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PDL 4966

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4966




 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

RUZZANTE, MONTECCHI, FINOCCHIARO, LEONI, ABBONDANZIERI, ADDUCE, ALBONETTI, AMICI, ANGIONI, BELLILLO, BELLINI, BENVENUTO, BIELLI, BOGI, BOLOGNESI, BORRELLI, BOVA, BUFFO, BULGARELLI, BURLANDO, BURTONE, CAMO, CAPITELLI, CARBONI, CENNAMO, CEREMIGNA, CHIAROMONTE, CHITI, CIMA, CORDONI, ARMANDO COSSUTTA, MAURA COSSUTTA, CRISCI, CRUCIANELLI, DE BRASI, DI SERIO D'ANTONA, DIANA, DUCA, FANFANI, FILIPPESCHI, FOLENA, FRANCI, FUMAGALLI, GASPERONI, GIULIETTI, GRANDI, GRILLINI, GROTTO, INNOCENTI, KESSLER, LABATE, LUCÀ, LUCIDI, LULLI, LUSETTI, MAGNOLFI, FILIPPO MANCUSO, MANZINI, PAOLA MARIANI, RAFFAELLA MARIANI, MARIOTTI, MARTELLA, MAURANDI, MAZZARELLO, MELANDRI, MILIOTO, MOTTA, PANATTONI, PAPPATERRA, PENNACCHI, PISTONE, POLLASTRINI, PREDA, QUARTIANI, ROCCHI, NICOLA ROSSI, ROSSIELLO, RUGGERI, RUGGHIA, SANDI, SASSO, SEDIOLI, SERENI, TOCCI, TOLOTTI, TRUPIA, VERTONE, VIANELLO, ZANOTTI, ZUNINO

Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91,
recante nuove norme sulla cittadinanza

Presentata il 5 maggio 2004


      

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Onorevoli Colleghi! - La normativa vigente in materia di acquisto della cittadinanza italiana, la legge 5 febbraio 1992, n. 91, costituisce un esempio di legge tra le più restrittive tra quelle adottate dai Paesi dell'Unione europea. Tale legge, che ha sostituito un testo normativo che era in vigore da circa ottanta anni (la legge 13 giugno 1912, n. 555), ha confermato e rafforzato vecchi princìpi assolutamente non in grado di disciplinare la mutata situazione sociale, che vede enormemente
 

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aumentata la presenza di cittadini stranieri che necessitano di un inserimento stabile nel nostro Paese. La legge n. 91 del 1992 conferma il principio dello ius sanguinis, l'acquisto della cittadinanza automatico quando il padre e la madre siano cittadini [(articolo 1, comma 1, lettera a)], limita l'acquisto della cittadinanza in base al principio della nascita nel territorio, ius soli, solo al bambino figlio di ignoti o apolidi o nel caso in cui i genitori non trasmettano, secondo la legge del Paese di provenienza, la propria cittadinanza al figlio. Le limitazioni, quanto allo ius soli, comportano come conseguenza che il bambino che nasce in Italia da cittadini stranieri non ha alcuna possibilità di divenire cittadino italiano finché è minorenne. Ancora più grave è la situazione del bambino straniero che arriva in Italia il quale, oltre a non avere nessuna possibilità di divenire cittadino da minorenne, da maggiorenne ha prospettive assai incerte e i relativi iter amministrativi durano diversi anni.
      Anche per gli adulti la normativa del 1992 restringe notevolmente la possibilità di acquistare la cittadinanza: servono dieci anni per fare la richiesta (la precedente disciplina ne prevedeva solo cinque), a tale fine sono conteggiati solo i periodi di residenza locale nel Paese non essendo sufficiente il solo possesso del permesso di soggiorno (articolo 1, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 12 ottobre 1993, n. 572) e il procedimento amministrativo di concessione della cittadinanza ha una durata di almeno due anni. Si tratta in assoluto del periodo più lungo in Europa (la Germania richiede otto anni, mentre Francia e Regno Unito cinque) e della normativa, in materia di naturalizzazione degli adulti, più restrittiva del vecchio continente che addirittura non prevede nulla per quanto riguarda i minori.
      L'attuazione della legge, a più di dieci anni dalla sua entrata in vigore, ha dato risultati largamente prevedibili: a fronte di un considerevole aumento della presenza di stranieri nel nostro Paese e della correlata esigenza di assicurare forme stabili di inserimento, la possibilità di acquisto della cittadinanza riguarda una quantità sempre più irrisoria di persone, con un costante decremento, negli ultimi cinque anni, dei provvedimenti di concessione della naturalizzazione per residenza. Il nostro Paese infatti, passando da 1.341.000 stranieri non comunitari regolarmente presenti nel 1999 a circa 2.400.000 nel 2003, ha registrato una crescita del 79 per cento mentre le naturalizzazioni per residenza sono diminuite del 70 per cento. Si tratta di cifre che esprimono chiaramente la completa inadeguatezza e il fallimento di una legge che necessita urgentemente di una riformulazione finalizzata a una politica di inserimento stabile, che sia in grado di dare certezza ai diritti e ai doveri degli stranieri presenti nel nostro Paese.
      La presente proposta di legge, che fa propri i princìpi fondamentali della proposta della Comunità di Sant'Egidio, si sostanzia in una serie di modifiche che tengono conto del mutato quadro sociale del nostro Paese quanto a presenze straniere, prendendo in considerazione sia il bambino straniero che nasce in Italia o vi arriva in età adolescenziale, che l'adulto che vi risiede per un considerevole periodo di tempo.
      Attualmente il minore nato in Italia può chiedere la cittadinanza solo al raggiungimento del diciottesimo anno d'età, perde definitivamente questo diritto se non lo esercita nei dodici mesi successivi ed è richiesta anche la prova della residenza legale in Italia senza interruzioni dalla nascita. La modifica proposta mira ad introdurre, per il minore nato in Italia, un'attuazione graduata del principio dello ius soli, coniugando il requisito della nascita nel Paese e la presenza regolare del genitore da almeno due anni, in possesso del permesso di soggiorno previsto dall'articolo 6, comma 1, o dall'articolo 30 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni. Si tratta in sostanza dell'introduzione della lettera b-bis) al comma 1 dell'articolo 1 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, che, in linea con quanto previsto dal Preambolo della Convenzione sui diritti
 

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del fanciullo (firmata a New York il 20 novembre 1989 e resa esecutiva dall'Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176) e dalla Convenzione europea sulla nazionalità (conclusa il 6 novembre 1997 e non ancora ratificata dal nostro Paese), mira a facilitare, nei diritti interni dei singoli Stati, l'acquisto della cittadinanza per le persone nate nel territorio e ivi domiciliate legalmente e abitualmente nonché il loro inserimento in tali società.
      Ispirata alla stessa ratio è anche l'introduzione della lettera b-ter) al medesimo comma 1 dell'articolo 1 della legge 5 febbraio 1992, n. 91. In sostanza il minore nato da genitori stranieri che fornisce prova della presenza continuativa in Italia da almeno sei anni e della partecipazione ad un ciclo scolastico o di formazione professionale oppure dello svolgimento di regolare attività lavorativa, unitamente alla conoscenza sufficiente della lingua italiana, può richiedere la cittadinanza italiana senza dover necessariamente intraprendere, come in precedenza, il difficile e lungo iter della naturalizzazione per residenza.
      Quanto invece alla naturalizzazione per residenza dell'adulto, la presente proposta di legge mira a ridurre il periodo di regolare presenza in Italia dello straniero riducendolo a sei anni. La nuova formulazione della lettera f) del comma 1 dell'articolo 9 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, riconosce la possibilità allo straniero di richiedere la cittadinanza italiana se regolarmente presente nel territorio della Repubblica in forma continua e abituale da almeno sei anni e se conosce in maniera sufficiente la lingua italiana.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Al comma 1 dell'articolo 1 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, sono aggiunte le seguenti lettere:

          «b-bis) chi è nato nel territorio della Repubblica se il genitore è regolarmente presente in Italia da almeno due anni e titolare del permesso di soggiorno previsto dall'articolo 6, comma 1, o dall'articolo 30 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni;

          b-ter) il minore, figlio di genitore straniero, a condizione che siano provati la sua presenza continuativa in Italia da almeno sei anni e la sua partecipazione a un ciclo scolastico o di formazione professionale oppure lo svolgimento di una regolare attività lavorativa, unitamente alla sua conoscenza sufficiente della lingua italiana».

Art. 2.

      1. La lettera f) del comma 1 dell'articolo 9 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, è sostituita dalla seguente:

          «f) allo straniero regolarmente presente nel territorio della Repubblica in forma continua e abituale da almeno sei anni, e che dimostra di conoscere in maniera sufficiente la lingua italiana».


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