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PDL 5010

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 5010



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

RUZZANTE, MINNITI, PISA, PINOTTI, ANGIONI,
LUONGO, ROTUNDO, DE BRASI, LUMIA, SANDI

Disposizioni in materia di cure ai grandi invalidi per servizio militare ed equiparato ed estensione alla vedova del grande invalido per servizio dell'assegno supplementare erogato alla vedova del grande invalido di guerra

Presentata il 18 maggio 2004


      

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Onorevoli Colleghi! - Con la presente proposta di legge si sottopone alla vostra attenzione la richiesta di eliminare evidenti sperequazioni operate a danno di persone gravemente invalide e meritevoli della massima considerazione nonché di garantire un riconoscimento adeguato alle loro vedove.
      Ci riferiamo alla categoria dei grandi invalidi per servizio, costituita per la quasi totalità da personale militare e
      La presente proposta di legge, infatti, tratta:

          a) delle cure ai grandi invalidi per servizio militare di leva, che l'Amministrazione eroga al personale in servizio continuativo o in quiescenza per la cura di infermità e menomazioni dipendenti da causa di servizio e invece nega, una volta cessato il rapporto di servizio, al personale divenuto grande invalido per servizio militare di leva;

          b) della concessione gratuita dei farmaci di classe C), già attribuita ai grandi invalidi di guerra dalla legge 19 luglio 2000, n. 203, quando dalla prescrizione medica risulti che la loro assunzione sia indispensabile nel caso specifico, ma non concessa, anche se equiparati ai grandi invalidi di guerra in virtù della legge 29 gennaio 1987, n. 13, ai titolari di pensione privilegiata diretta di prima categoria;

          c) dell'estensione alla vedova del grande invalido per servizio dell'assegno supplementare erogato alla vedova del grande invalido di guerra.

 

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      Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 luglio 1965, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 247 del 1o ottobre 1965, emanato in base all'articolo 2 della legge 27 luglio 1962, n. 1116, recante norme per l'applicazione della legge 1o novembre 1957, n. 1140, e della legge 27 luglio 1962, n. 1116, in materia di spese di degenza e di cura per ferite, lesioni ed infermità dipendenti da causa di servizio a favore del personale militare, prevede l'assunzione a carico dello Stato delle spese di cura ritenute necessarie per il personale militare in attività di servizio dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica e per gli appartenenti ai Corpi armati dello Stato che abbiano contratto ferite, lesioni o infermità riconosciute dipendenti da causa di servizio, fissando le relative procedure.
      Dopo una prima applicazione, che ne limitava l'attribuzione al solo personale militare in servizio, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 luglio 1965, con determinazione del Ministro pro tempore (nota n. IV/105 16/10.0.145 del 14 luglio 1984), fu esteso anche al personale militare in quiescenza.
      Tale estensione fu disposta sulla base del parere n. 169/82 del 7 giugno 1982, con cui il Consiglio di Stato, sia pure in relazione al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 luglio 1965, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 246 del 30 settembre 1965, concernente il personale civile in quiescenza, ma di contenuto analogo al citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 luglio 1965, identificò la ratio dell'istituto nella funzione di «risarcire il danno subìto dall'impiegato per effetto dell'attività di servizio», ritenendo, conseguentemente, incongruo limitare l'applicabilità dell'istituto fino al momento della cessazione del rapporto d'impiego, «tanto più che seguendosi una soluzione restrittiva si sarebbe venuti a privare l'impiegato del risarcimento proprio nei casi più gravi, e cioè nelle ipotesi di infermità determinanti l'inabilità al servizio».
      Purtroppo, non è possibile applicare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 luglio 1965 né al personale militare in servizio di leva ed equiparato, né ai frequentatori delle scuole militari, in quanto per questi ultimi trova applicazione solo l'articolo 445 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 1976, n. 1076, secondo cui «le spese per il vitto, per la cura, l'assistenza e la prima fornitura degli apparecchi di protesi a favore dei sergenti di leva, graduati di truppa e dei militari semplici in servizio o in licenza, esclusi gli appuntati e i carabinieri, sono a carico dell'Amministrazione della difesa». Da ciò è chiaro che il militare in servizio di leva, diversamente dal militare o dall'impiegato in servizio continuativo, ha diritto durante il periodo di servizio all'assistenza sanitaria a carico dell'Amministrazione indipendentemente dal fatto che le infermità o lesioni siano o meno collegabili al servizio, per cui nulla rileva l'avvenuto riconoscimento di dipendenza da causa di servizio.
      Da quanto esposto si evince che l'attuale disciplina delle spese di degenza e cura per ferite, lesioni ed infermità, siano o meno dipendenti da causa di servizio, è applicabile comunque nei confronti del personale militare in servizio di leva in presenza del rapporto di servizio, che si interrompe con la fine del servizio obbligatorio di leva, contrariamente a quanto avviene per il personale militare proveniente dal servizio permanente che, cessato dal servizio effettivo, rimane legato all'Amministrazione attraverso il trattamento di quiescenza.
      Né è possibile porre rimedio a questa situazione che è sentita come una vera e propria discriminazione, in quanto, in caso di infermità o lesioni dipendenti da fatti di servizio nei confronti del militare in servizio di leva, una volta cessato il rapporto di servizio, l'Amministrazione è obbligata a negare, diversamente da quanto avviene per il militare ed il dipendente in servizio continuativo, qualsiasi forma di assistenza e di cure per le infermità dipendenti da fatti di servizio. Infatti, il militare in servizio di leva, all'atto del congedo, perde il diritto al rimborso delle spese di cura con oneri a carico dell'Amministrazione della difesa

 

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anche se l'infermità o lesione contratta è riconosciuta dipendente da causa di servizio, essendo per lo stesso prevista la sola assistenza sanitaria generale stabilita dall'articolo 445 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 1976, n. 1076, e non anche quella prevista dall'articolo 446 del medesimo regolamento né quella stabilita dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 luglio 1965.
      Così, per il militare in servizio di leva il servizio imposto dalla Costituzione, la cui natura è indubbiamente quella di una prestazione personale imposta per legge, risulta pesantemente penalizzante rispetto al servizio prestato come militare in servizio permanente effettivo, che rispetto a quello di leva obbligatorio, si sostanzia in un vero e proprio rapporto di servizio nei confronti dell'Amministrazione. Tutto ciò porta ad escludere la possibilità, in relazione alle cure ed ai benefìci conseguenti a ferite, lesioni ed invalidità per servizio militare, di qualsiasi assimilazione dei due trattamenti.
      L'evidente impossibilità da parte dell'Amministrazione della difesa di erogare le cure a quanti fino ad oggi, adempiendo agli obblighi di leva, hanno riportato menomazioni per causa di servizio, impone una diversa considerazione nei confronti di tutti coloro che per motivi di servizio hanno riportato menomazioni gravemente invalidanti. Infatti, nei confronti di questo personale, gravemente invalidato sia durante il servizio di leva, sia durante il servizio permanente, non possono essere operate distinzioni relative alle necessità di cura e di riabilitazione.
      A questa situazione va posto rimedio attraverso una disposizione di legge estensiva nei confronti dei grandi invalidi per servizio militare di leva delle disposizioni che si applicano nei confronti del personale militare e civile in servizio continuativo per la cura di infermità, lesioni ed invalidità di prima categoria.
      L'altra questione posta alla vostra attenzione, sempre attinente alle cure del grande invalido per servizio, tratta l'esenzione dalla quota di contribuzione sull'acquisto dei farmaci, che appare ingiustificata nei confronti dei farmaci prescritti per le cure delle menomazioni dei grandi invalidi per servizio.
      Ciò appare particolarmente iniquo perché tale categoria, già equiparata ai grandi invalidi di guerra nei benefìci e negli assegni accessori, si è sentita colpita da un'ingiustizia. Infatti, un grande invalido per servizio è oberato dalla spesa per circa l'80 per cento dei farmaci che deve assumere e, se titolare di pensione privilegiata ordinaria, dalla spesa completa, come un normale cittadino, nonostante debba fare fronte agli esiti di menomazioni gravemente invalidanti contratte in servizio.
      Senza voler mettere in discussione il principio di uguaglianza nei confronti della salute di ogni cittadino, affermato dal legislatore, si insiste nel fare risaltare come le cure afferenti gravi patologie e minorazioni contratte per causa di servizio, quali sono quelle dei grandi invalidi per servizio, risultino tuttora ancorate al reddito, nonostante la parità di benefìci con i grandi invalidi di guerra, dal luglio 2000 esentati da qualsiasi spesa sanitaria.
      Con la legge 24 dicembre 1993, n. 537, e successive modificazioni, si stabiliva la suddivisione dei medicinali in tre classi, di cui quella C) a totale carico dell'assistito; si è poi verificata una reformatio in peius rispetto alla precedente normativa, determinandosi per i grandi invalidi per servizio, già fruenti a titolo gratuito di farmaci indispensabili per la terapia dell'infermità pensionata e non sostituibili con altri, un notevole ed ingiusto aggravio di spesa, in quanto tali farmaci sono stati inseriti nella classe C).
      Né il comma 42 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, che prevedeva l'erogabilità a totale carico del Servizio sanitario nazionale di medicinali della classe C) per particolari motivi terapeutici, aveva sanato la situazione, in quanto il beneficio veniva accordato soltanto con criteri di reddito e non in osservanza al consolidato principio della gratuità di determinate prestazioni sanitarie a favore di ben precise categorie di
 

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cittadini, come i grandi invalidi per causa di servizio militare ed equiparato.
      Dopo l'approvazione della citata legge 19 luglio 2000, n. 203, con la quale l'erogabilità gratuita dei farmaci di classe C) è stata concessa soltanto agli invalidi di guerra e negata ai grandi invalidi per servizio, nonostante l'esistenza di consolidate leggi di equiparazione dei benefìci tra grandi invalidi di guerra e per servizio, la pressione e lo scontento della categoria sono aumentati notevolmente, ed ancora di più nell'ultimo periodo per l'abolizione della classe B) dei farmaci.
      È da considerare che, nel corso dell'iter parlamentare che ha portato all'approvazione della citata legge n. 203 del 2000, la IX Commissione Lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati, in sede consultiva, in data 1o febbraio 2000, espresse parere favorevole sulla concessione della gratuità dei farmaci agli invalidi di guerra con la seguente osservazione «valuti la Commissione di merito l'opportunità di estendere la gratuità dei farmaci di fascia C) ai beneficiari di trattamenti equiparati per legge alle pensioni di guerra».
      Non sembra esserci motivo diverso da quello economico per cui, nonostante l'equiparazione dei benefìci e l'identità di menomazioni, classificazione ed assegni tra grandi invalidi di guerra e per servizio, questi ultimi debbano ancora acquisire le prestazioni farmaceutiche che necessitano loro per la cura di gravi affezioni dipendenti da causa di servizio diversamente dai grandi invalidi di guerra, ai quali la gratuità dell'erogazione è stata concessa già nell'anno 2000 con la citata legge n. 203.
      L'articolo 1 della legge 17 ottobre 1967, n. 974, consente ai congiunti del personale militare e civile dello Stato caduto per servizio o deceduto per infermità contratta o aggravata per causa di servizio l'attribuzione della pensione privilegiata ordinaria nella misura e alle condizioni previste dalle disposizioni in materia di pensioni di guerra, trattamento peraltro confermato dall'articolo 92 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092.
      Con tale articolo, infatti, si dispone nei confronti dei congiunti del dipendente deceduto in conseguenza di infermità o lesioni causate da fatti di servizio, l'attribuzione della pensione privilegiata nella misura e alle condizioni previste dalle disposizioni in materia di pensioni di guerra, dando facoltà agli aventi diritto di optare, in alternativa, per il trattamento di reversibilità ordinaria (articolo 88 del medesimo testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092), con cui vengono attribuite al coniuge superstite e agli orfani quote percentuali del trattamento base.
      In caso di opzione per il trattamento di reversibilità ordinaria la vedova e gli orfani dell'invalido di prima categoria, con o senza assegno di superinvalidità, deceduto per cause diverse da quelle che hanno determinato l'invalidità, sempre a norma del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, conseguono, per la durata di tre anni dal decesso del dante causa, un trattamento speciale di importo pari a quello della pensione di prima categoria e dell'assegno complementare secondo quanto previsto rispettivamente dagli articoli 93 e 101 del citato testo unico, oltre agli aumenti di integrazione di cui all'articolo 106, relativamente ai figli minorenni, qualunque sia la causa del decesso.
      Al termine della corresponsione del trattamento speciale triennale comincia a decorrere la normale pensione privilegiata di reversibilità.
      Quanto esposto riguarda la pensione spettante alla vedova e agli orfani del grande invalido, mentre per i trattamenti accessori diretti di invalidità si è proceduto nel tempo attraverso la progressiva assimilazione tra trattamenti accessori dovuti ai grandi invalidi per servizio e corrispondenti dei grandi invalidi di guerra, sulla base delle iniziali direttive legislative (legge 15 luglio 1950, n. 539, e legge 3 aprile 1958, n. 474).
      Infatti, già la legge 26 gennaio 1980, n. 9, recante «Adeguamento delle pensioni dei mutilati e invalidi per servizio alla nuova normativa prevista per le pensioni di guerra
 

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dalla Legge 29 novembre 1977, n. 875, e dal decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915», stabiliva per la classificazione delle mutilazioni e infermità dipendenti da causa di servizio ordinario parametri analoghi a quelli seguiti per la determinazione delle infermità contratte per causa di guerra, nel contempo estendendo ai titolari di pensione o assegno rinnovabile privilegiati ordinari per lesioni od infermità ascritte alla prima categoria, con o senza assegno di superinvalidità, la qualifica di «grande invalido per servizio», in analogia a quella già esistente di «grande invalido di guerra».
      Con la legge 2 maggio 1984, n. 111, gli importi degli assegni accessori diretti venivano adeguati nella misura del 60 per cento a quelli dei corrispondenti assegni annessi alle pensioni di guerra, mediante l'attribuzione di un assegno aggiuntivo di adeguamento, da determinare ogni triennio con decreto del Ministero del tesoro ed, infine, con la legge 29 gennaio 1987, n. 13, ai grandi invalidi per servizio, gli assegni accessori diretti venivano attribuiti nelle stesse misure (importo base e assegno aggiuntivo) dei corrispondenti assegni previsti per le pensioni dei grandi invalidi di guerra dalla legge 6 ottobre 1986, n. 656, disposizione successivamente confermata dalla legge 10 ottobre 1989, n. 342, con la quale viene ribadito che tale trattamento e tale computo dell'assegno sono esclusivi e peculiari dei grandi invalidi di guerra e per servizio.
      In definitiva, con tale legge si concede al grande invalido per servizio, relativamente agli assegni accessori diretti, la parità di trattamento rispetto al grande invalido di guerra (possibilità di cumulare con la pensione di guerra anche il trattamento accessorio nella stessa misura e alle stesse condizioni previste per i grandi invalidi di guerra), così sancendo la corrispondenza esistente tra menomazioni e compensazioni quanto a pensioni, cure ed assegni diretti dovuti ai grandi invalidi di guerra e per servizio.
      Il legislatore, nell'assunto che la grave invalidità per servizio è peculiare del personale appartenente ai Corpi e reparti militari e militarizzati dello Stato, a causa dei mezzi, degli armamenti, delle modalità d'impiego operative ed addestrative del personale militare e militarizzato, come per altro evidenzia la provenienza dei grandi invalidi per servizio, per il 90 per cento dal personale militare e per il residuo 10 per cento dai restanti comparti del pubblico impiego, ha ritenuto inutili ulteriori differenziazioni, sostanzialmente inique nei confronti degli esclusi, in particolare nell'assunto del rischio cui anche il dipendente civile dello Stato può trovarsi esposto - per motivi estranei alla sua volontà ed alla mansione specifica - con traumatismi e gravi esiti invalidanti. Infatti, la stessa legge 10 ottobre 1989, n. 342, recante «Adeguamento automatico degli assegni accessori dovuti agli invalidi di guerra ed ai grandi invalidi per servizio», nel circoscrivere il provvedimento a dette categorie, ne evidenzia l'attribuzione a tutti i grandi invalidi per servizio.
      Il legislatore ha così riconosciuto per le più rilevanti menomazioni ed invalidità la sostanziale parità di trattamento tra grandi invalidi di guerra e per servizio, consentendo alle gravi invalidità per causa di servizio rispetto alle omologhe invalidità per causa di guerra il raggiungimento di una sostanziale ed assoluta analogia, attraverso la concessione per invalidità identiche di pensioni ed assegni risarcitori, in tutto omologhi sia per «criteri di valutazione delle infermità», che per corrispondenza di importi.
      A tale criterio sfugge, purtroppo, l'assegno supplementare attribuito alla vedova del grande invalido di guerra, pari al 50 per cento dell'importo dell'assegno di superinvalidità fruito in vita dal grande invalido, titolare del trattamento pensionistico di guerra, purché abbia convissuto con il dante causa e gli abbia prestato assistenza. Da tale omissione rimane particolarmente svantaggiata la vedova del grande invalido per servizio, nonostante le sia stata già riconosciuta, in alternativa alla pensione di reversibilità ordinaria, l'attribuzione della pensione «nella misura ed alle condizioni previste per le pensioni
 

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di guerra» (legge 17 ottobre 1967, n. 974, articolo 1; testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, articolo 92), in quanto esclusa dalla corresponsione dell'assegno supplementare, pur avendo - al pari della vedova del grande invalido di guerra - convissuto ed assistito in vita il dante causa.
      Di conseguenza, la quasi totalità delle vedove è costretta ad optare per il trattamento di reversibilità ordinaria pari in media al 50 per cento della pensione fruita in vita dal grande invalido e soggetto ad imposta sul reddito delle persone fisiche. Trascorsi i tre anni di trattamento speciale di reversibilità, la pensione della vedova del grande invalido confluisce nel mucchio delle reversibilità ordinarie, soggetta da questo momento a normale tassazione.
      Pertanto, con la presente proposta di legge si chiede, in virtù della analogia di trattamento esistente tra grandi invalidi per causa di guerra e di servizio, come si è visto, in tutto omologhi e corrispondenti, dai criteri di valutazione e classificazione delle infermità ai trattamenti pensionistici ed accessori, l'estensione dell'assegno supplementare, già previsto per la vedova che abbia convissuto ed assistito in vita il grande invalido di guerra, alla vedova del grande invalido per servizio.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Cura e riabilitazione).

      1. Al militare e militarizzato per servizio di leva, titolare di assegno privilegiato ordinario militare tabellare di prima categoria, è esteso da parte dell'Amministrazione di appartenenza, per le necessità di cura e di riabilitazione delle infermità riconosciute dipendenti da causa di servizio, lo stesso trattamento dovuto al dipendente dello Stato in quiescenza ai sensi di quanto disposto per tale personale dai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri 3 luglio 1965, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 247 del 1o ottobre 1965, e 5 luglio 1965, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 246 del 30 settembre 1965.

Art. 2.
(Erogazione di farmaci).

      1. Al personale invalido per servizio di prima categoria è estesa l'applicazione della disciplina prevista dalla legge 19 luglio 2000, n. 203, per i titolari di pensione privilegiata ordinaria di prima categoria, nei casi in cui il medico di base attesta la comprovata utilità terapeutica dei farmaci per il paziente.

Art. 3.
(Reversibilità degli assegni).

      1. Alla vedova del mutilato o invalido per servizio di prima categoria con assegno di superinvalidità è liquidato, in aggiunta al trattamento spettante, un assegno supplementare pari al 50 per cento degli assegni di superinvalidità, previsti dalla tabella E) o riferiti alla medesima

 

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tabella E), allegata al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, e successive modificazioni, di cui in vita fruiva il grande invalido. Tale assegno supplementare non costituisce reddito e compete purché la vedova abbia convissuto con il dante causa e gli abbia prestato assistenza.

Art. 4.
(Copertura finanziaria).

      1. Ai fini dell'attuazione della presente legge è stanziata la somma di 3 milioni di euro a decorrere dall'anno 2004, da ripartire in misura percentuale tra gli aventi diritto. Il Ministro dell'economia e delle finanze comunica, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il numero delle vedove dei grandi invalidi deceduti, titolari di assegno di superinvalidità, precisando il tipo e la lettera relativa alla superinvalidità, nonché il corrispondente importo percentuale dell'assegno spettante per il primo anno, e disponendo per gli anni successivi lo stanziamento necessario per la copertura a regime.
      2. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, pari a 3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2004, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.



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