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PDL 4367

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4367



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

ARNOLDI, COLLÈ, AIRAGHI, ARRIGHI, AZZOLINI, BALDI, BENVENUTO, BERTUCCI, DORINA BIANCHI, BIONDI, BRUSCO, BUTTI, CAMINITI, CAMO, CAMPA, CARLUCCI, CARRARA, CASTELLANI, CENNAMO, COLLAVINI, COLUCCI, GIULIO CONTI, COSTA, CROSETTO, CUSUMANO, D'AGRÒ, DI TEODORO, DI VIRGILIO, FERRO, FONTANA, FOTI, FRATTA PASINI, FRIGERIO, GIGLI, GRIMALDI, JANNONE, LADU, LANDI DI CHIAVENNA, LENNA, ANNA MARIA LEONE, SANTINO ADAMO LODDO, LUCCHESE, LUPI, LUSETTI, LUSSANA, MANINETTI, MANTINI, MEREU, MIGLIORI, MILANATO, MILANESE, MONDELLO, MORETTI, MURATORI, NAN, OSVALDO NAPOLI, ONNIS, ORICCHIO, ORSINI, PANIZ, PAOLONE, PATRIA, MARIO PEPE, PERLINI, PERROTTA, PINTO, PITTELLI, RAMPONI, RICCIUTI, ROCCHI, RODEGHIERO, ROMOLI, ROSSO, ANTONIO RUSSO, SANDI, SANTORI, SANTULLI, SANZA, SARO, SAVO, SELVA, STAGNO D'ALCONTRES, STRADELLA, STUCCHI, TARANTINO, TARDITI, TIDEI, ZACCHERA, ZAMA

Legge sulla montagna

Presentata l'8 ottobre 2003


      

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Onorevoli Colleghi! - L'Intergruppo parlamentare «Amici della montagna», dopo l'appuntamento del 2002, proclamato dalle Nazioni Unite e dalla Food and Agriculture Organization (FAO) «Anno internazionale della montagna», ha rielaborato i testi di riforma della legge 31 gennaio 1994, n. 97, ultima delle leggi succedutesi in materia di sviluppo delle zone montane, giungendo ad un testo unitario, che si presenta alla vostra attenzione.
      Si tratta, va ricordato, di norme che applicano il disposto dell'articolo 44 della
 

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Costituzione, in base al quale la Repubblica è tenuta ad intervenire in favore delle zone montane.
      Va riconosciuto alla legge n. 97 del 1994 il merito di aver ben operato in talune sue parti, ma di non aver saputo avviare quel volano di sviluppo destinato ad arginare lo spopolamento e il crescente degrado ambientale che affliggono la montagna italiana. Gli interventi destinati allo scopo nelle manovre economiche degli ultimissimi anni, non ultima la legge 27 dicembre 2002, n. 289 (finanziaria 2003), pur nella loro buona volontà, restano slegati l'uno dall'altro, mentre d'altro canto spesso si è ragionato con una logica meramente «trasferitoria», mediante richiesta di aumenti degli stanziamenti dal centro, in assenza di un quadro unificante di sviluppo.
      Lo scopo è quello di presentare un pacchetto organico di proposte, che comprenda il lavoro già svolto, ma che riconosca la «specificità» delle zone montane e che le indirizzi verso uno sviluppo compatibile.
      Abbiamo «rubato» questa definizione agli ambientalisti riconoscendo, diversamente da quanto facevano i primi economisti, che aria ed acqua pulita, ampie foreste e spazi immacolati sono un bene economico, in quanto tali utili e scarsi: il loro sfruttamento dovrà comprendere la loro completa riproduzione, pena la loro distruzione o inutilizzabilità. In tale ambito la montagna promette una crescita economica diversa, ma di pari valore rispetto a quella di altre zone del Paese.
      Va colta quindi l'occasione per predisporre ed approvare una nuova legge per la montagna, una legge di sviluppo organica, una legge quadro che tenga conto delle accresciute (ed oggi prevalenti) competenze regionali e degli orientamenti comunitari. Di essa occorre segnalare taluni punti fermi:

          a) definizione di montagna; l'Unione europea (UE) la definisce in base all'altitudine, in base alla pendenza e in base al ridotto periodo vegetativo; tale ultimo criterio include tra le zone montane, a nostro giudizio in modo non pertinente, anche i Paesi del nord Europa; forse sarebbe opportuno sostituire l'ultimo dei criteri con un altro, che tenga conto della vasta escursione termica, di questo in ogni caso dovrà discutersi in sede di riforma dei trattati comunitari, resta il fatto che l'ottimale combinazione di questi tre fattori consente di migliorare la delimitazione delle nostre zone montane, eliminando taluni fatti assurdi, quali la costituzione di numerose zone costiere in comunità montana;

          b) definizione del requisito di specificità; la normativa comunitaria omologa le zone montane alle aree depresse, sottintendendo che una volta passata la depressione, l'intervento si interrompe; se è vero che molte zone montane posseggono indici economici e occupazionali inferiori ad altre parti del Paese, in realtà la montagna non è una realtà depressa, ma una realtà specifica, cioè dotata di caratteristiche permanenti e non temporanee; la nostra proposta è pertanto quella di riconoscere la specificità e derogare per la montagna alle regole sulla concorrenza previste dai trattati dell'UE;

          c) ridefinizione, a cura delle regioni, del ruolo delle comunità montane, in quanto entità capaci di gestire realtà geomorfologiche complesse e di assicurare servizi pubblici rilevanti ai comuni ad esse associati;

          d) definizione di regole coordinate per lo sviluppo agricolo, industriale, commerciale e turistico strettamente connesse alla dichiarazione di specificità: dovranno essere previste norme di sviluppo compatibili con i fragili eco-sistemi montani, senza gravare non tanto sull'economia nazionale quanto sulle regole sulla concorrenza stabilite in sede comunitaria; in realtà è questa la sfida più grande che la nuova legge dovrà affrontare; a titolo di esempio, all'agricoltura montana andrebbe riconosciuta la sua valenza di elemento di stabilità idrogeologica oltre che la sua tipicità (tra l'altro la tipicità dei prodotti agricoli montani italiani è stata di recente soppressa in sede UE); al commercio la

 

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sua funzione di «collante sociale» per le piccole comunità, in particolare mediante agevolazioni fiscali; all'industria infine andrebbero riconosciuti contributi volti a bilanciare la sfavorevole collocazione (distanza dai mercati di approvvigionamento e di vendita) e d'altro canto poste più severe limitazioni ambientali; al turismo la sua valenza di volano di sviluppo, in considerazione dell'ampio «indotto» legato al turismo montano, e quindi smussando talune ciclicità legate ai fenomeni turistici;

          e) definizione dell'aiuto alle comunità civili al fine di evitare lo spopolamento delle zone montane; si tratta di riconoscere la natura di servizio svolto in favore della collettività nazionale per talune attività delle popolazioni di montagna, connettendo ad essi una serie di agevolazioni fiscali [imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), imposta comunale sugli immobili (ICI), tassazione dei prodotti energetici]; adeguati di recente i sovracanoni dovuti ai comuni a carico dei concessionari di grandi derivazioni idroelettriche, resta da riconoscere, in merito alle tariffe dell'acqua, che la montagna è produttrice di grandi quantità di acqua potabile; va sottolineata la necessità del permanere dei servizi pubblici (poste, banche, sanità, trasporti locali, scuola); in quest'ultimo ambito potrebbero valorizzarsi forme alternative di frequenza scolastica.
      Sulla base della definizione di zona montana oggi vigente in Italia sono totalmente montani 3.533 comuni, parzialmente montani 655 comuni. Sussistono 360 comunità montane, con 10,5 milioni di abitanti, pari al 18,6 per cento della popolazione italiana. Le aree occupate assommano a 16,371 milioni di ettari (54,33 per cento della superficie nazionale). I comuni integralmente montani coprono il 48 per cento della superficie nazionale con il 15,4 per cento della popolazione (8,5 milioni). La densità di popolazione è circa un terzo della media nazionale, un po' più alta al sud, ma, in ogni caso, in costante diminuzione. In base a questi dati non è contestabile la rilevanza generale di una legge di riforma della normativa sulla montagna, poiché essa riguarda circa la metà del territorio nazionale e circa un sesto della popolazione italiana.
      Va anche ricordato che la Camera dei deputati ha approvato, con voto unanime, un provvedimento in favore dei piccoli comuni, ora all'esame del Senato della Repubblica (atto Senato n. 1942) che riguarda i 5.838 comuni sotto i 5.000 abitanti, dei quali 2.375 sono montani. Per essi sono stati previsti: una serie di agevolazioni e semplificazioni in materia contabile, di lavori pubblici e nella conduzione amministrativa; l'istituzione di centri multifunzionali di servizi (sanitari, sociali, postali, dell'istruzione, della protezione civile, della sicurezza); i servizi postale e di distribuzione dei carburanti; la precedenza nella cablatura del territorio e nell'informatizzazione delle loro istituzioni e delle scuole, alle quali la pubblica amministrazione può cedere le apparecchiature informatiche dismesse; la pluriattività degli imprenditori agricoli (funzioni di tutela ambientale e di salvaguardia del territorio), il recupero delle terre incolte e la valorizzazione dei prodotti tipici; la costituzione di un fondo di 20 milioni di euro per agevolazioni sulle tariffe idriche, l'imposta sul reddito delle attività produttive (IRAP), l'ICI e l'imposta di registro sugli immobili.
      L'articolo 1 del testo proposto stabilisce la natura di preminente interesse nazionale, ai sensi dell'articolo 44 della Costituzione, degli interventi di tutela previsti dalla legge, la quale deve conformarsi al principio di sussidiarietà che la riforma costituzionale operata dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ha posto a cardine dei rapporti tra Stato e comunità locali. Per quel che riguarda l'ambito comunitario, la proposta di legge richiama l'articolo 87 del Trattato istitutivo della Comunità europea, come modificato dal Trattato di Amsterdam di cui alla legge n. 209 del 1998, relativo alle deroghe al regime di concorrenza, in particolare nella parte in cui prevede aiuti per le zone il cui sviluppo economico e tenore di vita siano bassi e nelle quali sia opportuno intervenire

 

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a salvaguardia del patrimonio ambientale e culturale.
      Innovativamente la proposta di legge impegna il Governo ad intervenire in sede di revisione dei Trattati UE, al fine di ottenere una migliore definizione del concetto di «zone montane» e il riconoscimento della «specificità» delle medesime, superando la precedente logica che le equiparava alle aree depresse. Restano in ogni caso ferme, sino a definizione di nuove tipologie di intervento, le disposizioni di favore in vigore.
      Per quel che riguarda le tipologie di intervento (territoriale, economico, sociale e culturale) sono stati ripresi e migliorati i criteri elencati nell'articolo 1 della legge n. 97 del 1994, in particolare introducendo da un lato il concetto di «sostenibilità» dello sviluppo, dall'altro il principio della garanzia del raggiungimento dei livelli essenziali dei diritti civili e sociali.
      Gli ultimi due commi tentano una definizione-delimitazione delle zone montane. La scelta di criteri oggettivi e che lasciano poco spazio ad interventi operati da singole regioni, si basa sulla constatazione che il comma 3 dell'articolo 1 della legge n. 97 del 1994 in realtà, pur recependo la delimitazione della legge 3 dicembre 1971, n. 1102, ha consentito di far rientrare nella classificazione di montano anche i comuni dichiarati tali, pur senza averne le caratteristiche, con il paradosso di un eccessivo ampliamento delle comunità montane e della sussistenza di comuni che godono sia delle agevolazioni per la montagna, sia delle provvidenze per la pesca marittima. D'altro canto non è sembrata ammissibile la completa esclusione dell'intervento regionale. Pertanto si è demandato il compito al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), di concerto con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997, mediante definizione di criteri generali relativi all'altitudine media, al grado di accessibilità dei luoghi, alla pendenza del territorio, nonché all'arretratezza degli indicatori economici. Sono in ogni caso esclusi i comuni capoluogo, quelli con oltre 40.000 abitanti ed i comuni costieri. La soglia di accesso di 600 metri è ridotta a 500 nelle zone non alpine.
      L'articolo 2 ridefinisce il Fondo nazionale della montagna, già istituito dalla legge n. 97 del 1994. Le novità consistono nell'inserimento della quantificazione del Fondo nella tabella C (fondi determinati annualmente dalla politica di bilancio) della legge finanziaria. Va rammentato che la legge n. 97 del 1994 provvedeva per il solo triennio 1994-1996 e che le quantificazioni successive, peraltro mai lesinate, sono state inserite tramite disposizioni non organiche. La nuova disposizione dà certezza triennale al Fondo. Un'altra novità consiste nel fatto che mentre la legge finanziaria dispone l'onere a carico dello Stato, la unità previsionale di base di riferimento dovrà contenere un quadro analitico delle sue diverse componenti (trasferimenti comunitari, dello Stato e di enti pubblici).
      I commi 3, 4 e 5 dell'articolo 2 stabiliscono che le somme provenienti dal centro sono aggiuntive a quelle stanziate o attivate dalle regioni e che il riparto tra le regioni è effettuato dal CIPE entro il 31 gennaio di ciascun anno. Spetta poi alle regioni e alle province autonome determinare i modi di utilizzo, anche se sarebbe opportuno che i bilanci regionali imputassero le risorse ad un unico centro di spesa.
      Il comma 6 prevede i criteri di riparto tra le regioni, modificando in parte i precedenti. In particolare si è eliminato il criterio in base al quale spettava alle aree protette una maggiore quota di fondi (in base all'equazione: area protetta = vincolo allo sviluppo) e si è invertito il criterio relativo alla popolazione ritenendo che la montagna spopolata meriti una maggiore attenzione; inoltre è stato soppresso il riferimento ai trasferimenti agli enti locali, che ha ormai poco significato in quanto essi sono stati allargati alle regioni a statuto speciale; viceversa si è ritenuto opportuno tenere conto delle quote di fiscalità generale attribuite alle regioni a statuto speciale. In definitiva i criteri scelti, anch'essi opinabili e non impegnativi, sono: estensione del territorio montano;
 

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rischi ambientali sussistenti; indice di spopolamento; reddito medio pro capite; tasso di disoccupazione; livello dei servizi; grado di accessibilità dei territori; natura ed entità delle quote di fiscalità generale attribuite alle regioni a statuto speciale.
      Infine il comma 7 prevede la presentazione annuale di una Relazione sulla montagna, contenente in particolare i quadri complessivi delle risorse attivate dal centro e dalle regioni.
      L'articolo 3 detta disposizioni innovative in tema di comunità montane. Le nuove disposizioni tengono ovviamente conto dei nuovi poteri regionali in materia di organizzazione del proprio sistema di enti locali, pertanto sono dettate norme generali di indirizzo, potendo le regioni anche rendere non operative o sopprimere, come già avvenuto in Valle D'Aosta e in Sardegna, il concetto medesimo di comunità montana. I principali criteri cui la legge regionale dovrà tener conto sono: snellezza degli organi, rapidità di decisione, rappresentatività delle minoranze, possibilità di nomina e revoca dei componenti dell'organo esecutivo da parte del presidente della comunità, numero limitato dei componenti dell'organo assembleare; tale ultima norma, contenuta nella lettera a) del comma 3 del novellato articolo 27 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, potrebbe essere superflua in virtù dell'applicabilità alle comunità montane del comma 5 dell'articolo 32 del medesimo testo unico.
      Si prevede inoltre la possibilità di consultazione dei cittadini e di accesso dei medesimi alle informazioni relative alle diverse tipologie di intervento e di agevolazione, anche mediante creazione di sportelli polifunzionali distribuiti sul territorio. In definitiva si vuole uno strumento agile al servizio delle comunità civili, anche al fine di stimolare in esse un maggior senso di appartenenza.
      Ripresa dalla vigente normativa l'esclusione dalle comunità montane dei comuni sopra i 40.000 abitanti e dei capoluoghi di provincia, si prevede infine, anche per temperare le maggiori rigidità della delimitazione delle zone montane previste dall'articolo 1, la possibilità di graduazione degli interventi in ragione delle fasce altimetriche e di altri elementi di difficoltà.
      Le perplessità, anche di natura dottrinaria, nate sulla natura di organo derivato delle comunità montane, nonché le recenti modifiche costituzionali operate dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, hanno reso da un lato inattuali, dall'altro non rispondenti alla nuova distribuzione dei poteri all'interno dello Stato, gli articoli 27 e 28 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000. Con la riscrittura dell'articolo 27, operata dalla presente proposta di legge, si tenta di rendere l'istituto più aderente ai tempi e alle esigenze. Sarebbe peraltro opportuna anche la riscrittura dell'articolo 28, anch'esso da un lato troppo imperativo, dall'altro troppo vago. Resta questa la soluzione più semplice ove si consideri che la struttura del sostegno dal centro agli enti locali prevede in ogni caso che una quota di essi finanzi le comunità montane in quanto tali. E nessuna regione vorrà perdere i suddetti finanziamenti a causa del non utilizzo dell'istituto della comunità montana. A meno che non si intenda modificare la struttura dei finanziamenti, come da diverso tempo si chiede, o prevedere una norma che destini agli uffici regionali per la montagna i fondi che in altre regioni sono utilizzati per il funzionamento delle comunità.
      L'articolo 4 riprende, migliorandolo, l'articolo 9 della legge n. 97 del 1994, in materia di gestione del patrimonio forestale. L'intento è quello di avviare la valorizzazione dei boschi, sulla base del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, come risorsa economica, come elementi di stabilizzazione idrogeologica e come produttori di aria pulita. Una ricerca del Consiglio nazionale delle ricerche ha dimostrato che la vegetazione dell'isola di Pianosa, paradiso ambientale di 10 chilometri quadrati, ha assorbito in due mesi 5.700 tonnellate di anidride carbonica pari a quella prodotta nello stesso periodo da 9.100 automobili.
 

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      Su questo ultimo punto si osserva che le recenti modifiche al protocollo di Kyoto prevedono che la riduzione dell'immissione di anidride carbonica nell'atmosfera (responsabile dell'effetto serra), può ottenersi anche mediante maggior assorbimento di quella prodotta. Negli ultimi cinquanta anni l'anidride carbonica emessa è pari a quella emessa nei precedenti 420.000 anni. Nel XX secolo le Alpi hanno perso metà del volume dei ghiacciai, mentre la loro superficie è scesa al 40 per cento. Ma sulle Alpi è a rischio anche il permafrost, terreno perennemente gelato, composto da ghiaccio, ciottoli, detriti, che mantiene stabilità. Era, a inizio secolo, presente sopra i 2.500 metri. Oggi è salito di 200 metri. L'innalzamento della temperatura tra 1 o 2 gradi provocherebbe l'innalzamento del permafrost di 500 metri, con gravissimi rischi di stabilità per tutto l'arco alpino.
      E questo ci conduce ai problemi connessi al dissesto idrogeologico, in gran parte dovuto all'incuria e all'abbandono dei territori montani. I Servizi tecnici nazionali hanno calcolato che dal 1945 al 1990 il dissesto idrogeologico è costato 74 miliardi di euro pari a 4,65 milioni di euro al giorno; un comune italiano su tre è a rischio idrogeologico: 6.689 le aree a rischio di frana, 37 a rischio valanga, 2.446 a rischio alluvione.
      A fronte di queste considerazioni, la gestione e la valorizzazione del patrimonio forestale montano possono costituire il primo esempio su scala nazionale di «sviluppo sostenibile» come da secoli già dimostrato dalla magnifica comunità di Val di Fiemme: il pregiato abete rosso, che matura in 150 anni, copre il 95 per cento della superficie boschiva (110 ettari su 2.000 della comunità). Nel 2001 la segheria di Alvisio ha lavorato 33.000 metri cubi di legno e ha fatturato 6,5 milioni di euro, dando lavoro a 39 dipendenti fissi, 6 amministrativi, 54 stagionali che si occupano della manutenzione dei boschi (nessun incendio negli ultimi anni) e delle strade; complessivamente gravitano attorno alla magnifica comunità 8.000 famiglie.
      Va anche considerato che il settore industriale del legno (446.000 addetti; 88.600 imprese), al quale vanno riconosciuti grandi meriti per quel che riguarda la positività della bilancia commerciale, è tra quelli maggiormente dipendenti dall'estero. Di soli legni poveri (da ardere o cascami o particelle), l'Italia ne importa ogni anno per un valore pari a circa 140 miliardi di vecchie lire.
      Pertanto è evidente che l'attuale patrimonio forestale è sotto-utilizzato, pur in presenza di numerosi strumenti regionali, nazionali e comunitari. In tal senso, si segnala l'agevolazione del 36 per cento di detrazione dall'IRPEF delle spese per la manutenzione dei boschi, introdotta con la legge finanziaria per il 2002 e rinnovata nel 2003.
      Il problema è quindi quello del coordinamento. L'articolo in oggetto prevede la possibilità di costituzione di appositi consorzi, cui possono essere affidati anche boschi demaniali o abbandonati o limitrofi a zone montane, che operano sulla base di piani territoriali forestali. I piani, che hanno valenza produttiva, idrogeologica ed ambientale, devono anche favorire forme collettive di trasformazione e di commercializzazione del legno. All'attuazione dei piani sono indirizzate quote dei fondi comunitari (Fondo europeo di orientamento e di garanzia agricola - FEOGA e Strumento finanziario di orientamento alla pesca - SFOP), quota (5 per cento) delle risorse della legge 23 dicembre 1999, n. 499, in materia di razionalizzazione degli interventi in materia agricola e quota (10 per cento) del Fondo per lo sviluppo sostenibile, istituito dall'articolo 110 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (finanziaria 2001). È previsto inoltre un meccanismo premiale di attribuzione dei fondi in ragione dell'aumento delle superfici boscate e della diminuzione delle aree percorse dagli incendi. Si prevede la possibilità per i giovani residenti nella comunità montana di svolgere il servizio civile in assegnazione ai consorzi, per le funzioni di tutela del patrimonio boschivo. Conclusivamente si introduce un meccanismo premiale per i proprietari che conferiscono in
 

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amministrazione i propri terreni per le finalità accennate: sono esonerati da ogni imposta ed hanno diritto di percepire un canone.
      L'articolo 5 introduce per la prima volta nel nostro ordinamento, quanto meno sotto forma di applicazione diretta, poiché infatti il decreto legislativo n. 227 del 2001 muove in questo senso, la certificazione di ecocompatibilità e il marchio di garanzia per il legname di specie indigene di pregio. I criteri selvicolturali da rispettare e le modalità per il rilascio e l'uso della certificazione e del marchio sono affidati ad un decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali.
      Con l'articolo 6 si avvia il recupero dei pascoli montani, la cui superficie è costantemente in diminuzione: oggi occupano un'area di 2,2 milioni di ettari tra Alpi ed Appennini, ma che già hanno perso circa 600.000 ettari di superficie in 30 anni. Pertanto si vincolano il 5 per cento delle risorse della citata legge n. 499 del 1999, in materia di interventi nel settore agricolo-forestale e si avvia, d'intesa con le regioni, un piano di recupero. Anche per la tenuta a pascolo sono previste agevolazioni fiscali ed un canone d'affitto per i proprietari che affidano i propri terreni abbandonati per l'utilizzo a pascolo.
      L'articolo 7, in materia di piani di sviluppo economico, introduce i concetti di sviluppo sostenibile, di incremento dell'occupazione e di innalzamento del tenore di vita delle popolazioni montane. Sulla base di questi elementi ciascun piano definisce le proprie priorità ed assegna le necessarie risorse. I piani pluriennali di sviluppo possono prevedere la concessione di incentivi e di benefìci a favore delle attività economiche individuate come prioritarie e sono coordinati con i piani di bacino di cui alla legge sulla difesa idrogeologica del suolo (legge 18 maggio 1989, n. 183). Con norme regionali, in favore dell'agricoltura di montagna, può essere prevista la copertura sino al 75 per cento del costo delle piccole opere di manutenzione ambientale a sostegno delle attività tradizionali locali e al recupero e alla valorizzazione di beni naturali, culturali e architettonici.
      L'articolo 8 interviene sugli usi civici già disciplinati dall'articolo 12 della legge sulla montagna n. 97 del 1994, dichiarato parzialmente illegittimo dalla Corte costituzionale laddove nel caso di espropriazione da parte di autorità statale, di terreni montani per opere pubbliche o di pubblica utilità, non prevede che sia sentito il parere della regione interessata in merito alla cessazione dei diritti di uso civico esistenti sui beni espropriandi. Con la medesima sentenza la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dello stesso articolo 12, nella parte in cui prevede che i compensi, eventualmente spettanti ai fruitori degli usi civici sui beni espropriati, sono determinati dal commissario agli usi civici anziché dalla regione.
      L'articolo 9 prevede benefìci in campo energetico e di gestione delle acque. Va innanzitutto segnalato che il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 11 dicembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 296 del 21 dicembre 2001, ha portato a 9,39 euro per kW la misura del sovracanone dovuto ai comuni nel cui territorio vi siano grandi derivazioni idroelettriche; e inoltre che le agevolazioni per il gasolio per riscaldamento (250 vecchie lire in meno per litro), sono state prorogate sino al 30 giugno 2003 dalla legge 27 dicembre 2002, n. 289 (finanziaria 2003).
      Ciò premesso l'articolo interviene esentando dall'imposta di consumo l'energia elettrica prodotta da piccoli impianti di montagna, compresi gruppi elettrogeni a gas metano biologico. Il metano prodotto da biomasse è a sua volta esente da qualsiasi imposta. Sono rese permanenti le agevolazioni sul gasolio da riscaldamento e sono ridotte del 20 per cento le accise sui principali prodotti petroliferi.
      Si consente inoltre la concessione di contributi, a valere sui fondi per la montagna, in favore dei residenti nei territori montani per allacciamenti telefonici e per il potenziamento delle linee elettriche nelle case sparse e nei piccoli agglomerati.
 

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      Si integra il Piano nazionale contenente le linee guida per l'ammodernamento del sistema distributivo dei carburanti, nel senso di prevedere la presenza del servizio di erogazione quale servizio fondamentale. I maggiori oneri gravano sulle risorse del Fondo appositamente istituito dal decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32.
      In materia di acque, la legge sulle risorse idriche (legge 5 gennaio 1994, n. 36) già prevede un sovracanone per il mantenimento delle zone di salvaguardia. Le modifiche apportate prevedono che i costi connessi siano a carico degli utenti dei comuni con oltre 40.000 abitanti, delle residenze secondarie, degli impianti turistici stagionali situati in zone non montane. Si chiarisce infine che la quota di tariffa va versata alla comunità o ai comuni nel cui territorio ricadono le derivazioni.
      Infine si consente la deroga in materia di captazione di acque per il consumo umano, già possibile ai sensi del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, in casi eccezionali, anche nei casi in cui sia economicamente insostenibile la creazione di una rete acquedottistica nelle zone montane.
      Con l'articolo 10 si dettano norme per favorire lo sviluppo del turismo montano. Ci si avvale degli strumenti istituiti dalla legge di riforma di settore (legge 29 marzo 2001, n. 135), prevedendo interventi volti a favorire lo sviluppo del turismo giovanile, scolastico e degli anziani, anche mediante il sostegno di pacchetti vacanza localizzati in periodi di bassa stagione. Le comunità montane sono dichiarate sistemi turistici locali, ossia «contesti turistici omogenei, caratterizzati dall'offerta integrata di beni culturali, ambientali e di attrazioni turistiche, compresi i prodotti tipici dell'agricoltura e dell'artigianato locale», accedendo ad una quota vincolata del 20 per cento del Fondo per l'offerta turistica. Le richieste di agevolazione per il prestito turistico hanno priorità se indirizzate verso pacchetti localizzati in zone montane. Quanto allo sviluppo delle infrastrutture turistiche si prevede che le proposte delle regioni, riferite al settore turistico-alberghiero, concernente la concessione e l'erogazione delle agevolazioni in base alla normativa sulle aree depresse, hanno priorità nella formazione delle graduatorie speciali e nell'assegnazione delle risorse finanziarie, se riferite alle zone montane.
      Infine è trattata la importante questione del turismo sciistico, volano dell'economia di intere province. Le statistiche dicono che ogni euro speso per andare su e giù con gli sci ne porta almeno altri 10 da spendere in alberghi, ristoranti e negozi della zona. In conseguenza della mancanza di neve crolla tutto il sistema e migliaia di lavoratori stagionali rimangono senza lavoro. Nel 2002 si sono registrate 70.000 assunzioni in meno ed il mercato del lavoro del settore ha visto nel giro di sei mesi una flessione di quasi il 19 per cento degli assunti.
      Va considerato che il turismo alpino complessivamente frutta 23 miliardi di euro annui, pari al 5 per cento del fatturato del turismo mondiale e che in Italia complessivamente esistono 304 località sciistiche dislocate in ben quindici regioni, la maggior parte delle quali fonda la propria sopravvivenza economica sul turismo della neve, attirando complessivamente ogni anno un numero medio di sciatori pari a circa 3 milioni (terzo Paese d'Europa, dopo la Germania e la Francia). Com'è noto la crisi del settore è connessa all'assenza di neve ed ai costi di innevamento. Il costo di un metro cubo di neve artificiale, pari a 4 metri quadrati di pista, è mediamente di 1,29 euro, ma può raggiungere anche i 3 euro. La carenza di neve degli scorsi inverni, che pure potevano essere quelli del rilancio, ha posto fuori mercato numerosissimi piccoli impianti e le piccole economie turistiche ad essi connesse.
      Su questo problema l'articolo 31 del «collegato infrastrutture» (legge 1o agosto 2002, n. 166) interviene anticipando, con 180 milioni di euro nel 2002, il finanziamento ventennale previsto dall'articolo 8 della legge 11 maggio 1999, n. 140. L'intervento invece proposto in questa sede, sulla falsariga di una legge della regione Piemonte, prevede la copertura dei costi di
 

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innevamento nel limite di 50 milioni di euro, a valere sul fondo di riserva per le spese impreviste del bilancio dello Stato, «a fronte di eventi esogeni portatori di gravi squilibri economici con ripercussioni nel settore turistico montano». In definitiva la mancanza di neve è equiparata ad uno stato di emergenza.
      In concomitanza con l'intervento descritto si pone mano alla normativa sui rifugi di alta montagna, stabilendo l'esclusiva competenza regionale, ivi comprese le necessarie deroghe alla normativa igienico-sanitaria.
      Infine si prevede che le pertinenze delle costruzioni rurali destinate ad esercizio dell'attività agrituristica in montagna sono assimilate alle costruzioni rurali ai fini fiscali.
      Con l'articolo 11 si interviene in materia di prodotti agroalimentari tipici, la cui natura di «prodotto della montagna» è stata sconfessata dall'Unione europea, in relazione all'incertezza dei disciplinari di produzione nella parte in cui non chiarivano la provenienza montana delle materie prime. Con l'articolo 85 della legge finanziaria per il 2003 (la citata legge n. 289 del 2002), sono stati introdotti criteri per la definizione di «prodotto della montagna» rispondenti ai requisiti comunitari.
      Il testo proposto inserisce un ultimo tassello, modificando l'articolo 10 della legge 21 dicembre 1999, n. 526 (legge comunitaria 1999), che limitava la commerciabilità dei prodotti tipici non tutelati comunitariamente alla sola provincia di produzione. Dopo esser riusciti a consentire che la vendita potesse avvenire anche per via telematica (legge finanziaria 2001), si provvede a classificare gli esercizi di somministrazione e di ristorazione quali consumatori finali. I produttori locali potranno pertanto vendere il proprio prodotto non solo telematicamente in tutto il mondo, ma anche ai ristoranti, ai bar ed agli alberghi della propria zona. Ciò vuol dire avere un mercato di base e non solo poter vendere ai locali ed ai turisti di passaggio.
      L'articolo 12 amplia le agevolazioni previste dall'articolo 16 della legge n. 97 del 1994 oltre che al settore del commercio, anche agli artigiani (circa un terzo delle aziende italiane di artigianato artistico, 140.000, si trova in montagna) ed alle imprese. I limiti di applicabilità limitano la portata dell'intervento ai comuni montani con meno di 1.000 abitanti e per i centri abitati con meno di 800 abitanti ricadenti in comuni montani e individuati dalle rispettive regioni. Il comma 1 prevede pertanto la determinazione forfettaria del reddito delle imprese citate nel limite, più che raddoppiato rispetto al precedente, di 80.000 euro. Il comma 2 prevede, per le medesime imprese, un credito di imposta del 10 per cento del valore degli investimenti di adeguamento e di ammodernamento degli impianti e delle attrezzature.
      Va ricordato che la citata legge finanziaria 2003, n. 289 del 2002 (articolo 67), estende alle zone montane, diverse da quelle del Mezzogiorno, la legge sulla imprenditorialità giovanile, con uno stanziamento di 10 milioni di euro annui, mentre il comma 4 dell'articolo 32 prevede la riduzione di 3.000 euro dell'imponibile delle imprese che non superino un volume di affari di 75.000 euro annui situate nei comuni non turistici con meno di 1.000 abitanti. Numerose altre agevolazioni sono previste nel testo sui piccoli comuni (atto Senato n. 1942) attualmente in discussione al Senato della Repubblica.
      L'articolo 13 provvede a «riscrivere» l'articolo 17 della legge n. 97 del 1994, in materia di pluriattività dei coltivatori diretti, singoli o associati. Si tenta di arginare l'abbandono agricolo delle montagne e dei servizi di manutenzione connessi a questa attività. Secondo i dati dell'Istituto nazionale sociologia rurale, negli ultimi venti anni l'agricoltura di montagna ha perso 760.000 ettari (17 per cento del totale), che saliranno ad un milione (32 per cento del totale) nel 2010, pari a 380.000 aziende in meno.
      Così, oltre a mantenere le precedenti agevolazioni, salvo aumentare le soglie degli appalti assumibili con la pubblica amministrazione
 

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da 50 milioni di lire a 75.000 euro e, per i lavori ambientali delle cooperative agricole da 300 milioni di lire a 300.000 euro, si prevede l'esclusione dal regime delle quote latte per le aziende che esercitano l'allevamento in forme tradizionali ed estensive e nel limite produttivo di 80.000 litri annui per azienda. L'intento è in definitiva quello di accrescere il reddito dei soggetti operanti nell'agricoltura montana e di mantenere la destinazione agricola delle aree vocate alla coltivazione e al pascolo.
      Con l'articolo 14 si provvede a rinvigorire l'intervento nel sistema formativo, già previsto dall'articolo 20 della legge n. 97 del 1994. È pertanto aggiornata la norma che prevede accordi di programma con il fine di realizzare un equilibrato sviluppo territoriale dell'offerta di scuola materna e dell'obbligo nei comuni montani. Il comma 2 prevede la predisposizione di progetti pilota per realizzare forme diverse di frequenza scolastica, concentrandola in periodi settimanali o mensili, o prevedendo la possibilità di lezioni a distanza. A tal fine va ricordato che nell'articolo 22 del collegato infrastrutture (legge n. 166 del 2002) si è previsto l'avvio di un progetto di «scuola della neve», che abbina lo studio all'attività agonistica, con un finanziamento di 2 milioni di euro. Il comma 3 ripete una norma già prevista in un disegno di legge della scorsa legislatura, relativo alla cessione alle istituzioni scolastiche di mezzi informatici dismessi da parte delle pubbliche amministrazioni. Le cessioni sono effettuate prioritariamente alle istituzioni scolastiche insistenti nelle aree montane.
      Di analogo tenore è l'articolo 15, che prevede la costituzione di istituti comprensivi di scuola materna, elementare e secondaria di primo grado, la cui valenza, originariamente relativa ai soli comuni montani, è estesa anche ai comuni con meno di 5.000 abitanti. Il comma 2 prevede la deroga in materia di numero minimo di alunni per la formazione delle classi nelle scuole materne, elementari e secondarie di primo grado.
      Con l'articolo 16 si tenta di affrontare il grave problema connesso alla tutela sanitaria dei cittadini residenti in montagna ed ai maggiori costi che la sanità montana comporta. Con il comma 1 si avvia un progetto per lo sviluppo della telemedicina, intesa anche come assistenza e soccorso a distanza. Sull'argomento numerose regioni hanno avviato progetti propri, pertanto l'intervento dello Stato non può che limitarsi all'uniformazione delle diverse esperienze ed allo scambio di dati tra loro intellegibili. Per lo sviluppo della telemedicina di montagna ci si avvale della rete del Sistema informativo della montagna (SIM) e viene vincolata una quota pari allo 0,3 per cento del Fondo sanitario nazionale, pari a circa 40 milioni di euro. Con il comma 2 si integra il Piano sanitario 2002-2004 con le linee guida per la sanità di montagna appartenenti allo schema del Piano 2001-2003, al fine di garantire ai cittadini di montagna l'accesso ai servizi sanitari in condizioni di pari opportunità. Si vincola poi alla sanità montana, una quota da stabilire del Fondo perequativo nazionale per gli enti locali. Si chiarisce che ai riparti delle quote del Fondo sanitario e del Fondo perequativo, destinati alla telemedicina e alla sanità di montagna, partecipano anche le regioni a statuto speciale escluse dai suddetti fondi. In attesa dell'attuazione delle disposizioni dei commi 1 e 2 si escludono gli ospedali delle zone montane dallo standard di dotazione media di 5 posti letto per mille abitanti, previsto dal decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405.
      Gli ultimi due commi sono relativi al personale medico, prevedendo infatti la positiva valutazione del servizio prestato dai medici nelle zone montane, ai fini della progressione della carriera o per l'inquadramento nei ruoli della dirigenza sanitaria, nonché la corresponsione di borse di studio per gli specializzandi che si impegnano ad esercitare la professione medica, per un periodo di almeno cinque anni, in strutture o in località decentrate di montagna.
      L'articolo 17 concerne gli interventi di protezione civile nei comuni montani ad alta marginalità nei quali dovranno essere attrezzate, a cura delle regioni, aree di
 

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atterraggio per elicotteri, aree logistiche per l'organizzazione di soccorsi in caso di calamità e reti radio d'emergenza.
      L'articolo 18 interviene in materia di associazionismo sociale, il cui apporto può essere di notevole rilievo per quel che riguarda il miglioramento delle condizioni di vita delle fasce più deboli delle popolazioni montane. Non si è voluto intervenire creando una «riserva» di ulteriori agevolazioni alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, alle organizzazioni di volontariato e alle cooperative sociali già operanti nelle zone montane. Viceversa si è proceduto prevedendo: a) una modifica alla legge sul volontariato nel senso di inserire tra i progetti di intervento sociale sperimentali e finanziabili mediante un apposito «fondo progettualità» quelli relativi alle zone montane e alle altre aree territorialmente marginali del Paese; b) una riserva di fondi proveniente dagli accantonamenti, pari ad un quindicesimo dei proventi, che per legge le fondazioni bancarie devono riservare ad attività di volontariato (articolo 15 della legge 11 agosto 1991, n. 266), mediante creazione di centri di servizio a supporto dell'associazionismo sociale; la riserva per le zone montane è prevista nella misura del 10 per cento, utilizzabile anche per acquisti di beni strumentali strettamente attinenti alle finalità sociali; c) una riserva pari allo 0,3 per cento del Fondo nazionale per le politiche sociali, destinato alla stipula di convenzioni tra soggetti pubblici ed associazioni operanti nelle zone montane. Va rilevato che il citato Fondo dispone annualmente di circa 1,5 miliardi di euro e che ad esso fanno capo, in virtù dell'accorpamento effettuato dall'articolo 80 della legge finanziaria 2001, tutte le autorizzazioni di spesa di natura sociale, ivi compreso il «fondo progettualità» della legge sul volontariato. La riserva prevista dal comma 2 è valutabile in circa 5 milioni di euro ed è aggiuntiva alla quota che annualmente viene destinata al «fondo progettualità» dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
      L'articolo 19 prevede, su proposta della Conferenza unificata, l'emanazione di direttive anche vincolanti per le amministrazioni, anche autonome, dello Stato, volte a consentire l'insediamento nelle zone montane di sedi ed attività di istituti di ricerca, laboratori, università, musei, infrastrutture culturali, ricreative e sportive, ospedali specializzati, case di cura e di assistenza.
      L'articolo 20 potenzia i servizi telematici. Il SIM diviene progetto prioritario nell'ambito dello sviluppo dell'informatica delle pubbliche amministrazioni, che sono inoltre tenute ad istituire, in accordo con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, i collegamenti necessari ai servizi di interesse per i comuni montani. È previsto che le istituzioni locali fungano da sportelli di servizio e di orientamento per i cittadini delle zone montane. Si ricorda che nel collegato sulla pubblica amministrazione (legge 16 gennaio 2003, n. 3), sono previsti stanziamenti per complessivi 154 milioni di euro per progetti informatici innovativi nella pubblica amministrazione. Con emendamento del relatore è stato previsto che il 10 per cento delle risorse sia destinato a progetti in favore delle zone montane. Infine si provvede a riformare l'Istituto nazionale per la ricerca scientifica e tecnologica sulla montagna (INRM), trasformandolo in Istituto nazionale per le montagne (INM). L'attività dell'Istituto dovrà esercitarsi attraverso la consulenza e lo scambio di informazioni scientifiche, lo studio, la ricerca scientifica e tecnologica ed il conseguente trasferimento applicativo, su temi di interesse della montagna.
      L'articolo 21 detta norme in materia di progettazione e di realizzazione di opere pubbliche nelle zone montane. Non si vuole porre mano alla più volte riformulata normativa sugli impatti idrogeologici ed ambientali, quanto far sì che le opere stesse si integrino compiutamente nel tessuto urbanistico e paesaggistico. Pertanto, dopo una dichiarazione di principio, l'articolo stabilisce che, per i soggetti esterni alle amministrazioni appaltanti che esercitano attività di progettazione, l'esperienza già maturata in materia di opere pubbliche montane costituisce titolo preferenziale ai fini della selezione del progetto.
 

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Il comma 2, coordinato con il primo, prevede l'emanazione di un decreto da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il fine di individuare una speciale categoria di costruttori, specializzata in opere su terreni montani; la categoria sarà selezionata tenendo conto delle specifiche competenze progettuali e della capacità tecnico-operativa.
      L'articolo 22 prevede una procedura semplificata per l'assegnazione dei lavori pubblici di competenza statale in montagna. Infatti per le opere che non superano l'importo di 1,5 milioni di euro, può ricorrersi alla licitazione privata con procedura semplificata, previa pubblicazione del bando su un quotidiano nazionale e uno locale. Il comma 2 prevede, ai medesimi fini, l'utilizzo della trattativa privata, mediante gara informale cui possono essere invitate almeno cinque imprese. Infine si dimezzano gli oneri previsti dall'articolo 17 della legge sui lavori pubblici, legge n. 109 del 1994.
      Con l'articolo 23 si vuole dare risposta alle istanze del Corpo degli alpini, che viene definito Corpo speciale all'interno delle Forze armate e confermato di stanza nelle Alpi e, ove occorra, nelle zone montane dello Stato, salvo l'esercizio di funzioni di protezione civile all'interno e fuori dal territorio nazionale. Per tale ultima finalità l'addestramento del Corpo è integrato con cicli specifici.
      L'articolo 24 stanzia 2 milioni di euro annui per campagne informative in favore della montagna italiana. Le campagne sono predisposte in accordo con le regioni.
      L'articolo 25 abroga alcuni articoli della legge n. 97 del 1994, i cui oggetti sono stati nuovamente disciplinati dalla presente proposta di legge.
      L'articolo 26 vincola per cinque anni a favore dei comuni montani e delle comunità montane una quota pari al 30 per cento del Fondo nazionale per il sostegno alla progettazione delle opere pubbliche delle regioni e degli enti locali, previsto dalla legge finanziaria per il 2002, legge n. 448 del 2001. Dispone infine la copertura finanziaria degli articoli per i quali i finanziamenti non siano già previsti in bilancio, quale ad esempio il Fondo per la montagna di cui all'articolo 2, o per i quali non si sia provveduto mediante quote vincolate di stanziamenti di altre leggi. Per l'anno 2003 l'onere complessivo della legge è valutato in 100 milioni di euro.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità).

      1. La salvaguardia e la valorizzazione delle specificità ambientali, culturali, economiche e sociali delle zone montane rivestono carattere di preminente interesse nazionale, ai sensi dell'articolo 44 della Costituzione. Ad esse concorrono, per quanto di rispettiva competenza, lo Stato, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali. Gli aiuti concessi rientrano tra le attività di cui all'articolo 87, paragrafo 3, lettere a), c) e d), del Trattato che istituisce la Comunità europea, come modificato dal Trattato di Amsterdam, di cui alla legge 16 giugno 1998, n. 209.
      2. Nell'ambito della revisione del Trattato istitutivo dell'Unione europea e nelle diverse sedi comunitarie l'Italia si fa promotrice di azioni volte al riconoscimento della specificità dei territori montani, anche in deroga ai princìpi generali della concorrenza, nonché al raggiungimento di una definizione comunitaria che tenga conto delle diverse realtà dell'Unione.
      3. Sono interventi speciali per la montagna le azioni organiche e coordinate dirette allo sviluppo sostenibile e complessivo della montagna, mediante la tutela e la valorizzazione delle qualità ambientali e delle potenzialità endogene proprie dell'habitat montano. Le azioni riguardano i profili:

          a) territoriale, mediante formule di tutela, di promozione e di valorizzazione delle risorse ambientali che tengono conto sia del loro valore naturalistico che delle esigenze di vita civile delle popolazioni residenti;

 

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          b) economico, per uno sviluppo sostenibile e durevole delle attività economiche presenti sui territori montani, nonché per il riconoscimento della natura multifunzionale delle attività agricole e forestali;

          c) sociale, mediante garanzia dei servizi pubblici e dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali delle popolazioni montane ed interventi finalizzati al miglioramento del loro tenore di vita;

          d) culturale e delle tradizioni locali legate alla montagna.

      4. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con proprie disposizioni, concorrono alla tutela e alla valorizzazione del proprio territorio montano, nel rispetto delle disposizioni dell'Unione europea e della presente legge. Restano ferme le disposizioni vigenti sulle aree depresse e le altre agevolazioni ed interventi relativi alle zone montane.
      5. Le disposizioni della presente legge si applicano altresì ai territori compresi nei parchi nazionali montani, istituiti ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive modificazioni, nonché nei parchi e nelle riserve regionali.
      6. Ai fini dell'applicazione della presente legge sono considerati comuni montani i comuni la cui altitudine media non è inferiore a 600 metri sopra il livello del mare. Sulla base di criteri oggettivi generali stabiliti dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), di intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, di seguito denominata «Conferenza unificata», riguardanti il grado di accessibilità dei luoghi, la pendenza del territorio, nonché l'arretratezza degli indicatori economici, possono essere classificati montani anche i comuni aventi altitudine media compresa tra 400 e 600 metri sopra il livello del mare. Sono in ogni caso esclusi i comuni costieri, i comuni capoluogo di provincia e quelli con popolazione superiore a 40.000 abitanti.

 

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      7. Il limite di altitudine di 600 metri di cui al comma 6 è ridotto a 500 metri nelle zone montane non situate nell'arco alpino.

Art. 2.
(Fondo nazionale per la montagna).

      1. È istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze il Fondo nazionale per la montagna, di seguito denominato «Fondo».
      2. Il Fondo è determinato annualmente ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, è alimentato da trasferimenti comunitari, dello Stato e di enti pubblici, ed è iscritto in una apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Le somme provenienti dagli enti pubblici sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate alla suddetta unità previsionale di base. Con nota analitica, allegata al medesimo stato di previsione, sono specificate le diverse voci che costituiscono il finanziamento del Fondo.
      3. Le risorse erogate dal Fondo hanno carattere aggiuntivo rispetto ad ogni altro trasferimento ordinario o speciale dello Stato a favore degli enti locali. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano istituiscono, nell'ambito dei propri bilanci, fondi per la montagna, cui afferiscono le risorse provenienti dal riparto del Fondo, stanziamenti a carico dei bilanci regionali e delle province autonome e risorse comunitarie.
      4. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con propria legge i criteri relativi all'impiego delle risorse di cui al comma 3, in relazione agli interventi speciali di cui all'articolo 1, comma 3.
      5. La ripartizione del Fondo tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano è effettuata, entro il 31 gennaio di ciascun anno, con deliberazione del CIPE, sentita la Conferenza unificata, su proposta del Ministro dell'economia e

 

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delle finanze, di intesa con il Ministro delle politiche agricole e forestali.
      6. I criteri di ripartizione tengono conto: dell'estensione del territorio montano; dei rischi o dei vincoli ambientali sussistenti; dell'indice di spopolamento; del reddito medio pro capite; del tasso di disoccupazione; del livello dei servizi; del grado di accessibilità dei territori; della natura e dell'entità delle quote di fiscalità generale attribuite alle regioni a statuto speciale.
      7. Il Ministro dell'economia e delle finanze, entro il 30 settembre di ciascun anno, sentita l'Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani (UNCEM), presenta al Parlamento la Relazione annuale sullo stato della montagna, con particolare riferimento all'attuazione della presente legge e al quadro delle risorse destinate e da destinare al settore da parte dello Stato, su fondi propri o derivanti da programmi comunitari. Nella Relazione sono raccolti anche i referti delle regioni sull'attività in favore delle zone montane, i fondi da esse attivati e gli obiettivi perseguiti.

Art. 3.
(Modifica dell'articolo 27 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di comunità montane).

      1. L'articolo 27 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è sostituito dal seguente:

      «Art. 27. (Natura e ruolo). - 1. Le comunità montane sono unioni di comuni costituite fra comuni montani e parzialmente montani per la valorizzazione del territorio, per l'esercizio di funzioni proprie e di funzioni conferite dalla regione o dai comuni che la compongono. Non sono ammesse ulteriori unioni di comuni tra i comuni che compongono la comunità montana o tra un comune appartenente alla comunità ed un altro non appartenente, se la funzione conferita è già esercitata dalla comunità montana.

 

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      2. La regione individua, concordandoli nelle sedi concertative di cui all'articolo 4, gli ambiti o le zone omogenee per la costituzione delle comunità montane, organizzandole secondo criteri che consentano snellezza della struttura e rapidità decisionale, in modo da consentire gli interventi per la valorizzazione della montagna e l'esercizio associato delle funzioni comunali. La costituzione della comunità montana avviene con provvedimento del presidente della giunta regionale.
      3. La legge regionale disciplina le comunità montane stabilendo in particolare:

          a) la struttura delle medesime, sulla base di criteri che consentano snellezza degli organi, rapidità di decisione, rappresentatività delle minoranze, possibilità di nomina e revoca dei componenti dell'organo esecutivo da parte del presidente della comunità. In ogni caso il numero dei componenti dell'organo assembleare non può essere superiore al numero dei componenti del consiglio comunale dei comuni con popolazione pari a quella della comunità;

          b) le modalità di approvazione dello statuto;

          c) le procedure di concertazione tra enti, di consultazione dei cittadini e di accesso dei medesimi alle informazioni relative alle diverse tipologie di intervento e di agevolazione, mediante creazione di sportelli polifunzionali distribuiti sul territorio;

          d) la disciplina dei piani zonali e dei programmi annuali;

          e) i criteri di ripartizione tra le comunità montane dei finanziamenti regionali e di quelli dell'Unione europea;

          f) i procedimenti relativi ai casi di fusione di comuni all'interno della comunità, di formazione di nuove comunità da precedenti comunità o di scioglimento delle stesse.

      4. Sono esclusi dalla comunità montana i capoluoghi di provincia e i comuni con popolazione complessiva superiore a

 

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40.000 abitanti. L'esclusione non priva i rispettivi territori montani dei benefìci e degli interventi speciali per la montagna stabiliti dall'Unione europea e dalle leggi statali e regionali.
      5. Ai fini della graduazione e della differenziazione degli interventi di competenza delle regioni e delle comunità montane, le regioni, con propria legge, possono provvedere ad individuare nell'ambito territoriale delle singole comunità montane fasce altimetriche di territorio, tenendo conto dell'andamento orografico, del clima, della vegetazione, delle difficoltà nell'utilizzazione agricola del suolo, della fragilità ecologica, dei rischi ambientali e della realtà socio-economica.
      6. Alle comunità montane si applicano le disposizioni degli articoli 30, 31, 32, 112, 113, 113-bis e 114».

Art. 4.
(Gestione compatibile del patrimonio forestale).

      1. Le comunità montane, singolarmente o in associazione tra loro, nell'ambito del proprio territorio e di intesa con i comuni ed altri enti interessati, possono provvedere alla gestione del patrimonio forestale mediante costituzione di consorzi forestali ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, anche in forma coattiva qualora lo richiedano i proprietari di almeno i tre quarti della superficie interessata, salvo il disposto di cui al comma 6 del presente articolo. Possono essere affidati alla gestione dei consorzi i boschi demaniali o di enti pubblici, non utilizzati, e le aree abbandonate dai proprietari, anche nelle zone limitrofe alla comunità.
      2. Alle comunità montane ed ai consorzi forestali sono affidati con legge regionale compiti di manutenzione, conservazione, accrescimento e sfruttamento compatibile del patrimonio forestale ad essi affidato, nonché di assistenza tecnica, monitoraggio, ricomposizione ambientale e sorveglianza. A tale fine i consorzi, in

 

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accordo con la comunità, elaborano piani territoriali forestali, redatti da soggetti professionali abilitati, nei quali, valutato lo stato della risorsa, sono coordinati gli interventi di tutela e di sfruttamento. Sono ammessi a finanziamento progetti mirati alla valorizzazione economica, quali piantagioni con specie a rapida crescita in stazioni pedoclimatiche favorevoli, attività vivaistica, sfruttamento di biomasse a fini energetici o colturali, definizione di forme collettive di trasformazione e commercializzazione dei prodotti. Ai fini della tutela ambientale gli organismi possono beneficiare anche di contributi commisurati agli oneri derivanti dalle suddette attività, che hanno finalità di interesse generale. I piani territoriali forestali sono coordinati con i piani di sviluppo socio-economico previsti dall'articolo 28 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e con i piani di bacino previsti dalla legge 18 maggio 1989, n. 183, e successive modificazioni, e possono comunque essere avviati anche in attesa della loro definizione.
      3. In deroga ai requisiti previsti dall'articolo 3 della legge 6 marzo 2001, n. 64, i consorzi possono richiedere l'assegnazione di giovani volontari residenti nella comunità, per lo svolgimento delle funzioni di salvaguardia del patrimonio forestale previste dall'articolo 1, comma 1, lettera d), della citata legge n. 64 del 2001.
      4. I consorzi godono dei benefìci previsti dall'articolo 139 del regio decreto 30 dicembre 1923, n. 3267. Il Ministero delle politiche agricole e forestali, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano attribuiscono ai consorzi forestali costituiti presso le comunità montane finanziamenti per interventi di forestazione nell'ambito dei piani forestali di competenza e attribuiscono le quote di parte nazionale previste dai regolamenti comunitari a completamento delle erogazioni a carico del Fondo europeo di orientamento e di garanzia agricola (FEOGA) e di programmi comunitari.
      5. Per le finalità del presente articolo sono vincolate risorse annuali pari al 5 per
 

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cento delle complessive disponibilità finanziarie della legge 23 dicembre 1999, n. 499. Gli interventi di ricostituzione del manto forestale di cui al comma 2 del presente articolo costituiscono attuazione dell'articolo 110 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, applicativo del protocollo di Kyoto sulla riduzione delle emissioni in atmosfera, e sono finanziati mediante una quota vincolata pari al 10 per cento del fondo ivi previsto. Una quota pari al 20 per cento dei trasferimenti del presente comma è attribuita con finalità premiale secondo criteri che tengono conto dell'aumento delle superfici boschive e della diminuzione delle aree percorse dagli incendi.
      6. I proprietari che conferiscono in amministrazione terreni alle comunità montane per le finalità di cui al presente articolo sono esonerati dal pagamento di ogni imposta gravante sui fondi ceduti e da qualsiasi spesa inerente il contratto d'affitto e hanno diritto a percepire il canone determinato nel rapporto tra comunità montana e affittuario. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, è emanato, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, il regolamento per l'attuazione del presente articolo; nelle more dell'emanazione del regolamento, le comunità montane adottano un regolamento provvisorio.

Art. 5.
(Certificazione di ecocompatibilità e marchio di garanzia).

      1. Per i boschi esistenti e per le formazioni forestali create nei territori montani con specie indigene di pregio, a lungo ciclo di maturazione, gestiti con criteri di ecocompatibilità, sono istituiti la certificazione di ecocompatibilità e il marchio di garanzia, che attestano la provenienza della materia prima legno.

 

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      2. La certificazione di ecocompatibilità e il marchio di garanzia possono essere applicati a tutti i prodotti di derivazione del legno ottenuto con i criteri di cui al comma 1, ivi compresi la carta e i mobili.
      3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro delle politiche agricole e forestali, di intesa con la Conferenza unificata, stabilisce con proprio decreto, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, i criteri silvocolturali da rispettare e le modalità per il rilascio e l'uso della certificazione e del marchio previsti dal presente articolo.

Art. 6.
(Pascoli montani).

      1. Ai fini del mantenimento e del recupero dei pascoli montani quali elementi rilevanti per la produzione di carni e di formaggi di qualità, nonché per la conservazione del paesaggio tradizionale, la difesa del suolo e la tutela degli ecosistemi, sono vincolate risorse annuali pari al 5 per cento delle complessive disponibilità finanziarie della legge 23 dicembre 1999, n. 499.
      2. Il Ministero delle politiche agricole e forestali, di intesa con le regioni, predispone un piano nazionale per l'individuazione, il recupero, l'utilizzazione razionale e la valorizzazione dei sistemi pascolivi montani, anche con l'impiego di finanziamenti comunitari.
      3. Le comunità montane, per le finalità di cui al comma 1, promuovono la costituzione di forme associative tra i proprietari interessati. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 4, comma 6.

Art. 7.
(Piani di sviluppo economico e tutela ambientale e territoriale).

      1. I piani pluriennali di sviluppo socio-economico di cui all'articolo 28, commi 3 e 5, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, hanno come finalità il consolidamento e lo sviluppo

 

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delle attività economiche e il miglioramento dei servizi. I piani individuano, per le diverse attività economiche presenti sul territorio, gli obiettivi di sviluppo sostenibile da perseguire per il periodo di tempo considerato, con particolare riferimento al miglioramento delle condizioni qualitative della vita nei territori montani e agli obiettivi dell'incremento dell'occupazione e dell'innalzamento del tenore di vita delle popolazioni residenti, e definiscono su tale base, indicando anche i relativi strumenti attuativi, le priorità delle opere e degli interventi da realizzare nonché il livello di miglioramento del patrimonio naturalistico agro-silvo-pastorale a favore di una maggiore biodiversità, il riassetto idrogeologico, la sistemazione idraulico-forestale, l'uso delle risorse idriche, la valorizzazione, la conservazione e la gestione del patrimonio naturale e monumentale, dell'edilizia rurale, dei centri storici e del paesaggio rurale e montano. Gli interventi sostengono le attività economiche ecocompatibili, da porre al servizio dell'uomo ai fini dello sviluppo civile e sociale, anche a tutela delle generazioni future. I piani pluriennali di sviluppo possono prevedere la concessione di incentivi e di benefici a favore delle attività economiche individuate come prioritarie. Al finanziamento degli interventi e delle opere previsti dagli stessi piani concorrono, in forma coordinata, risorse finanziarie provenienti dalle comunità montane, dalle province, dalle regioni, dallo Stato e dall'Unione europea. A tali fini le amministrazioni pubbliche prestano ogni collaborazione e supporto tecnico alle comunità montane per l'individuazione e l'acquisizione delle risorse finanziarie utilizzabili.
      2. Le previsioni di interventi per la salvaguardia e la valorizzazione dell'ambiente, mediante il riassetto idrogeologico, la sistemazione idraulico-forestale e l'uso delle risorse idriche, sono coordinate con i piani di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, e successive modificazioni.
      3. Allo scopo di riconoscere il servizio svolto dall'agricoltura di montagna, le leggi
 

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regionali disciplinano la concessione di contributi fino al 75 per cento del loro costo per piccole opere di manutenzione ambientale finalizzate al sostegno delle attività tradizionali locali nonché al recupero e alla valorizzazione di beni naturali, culturali ed architettonici concernenti proprietà agro-silvo-pastorali o comunque tipici e da valorizzare come specificità locali. Sono ammessi a contributo, entro i limiti previsti dalla normativa comunitaria, anche gli interventi svolti da imprenditori agricoli a titolo non principale.

Art. 8.
(Usi civici).

      1. Nei comuni montani i decreti di espropiazione per opere pubbliche o di pubblica utilità per le quali i soggetti esproprianti hanno ottenuto, ove necessario, l'autorizzazione prevista dall'articolo 151 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, e quella del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, previa approvazione della regione, determinano la cessazione degli usi civici eventualmente gravanti sui beni oggetto di espropriazione.
      2. Il diritto a compensi, eventualmente spettanti ai fruitori degli usi civici sui beni espropriati, determinati dalla regione, è fatto valere sull'indennità di espropriazione.

Art. 9.
(Benefìci in campo energetico e di gestione delle acque).

      1. L'energia elettrica prodotta nei territori montani da piccoli generatori comunque azionati, quali aerogeneratori, piccoli gruppi elettrogeni, piccole centraline idroelettriche, impianti fotovoltaici, con potenza elettrica non superiore a 30 kilowatt, o da gruppi elettrogeni funzionanti a gas metano biologico, è esentata

 

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dalla relativa imposta erariale sul consumo. È inoltre esente da qualsiasi imposta la produzione energetica derivante da biomasse prodotte nei medesimi ambiti.
      2. Nei territori montani, in ragione del disagio ambientale, può essere concessa dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas una riduzione, di cui la stessa Autorità determina la misura percentuale, del sovrapprezzo termico sui consumi domestici dei residenti e sui consumi relativi ad attività produttive.
      3. Limitatamente alle zone montane, sono rese permanenti le ulteriori agevolazioni sul gasolio e sul gas di petrolio liquefatto (GPL), previste dall'articolo 5 del decreto-legge 10 ottobre 2001, n. 356, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2001, n. 418. Nelle medesime zone, le accise previste nell'allegato I annesso al testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, gravanti sui prodotti petroliferi indicati all'articolo 21, comma 1, del medesimo testo unico, sono ridotte del 20 per cento.
      4. A valere sulle risorse trasferite dal Fondo nazionale per la montagna le regioni, le province, le comunità montane e i comuni possono prevedere contributi a favore dei residenti nei territori montani per allacciamenti telefonici e per il potenziamento delle linee elettriche nelle case sparse e nei piccoli agglomerati non inclusi nelle zone perimetrate destinate ad insediamenti residenziali.
      5. Ad integrazione del Piano nazionale contenente le linee guida per l'ammodernamento del sistema distributivo dei carburanti, di cui al decreto del Ministro delle attività produttive 31 ottobre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 279 del 30 novembre 2001, le regioni, sentiti anche i comuni e le comunità montane, di intesa con le associazioni degli esercenti gli impianti di distribuzione dei carburanti, possono determinare le condizioni per assicurare, nei piccoli comuni, la presenza del servizio di erogazione quale servizio fondamentale.
 

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Alla copertura dei maggiori costi del servizio si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per la razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32.
      6. Alla legge 5 gennaio 1994, n. 36, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 13, comma 3, è aggiunto il seguente periodo: «I costi per la gestione ed il mantenimento delle aree di salvaguardia gravano sulle tariffe dei comuni con popolazione superiore a 40 mila abitanti in misura non minore del 5 per cento»;

          b) all'articolo 13, comma 7, l'ultimo periodo è sostituito dal seguente: «Per conseguire obiettivi di equa distribuzione dei costi sono previste maggiorazioni della tariffa non minori del 5 per cento per le residenze secondarie, nonché per gli impianti ricettivi stagionali non situati nelle zone montane»;

          c) all'articolo 24, il comma 2 è sostituito dal seguente:

      «2. La quota di tariffa riferita ai costi per la gestione ed il mantenimento delle aree di salvaguardia è versata alla comunità montana, ove costituita, o agli enti locali nel cui territorio ricadono le derivazioni».

      7. La deroga di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, e successive modificazioni, può essere esercitata nelle zone di montagna, qualora non sia economicamente sostenibile la realizzazione di reti acquedottistiche.

Art. 10.
(Sviluppo del turismo montano).

      1. In attuazione dei princìpi di cui all'articolo 1, comma 2, lettere c), e) e h), della legge 29 marzo 2001, n. 135, le regioni favoriscono, con propri provvedimenti,

 

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lo sviluppo del turismo giovanile, scolastico e degli anziani nelle zone montane del territorio nazionale, anche mediante il sostegno di pacchetti vacanza localizzati in periodi di bassa stagione.
      2. Salvo diversa decisione regionale, le comunità montane costituiscono sistemi turistici locali, ai sensi dell'articolo 5 della legge 29 marzo 2001, n. 135, i quali beneficiano degli interventi ivi previsti. A tale fine è riservata una quota non inferiore al 20 per cento del Fondo di cui all'articolo 6 della citata legge n. 135 del 2001, e successive modificazioni.
      3. All'articolo 10, comma 2, della legge 29 marzo 2001, n. 135, l'ultimo periodo è sostituito dal seguente: «Hanno inoltre priorità nell'assegnazione delle agevolazioni le istanze relative a pacchetti di vacanza localizzati nell'ambito delle zone montane».
      4. Per gli anni 2003-2005 le proposte formulate dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, riferite al settore turistico-alberghiero, ai sensi del testo unico delle direttive per la concessione e l'erogazione delle agevolazioni alle attività produttive nelle aree depresse, di cui al decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 3 luglio 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 163 del 14 luglio 2000, hanno priorità nella formazione delle graduatorie speciali e nell'assegnazione delle risorse finanziarie alle stesse destinate.
      5. Ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 2, lettera b), del Trattato che istituisce la Comunità europea, come modificato dal Trattato di Amsterdam di cui alla legge 16 giugno 1998, n. 209, a fronte di eventi esogeni portatori di gravi squilibri economici con ripercussioni nel settore turistico montano, lo Stato, nel limite massimo di 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2003, interviene a sostegno dell'economia turistica degli sport della neve mediante la concessione di finanziamenti a favore delle imprese turistiche operanti in zone colpite da situazioni di eccezionale siccità invernale e da mancanza di neve nelle aree sciabili, con particolare riguardo alla copertura degli investimenti relativi agli impianti
 

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di innevamento artificiale. I finanziamenti sono concessi nel limite del 70 per cento dell'ammontare complessivo dell'intervento ammesso a contributo. L'efficacia delle disposizioni di cui al presente comma è subordinata alla preventiva comunicazione alla Commissione europea. Le modalità e i criteri di riparto e di erogazione dei finanziamenti di cui al presente comma sono determinati con decreto del Ministro delle attività produttive, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
      6. Sono definiti rifugi di montagna le strutture ricettive custodite da soggetti qualificati, ubicate in zone disagiate o isolate di montagna e idonee ad offrire ricovero e ristoro, nonché soccorso a sportivi ed escursionisti. Le regioni con proprie norme ne determinano i requisiti. L'apertura e la gestione dei rifugi di montagna sono soggette ad autorizzazione regionale. Le regioni, anche in deroga alle disposizioni del testo unico delle leggi sanitarie, di cui al regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, alla legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni, e al relativo regolamento di esecuzione, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1980, n. 327, e successive modificazioni, nonché in base ai criteri fissati dal decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, e successive modificazioni, stabiliscono i requisiti minimi dei locali di cucina e di quelli destinati al pernottamento e al ricovero delle persone, nonché le caratteristiche e la qualità degli scarichi e degli impianti di smaltimento dei reflui delle strutture. Il decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 1957, n. 918, è abrogato.
      7. Le costruzioni o le porzioni di costruzioni rurali e le relative pertinenze destinate all'esercizio dell'attività agrituristica, di cui alla legge 5 dicembre 1985, n. 730, e successive modificazioni, svolta in territori montani, sono assimilate, ai fini fiscali, alle costruzioni rurali previste dall'articolo 39 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del
 

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Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

Art. 11.
(Ulteriore tutela dei prodotti tipici).

      1. All'articolo 10, comma 8, della legge 21 dicembre 1999, n. 526, e successive modificazioni, le parole: «, nell'ambito della provincia della zona tipica di produzione» sono sostituite dalle seguenti: «. Gli esercizi di somministrazione e di ristorazione sono considerati consumatori finali».

Art. 12.
(Agevolazioni per le imprese, gli imprenditori commerciali e gli artigiani nei piccoli comuni montani).

      1. Per i comuni montani con meno di 1.000 abitanti e per i centri abitati con meno di 800 abitanti ricadenti in comuni montani e individuati dalle rispettive regioni, la determinazione del reddito d'impresa per attività artigiane, commerciali e per i pubblici esercizi con giro di affari assoggettato all'imposta sul valore aggiunto, nell'anno precedente, inferiore a 80.000 euro può avvenire, per gli anni di imposta successivi, sulla base di un concordato con gli uffici dell'amministrazione finanziaria. In tale caso le imprese stesse sono esonerate dalla tenuta di ogni documentazione contabile e di ogni certificazione fiscale.
      2. Le imprese operanti nei comuni di cui al comma 1 che investono nel miglioramento della propria attività, in particolare per l'adeguamento e l'ammodernamento funzionale degli impianti e delle attrezzature, possono avvalersi di un credito di imposta pari al 10 per cento del valore dei nuovi investimenti applicato nel rispetto dei criteri e dei limiti di intensità di aiuto stabiliti dalla Commissione delle Comunità europee.

 

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Art. 13.
(Incentivi alle pluriattività).

      1. I coltivatori diretti, singoli o associati, i quali conducono aziende agricole ubicate nei comuni montani, in deroga alle vigenti disposizioni di legge, possono assumere in appalto sia da enti pubblici che da privati, impiegando esclusivamente il lavoro proprio e dei familiari di cui all'articolo 230-bis del codice civile, nonché utilizzando esclusivamente macchine e attrezzature di loro proprietà, lavori relativi alla sistemazione e alla manutenzione del territorio montano, quali lavori di forestazione, di costruzione di piste forestali, di arginatura, di sistemazione idraulica, di difesa dalle avversità atmosferiche e dagli incendi boschivi, nonché lavori agricoli e forestali tra i quali l'aratura, la semina, la potatura, la falciatura, la mietitrebbiatura, i trattamenti antiparassitari, la raccolta di prodotti agricoli, il taglio del bosco, per importi non superiori a 75.000 euro annui. Tale importo è rivalutato annualmente con decreto del Ministro competente in base all'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati rilevato dall'Istituto nazionale di statistica.
      2. I lavori di cui al comma 1 non sono considerati prestazioni di servizi ai fini fiscali e non sono soggetti ad imposta, se sono resi tra soci di una stessa associazione non avente fini di lucro e avente lo scopo di migliorare la situazione economica delle aziende agricole associate e lo scambio interaziendale di servizi.
      3. I soggetti di cui al comma 1 sono esclusi dal regime comunitario delle quote-latte di cui al regolamento (CEE) n. 3950/92 del Consiglio, del 28 dicembre 1992, purché esercitino l'allevamento in forme tradizionali ed estensive e nel limite produttivo di 80.000 litri annui per azienda; possono inoltre trasportare il latte fresco fino alla propria cooperativa per sé e per altri soci della stessa cooperativa impiegando mezzi di trasporto di loro proprietà, anche agricoli, iscritti nell'ufficio meccanizzazione agricola. Tale ultima

 

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attività ai fini fiscali non è considerata quale prestazione di servizio e non è soggetta ad imposta.
      4. I contributi agricoli unificati versati dai coltivatori diretti all'Istituto nazionale della previdenza sociale, gestione agricola, garantiscono la copertura assicurativa infortunistica per i soggetti e per le attività di cui ai commi 2 e 3.
      5. I soggetti di cui al comma 1 possono assumere in appalto da enti pubblici l'incarico di trasporto locale di persone, utilizzando esclusivamente automezzi di loro proprietà.
      6. Le cooperative di produzione agricola e di lavoro agricolo-forestale che hanno sede ed esercitano prevalentemente le loro attività nei comuni montani e che, conformemente alle disposizioni del proprio statuto, esercitano attività di sistemazione e di manutenzione agraria, forestale e, in genere, del territorio e degli ambienti rurali, possono ricevere in affidamento dagli enti locali e dagli altri enti di diritto pubblico, in deroga alle vigenti disposizioni di legge ed anche tramite apposite convenzioni, l'esecuzione di lavori e di servizi attinenti alla difesa e alla valorizzazione dell'ambiente e del paesaggio, quali la forestazione, il riassetto idrogeologico e la sistemazione idraulica, a condizione che l'importo dei lavori o dei servizi non sia superiore a 300.000 euro per anno.
      7. All'articolo 18, comma 1, della legge 31 gennaio 1994, n. 97, e successive modificazioni, dopo le parole: «operanti nei comuni montani,» sono inserite le seguenti: «nonché, nelle regioni a statuto speciale, gli enti territorialmente competenti,».

Art. 14.
(Sistema formativo).

      1. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, collaborano nel realizzare un equilibrato sviluppo territoriale dell'offerta di scuola materna e dell'obbligo nei comuni montani,

 

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mediante la conclusione di accordi di programma. Gli accordi possono concernere anche le riduzioni tariffarie dei trasporti pubblici locali da riservare agli studenti. Si applicano, in quanto compatibili o non espressamente derogate, le disposizioni di cui all'articolo 34 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Gli accordi di programma sono attuati a livello provinciale, previa intesa tra l'autorità scolastica provinciale e gli enti locali interessati.
      2. Le istituzioni scolastiche insistenti nelle zone montane, nell'ambito della propria autonomia, possono prevedere forme diverse di frequenza scolastica, concentrandola in periodi settimanali o mensili, salvo lo svolgimento del monte ore minimo di lezione, o prevedendo la possibilità di lezioni a distanza. A tale fine il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di intesa con l'UNCEM, predispone progetti pilota di istruzione, tenendo conto delle esigenze delle diverse realtà territoriali.
      3. In deroga a quanto disposto dall'articolo 17, commi 20 e 21, della legge 15 maggio 1997, n. 127, le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, possono cedere, a titolo gratuito, ad istituzioni scolastiche personal computer o altre apparecchiature informatiche, quando siano decorsi almeno due anni dal loro acquisto e l'amministrazione abbia provveduto alla loro sostituzione. Le cessioni sono effettuate prioritariamente alle istituzioni scolastiche insistenti nelle aree montane e non costituiscono presupposto ai fini dell'applicazione dell'imposta sulle donazioni.

Art. 15.
(Scuola dell'obbligo).

      1. Nei comuni montani con meno di 5.000 abitanti, nelle comunità montane o nelle zone montane delimitate dall'autorità scolastica provinciale possono essere costituiti istituti comprensivi di scuola materna,

 

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elementare e secondaria di primo grado, cui è assegnato personale, anche direttivo, della scuola elementare e della scuola media secondo criteri e modalità stabiliti dalla regione.
      2. Nei limiti delle risorse disponibili, sono previste, per i comuni montani, deroghe in materia di numero minimo di alunni per le scuole materne, elementari e secondarie di primo grado.

Art. 16.
(Sanità di montagna).

      1. Nell'ambito del potenziamento delle iniziative di e-government, il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, di concerto con il Ministro della salute, predispone un progetto per lo sviluppo del servizio di telemedicina, definibile come l'insieme dei servizi sanitari trasmessi a distanza in tempo reale tra due o più punti terminali attraverso l'uso integrato di tecnologie informatiche e servizi di telecomunicazione su reti dedicate, nelle zone montane e nelle aree marginali dello Stato. Il progetto è approvato di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Nel progetto sono determinati: l'uniformità di linguaggio, la compatibilità dei software e degli hardware tra loro connessi, la stabilità dei collegamenti, l'individuazione e la certificazione di standard di qualità; sono inoltre definite le procedure per la raccolta e la diffusione dei dati statistici. Le regioni provvedono all'attuazione del progetto, anche avvalendosi per le zone montane della rete del Sistema informativo della montagna. Per le finalità del presente comma è vincolata una quota pari allo 0,3 per cento del Fondo sanitario nazionale, iscritto nell'unità previsionale di base 4.1.2.1 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Partecipano al riparto di tale quota anche le regioni non finanziate con il Fondo sanitario nazionale.
      2. Le linee guida sulla sanità di montagna dello schema di Piano sanitario nazionale 2001-2003 costituiscono automatica

 

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integrazione del Piano sanitario nazionale 2002-2004. Le regioni provvedono, nell'ambito dei propri piani sanitari, a garantire ai residenti nelle aree montane l'accesso ai servizi sanitari in condizioni di pari opportunità. Su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, la Conferenza unificata determina annualmente una quota del Fondo perequativo nazionale di cui all'articolo 40 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni, da destinare allo sviluppo della sanità montana. Della suddetta quota si tiene conto nell'ambito della revisione del sistema dei trasferimenti erariali, prevista dall'articolo 27, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448. Partecipano al riparto di tale quota anche le regioni non finanziate mediante il citato Fondo perequativo.
      3. In attesa dell'attuazione delle disposizioni dei commi 1 e 2 del presente articolo lo standard di cui all'articolo 3, comma 4, del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, non si applica agli ospedali situati nelle zone montane.
      4. Con atto di indirizzo e di coordinamento in materia di criteri di finanziamento delle aziende sanitarie locali, adottato d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, è determinata la correzione verso l'alto della quota capitaria spettante alle aziende sanitarie locali operanti nei territori montani.
      5. Il servizio prestato dai medici nell'ambito di strutture operanti nelle zone montane è valutato ai fini dell'articolo 8, comma 2-bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, concernente la definizione dei criteri valutativi per la progressione della carriera o per l'inquadramento nei ruoli della dirigenza sanitaria.
      6. Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in collaborazione con l'Istituto nazionale per le montagne, di cui all'articolo 20, comma 4, stabilisce annualmente assegni di studio a favore di giovani laureati che frequentano scuole di
 

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specializzazione e contestualmente si impegnano ad esercitare la professione medica, per un periodo di almeno cinque anni, in strutture o in località decentrate di montagna.

Art. 17.
(Protezione civile).

      1. Al fine di rendere efficienti e tempestivi gli interventi di protezione civile anche nei comuni montani ad alta marginalità, entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge sono reperite e attrezzate nei predetti comuni, a cura delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, idonee aree di atterraggio per elicotteri, aree logistiche per l'organizzazione di soccorsi in caso di calamità e reti radio d'emergenza.

Art. 18.
(Interventi in favore dell'associazionismo sociale).

      1. Alla legge 11 agosto 1991, n. 266, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 12, comma 1, lettera d), dopo le parole: «emergenze sociali» sono inserite le seguenti: «, ad interventi nelle zone montane e nelle altre aree territorialmente marginali del Paese»;

          b) all'articolo 15, il comma 1 è sostituito dal seguente:

      «1. Le fondazioni bancarie di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, e successive modificazioni, prevedono nei propri statuti che una quota non inferiore ad un quindicesimo dei propri proventi, al netto delle spese di funzionamento e della riserva finalizzata alla sottoscrizione di aumenti di capitale delle società conferitarie, sia destinata alla costituzione di fondi speciali presso le regioni al fine di istituire, per il tramite degli enti locali, centri di servizio a disposizione delle organizzazioni

 

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di volontariato, delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, e successive modificazioni, nonché delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, di cui al decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e successive modificazioni, e da queste gestiti, con la funzione di sostenerne e qualificarne l'attività. Una quota non inferiore al 10 per cento dei fondi speciali così costituiti è vincolata alla creazione di centri di servizi nelle zone montane. In tale ambito le somme eventualmente eccedenti possono essere utilizzate per l'acquisto di attrezzature, di materiali e di mezzi il cui utilizzo sia strettamente connesso alle attività di natura sociale».

      2. A valere sulle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali, di cui all'articolo 20 della legge 8 novembre 2000, n. 328, è riservato un accantonamento annuale pari allo 0,3 per cento finalizzato alla stipula di convenzioni, ai sensi dell'articolo 5 della legge 8 novembre 1991, n. 381, e successive modificazioni, nonché dell'articolo 7 della legge 11 agosto 1991, n. 266, con le associazioni sociali e con le organizzazioni di volontariato operanti nelle zone montane, per finalità di sostegno alle popolazioni locali.

Art. 19.
(Sedi montane di attività e strutture di alta qualificazione).

      1. L'articolo 14 della legge 31 gennaio 1994, n. 97, è sostituito dal seguente:

      «Art. 14. - (Decentramento di attività e di servizi). - 1. Su proposta della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono emanate direttive per sollecitare e vincolare le amministrazioni, anche autonome, dello Stato a decentrare nei comuni montani e nelle comunità montane proprie sedi, attività e servizi, con specifico riguardo a istituti di ricerca, laboratori, università, musei, infrastrutture culturali, ricreative e sportive, ospedali specializzati,

 

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case di cura e di assistenza, disponendo gli stanziamenti finanziari necessari».

Art. 20.
(Informatica, telematica e ricerca scientifica).

      1. Il potenziamento del Sistema informativo della montagna è considerato prioritario nell'ambito dell'attuazione dei piani di sviluppo informatico delle pubbliche amministrazioni previsti all'articolo 51 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. Si applicano le disposizioni del capo IV del medesimo testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000.
      2. Le amministrazioni centrali dello Stato, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, istituiscono gli opportuni collegamenti dei servizi d'interesse delle aree montane, con le comunità montane, i comuni montani e l'UNCEM. L'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione, sentita l'UNCEM, predispone le possibili forme di reciproca collaborazione e consultazione.
      3. I comuni ricadenti nelle zone montane e le comunità montane operano quali sportelli dei cittadini per superare le difficoltà di comunicazione tra le varie strutture e i servizi territoriali. A tale fine, le amministrazioni pubbliche e i soggetti che gestiscono pubblici servizi sono tenuti a consentire loro l'accesso gratuito alle informazioni ed ai servizi non coperti da segreto, nonché a indirizzarli tra le diverse tipologie di intervento.
      4. L'Istituto nazionale per la ricerca scientifica e tecnologica sulla montagna (INRM), posto sotto la vigilanza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, è trasformato in Istituto nazionale per le montagne (INM), ente pubblico nazionale che ha per scopo esclusivo la

 

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consulenza e la ricerca in favore delle amministrazioni pubbliche, delle regioni e degli enti locali, nonché delle istituzioni scientifiche e degli enti pubblici e privati anche internazionali, nell'azione di valorizzazione, promozione, sviluppo e tutela dei territori montani, delle popolazioni montane e della loro cultura. L'attività dell'Istituto si esercita attraverso la consulenza e lo scambio di informazioni scientifiche, lo studio, la ricerca scientifica e tecnologica ed il conseguente trasferimento applicativo. L'Istituto cura inoltre la predisposizione delle campagne informative di cui all'articolo 24.

Art. 21.
(Opere pubbliche nelle aree montane).

      1. Le attività di progettazione e di realizzazione di opere pubbliche nelle zone montane devono tenere strettamente conto dell'impatto urbanistico e paesaggistico. Per i soggetti di cui all'articolo 17, comma 1, lettere d), e), f), g) e g-bis), della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, l'esperienza già maturata in materia di opere pubbliche montane costituisce titolo preferenziale ai fini della selezione del progetto.
      2. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con proprio decreto da emanare secondo le procedure e i criteri indicati dall'articolo 9, comma 3, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, integra il vigente sistema di categorie di costruttori con la categoria specializzata in opere su terreni montani, tenendo conto delle specifiche competenze progettuali e delle capacità tecnico-operative.

Art. 22.
(Lavori pubblici di competenza statale nelle zone di montagna).

      1. Nei comuni montani gli enti appaltanti opere di competenza statale di importo fino a 1.500.000 euro possono ricorrere

 

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alla licitazione privata con procedura semplificata, previa pubblicazione del bando su un quotidiano nazionale e su uno locale. Alla gara possono essere invitate le imprese che ne fanno richiesta, che realizzano le opere in conformità a quanto previsto dall'articolo 21 e che hanno le caratteristiche tecniche indicate nel bando, le quali possono essere inserite dalle stazioni appaltanti sulla base di specifiche esigenze, purché applicate in maniera uniforme e non discriminatoria nei confronti di tutti i concorrenti.
      2. Per l'affidamento di lavori di competenza statale di importo non superiore a 1.500.000 euro, i soggetti di cui al comma 1 del presente articolo, in deroga a quanto previsto dall'articolo 24 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, possono procedere alla trattativa privata, previo esperimento di gara informale, invitando almeno cinque imprese rispondenti ai requisiti di cui al medesimo comma 1. Per importi uguali o inferiori a 200.000 euro il numero delle imprese da invitare può essere ridotto a tre.
      3. La realizzazione di opere di competenza statale a carattere complesso e infrastrutturale da parte dei soggetti di cui al comma 1 può essere finanziata, per una quota non superiore al 70 per cento dell'importo complessivo, con risorse derivanti dalla cessione da parte degli stessi soggetti di specifiche obbligazioni appositamente finalizzate. Alle obbligazioni si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli da 2410 a 2420-ter del codice civile.
      4. All'articolo 17 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «14-octies. Per i comuni montani ad alta marginalità gli oneri stabiliti dal presente articolo sono ridotti della metà».

Art. 23.
(Servizio militare prestato nel Corpo degli alpini).

      1. Le truppe alpine conservano la caratteristica di Corpo speciale all'interno

 

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delle Forze armate e sono assegnate di stanza nelle Alpi e, ove occorra, nelle zone montane dello Stato. Il Corpo può essere incaricato dello svolgimento di missioni di protezione civile all'interno e fuori del territorio nazionale, deliberate dal Governo e dal Parlamento secondo le procedure previste dalla legislazione vigente.
      2. Ferma restando la sua sottoposizione al Ministero della difesa per quanto attiene ai compiti militari di tutela armata dell'integrità e degli interessi dello Stato, nell'effettuazione degli interventi di protezione civile, il Comando delle truppe alpine dipende funzionalmente dal Comitato paritetico Stato-regioni-enti locali di cui all'articolo 5 del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401. A tale fine l'addestramento di base militare impartito ai membri delle truppe alpine è opportunamente integrato da cicli addestrativi finalizzati allo svolgimento di attività di protezione civile.
      3. Al fine dell'incorporazione del personale volontario all'interno delle truppe alpine, è attribuita preferenza alle reclute provenienti dalle regioni dell'arco alpino e dalle zone montane.

Art. 24.
(Campagne informative).

      1. Per il finanziamento di campagne informative annuali in favore della montagna italiana, relative alle finalità della presente legge e alla diffusione della cultura, anche sportiva, della montagna, sono stanziati 2 milioni di euro in ragione d'anno. Le campagne sono predisposte, in accordo con le regioni, dall'INM.

Art. 25.
(Abrogazione di norme).

      1. Gli articoli 1, 2, 7, 9, 10, 12, 16, 17, 20, 21 e 24 della legge 31 gennaio 1994, n. 97,

 

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e successive modificazioni, sono abrogati.

Art. 26.
(Riserve di fondi e copertura finanziaria).

      1. Per gli anni 2003-2007 è attribuita ai comuni montani e alle comunità montane una quota pari al 30 per cento del Fondo nazionale per il sostegno alla progettazione delle opere pubbliche delle regioni e degli enti locali, di cui all'articolo 54 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modificazioni.
      2. Agli oneri derivanti dall'attuazione degli articoli 2, 9, commi 1, 2 e 3, 12 e 24, valutati in 100 milioni di euro per l'anno 2003, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2003-2005, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2003, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero. Per gli anni successivi si provvede ai sensi dell'articolo 2, comma 2.
      3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


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