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PDL 4751

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4751




 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato FANFANI

Nuova disciplina degli illeciti penali e amministrativi
riguardanti le società commerciali

Presentata il 25 febbraio 2004


      

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Onorevoli Colleghi! - I recenti scandali Parmalat e Cirio hanno riproposto, con drammatica evidenza, la questione centrale delle moderne economie di mercato: la questione della governance del capitalismo e l'etica negli affari. Seppur consapevoli del fatto che occorra avere moderni assetti societari si è, d'altra parte, sempre più convinti che occorra agevolare la trasparenza nella tutela dei risparmi azionari, garantire i diritti dei soci e dei risparmiatori, e che sia necessario un intervento sul sistema dei controlli, anche penali, affinché si imbocchi un'altra strada, diametralmente opposta a quella intrapresa da questo Governo sin dall'inizio dell'attuale legislatura.
      La decisione, infatti, di depenalizzare il reato di falso in bilancio, mediante emanazione del decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61, recante disciplina degli illeciti penali e amministrativi riguardanti le società commerciali, ha rappresentato un messaggio significativo che non ha tardato ad essere recepito dalla peggiore imprenditoria.
      Pur ribadendo la natura sussidiaria dell'azione penale, all'interno di un complessivo intervento su materie così complesse quali quelle del diritto societario e della tutela del risparmio, occorre rilevare come l'assenza di una sia pur minima deterrenza sul piano penale costituisca un buon viatico per operazioni illegali e favorisca il rischio del ripetersi di scandali finanziari nel nostro Paese.
      Perfino negli Stati Uniti, all'indomani degli scandali delle grandi corporation e della vicenda Enron, il Congresso ha approvato una legge che per il conflitto di interessi e il falso in bilancio contempla una pena severa, fino a venticinque anni di reclusione e la confisca dei beni dei responsabili; ma soprattutto - a differenza di ciò che è accaduto in Italia - il falso in bilancio viene configurato quale reato contro
 

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la fede pubblica, e la veridicità delle scritture contabili, e conseguentemente per esso non è richiesta la prova del danno causato.
      La presente proposta di legge intende quindi modificare il citato decreto legislativo n. 61 del 2002 con il quale questa maggioranza di Governo ha di fatto depenalizzato il reato di falso in bilancio, prevedendo una pena esigua (arresto da quindici giorni a un anno e sei mesi, che potrà essere comodamente convertito in una pena pecuniaria), riducendo la tutela del bene protetto dalla norma in quanto si richiede per la configurazione del reato la sussistenza di un danno patrimoniale ai soci o ai creditori della società, e prevedendo infine la perseguibilità a querela.
      Con la presente proposta di legge si intende ristabilire la giusta rilevanza di un reato contro la fede pubblica come quello delle dichiarazioni false nei bilanci societari, innanzi tutto mediante l'inasprimento di tutte le pene previste per i reati societari e per i reati fallimentari.
      Oltre alle ipotesi di aggravamento delle pene è stata contemplata, nel caso di reati societari, la procedibilità d'ufficio in luogo di quella a querela, introdotta dalla riforma del governo Berlusconi, seppure limitatamente ad alcune fattispecie minori.
      Nel delitto di falso in bilancio è stata introdotta anche la società quale soggetto beneficirio dell'attività di frode, onde evitare il rischio, presente nella norma vigente, che il reato non sussista se il falso in bilancio sia commesso per favorire la società in danno di terzi.
      Una particolare attenzione viene poi dedicata alla tutela dei risparmiatori, mediante:

          a) l'inasprimento delle pene per le società quotate e per quelle che ricorrono comunque al mercato finanziario;

          b) l'inasprimento delle pene per la pubblicità ingannevole nei prospetti volti alla sollecitazione all'investimento (articolo 2623 del codice civile);

          c) l'inasprimento delle pene per le falsità commesse dalle società di revisione, introducendo una loro responsabilità penale per colpa (oggi inesistente), al fine di sollecitarne il massimo controllo;

          d) l'inasprimento delle pene per gli amministratori che intendano ostacolare l'esercizio delle funzioni di vigilanza (articolo 2638 del codice civile);

          e) la creazione della nuova figura di «ricorso abusivo al credito» per la quale, unitamente a quella attuale (di cui all'articolo 218 del regio decreto n. 267 del 1942, «legge fallimentare»), si prevede una ipotesi aggravata (da due a sei anni), applicabile nello specifico alle società che ricorrono al mercato finanziario in condizioni di dissesto;

          f) la previsione di un'aggravante ad effetto speciale (da un terzo alla metà) nel caso in cui i reati societari e quelli fallimentari abbiano causato un danno di rilevante gravità ai soci, ai creditori e ai terzi in genere.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Nuove disposizioni sugli illeciti penali ed amministrativi in materia di società e di consorzi).

      1. Il capo I del titolo XI del libro V del codice civile è sostituito dal seguente:

«Capo I - Delle falsità.

      Art. 2621 (False comunicazioni sociali). - Salvo quanto previsto dall'articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per sé, per la società o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, intenzionalmente espongono fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, sono puniti con la reclusione da sei mesi a quattro anni.
      La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti od amministrati dalla società per conto di terzi.
      Se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, e non hanno causato danno ai soci, alla società o a terzi, si applica la pena dell'arresto da tre mesi a due anni.

      Art. 2622 (False comunicazioni relative a società soggette alle disposizioni della parte IV, titolo III, capo II, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio

 

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1998, n. 58). - Se i fatti di cui all'articolo 2621, si riferiscono a società soggette alle disposizioni della parte IV, titolo III, capo II, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, si applica la pena della reclusione da due a sei anni.

      Art. 2623 (Falso in prospetto). - Chiunque, allo scopo di conseguire per sé, per la società o per altri un ingiusto profitto, nei prospetti richiesti ai fini della sollecitazione all'investimento o dell'ammissione alla quotazione nei mercati regolamentati, ovvero nei documenti da pubblicare in occasione delle offerte pubbliche di acquisto o di scambio, con la consapevolezza della falsità, intenzionalmente espone false informazioni od occulta dati o notizie in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari, è punito con la reclusione da due a sei anni.

      Art. 2624 (Falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione). - I responsabili della revisione i quali, al fine di conseguire per sé, per la società oggetto di verifica o per altri un ingiusto profitto, nelle relazioni o in altre comunicazioni, con la consapevolezza della falsità, intenzionalmente attestano il falso od occultano informazioni concernenti la situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società, dell'ente o del soggetto sottoposto a revisione, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni sulla predetta situazione, sono puniti con la reclusione da due a otto anni.
      Se il fatto di cui al primo comma avviene per colpa si applica la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni.

      Art. 2625 (Impedito controllo). - Gli amministratori che, occultando documenti o con altri idonei artifici, impediscono o comunque ostacolano lo svolgimento delle attività di controllo o di revisione legalmente attribuite ai soci, ad altri organi sociali o alle società di revisione, sono puniti con la reclusione da sei mesi a quattro anni».

 

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      2. Il capo II del titolo XI del libro V del codice civile è sostituito dal seguente:

      «Capo II - Degli illeciti commessi dagli amministratori.

      Art. 2626 (Indebita restituzione dei conferimenti). - Gli amministratori che, fuori dei casi di legittima riduzione del capitale sociale, restituiscono, anche simulatamente, i conferimenti ai soci o li liberano dall'obbligo di eseguirli, sono puniti con la reclusione fino a tre anni.

      Art. 2627 (Illegale ripartizione degli utili e delle riserve). - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, gli amministratori che ripartiscono utili o acconti su utili non effettivamente conseguiti o destinati per legge a riserva, ovvero che ripartiscono riserve, anche non costituite con utili, che non possono per legge essere distribuite, sono puniti con la reclusione fino a tre anni.

      Art. 2628. (Illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante). - Gli amministratori che, fuori dei casi consentiti dalla legge, acquistano o sottoscrivono azioni o quote sociali, sono puniti con la reclusione fino a tre anni. La stessa pena si applica agli amministratori che, fuori dei casi consentiti dalla legge, acquistano o sottoscrivono azioni o quote emesse dalla società controllante.

      Art. 2629. (Operazioni in pregiudizio dei creditori). - Gli amministratori che, in violazione delle disposizioni di legge a tutela dei creditori, effettuano riduzioni del capitale sociale o fusioni con altra società o scissioni, sono puniti con la reclusione da sei mesi a quattro anni».

      3. Il capo IV del titolo XI del libro V del codice civile è sostituito dal seguente:

      «Capo IV - Degli altri illeciti, delle circostanze attenuanti e delle misure di sicurezza patrimoniali

      Art. 2632. (Formazione fittizia del capitale). - Gli amministratori e i soci conferenti che, anche in parte, formano od aumentano fittiziamente il capitale della

 

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società mediante attribuzione di azioni o di quote sociali per somma inferiore al loro valore nominale, sottoscrizione reciproca di azioni o di quote, sopravvalutazione rilevante dei conferimenti di beni in natura o di crediti ovvero del patrimonio della società nel caso di trasformazione, sono puniti con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

      Art. 2633. (Indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori). - I liquidatori che ripartiscono i beni sociali tra i soci prima del pagamento dei creditori sociali o dell'accantonamento delle somme necessario a soddisfarli, sono puniti con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

      Art. 2634. (Infedeltà patrimoniale). - Gli amministratori, i direttori generali e i liquidatori che, avendo un interesse in conflitto con quello della società, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o altro vantaggio, compiono o concorrono a deliberare atti di disposizione dei beni sociali, cagionando intenzionalmente alla società, ai soci o a terzi un danno patrimoniale, sono puniti con la reclusione da sei mesi a quattro anni.
      La stessa pena di cui al primo comma si applica se il fatto è commesso in relazione a beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.

      Art. 2635. (Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità). - Gli amministratori, i direttori generali, i sindaci, i liquidatori e i responsabili della revisione i quali, a seguito della dazione o della promessa di utilità, compiono od omettono atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio, sono puniti con la reclusione da sei mesi a quattro anni.
      La stessa pena di cui al primo comma si applica a chi dà o promette l'utilità.

      Art. 2636. (Illecita influenza sull'assemblea). - Chiunque, con atti simulati o fraudolenti, determina la maggioranza in assemblea, allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

      Art. 2637. (Aggiotaggio). - Chiunque intenzionalmente diffonde notizie false,

 

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ovvero pone in essere operazioni simulate o altri artifici concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari, quotati o non quotati, ovvero ad incidere in modo significativo sull'affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari, è punito con la reclusione da due a sei anni.

      Art. 2638. (Ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza). - Gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori di società o enti e gli altri soggetti sottoposti per legge alle autorità pubbliche di vigilanza, o tenuti ad obblighi nei loro confronti, i quali nelle comunicazioni alle predette autorità previste in base alla legge, al fine di ostacolare l'esercizio delle funzioni di vigilanza, intenzionalmente espongono fatti materiali non rispondenti al vero, ancorché oggetto di valutazioni, sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria dei sottoposti alla vigilanza ovvero, allo stesso fine, occultano con altri mezzi fraudolenti, in tutto o in parte, fatti che avrebbero dovuto comunicare, concernenti la situazione medesima, sono puniti con la reclusione da due a sei anni. La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.
      Sono puniti con la stessa pena di cui al primo comma gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori di società o di enti gli altri soggetti sottoposti per legge alle autorità pubbliche di vigilanza o tenuti ad obblighi nei loro confronti, i quali, in qualsiasi forma, anche omettendo le comunicazioni dovute alle predette autorità, consapevolmente ne ostacolano le funzioni.

      Art. 2639. (Estensione delle qualifiche soggettive). - Per i reati previsti dal presente titolo al soggetto formalmente investito della qualifica o titolare della funzione prevista dalla legge civile è equiparato sia chi è tenuto a svolgere la stessa funzione, diversamente qualificata, sia chi esercita in modo continuativo e significativo

 

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i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione.
      Fuori dei casi di applicazione delle norme riguardanti i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, le disposizioni sanzionatorie relative agli amministratori si applicano anche a coloro che sono legalmente incaricati dall'autorità giudiziaria o dall'autorità pubblica di vigilanza di amministrare la società o i beni dalla stessa posseduti o gestiti per conto di terzi.

      Art. 2640. (Circostanze aggravanti). - Se i reati previsti dagli articoli 2621, 2622, 2623, 2624, 2625, 2626, 2627, 2628, 2629, 2630, 2632, 2633, 2634, 2635, 2636, 2637 e 2638, nonché dal titolo VI, capi I e II, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, hanno causato danni di rilevante gravità ai soci, ai creditori ovvero a terzi, le pene ivi previste sono aumentate da un terzo alla metà.

      Art. 2641. (Confisca). - In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti per uno dei reati previsti dal presente titolo, è ordinata la confisca del prodotto o del profitto del reato e dei beni utilizzati per commetterlo.
      Quando non è possibile l'individuazione o l'apprensione dei beni indicati dal primo comma, la confisca ha ad oggetto una somma di denaro o beni di valore equivalente.
      Per quanto non stabilito dai commi primo e secondo si applicano le disposizioni dell'articolo 240 del codice penale».

Art. 2.
(Ricorso abusivo al credito).

      1. Dopo il primo comma dell'articolo 218 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è inserito il seguente:

      «Se i fatti di cui al primo comma riguardano società soggette alle disposizioni della parte IV, titolo III, capo II, del

 

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testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, ovvero se sono realizzati mediante il ricorso al mercato finanziario, si applica la pena della reclusione da due a sei anni».

Art. 3.
(Abrogazione).

      1. L'articolo 5 del decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61, è abrogato.


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