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PDL 4733

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4733




 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

PISAPIA, VALPIANA

Disciplina della mediazione giudiziaria
nel procedimento minorile

Presentata il 20 febbraio 2004

      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge, che riprende e aggiorna la proposta, a prima firma dell'onorevole Valpiana, presentata il 2 agosto 2001, (atto Camera n. 1485), si è resa opportuna non solo in quanto nel frattempo sono intervenute alcune modifiche legislative, ma anche perchè in questi anni, l'istituto della mediazione giudiziaria è stato ulteriormente approfondito nell'ambito della discussione di altre proposte di legge in tema di tribunale per i minorenni, modifiche della disciplina del divorzio e dell'affidamento dei figli in caso di separazione dei coniugi o scioglimento del vincolo matrimoniale. A ciò si aggiunga che, quella che fino a qualche tempo fa era una discussione di carattere esclusivamente teorico, ha portato, in questi ultimi anni, a sperimentazioni di tale istituto in alcuni tribunali per i minorenni dove, pur in mancanza di una specifica normativa, sono già stati creati uffici per la mediazione che hanno dato risultati decisamente positivi.
      Non si può non considerare, infine, che la legislazione e le direttive internazionali ne auspicano l'introduzione nelle legislazioni nazionali, sia in ambito penale (articolo 11 delle Regole minime per l'amministrazione della giustizia minorile, New York 29 novembre 1985; articolo 40, comma 3, lettera b), della Convenzione ONU sui diritti del bambino, fatta a New York 20 novembre 1989, resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176; Raccomandazione n. 87(20) sulle risposte sociali alla delinquenza minorile, Consiglio d'Europa, 17 settembre 1987) sia in quello civile (articolo 13 della Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei bambini, Strasburgo, 25 gennaio 1996).
 

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      Con la presente proposta di legge si intende introdurre, nel nostro ordinamento, la mediazione penale, quale istituto facoltativo: la possibilità di ricorrervi è rimessa all'autorità giudiziaria, tenendo conto dell'orientamento che ha ispirato diverse legislazioni straniere (ad esempio quella austriaca e quella francese) e della significativa esperienza dell'istituto della «messa alla prova» nel processo minorile (articolo 28 delle disposizioni sul processo penale a carico dei minorenni, approvate con decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1988).
      L'obiettivo è quello di attuare la mediazione-conciliazione, ponendo una prima base per realizzare quella «giustizia conciliatrice», che sempre più va diffondendosi nel nostro ordinamento. Vi fanno riferimento, infatti, numerose norme, sia penali che civili: gli articoli 9 e 28 del decreto del Presidente della Repubblica n. 448 del 1988, nell'ambito penale ordinario e minorile, e gli articoli 1 e 4 della legge n. 898 del 1970, sul divorzio, in materia civile familiare, impegnano espressamente il giudice e/o i servizi ad effettuare un tentativo di conciliazione.
      In tale ottica, si spiega, quindi, l'esplicito riferimento - contenuto nella presente proposta di legge - non solo all'obiettivo del superamento del conflitto, ma anche al ruolo di protagonisti dell'attività mediativa che assumono l'imputato minorenne e la vittima, e che permette loro di riappropriarsi direttamente della gestione del conflitto. Il che favorisce non solo il recupero dell'autore del reato, ma limita anche le conseguenze negative e i danni subìti dalla parte offesa o dalla persona che ha subìto danni a seguito di un fatto penalmente rilevante.
      In particolare, la riparazione del danno in favore della vittima è presa in considerazione al comma 2 dell'articolo 1, ed è proposta come momento eventuale della mediazione-conciliazione, nel caso in cui si dovesse ritenere che le finalità indicate nel comma 1 non possano ottenersi, se non tenendo conto anche degli aspetti riparatori e/o risarcitori.
      L'effetto della conciliazione sarà evidentemente la remissione della querela e la relativa accettazione per i reati non perseguibili d'ufficio.
      La mediazione civile, prevista dall'articolo 2, si prefigge anch'essa un triplice scopo: favorire il superamento del conflitto esistente; dare la possibilità al minorenne di meglio sviluppare gli aspetti positivi della sua personalità, creando una situazione di maggiore serenità; avviare una deflazione processuale, ponendo fine a procedimenti civili già instaurati o prevenendone altri pure annunciati (segnalati al pubblico ministero per l'esercizio del suo potere di iniziativa).
      La mediazione civile ha il suo principale settore di intervento nella mediazione familiare, ma interesserà anche l'ambito scolastico, essendo molteplici - ormai in tutta Italia - i ricorsi proposti ai tribunali per i minorenni in relazione ai problemi connessi all'osservanza dell'obbligo scolastico e alla realizzazione del diritto allo studio; analogamente, interverrà anche in quegli ambiti (ospedali, comunità, eccetera) nei quali possono determinarsi disagi per i minorenni in conseguenza di conflitti che, con la mediazione, possono trovare adeguata soluzione.
      Il riferimento esplicito all'articolo 336 del codice civile (articolo 2, comma 1) tende a rinforzare quell'orientamento ormai consolidato, che non limita l'intervento giudiziario, ivi disciplinato, al solo ambito familiare inteso in senso stretto, ma lo estende anche a tutti gli altri ambiti nei quali il minorenne oggi trascorre comunque gran parte della sua giornata.
      Si propone anche una disciplina relativa all'effetto che la mediazione determina sul procedimento civile, in analogia a quanto previsto dall'articolo 711 del codice di procedura civile in caso di separazione consensuale tra i coniugi.
      L'articolo 3 disegna il ruolo che, nell'ambito della mediazione giudiziaria minorile, devono svolgere i servizi sociali ministeriali e quelli dei servizi di assistenza istituiti dagli enti locali, e prevede uno spazio di formazione ed aggiornamento degli operatori sul tema della mediazione,
 

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facendo ricorso ai programmi espressamente previsti dall'articolo 14 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272, rimasto, purtroppo, finora inattuato.
      L'articolo 4 disciplina le modalità di attuazione della mediazione, esigendo particolare rigore nella individuazione della figura del mediatore. La priorità viene accordata ai servizi pubblici: anche tali servizi, però, dovranno essere sottoposti ad una valutazione di idoneità da parte della commissione per il coordinamento dei servizi sociali, prevista dall'articolo 13 del decreto legislativo n. 272 del 1989, previo parere dell'autorità giudiziaria minorile.
      È inoltre sollecitata la costituzione di uffici per la mediazione in sedi autonome presso i tribunali per i minorenni, nei quali possono convogliarsi le energie dei servizi, sia ministeriali che degli enti locali, con la presenza del privato sociale: si è cercato di dare spazio alle interessanti sperimentazioni spontanee in corso presso alcuni tribunali per i minorenni, che - per il modo in cui sono state realizzate e si stanno sviluppando - rappresentano una preziosa peculiarità italiana, da salvaguardare ed incoraggiare. Solo in ultimo è previsto il ricorso a mediatori privati, traendo spunto dall'analoga scelta effettuata dalla normativa francese; anche tale utilizzazione, peraltro, è sottoposta ad una disciplina rigorosa (articolo 4, comma 3).
      Sempre sulla scia dell'esperienza straniera, vengono infine stabilite specifiche regole di comportamento per il mediatore.
      L'esigenza di prevedere un'adeguata tutela dei diritti e dell'interesse della vittima, materia rispetto alla quale il nostro Paese risulta essere l'unico, a livello europeo, a non avere ancora una specifica disciplina normativa, ha indotto a prevedere (articolo 5) l'istituzione di servizi sociali in grado di fornire gli interventi urgenti e la prima accoglienza alla vittima del reato, di sostenerla nella fase successiva, e garantirle la difesa legale.
      La proposta di legge tende inoltre a disciplinare (articolo 6) l'effetto che la mediazione produce sul processo penale minorile: si è evitato di introdurre - per evitare di far perdere la specificità di tale istituto - una nuova forma di estinzione del reato per esito positivo della mediazione (come invece previsto in caso di esito positivo della messa alla prova). Si è preferito piuttosto incanalare il risultato positivo della mediazione nelle due forme deflattive già disciplinate, ampliando lo spazio di applicazione del proscioglimento per irrilevanza del fatto (fino a comprendervi tutti i reati con la sola esclusione di quelli più gravi previsti dall'articolo 380, comma 2, lettere e), f), g), h), l-bis) ed m) del codice di procedura penale e dalle norme della legge sulla violenza sessuale). La rilevanza attribuita all'attuazione di condotte minorili, anche solo parzialmente riparatorie o risarcitorie, riprende l'analoga ipotesi prevista all'articolo 35 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, in materia di procedimenti penali di competenza penale del giudice di pace.
      In caso di esito positivo della mediazione, il giudice ha la facoltà - in caso ritenga di dover acquisire ulteriori elementi per valutare la personalità del minore - di decidere se ricorrere alla messa alla prova che, in considerazione degli elementi di responsabilizzazione che le sono propri, può risultare, in determinati e specifici casi, l'intervento più adeguato.

 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Nel processo penale a carico di minorenni l'autorità giudiziaria, anche prima di promuovere l'azione penale, può fare ricorso, con il consenso delle parti, alla mediazione giudiziaria, se ritiene che tale misura permetta di ottenere, a seguito dell'incontro tra imputato e persona offesa dal reato, il superamento del conflitto determinatosi tra loro e la conciliazione, conseguendo in tal modo il risultato di limitare in maniera significativa il pregiudizio subìto dalla vittima e di contribuire al recupero dell'autore del reato.
      2. La mediazione giudiziaria penale è finalizzata a realizzare altresì la conciliazione sugli aspetti riparatori e risarcitori conseguenti al reato nei casi più gravi e quando comunque ciò risulti necessario per conseguire la finalità indicata al comma 1.

Art. 2.

      1. Nei procedimenti camerali civili di competenza del tribunale per i minorenni, l'autorità giudiziaria, preferibilmente prima dell'esercizio del potere d'iniziativa, disciplinato dall'articolo 336, primo comma, del codice civile, può fare ricorso, con il consenso delle parti, alla mediazione giudiziaria, al fine di tutelare in modo più adeguato l'interesse del minore e, attraverso l'incontro dei soggetti coinvolti nella controversia, ottenere la risoluzione di essa, la conciliazione degli interessati e il raggiungimento di un accordo che eviti il procedimento giudiziario o ponga fine al medesimo.
      2. Nei procedimenti di cui al comma 1 la mediazione può essere attuata allo scopo di favorire il superamento di situazioni pregiudizievoli per il minore non solo

 

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nell'ambito familiare, ma anche in quello scolastico e in ogni altro settore nel quale l'autorità giudiziaria ritenga di poter attuare in tal modo la più completa tutela del minore.
      3. Alla mediazione può farsi luogo anche in ogni altro procedimento civile di competenza del tribunale per i minorenni.
      4. In caso di esito positivo della mediazione, l'intesa raggiunta acquista efficacia con l'omologazione del tribunale per i minorenni, che ne valuta la rispondenza all'interesse del minore.

Art. 3.

      1. Nel caso di ricorso alla mediazione, l'autorità giudiziaria si avvale dei servizi sociali minorili dell'amministrazione giudiziaria e dei servizi di assistenza istituiti dagli enti locali, ai sensi dell'articolo 5, per informare l'imputato e la persona offesa dal reato in caso di processo penale, ovvero i soggetti della controversia in caso di procedimento civile, sul contenuto e sui fini di essa, per acquisirne il consenso, per assisterli nel tentativo di mediazione, nonché per ricevere notizie sull'esito del medesimo, nel caso in cui esso abbia luogo.
      2. Il Ministero della giustizia e le regioni, anche nell'ambito dei programmi di formazione e aggiornamento di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272, realizzano appositi corsi congiunti per gli operatori minorili diretti alla sensibilizzazione alle attività preparatorie alla mediazione.

Art. 4.

      1. L'incarico di espletare la mediazione giudiziaria in ambito minorile può essere attribuito ad uno dei servizi indicati all'articolo 3, a condizione che essi siano stati esplicitamente dichiarati idonei dalla commissione per il coordinamento dei servizi minorili prevista dall'articolo 13 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272, previo parere del procuratore della

 

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Repubblica e del presidente del tribunale per i minorenni del circondario nel quale il servizio opera.
      2. La commissione di cui al comma 1 promuove altresì, previo parere delle autorità giudiziarie indicate al medesimo comma, l'istituzione presso ogni tribunale per i minorenni di un ufficio per la mediazione, costituito da operatori sociali dell'amministrazione della giustizia e degli enti locali, nonché da operatori del privato sociale e da componenti non togati dei tribunali per i minorenni ritenuti idonei a svolgere attività di mediazione. Gli oneri relativi alla organizzazione e alla gestione di tali uffici sono posti a carico della regione nel cui territorio sono istituiti.
      3. L'incarico di espletare la mediazione giudiziaria può essere altresì affidato a persone fisiche, associazioni o persone giuridiche che siano abilitate come mediatori o iscritte in un apposito albo istituito presso la commissione per il coordinamento dei servizi minorili di cui al comma 1. In attesa della relativa disciplina legislativa, l'abilitazione all'esplicazione dell'attività di mediazione è sostituita dall'attestazione di idoneità rilasciata dalla citata commissione, previo parere obbligatorio delle autorità minorili.
      4. Il mediatore deve essere indipendente e imparziale. Egli è tenuto all'obbligo del segreto e le informazioni che raccoglie nell'esercizio del suo incarico non possono essere divulgate. Fornisce esclusivamente le indicazioni sull'esito della mediazione ai servizi sociali indicati all'articolo 3.

Art. 5.

      1. Allo scopo di realizzare un'adeguata tutela dei diritti e degli interessi della persona minore offesa dal reato, le regioni istituiscono appositi servizi sociali atti a fornire tempestivamente il primo urgente soccorso e ad offrire, se necessario, ospitalità ed accoglienza per il superamento del trauma subìto. Sono assicurati al minore un adeguato sostegno teso alla realizzazione

 

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del recupero in relazione al pregiudizio psico-fisico subito e la difesa legale gratuita per il conseguimento della riparazione del danno.

Art. 6.

      1. Nel caso in cui l'attività di mediazione determini la conciliazione tra l'imputato e la persona offesa dal reato e, ove ritenuta necessaria, l'attuazione di condotte anche parzialmente riparatorie e risarcitorie, il pubblico ministero, in ogni stato e grado del procedimento, chiede al giudice sentenza di proscioglimento per irrilevanza del fatto ai sensi dell'articolo 27 delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, approvate con decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, e successive modificazioni. Ove, malgrado l'esito positivo della mediazione, il giudice ritenga di dover acquisire ulteriori elementi per valutare la personalità del minorenne e, in ogni caso, per i reati più gravi, dispone con ordinanza la sospensione del processo e la messa alla prova ai sensi dell'articolo 28 delle citate disposizioni approvate con decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, come modificato dall'articolo 44 del decreto legislativo 14 gennaio 1991, n. 12.
      2. Ai fini di cui al comma 1 del presente articolo, si intendono per reati più gravi quelli indicati dall'articolo 380, comma 2, lettere e), f), g), h), l-bis) e m), del codice di procedura penale, nonché quelli previsti dalla legge 15 febbraio 1996, n. 66, e successive modificazioni.
      3. Nel caso di reati diversi da quelli di cui al comma 2, ove la mediazione abbia avuto esito positivo, la messa alla prova, eventualmente disposta, non può avere durata superiore a centottanta giorni.


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