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PDL 4882

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4882



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

VILLANI MIGLIETTA, ARNOLDI, BIONDI, BRIGUGLIO, CANELLI, COLLAVINI, DELL'ANNA, DI TEODORO, FRAGALÀ, GALLO, GIUSEPPE GIANNI, LAMORTE, LOSURDO, MAZZONI, MENIA, MILANESE, PERROTTA, PEZZELLA, PISICCHIO, RAMPONI, RICCIO, RICCIUTI, SANDI, SANTORI, SARDELLI, SERENA, TUCCI, ZAMA

Modifiche alla legge 24 marzo 2001, n. 89, recante norme in materia di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo

Presentata il 6 aprile 2004


      

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Onorevoli Colleghi! - A tre anni dalla sua entrata in vigore, appare necessario un intervento teso a modificare la normativa recata dalla legge 24 marzo 2001, n. 89 (cosiddetta «legge Pinto»), relativa alla equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo, che aveva creato, per coloro che si lamentavano della lunghezza di un processo italiano, questo ulteriore rimedio nazionale prima di adire la Corte europea dei diritti dell'uomo.
      A noi tutti sono note le pressioni pervenute dall'organo giurisdizionale internazionale di Strasburgo per arginare la quantità di ricorsi che erano ad esso pervenuti da parte dell'Italia e che l'alta Corte non poteva più gestire. La legge n. 89 del 2001, approvata nella scorsa legislatura, era stata ideata per impedire che il ricorso venisse promosso direttamente a Strasburgo, ma allo stesso tempo per applicare il precetto del legislatore internazionale, previsto dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge n. 848 del 1955.
 

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      Questo filtro nazionale si è dimostrato, tuttavia, non del tutto adeguato. È opportuno innanzitutto ricordare che la citata Convenzione dei diritti dell'uomo del 4 novembre 1950, attualmente in vigore in 45 Paesi del Consiglio d'Europa, è una disposizione che, per il precetto contenuto e per rispetto dell'articolo 10 della nostra Costituzione, dovrebbe avere, nella gerarchia delle leggi, lo spessore di norma costituzionale. Al contrario, anche la nostra Corte di cassazione ha sempre ritenuto che le decisioni della Corte europea dei diritti dell'uomo non possano prevalere sui princìpi della nostra Carta costituzionale né su quelli del nostro ordinamento. In pratica, la legge Pinto avrebbe dovuto far rispettare i princìpi imposti dalla Corte europea ma così non è avvenuto, in quanto molte corti di appello e la Corte di cassazione stessa hanno spesso rigettato i ricorsi proposti per lunghezza di procedimento, sia perché il danno non era stato provato, sia perché non riconoscevano il dettato normativo dell'articolo 6 della Convenzione, che stabiliva che chi era stato coinvolto in un procedimento lungo aveva diritto ad una indennità, con l'assurda conseguenza che spesso i ricorsi sono stati rigettati ed i ricorrenti condannati alle spese, con la ovvia vanificazione della Convenzione stessa.
      Prima della legge n. 89 del 2001, chi era stato vittima dell'eccessiva lunghezza di un procedimento proponeva un ricorso alla Corte di Strasburgo, senza avere la necessità di essere difeso da un avvocato. Sebbene anche a Strasburgo i tempi non erano certo ragionevoli, dopo qualche anno dalla proposizione del ricorso la Corte, in ossequio all'articolo 6 della Convenzione, accertava la violazione e condannava il Governo della Repubblica italiana al pagamento di un'indennità. Questo procedimento non era soggetto ad alcuna imposta o restrizione, e in caso di rigetto il ricorrente non era esposto ad alcun rischio di spese o di sanzioni, in quanto il Governo era difeso a Strasburgo da magistrati fuori ruolo o da difensori nominati ad hoc. Né poteva essere diversamente, visto che la citata Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo è uno strumento per equilibrare lo scompenso che esiste tra il singolo e gli Stati sovrani. Con la legge Pinto questo rimedio è stato sostanzialmente abolito, in quanto il ricorrente, per il timore di essere condannato al pagamento delle spese in favore dell'avvocatura erariale o di pagare le imposte di registrazione della sentenza, non ha più interesse a proporre il proprio ricorso.
      All'atto dell'entrata in vigore della legge Pinto il nostro legislatore aveva perfino dimenticato di esonerare il ricorso da ogni costo, tanto che, fino alla prima modifica del testo, l'erario ha percepito impropriamente molte imposte non dovute.
      Questo è il motivo per il quale si è deciso di inserire - nella presente proposta di legge - una disposizione che preveda:

          1) l'abolizione di ogni imposta e tassa;

          2) la possibilità di esercitare in proprio il diritto di difesa, come previsto dalla stessa Convenzione all'articolo 6, con la massima semplificazione delle modalità per la presentazione del ricorso;

          3) il divieto di addebitare le spese in caso di rigetto del ricorso.

      A tale proposito si è allegato alla legge il formulario di ricorso che deve essere messo a disposizione delle cancellerie delle corti di appello, ferma restando la disposizione che prevede che sono le corti di appello che devono richiedere gli atti mancanti alle giurisdizioni «sotto accusa».
      Una seconda importante previsione è quella relativa alla determinazione della indennità, così come previsto dal legislatore nella legge n. 89 del 2001, e cioè di riprendere, nella legislazione nazionale, i criteri della indennità frutto di una lunga giurisprudenza della Corte di Strasburgo. Da questi criteri le corti di appello non possono discostarsi, potendo soltanto rigettare la domanda che può essere proposta personalmente dal ricorrente. In tal modo si potranno evitare speculazioni e

 

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si avvia una previsione di trasparenza e di autodeterminazione da chi si sente leso in uno dei suoi diritti fondamentali.
      È opportuno ricordare che la corte di appello di Campobasso rigetta la maggior parte dei ricorsi, perfino per processi che sono durati 35 anni.
      Le proposte di modifica mettono in piena esecuzione il dettato della citata Convenzione. Ciononostante si esprimono perplessità in merito alle difficoltà lamentate dalla Corte di Strasburgo nell'esame dei ricorsi che, sebbene di numero elevato, non richiedevano un impegno così straordinario per l'esame, limitandosi lo stesso ad un mero riscontro cartolare: la corte di appello di Roma esamina in tempi brevissimi i ricorsi, emettendo provvedimenti rapidi anche se gli stessi hanno raggiunto il numero di migliaia.
      Un terzo aspetto riguarda l'abolizione dell'azione di recupero promossa dalla Corte dei conti e ciò per una serie di ragioni: la prima è quella che la stessa Corte dei conti si può rendere responsabile di lentezze. La seconda è che appare del tutto ingiusto inquisire l'ultima autorità giurisdizionale che ha gestito il procedimento, ovvero è del tutto impossibile individuare un responsabile e ciò sia per la mobilità degli stessi, sia perché la lentezza è dovuta spesso a tutta una serie di motivi, che spesso esulano dalla responsabilità del singolo magistrato. La possibilità di azione di danno comunque non è esclusa qualora dagli atti si debbano poter evincere un dolo o una colpa grave del singolo magistrato, che risponderebbe ai sensi della normativa del 1987.
      La presente proposta di legge intende quindi restituire ai singoli cittadini un adeguato strumento di ristoro, riequilibrando le sperequazioni che si sono formate tra le 26 diverse corti di appello in Italia, e riconsegnando ai singoli la loro tutela in caso di violazione di uno dei loro diritti o libertà fondamentali.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. L'articolo 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89, è sostituito dai seguenti:

      «Art. 2. (Diritto all'indennità per durata irragionevole del procedimento). - 1. Chi ha assunto la qualità di parte in un qualsiasi procedimento giudiziario la cui durata è stata o è irragionevole sotto il profilo dell'articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848, ha diritto a un'indennità determinata ai sensi dell'articolo 2-bis della presente legge.
      2. Nell'accertare la violazione il giudice considera la complessità del caso e, in relazione alla stessa, il comportamento delle parti e del giudice del procedimento, nonché quello di ogni altra autorità chiamata a concorrervi o comunque a contribuire alla sua definizione.

      Art. 2-bis. (Indennità). - 1. Le indennità per durata irragionevole del procedimento previste dall'articolo 2 sono determinate nelle seguenti modalità:

          a) 1.000 euro per ogni anno di ritardo per i primi cinque anni;

          b) 1.500 euro per ogni anno di ritardo per i cinque anni successivi al quinquennio di cui alla lettera a);

          c) 2.000 euro per ogni anno di ritardo successivo al decennio di cui alle lettere a) e b).

      2. Il ricorrente in favore del quale è liquidata l'indennità ai sensi del comma 1 non ha diritto ad alcun altro risarcimento per danni patrimoniali o non patrimoniali.

 

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      3. Il giudice liquida anche le spese legali in favore del ricorrente, se questi è assistito in giudizio da un avvocato.
      4. In caso di rigetto del ricorso le spese legali per la difesa erariale non possono essere poste a carico del ricorrente.

      Art. 2-ter. (Conciliazione preventiva). - 1. Prima di proporre il ricorso la parte può inviare richiesta stragiudiziale di liquidazione dell'indennità all'Avvocatura distrettuale di Stato indicando il procedimento nel quale ha assunto la qualità di parte e l'autorità giudiziaria ove lo stesso pende o si è svolto. Entro trenta giorni dalla data della richiesta, l'Avvocatura distrettuale di Stato può sottoscrivere una conciliazione preventiva con la parte o con il suo patrocinante munito di procura speciale. La conciliazione sottoscritta dalle parti è titolo esecutivo. La formula esecutiva è apposta dalla cancelleria della corte di appello di cui all'articolo 3».

Art. 2.

      1. L'articolo 3 della legge 24 marzo 2001, n. 89, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 3. (Procedimento). - 1. La domanda per richiedere l'indennità si propone dinanzi alla corte di appello.
      2. La domanda si propone con ricorso sottoscritto dalla parte o da un avvocato iscritto ad uno dei consigli del competente Ordine professionale di uno Stato membro dell'Unione europea, munito di procura speciale. Il ricorso contiene gli elementi di cui all'articolo 125 del codice di procedura civile. Se proposto personalmente dalla parte, il ricorso è redatto in base ad un apposito formulario in conformità al modello di cui all'allegato A annesso alla presente legge.
      3. Il ricorso è proposto nei confronti del Ministro della giustizia quando si tratta di procedimenti del giudice ordinario, del Ministro della difesa quando si

 

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tratta di procedimenti del giudice militare, del Ministro dell'economia e delle finanze quando si tratta di procedimenti del giudice tributario. Negli altri casi il ricorso è proposto nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri.
      4. Il procedimento giudiziario di cui al presente articolo non è soggetto ad alcuna imposta o tassa. Il decreto della corte di appello e la sentenza della Corte di cassazione sono esenti da imposte di registrazione ai sensi del comma 6 dell'articolo 265 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.
      5. La corte di appello provvede ai sensi degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione della camera di consiglio, è notificato, a cura del ricorrente, all'amministrazione convenuta, presso l'Avvocatura dello Stato. Tra la data della notificazione e quella della camera di consiglio deve intercorrere un termine non inferiore a quindici giorni.
      6. Le parti hanno facoltà di richiedere che la corte di appello disponga l'acquisizione in tutto o in parte degli atti e dei documenti del procedimento in cui si assume essersi verificata la violazione di cui all'articolo 2 e hanno diritto, unitamente ai loro difensori, di essere sentite in camera di consiglio se compaiono. Sono ammessi il deposito di memorie e la produzione di documenti sino a cinque giorni prima della data in cui è fissata la camera di consiglio, ovvero sino al termine che è a tale scopo assegnato dalla corte a seguito della relativa istanza delle parti.
      7. La corte di appello si pronuncia, entro quattro mesi dalla data di deposito del ricorso, con decreto impugnabile per cassazione. Il decreto è immediatamente esecutivo».

Art. 3.

      1. L'articolo 5 della legge 24 marzo 2001, n. 89, e successive modificazioni, è abrogato.

 

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Art. 4.

      1. All'articolo 14, comma 1, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, le parole: «centoventi giorni» sono sostituite dalle seguenti: «sessanta giorni».

Art. 5.

      1. Alla legge 24 marzo 2001, n. 89, come da ultimo modificata dalla presente legge è aggiunto, in fine, l'allegato A di cui alla tabella 1 annessa alla presente legge.

 

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Tabella 1

(Articolo 5)

«Allegato A

(Articolo 3, comma 2)


ALLA CORTE DI APPELLO DI ........

SEZIONE CIVILE


Ricorso ex articolo 375 del codice di procedura civile.

Equa riparazione per violazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848 (articoli 2 e seguenti della legge 24 marzo 2001, n. 89).

I - PARTI:

RICORRENTE:

Cognome:

Nome:

Sesso:

Nazionalità:

Data e luogo di nascita:

Avvocato difensore

Avvocato domiciliatario in

RESISTENTE:

Ministro della giustizia/Ministro della difesa/Ministro dell'economia e delle finanze/Presidente del Consiglio dei ministri

elettivamente domiciliato presso l'Avvocatura distrettuale di Stato con sede in ..............................................................................

II - ESPOSIZIONE DEI FATTI

III - ESPOSIZIONE DELLA VIOLAZIONE DELL'ARTICOLO 6, PARAGRAFO 1, DELLA CONVENZIONE, NONCHÉ DELLE RELATIVE ARGOMENTAZIONI

IV - ESPOSIZIONE RELATIVA AI REQUISITI DI CUI ALL'ARTICOLO 4 DELLA LEGGE 24 MARZO 2001, N.  89

(Esaurimento delle vie interne di ricorso ovvero pendenza del procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata)

 

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V - DOMANDA DI EQUA RIPARAZIONE

Roma, li ....................

procura speciale

Io sottoscritto ..............................................................................
nato a .......................... il .................... CF .........................
residente elettivamente domiciliato .................................
Nomina suo protutore e difensore l'avv. ...................................
del foro di con studio in .......................................
a rappresentarlo e difenderlo nel procedimento de quo intentato presso la corte di appello di ............................................
dal sottoscritto contro ........................................................................................
avente oggetto richiesta dell'indennità ex articolo 3 della legge n. 89 del 2001 e articolo 6 della Convenzione del 4 novembre 1950.

..................................................................................................


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