Frontespizio Relazione Progetto di Legge

Nascondi n. pagina

Stampa

PDL 4779

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4779



 

Pag. 1

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato GUIDO ROSSI

Disposizioni in materia di ineleggibilità dei magistrati
e di incompatibilità degli avvocati

Presentata il 3 marzo 2004


      

torna su
Onorevoli Colleghi! - La proposta di legge in esame è volta ad introdurre alcune importanti e significative modifiche alla vigente disciplina in materia di ineleggibilità ed incompatibilità alla carica parlamentare.
      È infatti da molto tempo fortemente sentita tra le forze politiche e nell'opinione pubblica l'esigenza di colmare le lacune di una normativa che non appare in grado di garantire adeguatamente i princìpi costituzionali dell'imparzialità e dell'indipendenza dell'ordine giudiziario da possibili pericolose commistioni con il potere legislativo, al fine di tutelare la corretta separazione dei poteri dello Stato.
      Se è vero che è costituzionalmente garantito il diritto alla partecipazione alle cariche elettive, è tuttavia indispensabile individuare le cause che escludono l'eleggibilità di alcuni titolari di funzioni pubbliche che, per loro natura, potrebbero esercitare un'indebita influenza o pressione sul corpo elettorale. In particolare, dovrebbe escludersi l'eleggibilità di coloro ai quali è demandata la tutela giurisdizionale dei diritti dei cittadini, così da scongiurare, da un lato, il pericolo di un utilizzo strumentale da parte del candidato della titolarità dell'ufficio giudiziario ricoperto, allo scopo di influenzare a proprio vantaggio gli elettori, e rendere, dall'altro lato, l'esercizio della giustizia immune da qualsiasi condizionamento politico, atteso che il magistrato deve dare garanzia di assoluta imparzialità e terzietà, deve essere ed apparire super partes.
      Al fine di impedire l'esercizio di qualsiasi captatio benevolentiae sugli elettori, assicurando la genuinità e la libera espressione del voto e di evitare qualsiasi interferenza tra il potere legislativo e quello giudiziario (una sorta di «conflitto di interesse» che vedrebbe il magistrato creare la norma giuridica e successivamente applicarla e interpretarla), si dovrebbe
 

Pag. 2

prevedere opportunamente che non possano candidarsi alla carica parlamentare coloro che fino a poco prima abbiano potuto godere della notorietà e del consenso derivanti dalla funzione giudiziaria esercitata e che, del pari, non possano tornare a svolgere le funzioni giudiziarie i magistrati che abbiano espletato il mandato parlamentare.
      L'adozione di una disciplina più restrittiva della partecipazione dei magistrati alle elezioni politiche era stata invocata dallo stesso Consiglio superiore della magistratura in una risoluzione del 18 marzo 1996 in cui, preso atto delle richieste di collocamento in aspettativa formulate da molti magistrati e rilevato che tale situazione poteva determinare lesioni all'immagine di imparzialità e terzietà della funzione giudiziaria, lo stesso CSM, riteneva opportuno individuare «un adeguato bilanciamento tra il diritto costituzionalmente garantito allo svolgimento delle funzioni elettive ed i valori costituzionali attinenti alla speciale posizione dei magistrati e all'esigenza che essi siano ed appaiano imparziali», invitando Parlamento e Governo ad assumere le opportune iniziative per una nuova disciplina legislativa.
      Numerosi sono stati i progetti di legge presentati nelle passate legislature in materia di ineleggibilità ed incompatibilità dei magistrati fino all'entrata in vigore della legge 3 febbraio 1997, n. 13, recante modifica all'articolo 8 del testo unico delle leggi per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, al quale fa espresso rinvio anche la disciplina per l'elezione del Senato della Repubblica, di cui alla legge 27 febbraio 1958, n. 64 e al testo unico di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533.
      Il citato articolo 8 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, definisce una disciplina speciale della candidatura dei magistrati alle elezioni politiche, prevedendo un caso di ineleggibilità relativa al primo comma, laddove pone loro il divieto di candidarsi nelle circoscrizioni sottoposte, in tutto o in parte, alla giurisdizione degli uffici ai quali sono stati assegnati o presso i quali hanno esercitato le loro funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti la data di accettazione della candidatura, tanto in caso di durata fisiologica della legislatura, quanto, in seguito, appunto, alla modifica introdotta dalla legge n. 13 del 1997, nell'eventualità dello scioglimento anticipato delle Camere, e un caso di ineleggibilità assoluta, laddove impone loro di porsi in aspettativa all'atto di accettazione della candidatura.
      Se poi alla candidatura non segue l'elezione, il secondo comma del medesimo articolo 8 stabilisce che il magistrato non può comunque esercitare per un periodo di cinque anni le proprie funzioni nella circoscrizione nel cui ambito si sono svolte le elezioni.
      Da tale previsione sono peraltro esclusi i magistrati in servizio presso le giurisdizioni superiori, ossia presso la Corte di cassazione, il Consiglio di Stato, le sezioni centrali della Corte dei conti, e tutte quelle giurisdizioni i cui uffici giudiziari coincidono con il territorio nazionale, poiché tale estensione rende inapplicabile nei loro confronti la limitazione di eleggibilità riferita a un particolare ambito territoriale.
      Anche in ambito europeo e internazionale è fortemente avvertita l'esigenza di porre notevoli limitazioni alla capacità di elettorato passivo dei magistrati.
      In Francia, l'articolo L.O. 133 del Code électoral e l'articolo 6 dell'ordinanza n. 58998 del 24 ottobre 1958, recante la legge organica relativa alle condizioni di eleggibilità ed incompatibilità parlamentari, sanciscono una ineleggibilità relativa per i magistrati. In particolare si prevede che non possano essere eletti nell'ambito dell'intera circoscrizione compresa nel territorio nel quale svolgono le loro funzioni o nel quale hanno cessato di svolgere le funzioni da meno di sei mesi, i magistrati delle corti d'appello e di tribunale, nonché i membri dei tribunali amministrativi.
      Per quanto attiene all'incompatibilità, l'articolo L.O. 142 del Code électoral dispone, in generale, che l'esercizio delle funzioni pubbliche non elettive è incompatibile con il mandato di deputato, mentre
 

Pag. 3

l'articolo L.O. 140 del medesimo Codice prevede più in particolare che l'esercizio delle funzioni di magistrato è incompatibile con l'esercizio di un mandato all'Assemblea nazionale. Inoltre, ai sensi dell'articolo L.O. 151, il deputato che al momento dell'elezione si trova in una condizione di incompatibilità deve dimettersi dalle funzioni o dai mandati incompatibili con il mandato parlamentare ovvero, se è titolare di un impiego pubblico, deve chiedere di essere collocato nella speciale posizione prevista dal suo statuto.
      In Germania, la Legge sui rapporti giuridici dei membri del Bundestag del 18 febbraio 1977, all'articolo 8, estende ai giudici il medesimo regime di incompatibilità tra cariche previsto per tutti gli altri pubblici funzionari. Qui tuttavia si prevede la possibilità della sospensione del rapporto di pubblico impiego a partire dal giorno dell'accettazione del mandato di membro del Bundestag e per tutta la sua durata.
      I diritti e i doveri derivanti dal rapporto di pubblico impiego, alla scadenza del mandato, rimangono sospesi per un periodo di altri sei mesi prima del pieno reinserimento nel rapporto di servizio.
      In Spagna, la materia dell'ineleggibilità dei magistrati e dell'incompatibilità dell'esercizio delle loro funzioni con il mandato parlamentare è regolata dall'articolo 70 della Costituzione, dalla legge organica sul sistema elettorale generale del 19 giugno 1985, n. 5, e dalla legge organica del 1o luglio 1985, n. 6, sul potere giudiziario. Fra le cause di ineleggibilità è espressamente prevista la circostanza di essere magistrati, giudici e pubblici ministeri in servizio attivo. L'articolo 357 della legge organica n. 6 del 1985 precisa che i giudici e i magistrati che vogliano partecipare come candidati alle elezioni legislative generali, a quelle delle Comunità autonome o a quelle locali, devono richiedere l'aspettativa volontaria.
      La stessa legge stabilisce in particolare che l'esercizio delle funzioni di magistrato è incompatibile con qualsiasi carica elettiva e con qualsiasi designazione politica dello Stato, delle Comunità autonome, delle province o di altri enti locali.
      Il magistrato eletto deputato o senatore alle Cortes, ovvero membro delle Assemblee legislative delle Comunità autonome, viene a trovarsi in una posizione di «servizio speciale», con diritto al mantenimento dell'impiego nella località nella quale si trovava a prestare il proprio servizio prima delle elezioni.
      Diversamente invece, e in senso più rigido, avviene in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. In Inghilterra la materia dell'incompatibilità tra l'ufficio di magistrato e lo svolgimento del mandato parlamentare elettivo alla Camera dei comuni è regolata dallo House of Commons Disqualification Act del 1975, il quale, all'articolo 1, fissa il principio della generica incapacità per i pubblici funzionari ad essere membri della Camera dei comuni, stabilendo espressamente una vera e propria incapacità anche dei magistrati giudicanti e requirenti. A norma dell'articolo 6, se uno dei soggetti per i quali è stabilita l'incapacità viene ugualmente eletto membro della Camera dei comuni, la sua elezione è nulla e se la causa di incapacità sopravviene nel caso di espletamento del mandato parlamentare, il membro della Camera decade dalla carica. Tuttavia qui il caso di un magistrato che si candidi ad una carica politica elettiva appare piuttosto infrequente nella pratica, in quanto ciò sarebbe considerato inopportuno dal punto di vista costituzionale, mentre un magistrato che voglia concorrere alle elezioni politiche è preferibile che si dimetta preventivamente dalle funzioni giudiziarie, senza poter essere riammesso in servizio al termine del mandato parlamentare, nemmeno nel caso in cui, essendosi candidato, non sia stato eletto.
      Per contro, nessuna norma vieta a chi è stato membro del Parlamento di ricoprire le funzioni di giudice allorché il mandato politico sia terminato, attraverso un nuovo procedimento di nomina.
      La Costituzione federale degli Stati Uniti, alla sezione 6, comma 2, impedisce a chi abbia un impiego pubblico di essere eletto membro di una delle due Camere
 

Pag. 4

finché conservi tale impiego. In applicazione di tale norma, le funzioni di magistrato giudicante o requirente cessano definitivamente con l'elezione al Senato e alla Camera dei rappresentanti e il parlamentare che alla scadenza del mandato politico abbia intenzione di riprendere le funzioni giudiziarie deve ottenere una nuova nomina.
      Considerato che rispetto a quanto avviene negli altri Paesi, nel nostro ordinamento la magistratura e soprattutto i pubblici ministeri godono di una totale autonomia e indipendenza dal Governo e dal potere esecutivo, lascia perplessi che il legislatore abbia inteso sancire solamente una causa di incompatibilità tra l'ufficio di magistrato e la posizione di candidato alle elezioni politiche, al fine di garantire quel bene costituzionalmente rilevante che è l'imparzialità del giudice, senza statuire invece per i magistrati una condizione di ineleggibilità assoluta, come del resto fa per altre categorie espressamente indicate nell'articolo 7 dello stesso testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361.
      Qui infatti si prevede l'ineleggibilità alla carica parlamentare dei presidenti delle giunte provinciali, dei sindaci dei comuni con popolazione superiore ai 20 mila abitanti, del capo e del vice capo della polizia e degli ispettori generali di pubblica sicurezza, dei capi di Gabinetto dei Ministri, dei rappresentanti o dei commissari del Governo, dei prefetti e di coloro che ne fanno le veci nelle predette cariche, dei viceprefetti e dei funzionari di pubblica sicurezza, degli ufficiali generali, degli ammiragli e degli ufficiali superiori delle Forze armate dello Stato, nella circoscrizione del loro comando territoriale (unico caso di ineleggibilità relativa contenuto nell'articolo 7).
      Oltre ai casi previsti da tale norma, l'articolo 10 del medesimo testo unico stabilisce inoltre che non sono eleggibili coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private risultano vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni o per concessioni e autorizzazioni, i rappresentanti, gli amministratori e di dirigenti di società e di imprese volte al profitto di privati e sussidiate dallo Stato, i consulenti legali e amministrativi che prestano in modo permanente la loro opera a favore di tali persone, società o imprese.
      Ulteriori casi di ineleggibilità alle elezioni politiche sono stabiliti dall'articolo 7 della legge 11 marzo 1953, n. 87, per i giudici della Corte costituzionale, e dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, per l'amministratore straordinario, il direttore generale, il direttore amministrativo e il direttore sanitario delle aziende sanitarie.
      Le categorie di ineleggibilità così individuate sono dirette a tutelare esigenze differenti, come la garanzia della sovranità e degli interessi nazionali, il principio della parità fra candidati, l'imparzialità nell'esercizio delle funzioni, sempre al fine di evitare indebite interferenze fra interessi e capziose influenze sull'elettorato.
      La necessità di intervenire a colmare le lacune della normativa è stata a suo tempo affrontata anche dalla Commissione parlamentare le riforme istituzionali del 1997, presieduta dall'onorevole D'Alema e con relatore sul sistema delle garanzie l'onorevole Boato. Il progetto di revisione della parte seconda della Costituzione elaborato in quell'occasione, all'articolo 125, ultimo comma, stabiliva, infatti, che i magistrati ordinari e amministrativi non potessero partecipare alle competizioni elettorali nella regione in cui avessero esercitato le loro funzioni negli ultimi cinque anni, né essere assegnati per i successivi cinque anni a sedi comprese nelle regioni nel cui territorio fossero stati candidati o eletti.
      Il contenuto della disposizione, soprattutto nella parte riguardante il regime delle incompatibilità, è stato esaminato nel suo complesso e nelle sue correlazioni sistematiche e istituzionali in modo molto approfondito, tanto dal Comitato sul sistema delle garanzie quanto dalla citata Commissione parlamentare ottenendo un ampio consenso per essere questa tematica strettamente connessa ad altre importanti disposizioni del testo costituzionale, in
 

Pag. 5

particolare a quelle relative all'autonomia e all'indipendenza della magistratura e all'unità funzionale della giurisdizione, e più in generale a quella della divisione dei poteri.
      La disciplina attuale invece non risolve il vero problema della presenza in Parlamento di soggetti che dopo l'elezione continuano a fare parte dell'ordine giudiziario e non elimina la possibilità che soggetti appartenenti al potere giudiziario operino nell'ambito del potere legislativo. Il contatto dei magistrati con la politica ne compromette irrimediabilmente quella posizione di imparzialità che costituisce la principale garanzia dei diritti dei cittadini. E la ragionevole aspettativa dei cittadini in una integrale separazione di responsabilità fra i diversi centri del pluralismo istituzionale e politico, condizione indispensabile per il corretto funzionamento di un ordinamento democratico, è indiscutibilmente compromessa dalla presenza di magistrati in Parlamento.
      L'unico rimedio per evitare gli inconvenienti evidenziati allora non può che essere quello di esigere l'abbandono dell'ordine giudiziario da parte del magistrato che intenda partecipare alla competizione elettorale.
      Ed è proprio ciò che la presente proposta di legge intende stabilire apportando le necessarie modificazioni al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957.
      Da un lato quindi si introduce l'ineleggibilità assoluta dei magistrati alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica, anche di quelli assegnati alle magistrature superiori, con obbligo di dimissioni non meno di due anni prima della candidatura alle elezioni politiche e decadenza dalla carica, dall'altro, si dispone l'espressa abrogazione dell'articolo 8 del citato testo unico recante disposizioni sulla incompatibilità tra la funzione di magistrato e la posizione di candidato. Si prevede inoltre, per ovvie ragioni di opportunità e al fine di impedire effetti di condizionamento sull'elettorato, che il magistrato che chiede il collocamento a riposo per raggiunti limiti di età non possa comunque candidarsi alle cariche elettive per un periodo di tre anni.
      Per le stesse ragioni di opportunità, in considerazione della particolare e delicata posizione di chi riveste il ruolo di parlamentare e di chi esercita un'attività professionale nel settore della giustizia, si ritiene di dover prevedere anche un'incompatibilità fra la carica di deputato o di senatore e quella di avvocato patrocinatore, intervenendo a modificare la legge n. 60 del 1953 sulle incompatibilità parlamentari e stabilendo che l'avvocato che intende candidarsi alle elezioni politiche non possa prestare attività giudiziaria in un periodo compreso tra la data di accettazione della candidatura e, se eletto, la fine della legislatura. Si intende per patrocinio legale l'attività con la quale, ai sensi dell'articolo 82 del codice di procedura civile, l'avvocato assume nel giudizio innanzi al giudice la difesa tecnica del proprio cliente, l'attività, cioè, giudiziaria in senso tecnico che comporta lo stare in giudizio in nome e per conto della parte.
      Se approvata, la nuova disciplina recata dalla presente proposta di legge potrebbe essere idonea a ripristinare i confini tra il potere giudiziario e il potere politico e legislativo.

 

Pag. 6

torna su
PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. All'articolo 7, primo comma, del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

          «h-bis) i magistrati, compresi quelli in servizio presso le giurisdizioni superiori, nonché, per un periodo di tre anni, quelli che hanno chiesto il collocamento a riposo per raggiunti limiti di età».

Art. 2.

      1. All'articolo 7, terzo comma, del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, dopo le parole: «di cui al primo» sono inserite le seguenti: «comma, salvo quella di cui alla lettera h-bis),».

Art. 3.

      1. Dopo il terzo comma dell'articolo 7 del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, come da ultimo modificato dall'articolo 2 della presente legge, è inserito il seguente:

      «La causa di ineleggibilità di cui al primo comma, lettera h-bis), non ha effetto se le funzioni esercitate sono cessate almeno due anni prima della data di accettazione della candidatura».

 

Pag. 7

Art. 4.

      1. All'articolo 7, quarto comma, del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, dopo le parole: «nei casi previsti alle lettere a), b) e c)» sono inserite le seguenti: «, nonché h-bis) per i magistrati in servizio attivo,».

Art. 5.

      1. All'articolo 7, quinto comma, del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, sono aggiunte, in fine, le parole: «nonché h-bis) per i magistrati in servizio attivo».

Art. 6.

      1. L'articolo 8 del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, è abrogato.

Art. 7.

      1. Dopo l'articolo 4 della legge 13 febbraio 1953, n. 60, è inserito il seguente:

      «Art. 4-bis. - 1. Gli avvocati che sono candidati alle elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica non possono prestare attività di patrocinio legale dalla data di accettazione della candidatura e, se eletti, sino alla scadenza del mandato parlamentare».


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
torna su