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CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 4959 |
1. Dalla nascita della città alle mura: un lungo percorso costruttivo.
Lo studio delle fortificazioni medievali, intese sia come castelli che cinte murarie, non può inserirsi nella dinamica della tutela se non si comprende l'alto valore documentale, soprattutto per quanto riguarda l'Italia meridionale, ricchissima di tali emergenze storiche.
La nascita di tali strutture fu causata da una serie di eventi strategici, economici e insediativi che caratterizzano il mondo feudale ma anche le vicende urbane che tra età tardoantica e altomedievale trasformarono interi territori nelle attuali entità cittadine, subito dopo il disgregamento dell'Impero romano d'occidente.
Soprattutto nel periodo tra il VI e il VII secolo il fenomeno cittadino, essendo caratterizzato da uno spopolamento generalizzato causato dalla guerra fra goti e bizantini dopo la morte di Teodorico (526 dopo Cristo) e la successiva crisi del Regno ostrogoto, si aggiunse alla crisi economica dell'Impero che accentuò una tendenza già presente nella tarda antichità, cioè quella dei grandi proprietari terrieri che trasferivano la propria residenza nelle campagne portandosi dietro anche alcune categorie di artigiani, consentendo così lo sviluppo di altri agglomerati.
Il problema che si evidenzia in quello che era definito un processo lungo e discontinuo di smembramento politico e di decadenza urbana, può trovare una spiegazione nella continuità insediativa all'interno di un sito e nei suoi processi di trasformazione.
Lo sviluppo di diversi tipi di occupazione del suolo e la concentrazione della popolazione in piccole estensioni di terra (siano esse abitate dall'antichità o fondate senza continuità), fecero registrare un fenomeno ben più vasto della semplice costruzione dei castelli, ma che trova in essi la massima ed evidente espressione, fenomeno sfociato nella formazione delle identità cittadine, cioè di una vera e propria creazione giuridica, localizzata nel territorio, nella successiva fortificazione dell'abitato e nella concentrazione dell'insediamento. La creazione giuridica, cioè la costituzione dell'insediamento come entità stabile provvista di confini territoriali, è essenziale per comprendere lo sviluppo delle città e quindi la loro fortificazione.
2. L'incastellamento del nord barese.
Il fenomeno di «concentrazione» dell'abitato, cioè della presenza umana in un certo territorio, è conosciuto con il termine di «incastellamento».
L'incastellamento è, in sostanza, l'accentramento di persone in un luogo, la presenza giuridica e quindi la costituzione di una città che, diventando importante per motivi economici o strategici, si costruisce delle mura, che spesso sono anteriori al castello stesso.
In sostanza, l'incastellamento rappresenta la vera novità del Medioevo e rappresenta la cittadinanza vera e propria, a differenza del castello che, in quanto sede del feudatario, aveva funzioni oppressive e anticittadine.
La realizzazione di una qualsivoglia fortificazione in Italia meridionale si configura in quei rapporti linguistici che sono definiti dalle fonti storiche chorìon, kàstron, o locus e castellum, rispettivamente insediamento stabile e fortificato, nei quali
3. La suddivisione del territorio in età normanno-sveva delle località di Trani, Corato e Ruvo come premessa per un fondamento storico di valorizzazione.
Per poter individuare, all'interno di un territorio o di un insediamento, una residenza fortificata o, in generale, una specifica fortificazione, è necessario ricercare gli insediamenti che conservino, in qualche modo, strutture antiche evidenti. Ciò serve a comprendere che uno studio combinato tra più fortificazioni non può prescindere dagli stessi insediamenti, dalla loro struttura urbanistica, ove sia ravvisabile, dalla loro evoluzione tecnica e architettonica che sono alla base della valorizzazione monumentale e, quindi, del loro riuso.
Come risulta chiaro dalla documentazione pervenutaci, quando i normanni presero il posto dei bizantini non modificarono l'organizzazione e la presenza dei ceti dirigenti all'interno dei territori conquistati, e con essi anche le tecniche costruttive.
Il territorio è suddiviso in circoscrizioni amministrative, principalmente in tre grandi province: il Ducatus Apulie, il Principatus Capue, e la Sicilia, che comprendeva anche la Calabria meridionale. Ma è importante soprattutto la comestabulia, una specie di circoscrizione territoriale di tipo militare. Durante il Regno svevo si conserva, a grandi linee, la struttura dello Stato creato da Ruggero II e ripristinato da Enrico VI, ma con un miglioramento soprattutto nell'attività di funzionamento di una burocrazia avulsa dagli ordini cavallereschi e monastici. Il Regno di Sicilia appare più sistematicamente ordinato sia al centro che alla periferia, ma con un solo vertice che è l'Imperatore, nel quale si esprime la volontà dello Stato in ogni
4. Gli agglomerati urbani.
Nel 1044 i capi dei dodici gruppi normanni coinvolti nelle vicende pugliesi si recarono a Melfi (in Basilicata) con l'obbiettivo di «spartirsi la terra, sia quella già conquistata, sia quella da conquistare».
Allo stato attuale delle ricerche è difficile ricostruire le vicende immediatamente successive alla conquista, tuttavia la fonte principale per questo periodo è il Catalogus Baronum, un elenco della consistenza patrimoniale dei singoli feudi normanni tenuti al servitium feudale in proporzione al loro beneficium, creato in previsione della grande spedizione per opporre resistenza contro la coalizione degli imperatori Federico I Barbarossa (1152-1190) e Manuele I Comneno (1143-1180). In quei luoghi i normanni edificarono non solo dei presìdi difensivi, ma anche veri e propri castelli. Nell'elenco vi sono numerosi abitati che possedevano, all'epoca della compilazione (anni 1154-1169), alte torri su base quadrata che si sono conservate soprattutto in luoghi dove la conformazione geologica dei siti non permette una semplice sovrapposizione di «strati» archeologici.
Le località afferenti il territorio di Corato, Ruvo di Puglia e Trani facevano parte della comestabulia di Angoth de Arcis di Barletta, che comprendeva Corato, Andria, Canne e Montemilone.
Se per il periodo normanno è necessario lo studio del Catalogus Baronum, così per l'età sveva è fondamentale lo studio dello Statutum de reparatione castrorum. Si tratta di un'inchiesta che Federico II avviò sulla base di modelli normanni, sulle località tenute alla riparazione delle fortezze regie. Su 250 strutture fortificate censite, la Puglia e la Basilicata ne comprendono circa 111, suddivise tra 69 castra e 42 domus: tra le città che saranno inserite nel demanio intorno al 1240 troviamo Matera (compresa in Terra d'Otranto con Brindisi, Otranto e Taranto); in Terra di Bari con Barletta, Bari e Gravina; in Capitanata con Monte Sant'Angelo, Troia e Termoli.
Alla Terra di Bari corrispondevano 13 castra e 3 domus, tra cui, appunto, Barletta, Bari, Trani, Canne, Canosa, Andria, Castel del Monte, Corato, Ruvo, Terlizzi, Acquaviva, Gioia, Gravina, Garagnone, Gravina e Santeramo.
La casistica qui riportata non conferma, allo stato attuale, la presenza di un castello, quanto l'accentramento umano che favorì la costruzione delle fortezze, anche se in realtà qui si vuole intendere anche un complesso di fortificazioni quali le cinte murarie.
A concorrere alla loro formazione è un insieme di fattori che convergono e focalizzano un insieme di problematiche che coinvolgono le preesistenze, la conformazione geologica, lo sviluppo religioso e, soprattutto, una signoria stabile.
Trani
Come risulta dalle fonti documentarie e da ricognizioni effettuate nel centro urbano, Trani possiede ancora oggi i resti della prima cinta muraria sorta intorno al IX secolo, per difendersi sia dalle incursioni dei saraceni che da eventuali attacchi interni; di tale nucleo è riconoscibile la cosiddetta «Porta Aurea» o «Antica», ancora visibile nel vicolo tra via Cambio e via La Giudecca, che rappresentava la comunicazione del castrum con il litorale ad oriente. Il percorso di queste prime mura era circolare: esse avevano quattro porte, delle quali una era la porta Vassalla, detta così perché doveva comunicare con la parte bassa della città verso il litorale, ed era situata a partire dalla parte meridionale della Cattedrale sino a Palazzo Gadaleta e via Archivio. Altre due porte erano Porta Nova, presso l'attuale piazza Mazzini, in asse con via Beltrani e quindi con la Cattedrale, e Porta Vetere, anticamente indicata come Porta Barletta, perché metteva in comunicazione la zona occidentale della città con Barletta.
Da ricordare è che con l'epoca degli Angioini, tra il XIV e il XV secolo, la città iniziò a sviluppare l'area urbana proprio a ridosso della Porta Nova e di Piazza San Marco (l'area della Chiesa di Santa Teresa); due importanti resti di tale area urbana sono il Palazzo Palavano, poi Festa Campanile, poi Lambert, e il Palazzo Caccetta.
Nel XIX secolo la città operò il definitivo sconfinamento verso est e verso sud, con lo scavallamento della cinta muraria, che comprimeva il suo sviluppo anche verso l'entroterra agrario, e anzi con la sua distruzione; nacque l'attuale via Bovio.
Le mura di Trani, inoltre, hanno memorie ben più recenti, che si rifanno agli anni terribili della Repubblica napoletana e dei moti del 1799. Quando nei primi giorni di febbraio del 1799 giunse a Trani la notizia della proclamazione della Repubblica napoletana, alcuni cittadini di idee liberali e favorevoli alla Repubblica, guidati da Raffaele de Felice, Francesco Pace, Cataldo Lo Manto e Giuseppe Forges Davanzati, si insediarono nel palazzo comunale dichiarando decaduti il sindaco e gli eletti della città.
Nei giorni successivi, sino al mese di marzo, numerosi delitti furono perpetrati proprio a ridosso delle mura medievali, che furono infine cannoneggiate sino al mese di aprile, quando i francesi assalirono la città e la incendiarono quasi del tutto, trucidando oltre 500 persone.
Corato
L'insediamento di Corato, per la struttura urbanistica accentrata, risale all'VIII-IX secolo dopo Cristo, anche se ben note sono le vicende dei ritrovamenti di sepolcri e di insediamenti preistorici, alcuni riferibili all'ultimo fenomeno dei dolmen nell'Europa meridionale. Alcuni lo fanno risalire all'insediamento di Budas, corruzione probabile del termine «rudas» (ruderi), come annota una mappa risalente al I-IV secolo dopo Cristo, la cosiddetta «Tabula Peutingeriana»; al di là della questione se sia o no l'antica Rudas (da non confondere con Rubos-Ruvo di Puglia, anch'esso citato nell'antichissima mappa), è possibile pensare che Corato venga da Quadratum, che potrebbe far pensare ad un quadrivio, oppure ad un Coretum (aggolomerato urbano di tipo rurale) attestato 1046, nel poema epico-storico del maggiore cantore delle gesta dei normanni, Guglielmo Appulo «De rebus normannorum» o «Res gestae Roberti Viscardi». La fonte storica afferma che «Pietro di Trani fondò Andria, e poi fabbricò Corato, ed edificò sul mare Bisceglie e Barletta».
Ma è proprio con la costruzione delle mura che ha inizio la storia di Corato, a partire dalle tracce ravvisabili all'interno dell'ex convento francescano dei frati minori, oggi Palazzo di città, che rappresenta, in qualche modo, il residuo del margine urbano più antico di Corato, anteriore quindi al XVI secolo.
Nel nucleo antichissimo resti di torri di epoca angioina, della metà-fine del XIII secolo, sono rintracciabili nella via Genzano, via Mercato e via Roma, mentre
Ruvo di Puglia
Se è vero che alla base di ogni ricerca sta la valutazione delle fonti, ciò che riguarda la città di Ruvo di Puglia è, insieme a Trani e a Corato, l'emblema della valorizzazione culturale del territorio.
Negli ultimi anni si è assistito a restauri di numerosi monumenti i quali, poiché ubicati nei centri storici, hanno conservato complesse stratificazioni nel sottosuolo e negli elevati, da considerare secondo i più moderni metodi di scavo. E, nonostante questo concetto abbia trovato numerosi assensi, in Puglia resta ancora un traguardo da superare nella pratica, quando siamo di fronte a complessi monumentali di rilievo.
Per comprendere il fenomeno dell'introduzione del cristianesimo a Ruvo e, quindi, la possibilità di riscontrare una continuità insediativa dall'età romana a quella medievale, è necessario soffermarsi su alcuni dati topografici della Ruvo antica.
In età preromana il territorio di Rubi confinava con quelli di Canusium a nord e di Butuntum a sud, estendendosi maggiormente ad ovest verso il territorio di Silvium (Gravina). La particolare posizione geografica permise uno sviluppo del centro peuceta in concomitanza con quelli confinanti; numerosi ritrovamenti dimostrano che Ruvo fu uno dei centri urbani che ha restituito numerosi materiali fittili e tombali, molti dei quali sono esposti nel locale Museo nazionale. A questa documentazione, relativa ai secoli X-III avanti Cristo, individuata soprattutto in aree periferiche rispetto all'attuale centro medievale, si hanno alcune notizie relative al periodo romano. Ruvo è ricordata da Orazio come tappa del suo viaggio da Roma a Brindisi, e questa via è identificata concordemente con la strada che nel II secolo dopo Cristo diventerà l'Appia traiana. I Rubustini erano inseriti da Plinio (Nat. Hist. 111, 105) nell'elenco alfabetico di quelle popolazioni della Regio Secunda, e lo stesso territorio di Ruvo è registrato nel Liber Coloniarum (1,262 L) tra quelli soggetti a divisioni agrarie avvenute durante l'impero di Vespasiano; infine, la città di Rubos compare negli itineraria antichi sull'asse viario che da Canosa dirigeva verso Bari e Brindisi (Itinerarium Antonini, 116-117: Canusio XXIII, Rubos XI, Butruntus XII, Varia; Itinerarium Burdigalense, 609-610: Civitas Canusio XV, Mutatio Ad Quintodecimo XV Civitas Rubos XI, Mutatio Butontones XI, Civitas Beroes). Il fatto che l'Itinerarium Burdigalense menzioni Ruvo come civitas consente di ipotizzare una certa vitalità del centro nel VI secolo dopo Cristo, contemporaneamente alla divisione in centurie del territorio, mentre la Tabula Peutingeriana, VI, 5, così riporta: «Rudas XII (Corato?sud di Andria?), Rubos VIII, Butuntos VIII (Bitonto) (...)».
Le fonti esaminate, relative ai secoli I avanti Cristo-VII dopo Cristo, attestano, quindi, l'esistenza del centro urbano di Ruvo collegata con Canusium e Butuntum dalla via Appia traiana. I resti di questa via furono intercettati nel 1970, durante alcuni lavori di sterro, fra le attuali via Garibaldi e via Saffo, ad una quota di 2 metri dal piano.
Il selciato, con i segni delle ruote dei carri, aveva un andamento nordovest-sudest e doveva, probabilmente, entrare nell'abitato attraverso la porta Castello; provenendo da via vecchia Corato e proseguendo lungo via De Gasperi, attraversava l'antica città sino alla porta Noha o Noè, lungo le mura medievali di epoca angioina.
Nella piazza Cattedrale fu scoperta un'altra iscrizione, che può definirsi come un titulus Operum puplicorum, segnalando che i lavori per la costruzione di mura e di torri, ex decurionum decreto, sono stati presi in appalto dai quattuorviri quinquennali A. Alsinae e Claudio Rufo. L'iscrizione è importante perché offre le prime testimonianze relative alla magistratura del municipio di Rubi e alla tribù Claudia, cui la città di Ruvo era ascritta. L'epigrafe,
5. Conclusioni e proposte di recupero.
I tre insediamenti citati, Trani, Corato e Ruvo di Puglia, da anni e soprattutto di recente hanno puntato verso una qualifica di ripopolamento del centro storico attraverso una serie di restauri mirati e di programmi di riqualificazione urbana e sviluppo sostenibile.
Al fine di una piena attuazione di tale politica culturale non può mancare la segnalazione di una presenza monumentale notevole quali le cinte murarie, delle quali è possibile proporre una tutela specifica in quanto trattasi di elementi plurimillenari.
La qualifica concerne non solo il restauro in sé del bene culturale, ma la riqualificazione dell'intera area di rispetto del bene stesso, il quale, una volta recuperato, non sarà più soggetto a forme di abusivismo più o meno diretto.
Con la riqualificazione del bene i centri storici saranno maggiormente soggetti a interesse della pubblica opinione, che è l'interesse più prezioso e importante della nostra politica di tutela del paesaggio; insieme a questa avremo una possibilità di recupero del sostrato artigianale e turistico che supera le normali ore di visita turistica, creando dei veri e propri «musei all'aperto».
1. La presente legge promuove la valorizzazione e il recupero delle cinte murarie medioevali e postmedievali dei comuni di Trani, Corato e Ruvo di Puglia, situati nel territorio nord barese.
2. Le cinte murarie medioevali e postmedievali di cui al comma 1 fanno parte del patrimonio storico-culturale-archeologico della provincia di Bari e delle sue origini romaniche e normanne.
1. Entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa deliberazione della giunta provinciale di Bari, con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali è istituito il comitato provinciale per la valorizzazione e il recupero delle cinte murarie medievali e postmedievali di Trani, Corato e Ruvo di Puglia, di seguito denominato «comitato».
2. Il comitato è costituito da:
a) un rappresentante del Ministero per i beni e le attività culturali, designato dal Ministro stesso;
b) un rappresentante della regione Puglia, designato dal presidente della giunta regionale;
c) un rappresentante dell'amministrazione provinciale di Bari, designato dal presidente della provincia;
d) un rappresentante per ciascuno dei comuni di Trani, Corato e Ruvo di
3. Il comitato ha il compito di:
a) individuare gli interventi necessari per il pieno recupero delle cinte murarie medievali e postmedievali oggetto della presente legge e le linee guida per un successivo utilizzo di valenza economico-culturale che non alteri la natura di testimonianza storico-culturale dei beni stessi;
b) individuare le fonti di finanziamento di natura pubblica, regionale, statale e comunitaria, attivabili in funzione del restauro e, successivamente, della manutenzione delle cinte murarie medioevali e postmedievali;
c) individuare le possibili fonti di finanziamento di natura privata, tramite sponsorizzazioni e previsione di possibili regimi concessori per l'utilizzo delle cinte murarie medievali e postmedievali;
d) porre in essere ogni iniziativa per il reperimento delle fonti di finanziamento di cui alle lettere b) e c);
e) promuovere la conoscenza della ubicazione e delle caratteristiche costruttive delle cinte murarie medioevali e postmedievali a livello nazionale e internazionale;
f) predisporre e pubblicizzare un itinerario turistico e culturale in collegamento con le altre vestigia medioevali, postmedievali o di epoche successive che insistono sul territorio della provincia di Bari.
4. Il comitato è dotato di autonomia gestionale e contabile e la sua attività è finanziata tramite appositi fondi pubblici e privati.
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