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PDL 4883

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4883



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

VITALI, GIOACCHINO ALFANO, AZZOLINI, ANTONIO BARBIERI, BLASI, DELL'ANNA, LAINATI, LAZZARI, LEZZA, LICASTRO SCARDINO, MONDELLO, NUVOLI, PALMIERI, PERROTTA, PINTO, ANTONIO RUSSO, SPINA DIANA, TARDITI, GIACOMO VENTURA

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla situazione della procura della Repubblica presso il tribunale di Napoli

Presentata il 6 aprile 2004


      

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Onorevoli Colleghi! - La situazione della procura della Repubblica presso il tribunale di Napoli è particolarmente grave e si segnalano in proposito alcuni fatti che hanno determinato la condizione di crisi profonda in cui versano gli uffici giudiziari del capoluogo campano.
      È da ricordare che fino all'unificazione delle due procure di Napoli, avvenuta il 1o gennaio 2000, nessuna forma di contestazione era avvenuta all'interno della procura anche se il dottor Cordova prestava servizio in quella presso il tribunale da circa sette anni. Solo in occasione di tale unificazione si scoprì, ma solo da parte del dottor Cordova, il cui comportamento è stato sempre corretto, la grave situazione dell'ex procura circondariale. Risultava, infatti, una pendenza di 700.000 fascicoli di cui circa 200.000 neppure iscritti nel registro delle notizie di reato. È inoltre da rilevare che circa 2.300.000 seguiti di informative erano dispersi sui pavimenti e non esaminati da nessuno. I sostituti andavano in udienza meno di due volte al mese, in tutto il 1999 avevano proposto complessivamente solo sette impugnazioni e risultava un enorme numero di prescrizioni. Appare assai singolare non solo che si sia determinata questa grave situazione ma anche il perché i vertici della magistratura succedutisi nel tempo non abbiano rilevato alcuna anomalia. Risulta anche, tra l'altro, che coloro che erano
 

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preposti all'ex procura circondariale avevano emanato direttive contrarie a norme di legge quali quella relativa all'immediata archiviazione in caso di ricettazione di assegni, nella presunzione che colui che li aveva ricevuti non avrebbe ricordato da chi, o all'immediata archiviazione del contrabbando al minuto di sigarette, nella presunzione che il contravventore avrebbe definito con l'oblazione la vicenda, o quella di non impugnare le sentenze in caso di reati di prossima prescrizione.
      Dopo le segnalazioni del dottor Cordova su tutte le anomalie riscontrate iniziarono le contestazioni nei suoi confronti. È quindi necessario accertare quali siano le ragioni e le cause delle proteste avanzate nei confronti del procuratore Cordova che aveva segnalato la situazione di gravissima inefficienza e di sostanziale illegalità in cui si trovavano gli uffici giudiziari. È opportuno inoltre segnalare che numerose (circa 100) sono state le segnalazioni del dottor Cordova mai prese in considerazione, mentre sono state valutate con urgenza quelle che contestavano lo stesso magistrato. È inoltre necessario verificare quali provvedimenti siano stati adottati contro quei magistrati che hanno contestato il dottor Cordova con esternazioni sui quotidiani che hanno finito per compromettere ulteriormente la funzionalità della procura di Napoli.
      È significativo come le insurrezioni siano avvenute solo nei confronti di questo procuratore e non anche dei suoi predecessori: eppure, dai dati statistici, si colgono i positivi risultati dell'attività dello stesso (oltre 1.100 arrestati, solo per reati di camorra negli ultimi 14 mesi, cifra non riscontrabile in alcuna altra grande procura), che ha causato lo scompaginamento dei clan camorristici, anche se poi il territorio non è stato rioccupato dallo Stato: vedasi, a titolo di mero esempio, il caso dei beni confiscati da tempo alla camorra e ancora in possesso della stessa; o quello del dilagante fenomeno dell'abusivismo edilizio, senza l'intervento dei comuni per appropriarsi degli immobili e disporne la demolizione.
      E si tace dei numerosissimi procedimenti per reati commessi da pubblici ufficiali nei confronti della pubblica amministrazione, che, stranamente, hanno sempre suscitato infastidite reazioni; così come dell'incremento, negli ultimi tempi, della collaborazione delle vittime delle estorsioni.
      Occorre quindi verificare come si sia svolta finora l'attività giudiziaria in Campania, prima e dopo l'avvento del dottor Cordova, e quali siano stati i risultati conseguiti nei periodi corrispondenti.
      Ciò per verificare quale sia stato l'impegno dei magistrati nell'esercizio delle loro funzioni (e non solo dei pubblici ministeri: vedansi le richieste pendenti davanti ai giudici per le indagini preliminari da lunghissimo tempo) e l'impulso loro dato dai capi dell'ufficio, e quali siano le ragioni che hanno determinato l'insurrezione contro il dottor Cordova, che non ha fatto altro che pretendere da tutti l'osservanza delle regole.
      Non solo, ma, in relazione alle vistosissime anomalie segnalate, occorre accertare: in quanti casi si sia passati dall'autonomia di giudizio all'assoluta libertà di giudizio, specie qualora fossero coinvolti personaggi di rilievo; quale diffusione abbia la pratica di presentazione di attestazioni e consulenze circa l'incompatibilità fisica o psichica con la detenzione; se vi siano espedienti usati per evitare l'esecuzione delle sentenze di condanna; che nesso vi sia tra l'inefficienza della giustizia e tutta la serie di reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, specie in materia di distribuzione dei fondi pubblici; in che modo la camorra ne sia avvantaggiata.
      E, soprattutto, in un contesto affetto da tutte le forme di criminalità, quale conseguenza abbiano avuto gli attacchi contro il dottor Cordova nella normale attività della procura; quali siano state le conseguenze delle mancate iniziative dei contestatori; quale convergenza di interessi vi sia stata tra l'insofferenza delle regole da parte dei magistrati e l'intento della camorra e della pubblica amministrazione inquinata a rimuovere il dottor Cordova;
 

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quali interessi hanno mosso i Procuratori generali di Napoli e quello della Cassazione, l'Associazione nazionale magistrati e parte dell'avvocatura a supportare le insofferenze degli ammutinati; che nesso vi sia tra tutto ciò e le pianificazioni correntizie a «scegliersi» i capi «adatti».
      Con questa proposta di legge si propone l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta per verificare a fondo le ragioni e le responsabilità dei gravi fatti accaduti nella procura di Napoli e per proporre dei rimedi alla situazione giudiziaria del capoluogo campano.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. È istituita, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta con il compito di accertare:

          a) come si sia svolta l'attività giudiziaria e quali siano i risultati conseguiti prima e dopo l'avvento a capo della procura della Repubblica di Napoli del dottor Cordova, e quali siano le ragioni e le cause che hanno determinato contestazioni da parte di alcuni magistrati nei confronti dello stesso;

          b) le cause e le ragioni per le quali si siano eventualmente verificate difformità di trattamento o incompletezze o lacune o omissioni nelle attività di indagine e nell'esercizio dell'azione penale, in particolare verificando se tali eventuali anomalie nelle attività di indagine o nell'esercizio dell'azione penale possano essere state determinate dal perseguimento di obiettivi anche di natura politica riferibili a singoli magistrati;

          c) le conseguenze della contestazione di alcuni magistrati nei confronti del procuratore Cordova sull'attività, l'efficienza e la funzionalità degli uffici giudiziari;

          d) le ragioni e le cause che hanno determinato gli alti vertici della magistratura, l'Associazione nazionale magistrati e parte dell'avvocatura a supportare le contestazioni nei confronti del dottor Cordova.

Art. 2.

      1. La Commissione è composta da venti senatori e da venti deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato

 

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della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati in proporzione al numero dei componenti dei gruppi parlamentari e in modo tale da assicurare comunque la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo costituito in almeno un ramo del Parlamento.
      2. La Commissione, nella prima seduta, elegge il presidente, due vicepresidenti e due segretari.
      3. L'attività e il funzionamento della Commissione sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa nella seduta successiva a quella di elezione dell'Ufficio di Presidenza.
      4. La Commissione conclude i propri lavori entro un anno dalla data della sua costituzione.

Art. 3.

      1. La Commissione procede all'espletamento dei suoi compiti con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.
      2. La Commissione può richiedere, anche in deroga al divieto stabilito dall'articolo 329 del codice di procedura penale, copie di atti e documenti relativi a procedimenti o a inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti. L'autorità giudiziaria può opporre diniego motivato sulla base di inderogabili esigenze istruttorie, ma è comunque tenuta alla trasmissione degli atti e dei documenti una volta trascorsi tre mesi dalla richiesta.
      3. Per i fatti oggetto dell'inchiesta non è opponibile alla Commissione il segreto di Stato.
      4. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato.
      5. La Commissione individua gli atti e i documenti che non devono essere divulgati anche in relazione ad altre istruttorie o a inchieste in corso.
      6. La Commissione può opporre motivatamente all'autorità giudiziaria il vincolo

 

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del segreto funzionale che abbia apposto ad atti o documenti.
      7. La Commissione può avvalersi della collaborazione di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria, di qualsiasi altro pubblico dipendente e delle altre collaborazioni necessarie.
      8. Le sedute della Commissione sono pubbliche, salvo che la Commissione stessa disponga diversamente, al fine di tutelare le esigenze di segretezza dello Stato o di indagini preliminari in corso.

Art. 4.

      1. I membri della Commissione, i funzionari e il personale di qualsiasi ordine e grado addetti alla Commissione stessa e ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta ovvero ne viene a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui al comma 5 dell'articolo 3.
      2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione del segreto di cui al comma 1, nonché la diffusione in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, di atti e documenti del procedimento d'inchiesta, dei quali sia stata vietata la divulgazione, sono punite ai sensi dell'articolo 326 del codice penale.

Art. 5.

      1. Le spese per il funzionamento della Commissione sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.

Art. 6.

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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