dal punto di vista della credibilità delle nostre stesse istituzioni.
      Altri Paesi, come la Francia, hanno risolto da anni il problema dei beni perduti e lo hanno risolto tramite una procedura amministrativa di avanguardia. Spesso sarebbe sufficiente che i governi intervenissero con volontà e soprattutto che la pubblica amministrazione desse attuazione alla volontà che si esprime attraverso l'atto legislativo.
      Inoltre, fatto ancora più importante, gli indennizzi finora corrisposti sono da considerare inadeguati, ben lontani dalle logiche aspettative dei danneggiati e, soprattutto, dalla lettera e dallo spirito del Trattato di pace e degli altri accordi stipulati dall'Italia con i vari Paesi che confiscarono o nazionalizzarono i beni dei nostri concittadini.
      Difatti i coefficienti previsti dalle leggi vigenti per rivalutare le perdite subite nei territori ceduti e nelle ex colonie sono, rispettivamente, 200 e 100, mentre, secondo i dati ufficiali dell'ISTAT, la perdita di valore della nostra moneta, intercorsa nello stesso periodo, è stata di 1.200 punti. Lo Stato ha dunque indennizzato i propri cittadini, provenienti dai territori ceduti, in misura pari ad un sesto del valore reale dei beni, mentre per quanto riguarda le ex colonie l'indennizzo è stato di un dodicesimo.
      Ma, se, da un lato, in passato il legislatore non sempre è stato tempestivo ed esaustivo, non v'è dubbio che l'attuale situazione è anche la conseguenza dell'operato della pubblica amministrazione dello Stato italiano.
      Come dovremmo ritenere il governo di uno Stato il quale definisce le sue pendenze internazionali surrogandosi ai propri cittadini e, poi, non adempie alle formalità dovute nei confronti dei cittadini medesimi?
      La questione degli indennizzi è una di queste formalità disattese.
      La causa forse più grave di queste inadempienze è da rinvenire nella pessima gestione della cosa pubblica da parte della pubblica amministrazione. È la nota dolente di uno Stato che ambisce al confronto con i partner europei. È la conseguenza di un gap culturale che affligge la pubblica amministrazione, la quale dal 1948 ha perso quelle caratteristiche che le erano attribuite in quanto amministrazione dei governi secondo lo Statuto albertino. Successivamente, per tutto un insieme di ragioni, è diventata uno dei poteri dello Stato, andando ad allargare la triade tradizionale.
      La storia della legislazione sugli indennizzi è lì a testimoniare che ogni questione di giustizia non appagata diviene una sorta di ferita recata al Paese.
      Dopo un iniziale approccio settoriale che ha visto emanare di volta in volta leggi a favore dei profughi dei diversi Paesi, la legge 26 gennaio 1980, n. 16, ha rappresentato la prima legge organica in materia di indennizzi per le perdite subite dai nostri connazionali nei Paesi di provenienza, dai quali sono dovuti precipitosamente rientrare per cause belliche o politiche.
      Tuttavia, la preconcetta ostilità della pubblica amministrazione, unita all'inefficienza e all'inefficacia che spesso affliggono la nostra burocrazia, hanno lasciato in gran parte disatteso lo spirito e spesso perfino la lettera della legge.
      Sicché si è reso necessario un nuovo intervento del legislatore per risolvere alcune problematiche sorte nel corso della stentata e controversa applicazione della legge n. 16 del 1980, oltre che per rimediare parzialmente alle gravi perdite economiche che il ritardo nel pagamento degli indennizzi aveva cagionato agli aventi diritto.
      È stata così emanata la legge 5 aprile 1985, n. 135, che ampliava e integrava la legge 26 gennaio 1980, n. 16, con il proposito di completare entro un quinquennio la liquidazione degli indennizzi.
      Purtroppo però, nonostante quella legge, a distanza di oltre cinquant'anni dalle perdite, molti profughi attendono ancora oggi ciò che loro spetta. Il ritmo delle liquidazioni da parte della pubblica amministrazione è estremamente lento e,
 

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di questo passo, occorreranno ancora molti anni per definire tutte le istanze, mentre la continua erosione del valore della moneta ha reso e rende sempre più irrisori gli importi degli indennizzi.
      Anche la legge 29 gennaio 1994, n. 98, resasi necessaria per chiarire l'ambito di applicazione soggettiva e oggettiva delle leggi n. 16 del 1980 e n. 135 del 1985, e per snellire e velocizzare il lavoro delle commissioni interministeriali preposte alla determinazione degli indennizzi, non ha dato i risultati sperati, né per quanto riguarda il completamento delle pratiche, né per quanto concerne la semplificazione dell'applicazione della normativa, come testimonia il cospicuo contenzioso che si è sviluppato.
      La legge n. 98 del 1994 ha avviato un processo di riorganizzazione che ha portato il numero delle commissioni da sei a due, ha ridotto a uno il numero di esperti che prima erano tredici, ha affidato alle commissioni medesime funzioni e poteri deliberativi e vincolanti la pubblica amministrazione, sollevando quest'ultima da molte responsabilità e coinvolgendo le associazioni dei danneggiati nella gestione dello strumento legislativo.
      Tuttavia, l'esperienza di questi primi dieci anni ha evidenziato che il cammino non è ancora stato completamente compiuto. Le due commissioni hanno ancora dimensioni tali da ostacolare un attento, sereno e soprattutto celere esame delle singole pratiche.
      Inoltre, fatto ancora più grave, queste due commissioni, di identica composizione, chiamate ad applicare lo stesso corpus normativo, hanno due giurisprudenze spesso completamente differenti.
      È bene ricordare che, come sancito definitivamente dalla legge n. 98 del 1994, l'indennizzo per i beni perduti all'estero costituisce per i danneggiati un diritto soggettivo perfetto. Anche questa precisazione, come tante altre contenute nella legge n. 98 del 1994, era inutile perché la natura di diritto soggettivo era già stata ribadita da oltre cinquanta sentenze della Corte di cassazione, perché in realtà ciò era già sancito dal Trattato di pace che impegnava il nostro Governo a indennizzare i cittadini i cui beni erano stati confiscati e prevedeva che il valore di queste confische fosse detratto dalle riparazioni di guerra dovute. Questo significa che lo Stato italiano ha già acquisito le somme degli indennizzi nel 1947 sotto forma di minori esborsi dovuti per le riparazioni di guerra. Un altro gravoso problema non risolto dalle precedenti leggi sulla materia deriva dall'essersi innestata la legislazione sugli indennizzi sulla precedente legislazione inerente il pagamento dei danni di guerra. A causa di interpretazioni a dir poco restrittive dell'amministrazione pubblica, le parziali e limitative valutazioni effettuate in base alle leggi sui danni di guerra vengono recepite dall'amministrazione pubblica come base di commisurazione quantitativa e qualitativa per gli indennizzi ai sensi delle successive leggi. Questo ha portato, da un lato, ad escludere dall'indennizzabilità gli oggetti di lusso e i beni d'arte, dall'altro lato all'assurda situazione di molti che, avendo subìto la distruzione totale degli immobili adibiti allo svolgimento di attività lavorative ed essendo stati risarciti del valore del manufatto, sono però esclusi dall'indennizzo per l'avviamento.
      Allo scopo di rimediare a tale assurda situazione, la legge n. 98 del 1994 prevede la richiesta di revisione della stima. Tuttavia, anche in questo caso, una interpretazione restrittiva ha indotto la commissione a richiedere che la domanda medesima sia suffragata dalla produzione di nuova documentazione, mentre è evidente che non di questo si tratta, ma di riconsiderare con criteri diversi e più attinenti le consistenze quantitative e qualitative delle perdite denunciate, nonché i parametri valutativi adottati.
      Anzi, per certi versi, la legge n. 98 del 1994 ha causato un ulteriore rallentamento delle liquidazioni, ad esempio con la richiesta di asseverazione delle dichiarazioni giurate rese dagli interessati e da ben quattro testimoni, con conformi attestazioni di congruità da parte di non meglio precisati competenti uffici dell'amministrazione dello Stato.
 

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      Spesso però i competenti uffici dell'amministrazione dello Stato italiano, cioè i consolati e le ambasciate, incontrano le stesse difficoltà degli interessati nel reperire la documentazione e le informazioni necessarie. Sicché, semplicemente non sono in grado di asseverare alcunché.
      Nel frattempo, dal 1985, altri connazionali hanno subìto perdite in molti altri Paesi nelle regioni medio-orientali e africane, ai quali tuttavia è negata, al momento, qualunque tutela giuridica.
      Particolare attenzione merita infine l'insostenibile situazione in cui si trovano i nostri concittadini di religione ebraica che vivevano in Libia. Costoro hanno avuto il pieno riconoscimento della loro nazionalità italiana, da parte del Ministero dell'interno, soltanto nel marzo 1987, nonostante le numerose pronunce della magistratura che erano già intervenute.
      È chiaro quindi che alle date di promulgazione delle leggi n. 16 del 1980 e n. 135 del 1985 non potevano presentare istanze di indennizzo.
      La presente proposta di legge si prefigge di mettere definitivamente ordine nella materia e ripristinare un equo trattamento di indennizzo a favore di tutti gli aventi diritto.
      L'articolo 1 definisce l'ambito di applicazione soggettiva dei benefìci delle leggi sugli indennizzi, prevedendo anche i casi di perdita o abbandono dei beni a seguito di eventi bellici o politici. Inoltre si estende ai soci o azionisti italiani di società estere la validità della domanda di indennizzo presentata dai legali rappresentanti delle stesse.
      L'articolo 2 detta norme procedurali e di attuazione volte a risolvere alcune criticità emerse nel corso dell'applicazione della legge n. 98 del 1994. La prima riguarda l'indennizzo relativo all'avviamento delle attività per il quale l'attuale normativa pone un limite massimo se, in assenza di idonea documentazione, è lasciata alla discrezionalità delle competenti commissioni la determinazione della misura forfettaria dell'indennizzo. Ciò ha visto le commissioni medesime, impegnate nell'impossibile compito di discriminazione fra le innumerevoli e sempre differenziate situazioni dei casi concreti, alla ricerca dell'equo indennizzo da riconoscere.
      Data l'impossibilità di tale azione discriminatoria, anziché raggiungere una maggiore equità, si è finito per introdurre forti elementi di iniquità.
      Inoltre, è necessario correggere l'attuale disposizione, specificando che la base di commisurazione dell'avviamento, laddove determinato in via equitativa per mancanza di idonea documentazione, deve essere il valore economico di tutti i beni, materiali e immateriali, impiegati nell'attività.
      La seconda questione è connessa ai criteri con i quali, in assenza spesso di dati adeguati, sono state condotte in passato le procedure tecniche della stima dei cespiti, soprattutto prima del 1985. Per questi casi si prevede la possibilità di una revisione delle procedure tecniche di valutazione.
      Infine, per motivi di trasparenza dell'operato della pubblica amministrazione e di tutela dei cittadini, si prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze rediga e renda pubblica la graduatoria dell'ordine con il quale le istanze saranno esaminate.
      L'articolo 3 prevede la rivalutazione degli indennizzi in base all'indice generale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati calcolato dall'ISTAT fino al momento del pagamento.
      L'articolo 4 prevede le modalità con le quali il Ministero dell'economia e delle finanze può corrispondere gli indennizzi e, anche per stimolare la pubblica amministrazione ad eseguire con celerità i pagamenti deliberati, sugli stessi è prevista la corresponsione degli interessi legali, decorsi quattro mesi dalla notifica agli aventi diritto.
      L'articolo 5 si prefigge di creare le condizioni per un rapido esame delle domande di indennizzo. Le due attuali faraoniche commissioni sono sostituite da un'unica commissione che si articola in cinque sezioni deliberanti. In questo modo, con un impiego minore di risorse la capacità operativa è più che raddoppiata e, nel contempo, è assicurata un'applicazione
 

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più uniforme della legge, essendo demandato alla commissione a sezioni riunite il compito di dare l'indirizzo interpretativo cui le sezioni dovranno uniformarsi.
      L'articolo 6 riguarda la copertura finanziaria.
      L'articolo 7 prevede la riapertura dei termini per beneficiare delle provvidenze previste dalle leggi emanate in materia, facendo salve le domande già presentate in passato anche se non nei termini previsti.
      Crediamo superfluo dover sottolineare l'urgenza morale e politica affinché la presente proposta di legge possa presto trasformarsi nello strumento giuridico che consentirà ai nostri sfortunati connazionali di vedere riconosciuti i loro diritti.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Beneficiari).

      1. I benefìci di cui alla legge 26 gennaio 1980, n. 16, e successive modificazioni, alla legge 5 aprile 1985, n. 135, e successive modificazioni, alla legge 29 gennaio 1994, n. 98, e alla presente legge spettano ai cittadini, agli enti e alle società italiani, per la perdita di beni, diritti e interessi di cui erano titolari, direttamente o indirettamente, in parte o nella totalità, in territori già soggetti alla sovranità italiana o all'estero, a seguito di confische o di provvedimenti limitativi o impeditivi, comunque adottati dalle autorità esercenti, anche solo di fatto, la sovranità su quei territori, prima della data di entrata in vigore della presente legge.
      2. I benefìci di cui al comma 1 spettano anche ai cittadini, agli enti e alle società italiani, titolari all'estero, direttamente o indirettamente, in parte o nella totalità, di beni, diritti e interessi, perduti o abbandonati, a seguito di eventi bellici o politici ovvero a seguito di guerre civili, atti di guerriglia o sommosse, prima della data di entrata in vigore della presente legge.
      3. Le domande di indennizzo presentate dai legali rappresentanti delle società estere si intendono valide a tutti gli effetti nei confronti degli azionisti o possessori di quote italiani.

Art. 2.
(Norme procedurali e di attuazione).

      1. L'indennizzo relativo all'avviamento delle attività industriali, commerciali, agricole, di servizi, marittime, immobiliari, professionali e artigianali è determinato dalla commissione interministeriale di cui

 

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all'articolo 5, in misura non inferiore al 30 per cento del valore economico di tutti i beni, materiali e immateriali, impiegati nell'attività. Si presumono tali, salvo prova contraria, i beni, materiali e immateriali, figuranti nell'attivo dello stato patrimoniale del bilancio aziendale relativo alla chiusura dell'esercizio precedente a quello in cui la perdita dell'attività si è verificata, ove disponibile.
      2. Nell'ipotesi in cui le attività di cui al comma 1 fossero esercitate in locali o con macchinari e attrezzature presi in affitto, noleggio o leasing, nella base per il calcolo dell'avviamento si considera anche il valore degli immobili, dei macchinari e dell'attrezzatura non di proprietà.
      3. Le concessioni amministrative sono oggetto di autonoma valutazione con riferimento ai diritti e agli interessi che dalle stesse derivano ai titolari. Esse rilevano altresì ai fini della determinazione dell'avviamento dell'attività.
      4. L'ultimo periodo del comma 3 dell'articolo 1 della legge 29 gennaio 1994, n. 98, è soppresso.
      5. A richiesta degli interessati, la commissione interministeriale di cui all'articolo 5 dispone le procedure tecniche di revisione della stima per i cespiti liquidati o rigettati sulla base di relazioni di stima antecedenti al 1985.
      6. All'articolo 9 dalla legge 5 aprile 1985, n. 135, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «2-bis. Il Ministero dell'economia e delle finanze, entro sei mesi dal termine di presentazione delle domande, rende pubblico l'ordine nel quale le domande saranno esaminate, indicando per ognuna i titoli di precedenza. La graduatoria medesima è aggiornata ogni sei mesi sulla base delle modificazioni intervenute, anche a seguito di nuove comunicazioni, o di reclami degli aventi diritto».

Art. 3.
(Rivalutazioni).

      1. Agli indennizzi corrisposti dal Ministero dell'economia e delle finanze, sulla

 

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base della valutazione effettuata ai sensi della legge 26 gennaio 1980, n. 16, e successive modificazioni, nonché della presente legge, si applica la rivalutazione monetaria in base all'indice generale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, pubblicato annualmente dall'Istituto nazionale di statistica, per il periodo intercorrente fra l'anno di riferimento per la valutazione delle perdite e l'anno antecedente alla corresponsione degli indennizzi.

Art. 4.
(Liquidazione).

      1. Fino alla concorrenza di 250 mila euro, le somme erogate ai sensi della presente legge sono corrisposte in contanti; le somme eccedenti tale importo possono, a discrezione del Ministero dell'economia e delle finanze, essere corrisposte in titoli del debito pubblico.
      2. Decorsi quattro mesi dal giorno in cui gli indennizzi deliberati dalla commissione interministeriale di cui all'articolo 5 sono notificati agli aventi diritto e fino al giorno di emissione dell'ordinativo di pagamento, sugli stessi decorrono gli interessi in base al tasso legale.

Art. 5.
(Commissione interministeriale).

      1. L'articolo 3 della legge 29 gennaio 1994, n. 98, è abrogato.
      2. Le competenze delle commissioni soppresse ai sensi del comma 1 sono attribuite a una commissione interministeriale amministrativa costituita da:

          a) un magistrato della Corte di cassazione con funzione di presidente di sezione della Corte di cassazione o equiparato, in servizio o a riposo, che la presiede;

          b) un consigliere della Corte di cassazione, in servizio o a riposo;

          c) un consigliere del Consiglio di Stato, in servizio o a riposo;

 

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          d) un consigliere della Corte dei conti, designato dal Presidente della Corte dei conti, in servizio o a riposo;

          e) due professori ordinari di diritto civile o di economia, in servizio o a riposo;

          f) un dirigente del Ministero degli affari esteri, designato dal Ministro degli affari, esteri;

          g) un dirigente del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento del tesoro, designato dal Ministro dell'economia e delle finanze;

          h) un dirigente del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, designato dal Ministro dell'economia e delle finanze;

          i) un rappresentante dell'Avvocatura generale dello Stato, designato dall'Avvocato generale dello Stato;

          l) un dirigente dell'Agenzia del territorio, designato dal Direttore dell'Agenzia del territorio;

          m) cinque funzionari dei servizi interessati del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento del tesoro;

          n) quindici rappresentanti dei soggetti danneggiati dagli eventi di cui all'articolo 1, con comprovate conoscenze giuridico-economiche ed esperti della materia, designati dalle associazioni dei medesimi soggetti maggiormente rappresentative.

      3. Per ciascuno dei componenti effettivi di cui alle lettere da f) a n) del comma 2 è designato un supplente, con le modalità e i criteri di cui al medesimo comma, che partecipa alle riunioni della commissione in caso di assenza o di impedimento del componente effettivo.
      4. I componenti della commissione sono nominati dal Ministro dell'economia e delle finanze, durano in carica quattro anni e operano anche in regime di prorogatio.
      5. La commissione si articola in cinque sezioni. Le sezioni sono composte da sette membri, di cui tre rappresentanti dei soggetti

 

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danneggiati di cui alla lettera n) del comma 2, e sono presiedute dai membri di cui alle lettere da b) a e) del medesimo comma. I componenti della commissione possono fare parte di più sezioni, ad eccezione dei presidenti delle medesime. Due sezioni sono dedicate esclusivamente all'esame delle domande inerenti i territori ceduti alla ex Jugoslavia e la zona B dell'ex territorio libero di Trieste.
      6. Al presidente della commissione spetta il compito di coordinare i lavori delle sezioni, stabilendo il calendario delle riunioni e l'ordine del giorno delle medesime nonché nominando i relatori di ciascuna pratica fra i funzionari dell'ufficio.
      7. La commissione e le sezioni sono validamente costituite con la presenza della maggioranza dei componenti, purché sia presente almeno un rappresentante dei soggetti danneggiati di cui alla lettera n) del comma 2 per le sezioni e almeno cinque per la commissione. Le deliberazioni sono assunte a maggioranza semplice. In caso di parità di voti prevale il voto del presidente.
      8. La commissione detta gli indirizzi e i criteri generali di interpretazione cui si devono uniformare le sezioni.
      9. Il presidente della commissione può riservare alla commissione a sezioni riunite l'esame delle pratiche di particolare importanza o complessità, o quelle per le quali almeno tre membri della sezione ne facciano richiesta.
      10. Di ogni seduta è redatto verbale, sottoscritto dal presidente e dal segretario. Per le funzioni di segreteria, la commissione si avvale di dipendenti del Ministero dell'economia e delle finanze, coordinati da un dipendente dell'amministrazione medesima appartenente all'area funzionale C, posizione economica non inferiore a C2, designato dal Ministro.
      11. Le deliberazioni delle sezioni ratificate dalla commissione hanno carattere definitivo. Le deliberazioni medesime sono comunicate agli interessati da parte dei competenti uffici del Ministero dell'economia e delle finanze entro la fine del mese successivo a quello in cui le stesse sono state ratificate.
 

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      12. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede, con proprio decreto, a stabilire l'emolumento spettante ai componenti della commissione, nonché a dotare la medesima delle strutture e del personale occorrenti per la rapida definizione delle pratiche di indennizzo.

Art. 6.
(Copertura finanziaria).

      1. Per l'attuazione della presente legge è stanziata la somma di 150 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2004 al 2006. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 7.
(Termini di presentazione delle domande).

      1. Le domande per ottenere i benefìci previsti dalla presente legge devono essere presentate, a pena di decadenza, al Ministero dell'economia e delle finanze entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
      2. I termini previsti dalle leggi 26 gennaio 1980, n. 16, e successive modificazioni, 5 aprile 1985, n. 135, e successive modificazioni, e 29 gennaio 1994, n. 98, sono riaperti per ulteriori centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge; sono valide le istanze comunque presentate dagli interessati alla medesima data di entrata in vigore, anche se respinte perché tardive.


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