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PDL 4767

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4767



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

DEIANA, MASCIA, TITTI DE SIMONE, ANNUNZIATA, BIELLI, BOLOGNESI, BOVA, BULGARELLI, BURTONE, CENTO, CIMA, ALFONSO GIANNI, GRANDI, GRIGNAFFINI, GRILLINI, MONTECUOLLO, PISA, PISAPIA, RUSSO SPENA, SASSO, SQUEGLIA, TRUPIA, VALPIANA, VENDOLA, ZANELLA, ZANOTTI

Istituzione dell'Archivio storico dei movimenti
e delle culture giovanili in Europa

Presentata il 2 marzo 2004


      

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Onorevoli Colleghi e Colleghe! - Le vicende di questa complessa fase storica dimostrano una volta di più che la democrazia non è affatto una conquista acquisita in via stabile e definitiva e non bastano le formule giuridiche, ancorché spesso acuminate e incontrovertibili - come una grande parte degli articoli della Costituzione italiana continuano a essere - per porci al riparo da derive di tipo regressivo, ademocratico o apertamente autoritario. Le giovani generazioni di oggi devono sapere quale bene prezioso, non negoziabile per nessun motivo, sia la democrazia. Ma devono anche sapere, per difendersi dai vani e svuotanti chiacchiericci entro cui rischia oggi di restare intrappolato questo fondamentale tassello del vivere sociale - ridotto spesso a bandiera per coprire battaglie che con esso non hanno nulla a che spartire - che la democrazia non può essere ridotta a una formula vuota, a uno slogan demagogico, a un significante privo di ogni significato certo e vincolante, buono per ogni uso e stagione. Devono sapere che la democrazia, per essere veramente tale, deve essere istituzionalmente definita, costituzionalmente garantita, storicamente radicata. E per questo va politicamente difesa come il bene pubblico per eccellenza. Devono sapere con estrema chiarezza che senza radici storico-culturali, senza vincoli costituzionali, senza istituzioni certe, la democrazia
 

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può subire una progressiva metamorfosi, trasformandosi in perniciosa demagogia o in un formulario di potere, privo di connessione con la società, i bisogni, le aspirazioni dei cittadini e delle cittadine. E devono sapere in che modo nel corso della vicenda storica i soggetti organizzati, i movimenti, la società civile hanno contribuito, spesso grandemente, sia alla difesa sia all'espansione sia in molti casi all'inveramento stesso della democrazia. Le giovani generazioni hanno sempre preso parte a questi processi, ne sono stati spesso protagonisti di primo piano. Ed è ancora per loro e grazie a loro - i giovani e le giovani di questa nostra contemporaneità - che la democrazia potrà fecondamente continuare a vivere e a svolgere il suo compito di tenuta della società, di garanzia di una convivenza solidale, di tutela dei diritti, di mediazione dei conflitti. Perché questo avvenga occorre che i giovani siano messi veramente nelle condizioni di agire in prima persona la democrazia, non soltanto avendo a disposizione tutti i necessari strumenti culturali di conoscenza e di riflessione sul duro e faticoso cammino che è stato compiuto per costruirla nel nostro Paese e in Europa ma anche di vedere riconosciuto il fondamentale contributo che le giovani generazioni - i giovani prima di loro nel corso dei decenni - hanno dato perché questo avvenisse. Partendo ovviamente da loro, da come le ragazze e i ragazzi vivono le istanze della partecipazione democratica, con foga e passione, forse talvolta con deboli capacità di mediazione, perché debole è l'esperienza politico-istituzionale di cui dispongono, ma con la forza dell'entusiasmo trasformatore - sempre autentica risorsa civile - della loro giovane età. Forza che li ha ripetutamente portati sul proscenio della lotta politica e del protagonismo sociale con grandi spinte, desideri, sogni di cambiamento, in lotte e mobilitazioni grazie alle quali si è andato colmando un gap altrimenti incolmabile tra i princìpi e la realtà, diventando meno radicalmente distante - per quel che riguarda il nostro Paese - la lettera della Costituzione formale dalla realtà della materialissima costituzione dei rapporti di forza nel corpo sociale: tra le generazioni, tra i gruppi sociali, tra i sessi; oggi tra i nativi e gli immigrati, come stanno a dimostrare le complesse vicende di molti Paesi europei, e come ancora una volta importanti settori del mondo giovanile si prendono la responsabilità di rappresentare sulla scena pubblica e sul set mediatico, portando alla superficie le contraddizioni, aprendo la strada, se si vorrà dare loro ascolto, alla ricerca di soluzioni in avanti.
      I giovani entrano via via a far parte di un mondo - senso, regole, meccanismi costitutivi - che altri hanno fondato e di cui spesso alle giovani generazioni sfugge la logica interna, anche quando si tratti di una logica intrinsecamente positiva. E d'altra parte quel patto che tiene insieme il corpo sociale non può essere concepito come una sorta di condizione obiettiva fissa nel tempo, da acquisire senza chiedere conto o senza attraversamenti inediti che scaturiscono appunto dal venire al mondo di altri sguardi, di altri interrogativi, di altri desideri. Un'interazione fattiva tra i diversi soggetti, gli strumenti per essa devono rappresentare i meccanismi costitutivi del patto affinché in esso rientrino efficacemente e durevolmente anche le relazioni intergenerazionali. Invece spesso si dà il contrario. Stato e istituzioni, ancorché presidiate e orientate da una Costituzione che avrebbe in sé la forza di offrire tutti gli strumenti necessari allo scopo, rimangono sorde alle istanze delle giovani generazioni, quando non ostili o apertamente nemiche. È successo sovente nella storia della modernità. Si è ripetuto, in tempi a noi assai vicini, nelle giornate di Genova nel luglio del 2001, quando gli apparati dello Stato non sono stati in grado di esercitare la loro funzione di garanzia dell'ordine repubblicano, in conformità con le regole dello Stato di diritto, la norma democratica, il dettato costituzionale. I giovani ne hanno fatto le spese in maniera pesantissima - nel corpo, nella mente, nel cuore, sul piano sociale e su quello della rappresentazione e significazione simbolica della realtà - e contro di
 

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loro si è esercitato il tentativo da parte dello Stato e dei suoi poteri di fronteggiare le contraddizioni esplosive della difficile fase storica apertasi con la globalizzazione, in termini di repressione e limitazione della democrazia. Un vulnus che ha colpito al cuore il senso, prima ancora che le regole, della convivenza civile. La gestione della Piazza a Genova nei giorni del G8, e in particolare la vicenda legata alla caserma di Bolzaneto, stanno a indicare una regia dell'ordine pubblico per molti versi inedita nella storia del nostro Paese, con una scelta di criminalizzazione mediatica dei partecipanti e di repressione indiscriminata contro chiunque si trovasse a manifestare. La perquisizione alla scuola Diaz, con il violento pestaggio di 63 ragazzi nella notte del 21 luglio 2001, è stato l'ultimo tentativo di sostenere il carattere violento del movimento. Per questo le Forze dell'ordine non hanno esitato a costruire false prove, mentre nulla veniva fatto per circoscrivere e controllare la presenza di frange di manifestanti del tutto esterne alla conduzione delle trattative tra gli organizzatori del contro G8 e le autorità. La latitanza dello Stato rispetto ai doverosi compiti di tutela del diritto a manifestare e la inaudita repressione contro chi manifestava sono stati i due perni intorno a cui è stato condotto l'ordine pubblico. Una vera tragedia della democrazia, entro la quale si è consumata la morte del giovane Carlo Giuliano, di null'altro colpevole che di essere un ragazzo sulla via della vita. La città di Genova, le sue piazze, le sue strade, il suo mare si sono trasformate in quei giorni in una sorta di stadio gigantesco, con i manifestanti ridotti, nelle intenzioni e nelle scelte operative di chi doveva garantire l'ordine pubblico, al rango di tifosi, pronti a consumare violenza e sport e dunque costretti a subire il gioco al massacro di chi cercò allora di trasformare l'opposizione sociale e politica in problema paracriminale, da gestire fuori dalle regole e dalle garanzie democratiche. A Genova proprio questo si è tentato: ridurre la legittimità dell'opposizione e il protagonismo politico di una nuova generazione di giovani in uno spettacolo da stadio, da gestire come la teppaglia degli Hooligans, per questo arrivando a trattare a manganelli e micidiali gas lacrimogeni una manifestazione di due o trecentomila persone, con la presenza di organizzazioni storiche del sindacato, parrocchie, famiglie, teen ager alla loro prima sortita pubblica.
      Bolzaneto, con i suoi orrori da colpo di stato cileno, è stata la conclusione di questa emblematica vicenda nazionale, dove più che in altre a pagare sono stati i ragazzi e le ragazze, a essere offeso a morte proprio il loro essere giovani: la scoperta dell'impegno civile, della critica sociale, dell'immaginario trasformatore, cioè la ricchezza più autentica che la società trae dalle nuove generazioni.
      Può e deve essere compiuto un atto di risarcimento nei confronti dei giovani, può e deve essere posto un vincolo simbolico a che lo Stato conservi memoria delle cose e educhi all'obbedienza costituzionale chi viene posto a tutela dell'ordine repubblicano.
      L'istituzione di un Archivio storico delle culture e dei movimenti giovanili europei in Europa, intitolato al giovane Carlo Giuliani, si pone questo obiettivo.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. È istituito l'Archivio storico dei movimenti e delle culture giovanili in Europa, di seguito denominato «Archivio», con sede in Genova, nei locali attualmente occupati dalla caserma di polizia sita nel quartiere denominato «Bolzaneto».

Art. 2.

      1. Ai fini di cui all'articolo 1, il Ministero dell'interno provvede al mutamento della finalità d'uso dei locali di cui al medesimo articolo 1 e alla collocazione in altra sede della stazione di polizia che attualmente li occupa.
      2. Il Ministero per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministero degli affari esteri, provvede a predisporre le condizioni e gli strumenti necessari alla costituzione di un apposito Comitato per l'elaborazione di un adeguato progetto finalizzato alla realizzazione dell'Archivio, tale da costituire un punto di riferimento istituzionale per l'Unione europea nelle tematiche relative ai movimenti e alle culture giovanili di dimensione e qualità europee.

Art. 3.

      1. L'Archivio è intitolato alla memoria del giovane Carlo Giuliani.

Art. 4.

      1. L'Archivio persegue le seguenti finalità:

          a) raccogliere, conservare, catalogare materiale documentale relativo alle esperienze

 

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attraverso le quali le giovani generazioni, con particolare attenzione allo specifico, differente contributo che è venuto dal genere maschile e da quello femminile, hanno contribuito nel corso del novecento all'affermazione dei valori della democrazia, della pace, della convivenza solidale tra popolazioni diverse che hanno abitato e abitano il continente;

          b) valorizzare gli scambi culturali tra giovani dei diversi Paesi dell'Unione europea;

          c) promuovere iniziative e attività culturali, idonee a favorire la conoscenza storica del continente dal punto di vista dell'esperienza giovanile;

          d) istituire premi e borse di studio a favore di studenti e giovani che si impegnano a effettuare ricerche e studi attinenti alle problematiche di cui al presente articolo.

Art. 5.

      1. È autorizzata la spesa di 2.000.000 di euro per l'anno 2004 per la realizzazione e l'adeguamento della sede dell'Archivio, individuata ai sensi dell'articolo 1. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della difesa. A decorrere dall'anno 2005 alle spese di mantenimento dell'Archivio si provvede mediante l'istituzione di un apposito fondo nel quale è accantonata annualmente una quota pari allo 0,30 per cento delle spese destinate al bilancio del Ministero della difesa.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


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