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PDL 4727

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4727



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

COLLAVINI, DE GHISLANZONI CARDOLI, FRAGALÀ, FRIGERIO, DANIELE GALLI, LIOTTA, MILANESE, PERROTTA, RANIELI, SANDI, SARDELLI, SARO, SAVO, SELVA, SERENA, STEFANI, ALFREDO VITO, ZAMA

Modifiche al codice civile in materia successoria e abrogazione delle disposizioni relative alla successione necessaria

Presentata il 19 febbraio 2004


      

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Onorevoli Colleghi! - Con l'espressione «successione necessaria» si designa il subentrare nell'eredità di una persona dei cosiddetti «legittimari», ossia di quei soggetti ai quali la legge riserva intangibilmente, garantendola, una quota di eredità. Sono questi gli stretti congiunti del de cuius che succedono anche contro la sua volontà, e che vengono indicati dall'articolo 536 del codice civile.
      In quanto titolari del diritto di legittima, ad essi sono assicurati una quota di eredità o altri diritti successori, tenendo conto nel calcolo della quota spettante agli stessi sia di quanto effettivamente passi in eredità, sia di quanto il de cuius abbia donato in vita.
      Quanto compete ai legittimari è espresso anche con il termine «riserva» che evoca l'immagine di un quid comunque garantito. L'articolo 457 del codice civile infatti all'ultimo comma stabilisce che le disposizioni testamentarie non possono pregiudicare i diritti che la legge riserva ai legittimari.
      Con il termine «necessaria» si allude pertanto alla circostanza che ogni patrimonio, se sussistono legittimari, è scomponibile in due spicchi di cui uno disponibile, quindi liberamente devolvibile mediante testamento e l'altro intangibile riservato ai legittimari.
      Essa non costituisce un terzo tipo di successione come si credeva nella vigenza del codice civile del 1865, bensì un limite che riguarda sia la successione testamentaria che la successione legittima; con essa la legge vuole assicurare al legittimario non la qualità di erede, ma un vantaggio patrimoniale.
      Il concetto di successione necessaria era ignoto sia al diritto romano che ai legislatori moderni, esso è il prodotto di una trasposizione e insieme una deformazione operate dalla dottrina pandettistica tedesca del concetto romano di heres necessarius.
      L'antico ius civile infatti non conosceva l'istituto della legittima né alcuna restrizione sostanziale alla facoltà di disporre
 

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per testamento, un limite solo formale aveva luogo nel caso intervenissero sui: poiché questi avevano già il titolo di heredes per ciò solo che fossero sui, il paterfamilias doveva necessariamente contemplarli nel testamento, o istituendoli eredi, confermando così quel titolo che essi già avevano, oppure togliendo loro tassativamente tale titolo mediante esplicita exheredatio. Qualora il testatore non li avesse contemplati (praeteritia) il testamento era nullo, con la conseguenza che i sui succedevano per legge, come se il testamento non ci fosse stato.
      Tale sistema non importava legittima o riserva a favore dei sui, giacché il paterfamilias poteva diseredarli liberamente e senza limiti di sorta; così facendo il testamento era inattaccabile e nulla acquistavano i sui.
      Nel linguaggio delle fonti romane pertanto si qualificavano necessarii in contrapposto ai volontarii i chiamati che in quanto soggetti alla potestas del defunto acquistavano la qualità di eredi indipendentemente dall'accettazione, omni modo, sive velint sive nolint, tali erano i filii familias o filii sui, quando non venivano espressamente diseredati nel testamento del pater (heredes sui et necessarii) e gli schiavi manomessi nel testamento e in pari tempo istituiti eredi del padrone (heredes necessarii).
      Il concetto pandettistico di successione necessaria si riferisce invece non alla volontà del chiamato, per esprimere l'irrilevanza dell'accettazione o della rinuncia, bensì alla volontà del testatore ed implica l'idea di successore contro l'ultima volontà o il testamento, ossia una successione ex lege che si apre in ragione dell'inefficacia (totale o parziale) del testamento collegata all'accertamento giudiziale dell'inosservanza dei limiti posti dalla legge alla libertà di testare.
      In tale senso dunque si parla di successione necessaria, con il che si esclude possano esservi analogie con l'originaria nozione che esprimeva l'idea che certi soggetti acquistavano l'eredità automaticamente, senza potervi rinunziare: infatti i necessarii del diritto romano venivano alla successione forzosamente e la necessarietà rivelava l'idea di una eredità acquisibile anche contro la volontà del chiamato (l'ordinamento odierno invece non tollera che un soggetto divenga erede anche contro la sua volontà).
      Le ragioni per cui oggi si denomina necessaria la successione dei legittimari sono che si tratta di una successione inderogabilmente regolata dalla legge, che indica criteri e regole di devoluzione; pertanto è anch'essa successione legittima, è una successione che si attua contro la volontà del de cuius, e l'ordinamento appronta i mezzi necessari per reagire all'eventuale volontà contraria del de cuius, al punto che nell'eventualità in cui le disposizioni testamentarie o donazioni ledano la cosiddetta «quota di riserva», i legittimari possono agire attraverso l'azione di riduzione e di restituzione per privarle di effetto con provvedimento giudiziale che vada a reintegrare il diritto leso.
      L'ordinamento giuridico infatti, pur riconoscendo il principio della libertà di disporre dei propri beni sia con atti mortis causa che con atti inter vivos, pone uno sbarramento costituito dal diritto di alcune categorie di successibili a ricevere necessariamente, anche contro le disposizioni del de cuius, una determinata quota del suo patrimonio; tale sbarramento è previsto nell'interesse superiore della famiglia ristretta (legittima, per il coniuge e gli ascendenti, ma anche naturale rispetto ai figli).
      Il fondamento della successione necessaria è infatti in primo luogo la solidarietà familiare, esso è ispirato dalla necessità oltre che di valorizzare significativamente i legami familiari anche di salvaguardare lo stato di bisogno degli aventi diritto.
      Tuttavia è innegabile che più il diritto protegge gli interessi dei prossimi congiunti, tanto più restringe l'autonomia testamentaria e la libera circolazione dei beni.
      La necessità di una riforma del sistema delle successioni viene in rilievo pertanto soprattutto con riferimento a questi due aspetti.
 

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      Quanto al primo aspetto, è bene ricordare che tra i caratteri generali della volontà del de cuius, i quali, pur non essendo espressamente individuati da norme giuridiche, si desumono come princìpi generali, vi è la spontaneità da cui discende il principio generale della libertà testamentaria di ordine pubblico di cui sono espressione gli articoli 458, 679, 689 e 692 del codice civile «le testament est le triomphe de la libertè dans le droit civil».
      Se è vero infatti che la successione testamentaria è la successione mortis causa in cui l'individuazione dei successibili e la determinazione dei diritti loro attribuibili avviene secondo le indicazioni del de cuius in un atto denominato «testamento», nell'esercizio di quella autonomia privata riconosciutagli dall'ordinamento intesa come potere di regolamentare i propri interessi mediante atti aventi contenuto diverso, allora ci si interroga sull'effettiva sussistenza di tale autonomia e libertà dal momento in cui debba soggiacere a imponenti restrizioni in favore dei suoi prossimi congiunti, i quali nell'eventualità in cui detti limiti dovessero essere superati possono agire e pretendere una partecipazione minima all'asse ereditario.
      Il riconoscimento ai legittimari di un intangibile diritto sul patrimonio ereditario del loro parente o coniuge risponderebbe all'esigenza di garantire quella solidarietà-assistenza familiare tra i congiunti più stretti e solo il perseguimento della tutela dei più stretti vincoli familiari giustificherebbe la restrizione di un importante valore quale quello della libertà di testare.
      Tuttavia il legislatore ha sì la facoltà di restringere la libertà di testare riconoscendo il diritto dei prossimi congiunti alla quota di legittima, ma un diritto costituzionalmente garantito come la libertà di testare non può essere compresso oltre il dovuto.
      A questo punto, allora, ci si deve chiedere se e in quale misura sia corretto limitare l'autonomia testamentaria e se sussistono ancora quelle ragioni che non consentono al de cuius di disporre nel modo che ritiene più giusto del patrimonio che ha acquistato con il proprio lavoro, pur tenendo adeguatamente conto degli interessi dei suoi prossimi congiunti.
      Al fine di stabilire il giusto rapporto tra il principio della libertà testamentaria e della sovranità dispositiva del proprietario con il principio della successione necessaria, è opportuno osservare come i presupposti che hanno regolato detta relazione sono oggi notevolmente mutati così da stravolgerne completamente la ratio e da chiedersi se tale sistema possa effettivamente ancora realizzare gli scopi che si è prefissato e che lo hanno ispirato.
      Di grande rilievo è l'argomento secondo cui la successione necessaria sarebbe indispensabile per proteggere i prossimi congiunti.
      Al riguardo si osserva come i diritti successori dei membri della famiglia secondo il sistema vigente competono ai medesimi indipendentemente dal loro eventuale stato di bisogno, sicché non può più farsi leva soltanto sulla funzione assistenziale-solidale per giustificare i diritti dei legittimari, perché i medesimi sono già sorretti dall'esistenza in sé di un vincolo familiare con il de cuius e pertanto già e soprattutto durante la vita del de cuius si manifesta l'interesse a tutelare e si realizza la tutela della famiglia attraverso l'obbligo legale degli alimenti, dell'educazione, del mantenimento, eccetera. La famiglia di oggi infatti più che una comunità di produzione è una comunità di consumo, educazione e tempo libero. Di regola infatti i figli lasciano la casa dei genitori al più tardi dopo la conclusione dei loro studi, che nella maggior parte dei casi si spingono fino all'università e pertanto spesso i genitori contribuiscono al loro mantenimento fino ad età avanzata, i figli hanno pertanto già goduto dei benefici traibili dal patrimonio del de cuius ed è raro che possano vantare una pretesa ad una partecipazione all'eredità in forza di una loro effettiva collaborazione alla conservazione e all'incremento del patrimonio familiare. Si pensi, inoltre, come il sistema attuale in presenza di grandi patrimoni pregiudica maggiormente la libertà del de cuius
 

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e offre ai «fortunati» legittimari, i quali possono pretendere cospicue porzioni di patrimonio, occasione per renderli poco propensi al sacrificio, al lavoro, nonché poco incentivati ad assumersi obblighi di varia natura e, in particolare, di assistenza e di sostegno nei confronti dei membri della famiglia. Inoltre anche l'aspettativa di vita è aumentata, difficile pertanto che il de cuius lasci alla sua morte figli minori.
      Si osserva dunque come nella realtà siano mutati i soggetti effettivamente bisognosi di assistenza, tali infatti non sarebbero più in linea di massima i figli, bensì il coniuge ed eventualmente i genitori del de cuius. A quest'ultimi non spetta alcun diritto successorio se il de cuius lascia anche dei figli.
      L'affermazione secondo cui la successione necessaria si giustifica per la solidarietà familiare ha quindi oggi poca forza persuasiva.
      Secondo il sistema vigente è riconosciuto un diritto di successione necessaria anche, per esempio, a quei congiunti che non si sono mai preoccupati del de cuius, o che hanno, al contrario, tenuto nei suoi confronti un comportamento ostile, o che non hanno mai contribuito a conservare e ad incrementare il patrimonio del de cuius.
      Il de cuius ha dunque effettivamente la possibilità di soddisfare le diverse esigenze dei propri figli facendo attribuzioni diverse o la cosiddetta «quota di riserva» costituisce un ostacolo invalicabile? E pertanto è giusto stabilire una misura della quota di patrimonio di cui il de cuius può disporre liberamente anche a discapito di altri soggetti che inevitabilmente possono venire ingiustamente compromessi?
      All'inizio del nuovo millennio, peraltro, ci si sofferma ad osservare come l'evoluzione del diritto privato in Europa, e non solo, richiede importanti innovazioni anche dell'ordinamento nazionale.
      Negli ultimi anni vi sono stati significativi progressi sotto spinte di natura economica e interessi commerciali che hanno prefissato l'armonizzazione di materie quali la responsabilità del produttore, le condizioni generali di contratto e, in generale, la tutela del consumatore, non molto si è fatto invece per quanto concerne la formazione di un diritto europeo della famiglia e delle successioni e questo in parte per la radicata convinzione secondo cui la regolamentazione dei rapporti familiari è fortemente legata alle tradizioni e ai costumi locali, e pertanto poco adatta a recepire eventuali modifiche dettate al fine di realizzare una unificazione o almeno un'armonizzazione con il diritto privato in Europa.
      Peraltro le novità che in Europa hanno contrassegnato il diritto successorio sul piano dottrinale, normativo e giurisprudenziale non rappresentano episodi isolati e occasionali ma segnalano una evoluzione degli ordinamenti giuridici del vecchio continente lungo direttrici comuni.
      I profondi mutamenti che hanno caratterizzato la storia degli ultimi decenni dimostrano che risulta ormai superata la visione dei rapporti familiari come relazioni indissolubilmente legate ad un certo ambiente e ad un determinato territorio e pertanto i presupposti che stavano alla base delle ragioni che hanno ispirato il sistema della successione necessaria, secondo cui il patrimonio deve andare anche a tutti i componenti della famiglia che alla sua costituzione e conservazione hanno contribuito e che la quota di legittima mira a proteggere i prossimi congiunti dal bisogno economico, sono oggi profondamente mutati; è inopinabile infatti che se nel contesto in cui è sorto tale sistema era atto non solo a garantire, ma addirittura a promuovere la solidarietà tra i congiunti più stretti, oggi, contrariamente, ne costituisce un ostacolo alla realizzazione.
      Al riguardo si ricorda che i limiti di disposizione che incontra il testatore, pur non costituendo una peculiarità dell'ordinamento italiano, sono addirittura più numerosi che in Germania, nella quale gli aventi diritto alla legittima possono pretendere solo la metà del valore della quota loro spettante per successione legittima.
      In Italia può accadere che il de cuius abbia il diritto di disporre addirittura solo di un quarto del proprio patrimonio.
 

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      Nella ex Repubblica democratica tedesca soltanto il coniuge del de cuius aveva un diritto illimitato alla quota di legittima. Ai discendenti e ai genitori del de cuius spettava una pretesa alla quota di legittima solo se al momento dell'apertura della successione avevano diritto agli alimenti nei confronti del de cuius.
      In Louisiana, l'unico Stato degli Stati Uniti che riconosce anche ai figli un diritto alla quota di legittima, a partire dal 1990 solo i figli minori di ventitre anni e quelli portatori di un handicap psichico o fisico possono far valere il diritto ad una partecipazione minima all'eredità.
      In Inghilterra non è previsto alcun tipo di diritto alla quota di legittima, ma determinate persone e precisamente coloro che al momento della morte dipendevano dal de cuius, i cosiddetti dependents, possono proporre domanda al giudice affinché venga loro attribuito un congruo importo tratto dal patrimonio ereditario, una reasonable provision, qualora il testatore li abbia pretermessi o non sufficientemente considerati nel testamento. Dei dependents fanno parte, oltre al coniuge del de cuius, anche i conviventi e, oltre ai figli consanguinei, anche i figliastri e i pupilli.
      In Irlanda un discendente può pretendere un'attribuzione dal patrimonio se il de cuius, avendolo pretermesso, ha agito in violazione di un moral duty.
      In Spagna il de cuius che lascia figli può disporre liberamente solo di un terzo del patrimonio, mentre i due terzi spettano ai discendenti. Ma solo un terzo spetta ai discendenti in parti uguali. L'altro terzo, la cosiddetta mejora il de cuius può ripartirlo come ritiene giusto.
      Secondo il diritto ceco il discendente può essere privato della legittima qualora, in contrasto con il buon costume, abbia omesso di prestare al de cuius in caso di malattia, di vecchiaia o in altri casi gravi l'assistenza necessaria o abbia costantemente trascurato di dimostrare verso il de cuius l'interesse che egli, in quanto discendente, doveva dimostrare nei suoi confronti.
      In Austria il de cuius può diminuire la quota di legittima, se tra un figlio e uno dei suoi genitori non sia mai esistito quel rapporto di prossimità affettiva che normalmente esiste in famiglia.
      Negli Stati Uniti, secondo l'Uniform probate Code, che è in vigore in un certo numero di Stati, l'importo della quota di legittima del coniuge dipende dalla durata del matrimonio.
      A questo punto sul riscontro del mutamento di quelle condizioni che hanno dato origine e che hanno reso indubbiamente necessario il sistema della successione necessaria, la cui concezione è oggi ormai superata e inadeguata poiché non consente più di realizzare quella solidarietà familiare che lo ha ispirato, ma che in realtà impedisce al de cuius di disporre nel modo più giusto del patrimonio che ha acquistato con il proprio lavoro e, in particolare, di tener adeguatamente conto degli interessi dei suoi prossimi congiunti al fine di fare fronte ai loro bisogni, nasce l'esigenza della presente proposta di legge che si prefigge di riconoscere il pieno potere di disporre liberamente di tutto il proprio patrimonio con atti inter vivos e mortis causa, privilegiando la sovranità dispositiva del proprietario e che integra la piena libertà di testare, diritto costituzionalmente garantito, affinché, adottando come parametro di riferimento più che la parità di trattamento, l'effettivo stato di bisogno dello stretto congiunto, si abbiano reali strumenti, piuttosto che sbarramenti invalicabili, per realizzare al meglio quella esigenza di assistenza materiale e morale del proprio nucleo familiare che il diritto vigente non è più idoneo a tutelare, né tanto meno a promuovere.
      Il sistema della successione necessaria presenta dunque chiari aspetti di illegittimità e di incostituzionalità, limitando e restringendo senza più alcuna valida giustificazione il diritto sovrano di disporre liberamente delle proprie sostanze ed è questo il motivo precipuo che giustifica sul piano tecnico-giuridico la proposta di legge.
      Ma la proposta di legge si prefigge, in particolare, una revisione generale delle
 

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successioni mortis causa per ovviare ad una ulteriore grossa questione che è quella del «limite alla circolazione dei beni» che inevitabilmente comportano le norme dettate dall'ordinamento sulla successione necessaria, predisponendo in favore dei legittimari quella tutela, le cui manifestazioni precipue consistono nell'attribuzione agli stessi dell'azione di riduzione o di reintegrazione quando siano stati pretermessi o sia stata loro attribuita una quota inferiore a quella stabilita dalla legge, nonché nell'inefficacia di pesi o di condizioni sulla quota di riserva.
      La successione necessaria può essere definita in tale senso anche come la successione nella legittima qualificata dalla impugnazione di disposizioni testamentarie o di donazioni lesive dei diritti riservati ai legittimari.
      L'azione di riduzione, la cui finalità è quella di correggere il comportamento del de cuius lesivo della legittima, ha contenuto patrimoniale e ha effetti reali e costitutivi; essa determina la totale o parziale inefficacia delle disposizioni testamentarie e delle donazioni che hanno determinato la lesione della legittima, in modo da reintegrarla o da costituirla. È una azione di risoluzione con efficacia retroattiva e perciò incidente anche sugli acquisti dei terzi aventi causa dei donatari, eredi o legatari, in base al principio resoluto iure dantis resolvitur et ius accipientis.
      Nel caso di atti di alienazione o costituzione di diritti reali di godimento o di garanzia, relativi a beni che sono stati oggetto di donazione, compiuti dal donatario mentre il donante è ancora vivente, la tutela della posizione degli aventi causa entra decisamente in conflitto con quella dei legittimari.
      Questo conflitto è regolato dal combinato disposto degli articoli 561, 563, 2652 e 2690 del codice civile.
      La prima norma che viene in considerazione è quella contenuta nell'articolo 563 del codice civile che prevede l'azione di restituzione contro terzi acquirenti a titolo oneroso del diritto di proprietà su immobili donati e che consente al legittimario di chiedere la restituzione dei beni che hanno formato oggetto di donazione ai terzi aventi causa dal donatario contro il quale sia stata pronunciata la riduzione e il cui patrimonio sia stato preventivamente escusso infruttuosamente, salvo il diritto del terzo acquirente di liberarsi dall'obbligo di restituire in natura i beni donati pagando l'equivalente in denaro e l'ammissibilità dell'azione solo dopo il passaggio in giudicato dell'azione di riduzione contro il donatario.
      La trascrizione a favore del terzo acquirente, dal donatario può essere infatti vanificata dall'eventuale trascrizione della domanda giudiziale di riduzione della donazione per lesione di legittima, anche se effettuata successivamente (sempreché sia effettuata entro i dieci anni dall'apertura della successione, ripristinandosi in caso contrario il principio della priorità della trascrizione).
      Tutela ancora più penetrante è accordata al legittimario leso dall'articolo 561 del codice civile che regola la restituzione di beni donati sui quali siano stati successivamente costituiti a titolo oneroso diritti reali di godimento o di garanzia e in forza del quale i beni immobili e i beni mobili registrati restituiti in conseguenza della riduzione «sono liberi da ogni peso o ipoteca di cui il legatario o il donatario può averli gravati».
      Nei citati articoli 563 e 561 del codice civile viene affermato il principio secondo cui la posizione dei terzi acquirenti può essere incisa per tutelare la posizione del legittimario leso e, pertanto, è prevista la soccombenza dell'interesse del terzo avente causa rispetto all'interesse del legittimario leso.
      La disciplina posta dagli articoli 561 e 563 del codice civile deve poi integrarsi con le norme contenute negli articoli 2652, primo comma, numero 8), e 2690, primo comma, numero 5), del medesimo codice.
      La prima norma dispone, per il caso che la donazione avesse ad oggetto beni immobili, che la domanda di riduzione della donazione per lesione di legittima debba essere trascritta e che solo se la trascrizione della domanda è eseguita dopo dieci anni dall'apertura della successione
 

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la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i terzi che hanno acquistato a titolo oneroso diritti in base ad un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda.
      La seconda norma dispone una analoga disciplina per il caso di donazione avente ad oggetto beni mobili registrati e si differenzia dalla precedente soltanto perché il termine in essa contemplato è di soli tre anni.
      Nonostante la disciplina degli articoli 2652, primo comma, numero 8), e 2690, primo comma, numero 5), del codice civile sia richiamata espressamente soltanto dall'articolo 561 del medesimo codice, essa deve ritenersi applicabile anche all'ipotesi regolata dall'articolo 563 del citato codice.
      Pertanto, purché la domanda di riduzione sia trascritta entro dieci anni (se ha ad oggetto beni immobili, o entro tre anni se ha ad oggetto beni mobili registrati) dall'apertura della successione, la sentenza che accoglie la domanda pregiudica qualunque terzo, anche colui che abbia acquistato diritti in base ad un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda (esula invece dal campo di applicazione della normativa in esame l'ipotesi in cui la trascrizione della domanda abbia preceduto quella dell'atto di acquisto, in tale caso infatti la sentenza pronunciata contro il donatario-alienante ha effetto anche contro l'avente causa in applicazione del generale principio fissato dall'articolo 111 del codice di procedura civile).
      Unici casi in cui si ritiene che si ripristini il generalissimo principio del prior in tempore, potior in iure fissato in materia di trascrizione dall'articolo 2644 del codice civile, sono quello della sentenza che accoglie la domanda di riduzione che sia stata trascritta dopo dieci anni dall'apertura della successione e quello della sentenza che accoglie la domanda di riduzione entro il decennio, ma sulla base di una domanda non trascritta.
      Viene infine in considerazione, per completare il quadro delle norme poste dall'ordinamento a tutela dei legittimari, l'articolo 557, secondo comma, del codice civile, che vieta ai legittimari e ai loro eredi di rinunciare al diritto di chiedere la riduzione delle donazioni, finché vive il donante, sia con dichiarazione espressa, sia prestando il loro assenso alla donazione (divieto generale di patti successori sancito dall'articolo 458 del medesimo codice).
      Dall'analisi delle norme dettate in materia di successione necessaria è evidente che il legislatore ha posto in essere una disciplina che privilegia i legittimari a discapito degli aventi causa dei donatari, anche a titolo oneroso e che, oltre a comprimere ingiustificatamente l'autonomia privata, costituisce un grosso ostacolo alla circolazione dei beni immobili.
      L'estraneità alla realtà sociale del sistema della successione necessaria dovrebbe far propendere per l'accoglimento di nuovi princìpi e di nuove regole, conformemente alle riforme che hanno contraddistinto gli altri ordinamenti europei, rispetto ai quali il nostro sistema giuridico si trova in uno stato di isolamento. La riforma recata dalla presente proposta di legge si prefigge di garantire la fluidità dei traffici commerciali, preservando al contempo le persone, oramai sempre più avvedute ed esperte, dal rischio di atti poco ponderati e, al contempo, di consentire razionali e congrue sistemazioni delle ricchezze nell'ambito della famiglia.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Le disposizioni di cui agli articoli 536, 537, 538, 540, primo comma, 542, 544, 549, 550, 551, 552, 553, 554, 555, 556, 557, 558, 559, 560, 561, 562, 563, 564, 735, secondo comma, 737, secondo comma, 763, 2652, primo comma, numero 8), e 2690, primo comma, numero 5), del codice civile, sono abrogate.

Art. 2.

      1. Il terzo comma dell'articolo 457 del codice civile è sostituito dal seguente:

      «Le disposizioni testamentarie non possono pregiudicare i diritti che la legge riserva al coniuge superstite».

Art. 3.

      1. Il secondo comma dell'articolo 483 del codice civile è sostituito dal seguente:

      «Tuttavia, se si scopre un testamento del quale non si aveva notizia al tempo dell'accettazione, l'erede non è tenuto a soddisfare i legati scritti in esso oltre il valore dell'eredità, o con pregiudizio dei diritti che la legge gli riserva in qualità di coniuge superstite. Se i beni ereditari non bastano a soddisfare tali legati, si riducono proporzionalmente anche i legati scritti in altri testamenti. Se alcuni legatari sono stati già soddisfatti per intero, contro di loro è data azione di regresso».

Art. 4.

      1. Il primo comma dell'articolo 692 del codice civile è sostituito dal seguente:

      «Ciascuno dei genitori o degli altri ascendenti in linea retta o il coniuge

 

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dell'interdetto possono istituire, rispettivamente il figlio, il discendente o il coniuge con l'obbligo di conservare e di restituire alla sua morte i beni, a favore della persona o degli enti che, sotto la vigilanza del tutore, hanno avuto cura dell'interdetto medesimo».

Art. 5.

      1. Il primo comma dell'articolo 734 del codice civile è sostituito dal seguente:

      «Il testatore può dividere i suoi beni tra gli eredi».

Art. 6.

      1. Il primo comma dell'articolo 735 del codice civile è sostituito dal seguente:

      «La divisione nella quale il testatore non abbia compreso qualcuno degli eredi istituiti è nulla».
      2. Alla rubrica dell'articolo 735 del codice civile, le parole: «e lesione di legittima» sono soppresse.

Art. 7.

      1. Il secondo comma dell'articolo 792 del codice civile è sostituito dal seguente:

      «È valido il patto per cui la riversione non deve pregiudicare i diritti che la legge riserva al coniuge superstite sul patrimonio del donatario, compresi in esso i beni donati».

Art. 8.

      1. Il primo comma dell'articolo 809 del codice civile è sostituito dal seguente:

      «Le liberalità, anche se risultano da atti diversi da quelli previsti dall'articolo 769, sono soggette alle stesse norme che regolano la revocazione delle donazioni per causa d'ingratitudine e per sopravvenienza di figli».


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