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PDL 4208

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 4208



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

BOATO, TURCO, RUGGERI, RUSSO SPENA, MAURA COSSUTTA, BUEMI, ZANELLA, ABBONDANZIERI, ADDUCE, AMICI, BANDOLI, BANTI, BELLILLO, BELLINI, BIELLI, BIMBI, BOGI, BOLOGNESI, BONITO, BOVA, BUFFO, BULGARELLI, CALZOLAIO, CENNAMO, CENTO, CEREMIGNA, CHIAROMONTE, COLUCCINI, CORDONI, CRISCI, DEIANA, DI SERIO D'ANTONA, DE BRASI, TITTI DE SIMONE, DI GIOIA, GASPERONI, ALFONSO GIANNI, GIORDANO, GIULIETTI, GRIGNAFFINI, FOLENA, GIACHETTI, GRILLINI, GROTTO, INTINI, LABATE, LEONI, LION, SANTINO ADAMO LODDO, LOLLI, MANTOVANI, MANZINI, MARAN, RAFFAELLA MARIANI, MASCIA, MAURANDI, MOTTA, OTTONE, PAPPATERRA, PECORARO SCANIO, PISA, PISAPIA, PISTONE, REALACCI, RIZZO, ROCCHI, RUZZANTE, SANDI, SASSO, SCIACCA, SERENI, SINISCALCHI, SODA, TOLOTTI, TRUPIA, VALPIANA, VENDOLA, MICHELE VENTURA, VERNETTI, VIGNI, VILLETTI, ZANOTTI

Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di depenalizzazione del consumo di sostanze stupefacenti, di misure alternative alla detenzione per i tossicodipendenti e di politiche di riduzione del danno

Presentata il 24 luglio 2003


      

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Onorevoli Colleghi! - La proposta di legge, per quanto riguarda la parte sanzionatoria, ripropone il testo elaborato nella scorsa legislatura da una Commissione tecnica istituita per predisporre un testo di riforma in materia di disciplina degli stupefacenti, coordinata dal magistrato Giuseppe La Greca e con la responsabilità politica dell'allora Sottosegretario alla giustizia Franco Corleone. La parte sulle misure alternative per i detenuti tossicodipendenti è invece stata curata dal dottor Alessandro Margara, già magistrato di sorveglianza e capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. Il coordinamento di questo lavoro è stato del cartello di associazioni denominato «Dal penale al sociale» e per segnalare la sinergia fra momento istituzionale e movimenti della società, alla conclusione della relazione sull'articolato viene riproposto il testo dell'appello-documento, che ha già raccolto 3.051 adesioni di personalità, operatori e rappresentanti di varie realtà e che è consultabile sul sito «www.fuoriluogo.it».
 

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      L'analisi di quasi tredici anni di applicazione della legislazione in materia di stupefacenti dimostra, come emerso anche nella Conferenza sulle droghe di Napoli del 1997, il fallimento della strategia dell'innalzamento delle pene finalizzato al recupero. Tale strategia, innestata sul sistema giudiziario italiano ha, infatti, finito per produrre solo rigidità insuperabili. La previsione, nell'ipotesi base, di un minimo edittale di otto anni di reclusione per le condotte di semplice spaccio, ha determinato un rilevantissimo innalzamento delle pene da scontare, con migliaia di persone che non possono accedere ad alcuna misura. Un esempio eclatante è quello del caso Merlonghi, risolto poi con la concessione della grazia, ma che dimostra quanta ingiustizia possa derivare da un sistema giudiziario lento e farraginoso nel quale si innestino meccanismi di rigidità nella determinazione della pena. Tra le proposte avanzate per ovviare agli inconvenienti rilevati c'è quella dell'innalzamento dei livelli di pena che consentono l'accesso alle misure alternative; una tale proposta, pur condivisibile negli obiettivi, si traduce in una esaltazione della irrazionalità del sistema, allargando la forbice tra pena inflitta e pena effettivamente scontata, con il rischio di pesanti ripercussioni sul sistema in generale ed in particolare con riferimento al tema della certezza della pena, oggi prepotentemente in discussione. Più razionale appare invece la proposta di adeguare il sistema sanzionatorio in materia di stupefacenti ai livelli edittali medi previsti dal codice penale e dalle leggi speciali. Se si pensa che le pene previste per l'associazione di tipo mafioso raggiungono un massimo di quindici anni per i casi più gravi (la pena prevista per i promotori di organizzazioni di tipo mafioso armate va da cinque a quindici anni di reclusione) o che la pena prevista per il delitto di violenza sessuale - pur elevata nel 1996 - è, nel massimo, di dieci anni di reclusione; che dieci anni di reclusione è la pena massima anche per i delitti di rapina e di estorsione; mentre cinque anni di reclusione è la pena massima per la corruzione e otto anni è il massimo per la concussione; ben si vede come una pena da otto a venti anni per l'ipotesi di spaccio di stupefacenti sia sproporzionata, velleitaria e ingiusta.
      Di qui la proposta di rivedere anche i livelli sanzionatori, lasciando pene elevate solo per le ipotesi di «traffico» di stupefacenti e di associazioni criminali, per le quali sono previste aggravanti speciali.
      L'intervento sull'articolo 73 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 può essere l'occasione anche per un miglioramento sul piano tecnico della normativa penale in materia, che nel 1990, sulla spinta emozionale che accompagnò il varo del testo unico, fu scritta ricopiando il testo delle convenzioni internazionali in materia, con un risultato tecnicamente poco limpido: l'articolo 73 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 enumera ben 22 fattispecie penali, spesso con sinonimi, ripetizioni e ridondanze. Una tale tecnica normativa è consona ad un trattato internazionale destinato ad essere sottoscritto da Paesi con sistemi giuridici molto diversi tra loro (in particolare si pensi ai Paesi di common law), ma non appare rispondente ai canoni di legalità in materia penale richiesti dall'articolo 25 della nostra Costituzione.
      Oltre alla riscrittura dell'articolo 73, si propone di eliminare ogni ipotesi di sanzione per le condotte di consumo. Da un lato tutti riconoscono che con il referendum del 1993 il sistema sanzionatorio previsto per le ipotesi di consumo ha perso in gran parte la sua ragione di essere. Né è pensabile un intervento che vada contro la volontà referendaria. Dall'altro lato, cosa più importante, l'esperienza di questi anni ha dimostrato che le sanzioni amministrative per i consumatori di sostanze rappresentano una inutile afflizione nei confronti di soggetti che avrebbero bisogno di aiuto e di sostegno e non certo di una ulteriore spinta verso l'emarginazione e il delitto. Sospendere la patente ad un consumatore di droga (si badi: non a chi sia colto alla guida in stato di alterazione da sostanze) significa soltanto ridurre le sue possibilità di lavoro e di vita; aumentare il
 

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rischio di commissione di reati (ad esempio, proprio la guida senza patente) e quindi maggiore emarginazione ed aumento del rischio criminale.
      Al fine di fornire chiarezza agli operatori sulla liceità degli interventi di riduzione del danno si propone infine l'inserimento di una norma che indica la riduzione del danno tra gli obiettivi degli enti locali e degli enti ausiliari e, a titolo meramente esemplificativo, elenca alcuni degli interventi sicuramente riconducibili a tale obiettivo e sui quali si sono manifestati dubbi in sede operativa.

      1) La legge n. 162 del 1990 in materia di disciplina degli stupefacenti ha manifestato una notevole fiducia negli aspetti repressivi, dando particolare forza alle pene previste per i vari reati. Né si è tenuto conto della condizione di tossicodipendenza nella quale si muovevano e si muovono molti dei condannati. E così i tossicodipendenti hanno trovato una risposta alla loro condizione soprattutto nel carcere e solo secondariamente in interventi idonei ad incidere su tale condizione.
      A seguito, però, del decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 1993, n. 171, emanato in applicazione dell'esito del referendum del 18 aprile 1993, si è avuta la depenalizzazione delle ipotesi di uso personale e detenzione per uso personale, che erano sanzionate dal nuovo testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990.
      Da questo, però, devono derivare due linee di intervento:

          a) la prima è quella di ribadire la non punibilità dell'uso di stupefacenti e delle condotte connesse e di trarre da questo le conseguenze logiche anche sul piano degli interventi sanzionatori, anche se non penali: cioè sulle sanzioni amministrative;

          b) la seconda è quella di una profonda revisione del sistema sanzionatorio, nel quale si dia attenzione particolare alla condizione di tossicodipendenza degli autori dei reati.

      La prima linea di intervento sarà visibile nelle modifiche normative che si propongono di seguito.
      Quanto alla seconda linea di intervento, è da rilevare che l'impianto sanzionatorio della legge n. 162 del 1990, di cui il decreto del Presidente della Repubblica n. 171 del 1993 citato era attuazione, è però rimasto. È rimasto, cioè, l'impianto sanzionatorio di una legge fortemente segnata dal proposito di sanzionare anche il solo uso (rendendo punibile ogni detenzione di sostanza superiore alla dose media giornaliera) e di colpire pertanto (penalmente e non solo) la condizione di tossicodipendenza. Intervenire sulle pene è dunque doveroso anche in ossequio ai princìpi che informavano i quesiti referendari che hanno vinto nel Paese.
      E si può aggiungere, senza timore di essere smentiti, che l'entità delle pene inflitte per reati relativi agli stupefacenti gioca un ruolo tutt'altro che secondario sull'attuale sovraffollamento delle carceri, responsabile della difficile gestione degli istituti di pena e della scarsa corrispondenza di questi ai princìpi costituzionali e alla attuazione dei fini di riabilitazione che la pena stessa dovrebbe avere. Eppure, è veramente difficile sostenere che una carcerazione, specie se lunga, sia utile per il superamento della tossicodipendenza, quando la ipotesi più verosimile e condivisa è che la stessa condizioni tutti gli elementi di base della dipendenza, rafforzando frustrazioni, bruciando le alternative di socializzazione, dando nuovo spazio al desiderio della sostanza, fornendo occasioni, nella comunità di vita con altre persone nelle stesse condizioni, per la ulteriore ripresa delle condotte criminose utili al mantenimento della dipendenza. Si tenga conto che la quota di detenuti tossicodipendenti in carcere è di circa il 30 per cento.
      Esiste, d'altronde, un problema di congruenza della pena, nella sua entità, ai princìpi costituzionali. Va ricordata la sentenza costituzionale n. 313 del 1990, che ha portato alla modifica dell'articolo 444 del codice di procedura penale, nella parte in cui richiede che, in caso di patteggiamento sulla pena, la stessa sia «congrua», ovvero adeguata ai fini propri della pena medesima: congrua, cioè, a dare uno spazio

 

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temporale concreto utile a realizzare un percorso riabilitativo proporzionato al reato commesso. E va chiarito che non vi è solo una congruenza circa l'entità minima della pena, ma anche circa la entità massima, che non può essere tale da rimettere ad un futuro incerto e remoto la possibilità di orientare la esecuzione penale alla progettazione e allo sviluppo di percorsi di riabilitazione e di inclusione sociali, che sono quelli voluti dall'articolo 27 della Costituzione.
      Si veda, al riguardo, la pena inflitta per la violazione più comune, quella dell'articolo 73 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, la cui misura, calcolata anche la frequente ricorrenza delle numerose aggravanti previste dalla stessa norma e dall'articolo 80, arriva a livelli estremamente elevati, anche nei minimi. Analogamente è a dirsi per la fattispecie criminosa dell'articolo 74, i cui minimi, anche senza aggravanti, sono elevatissimi e, con le aggravanti, superiori ai limiti minimi previsti per i più gravi reati contro la persona.
      Si è intervenuti anche sulla entità delle pene pecuniarie. Le stesse sono state misurate nel testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 sugli elevati introiti che il traffico illecito di stupefacenti notoriamente procura. È però un dato pacifico che: in primo luogo, lo spaccio generalmente colpito è quello piccolo e, in secondo luogo, così come tali introiti si formano, altrettanto rapidamente si dissolvono, tranne che non si sia in presenza di organizzazioni particolarmente attrezzate sul piano finanziario e criminale. Comunque, i più frequenti destinatari delle condanne continuano ad essere i tossicodipendenti, che dissipano in tempi velocissimi ciò che incassano e che molto spesso investono i loro introiti nel pagamento dei debiti contratti per gli acquisti precedenti. Ciò che l'esperienza dimostra è che la quasi totalità di queste elevate pene pecuniarie è convertita in sanzioni sostitutive per la insolvenza degli interessati. Di qui il ridimensionamento, che si propone, anche delle pene pecuniarie.
      E, in tale situazione normativa, come già osservato, non vi è alcuna indicazione differenziale per coloro che partecipano alle condotte criminose sotto la spinta della tossicodipendenza, a riprova della voluta ignoranza di questa condizione e della fiducia riposta nella unica risposta repressiva. Le aperture a possibili misure alternative, correlate a percorsi riabilitativi dalla dipendenza arriveranno in fase esecutiva, ma, in quel momento, la entità delle pene inflitte potrà essere tale da impedire la ammissibilità a tali misure o da ritardarla a dopo una parziale e non breve espiazione carceraria.

      2) La prima linea di intervento indicata al numero 1) esplicita l'esito referendario e afferma la non punibilità dell'uso e delle condotte connesse.
      Inoltre, sottrae al sistema sanzionatorio, anche se solo amministrativo, gli interventi oggi contenuti nell'articolo 75 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990.
      Si è inserita anche una modifica che interessa l'intervento medico per i tossicodipendenti malati, che risulta precluso da una parte dell'articolo 43, commi 5-bis e 5-ter, parte che viene soppressa.

      3) La revisione del trattamento sanzionatorio previsto dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 si muove su tre linee, la terza delle quali riguarda la fase della esecuzione della pena:

          a) la prima è quella di un ridimensionamento generale delle sanzioni previste dalla legge;

          b) la seconda è quella di una particolare disciplina nei confronti delle persone tossicodipendenti;

          c) la terza riguarda la normativa sulla esecuzione, che deve essere rivolta in ogni caso a rendere possibili soluzioni riabilitative extracarcerarie rispetto a quelle detentive.

 

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      4) Si tratta, infine, di intervenire in due materie che stanno a monte e a valle del sistema sanzionatorio di cui ci si sta occupando.
      La prima è quella di una verifica delle tabelle previste dall'articolo 14 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, per accertare se le stesse risultino valide e attuali.
      La seconda riguarda la concreta previsione delle risorse necessarie per rendere forte e completo il sistema organizzativo di intervento sulle dipendenze in modo che sia realmente capace di offrire occasioni di riabilitazione e di inclusione sociali. È evidente che se si riduce la risposta repressiva e si rilancia quella di riabilitazione e di recupero sociali, la validità di una tale scelta si giuoca sulla efficienza del sistema organizzativo ed operativo di tale seconda risposta.
      A questo riguardo:

          a) dovranno essere concentrate tutte le risorse presso la regione, quale ente responsabile del Servizio sanitario nazionale in ciascun territorio: anche quelle attualmente assegnate ad organi centrali dovranno, pertanto, essere distribuite regionalmente;

          b) i servizi locali sulle dipendenze dovranno essere dimensionati sui reali bisogni dei singoli territori e articolati in gruppi operativi multiprofessionali, in conformità delle migliori esperienze attuate;

          c) sia in attuazione della previsione dell'articolo 96, comma 3, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, sia con riferimento alle previsioni della legge delega n. 230 del 1999 (confermate dalle sperimentazioni di alcune regioni, come la Toscana), i servizi per le tossicodipendenze dovranno essere organizzati allo stesso livello anche negli istituti di pena: nonostante la riduzione della risposta penale in termini carcerari, sarà sovente dal carcere che si dovranno fare ripartire i percorsi riabilitativi. In questo specifico settore, si è prevista l'equiparazione degli stranieri ai cittadini per l'accesso ai servizi.

Modifiche normative proposte, secondo i criteri che precedono.

A) Le modifiche del sistema sanzionatorio.

      È utile un accenno più specifico alle singole modifiche proposte.
      Per l'articolo 43 non occorre aggiungere altro a quanto già indicato.
      Con le modifiche dell'articolo 73 si agisce su più piani, come accennato in precedenza.
      È modificata la previsione normativa del delitto di cui all'articolo 73, attualmente distinto in una serie interminabile di fattispecie corrispondenti, che vengono ridotte ad una sola, che si ritiene si rinvenga costantemente in ognuna delle fattispecie precedenti. Nel contempo si esplicita che non è punibile né l'uso delle sostanze, né la detenzione per l'uso e si richiede, pertanto, che la detenzione punibile è quella posta in essere al fine di cedere la sostanza a terzi per ricavarne un profitto. Questo resta vero anche se si è intervenuti sugli aumenti di pena conseguenti alla applicazione delle aggravanti.
      Le modifiche intervenute nei vari commi contengono una generale revisione delle pene, con una sensibile riduzione delle stesse. Ciò nonostante resta elevata la pena massima prevista nel comma 1, anche per il possibile apporto delle numerose circostanze aggravanti previste sia dall'articolo 80, che dallo stesso articolo 73. Così che non vi è alcun dubbio che vi è spazio alla applicazione di sanzioni molto severe quando il caso presenti una particolare gravità.
      Si è applicata, invece, una linea sanzionatoria specifica e attenuata per i tossicodipendenti, che si rendono autori dei reati previsti dalla norma. Tre gli interventi:

          1) le sanzioni applicate ai tossicodipendenti sono quelle previste per le ipotesi di reato di lieve entità;

          2) si è aperta la possibilità alla valutazione di irrilevanza del fatto, nei casi di lieve entità, nei quali la applicazione

 

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della pena può intralciare lo sviluppo di interventi riabilitativi;

          3) infine, si è introdotto (riferendoci, come per la irrilevanza del fatto, ad istituti previsti dalla procedura penale minorile) l'istituto della messa alla prova, finalizzato allo svolgimento di un programma riabilitativo dalla tossicodipendenza.

      Sono previsti due articoli aggiuntivi specifici: il 73-bis sul traffico di sostanze stupefacenti e il 73-ter su un'attenuante speciale.
      La modifica dell'articolo 74 è volta ad evitare l'inflazione verificatasi nella applicazione della norma, per la quale è spesso decisiva, in presenza della genericità della previsione normativa, la scelta iniziale della contestazione da parte del pubblico ministero richiedente. Si sono, quindi, introdotti elementi di specificazione della fattispecie punibile, cercando di farla corrispondere alla figura vera e propria del narcotraffico.
      Si sono previsti anche interventi specifici su altre norme.
      La prima è quella dell'articolo 75 che prevede la sospensione del processo e la messa alla prova.
      La seconda è quella dell'articolo 79, per il quale si sopprime la seconda ipotesi (cioè, il consenso ad adibire), inevitabile fonte di gravi difficoltà di accertamento e sovente condizionata da situazioni di intimidazione o di occasionali emergenze, che ne ridimensionano gravità e significato.
      Nel quadro del generale ridimensionamento delle pene previste attualmente, si opera, inoltre, una diminuzione di quelle di cui alla norma in questione.
      La terza è quella dell'articolo 83. Si intende sottolineare che, se il medico rilascia prescrizioni relative a sostanze stupefacenti o psicotrope ad un tossicodipendente con giustificazioni terapeutiche (esistenti nella letteratura clinica in materia), la terapeuticità delle stesse non può essere negata.
      La quarta è quella dell'articolo 86. Uniformemente alle indicazioni della Corte costituzionale (sentenza n. 58 del 1995), si evidenzia la natura di misura di sicurezza della espulsione dello straniero e la esigenza che la esecuzione della stessa sia sottoposta all'accertamento della pericolosità sociale del condannato. Nel contempo si prevede che, in caso di revoca di tale misura, non possano essere operati interventi di carattere amministrativo, contrastanti con una pronuncia giudiziaria, emessa a seguito di regolare procedura giurisdizionalizzata. Si sopprime poi quella parte della norma che prevede il provvedimento amministrativo del prefetto, emesso con una ingiustificata anticipazione dell'esito del procedimento penale.

B) Le modifiche nel sistema della esecuzione della pena.

      La modificazione degli articoli 90 e seguenti si muove su due piani.
      Il primo riguarda la revisione del sistema delle due misure, previste dagli articoli 90 e 94, della quasi totale prevalenza della seconda e del modestissimo ricorso alla prima. La ammissione a questa è stata disposta solo in rari casi dai tribunali di sorveglianza, anche in ragione della mancanza di un regime esecutivo, che individuasse organi responsabili di controllo e di sostegno.
      Si è ritenuto, allora, di distinguere la portata delle due norme, sviluppando una differenza già esistente fra le stesse, riservando l'articolo 90 a coloro che hanno già concluso positivamente un programma terapeutico e socio-riabilitativo e l'articolo 94 a coloro che hanno in corso o intendono sottoporsi a un tale programma. Si è operata anche una revisione delle norme processuali.
      Il secondo piano di intervento riguarda un aspetto su cui si è concentrata l'attenzione anche durante le conferenze nazionali sugli stupefacenti: la situazione di coloro che, sovente per il concorso di pene inflitte con più sentenze, devono espiare pene superiori ai limiti di ammissibilità alle misure alternative.

 

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      Il ridimensionamento delle pene applicabili nella materia in esame dovrebbe evitare, in avvenire, le situazioni attuali di eccessivo carico delle pene complessive da eseguire e la conseguente difficoltà di accesso degli stessi alle misure alternative alla detenzione. Ciò non toglie che situazioni di pena eccedente la ammissibilità alle misure potranno egualmente presentarsi: sia per chi è già condannato con il regime precedente delle pene; sia per chi, comunque, pur con il nuovo sistema sanzionatorio, per la molteplicità dei fatti e il frazionamento dei processi, che caratterizzano la «carriera penale» dei tossicodipendenti, si troverà dinanzi alla espiazione di pene concorrenti molto elevate, oltre i limiti di ammissibilità alle misure alternative. Si deve cercare di risolvere tale problema.
      Uno strumento che viene usato è la grazia parziale, che riduce le pene nei limiti in cui è consentita la ammissione alle misure alternative. Lo strumento della grazia ha però, per il suo carattere discrezionale e, ovviamente, «grazioso», e per la appartenenza ad un organo quale il Presidente della Repubblica, una utilizzabilità quantomeno incerta.
      Si è pensato, per la parte di pena che supera il limite di ammissibilità alla misura alternativa, ad una esecuzione specifica con una misura avente particolari caratteristiche: quella, in particolare, di avere carattere riparativo della aggressione al sistema normativo, posta in essere dalla commissione del reato o dei reati. Si parla del cosiddetto «programma di reintegrazione sociale», che consiste nello svolgimento di lavoro non retribuito di pubblica utilità.
      La norma messa a punto qui di seguito chiarisce che il programma di reintegrazione sociale deve essere attuato nel quadro della realizzazione di un programma terapeutico riabilitativo, adeguatamente strutturato con un inserimento in una comunità che lo attui: in tal modo accanto al programma di reintegrazione sociale si attuerebbe, comunque, quello volto al superamento della tossicodipendenza, che resta il problema centrale della esperienza del soggetto.
      Si è anche ritenuto che le ragioni di introduzione di questa norma valgano anche nel caso di cui all'articolo 90, così come modificato. In tale caso, però, la misura consisterà nella sola applicazione del programma di reintegrazione sociale, pur sempre sviluppato con l'inserimento presso una comunità.
      Riportata, attraverso la esecuzione di tale misura, la pena nei limiti di ammissibilità alle misure alternative già previste, può subentrare la applicazione di queste. Si possono avere riserve su un'eccessiva vanificazione della pena, che si realizza per tale via, ma si deve tenere presente che una previsione del genere dovrebbe essere limitata agli specifici casi di persone che, nel periodo della tossicodipendenza «attiva», hanno collezionato processi e condanne, attingendo a pene complessive che sono, nella sostanza, sproporzionate al danno sociale che hanno prodotto; soggetti che, ovviamente, abbiano dimostrato e dimostrino la loro volontà di affrancarsi dalla dipendenza.
      Nel rivedere il regime degli interventi alternativi alla detenzione per i tossicodipendenti e alcooldipendenti, si è cercato di tenere presenti alcune situazioni di particolare disagio, fra le quali quella degli stranieri, per prevederne, comunque, la presa in carico da parte dei servizi pubblici.
      Infine si è abrogata la previsione del comma 6 dell'articolo 96 in quanto interferisce negativamente sulla presa in carico dei soggetti interessati da parte dei servizi per le tossicodipendenze competenti. La copertura finanziaria, attualmente prevista per la amministrazione penitenziaria, passa ai servizi per le tossicodipendente predetti.
      L'articolo 91 è sostituito.
      L'articolo 92 è sostituito.
      L'articolo 93 è abrogato.
      L'articolo 94 è modificato.
      Dopo l'articolo 94 è introdotto l'articolo 94-bis.
      All'articolo 96, il comma 6 è abrogato.
 

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      Dopo l'articolo 113 è introdotto l'articolo 113-bis sulle misure di riduzione del danno.
      L'articolo 127 sulle risorse per gli interventi in materia di dipendenze da sostanze stupefacenti o psicotrope è modificato.
      L'ultimo articolo della proposta di legge modifica l'articolo 47 della legge n. 354 del 1975 in materia degli effetti dell'esito positivo del periodo di prova di affidamento dei condannati ai servizi sociali.

      Come annunciato nella premessa si riproduce il testo del documento «Contro la nuova crociata punitiva sulle droghe» che vede come promotori: Stefano Anastasia (presidente associazione Antigone), Clara Baldassarre (Dipartimento dipendenze ASL Napoli 1), Roberta Balestra (Dipartimento dipendenze Trieste), Franca Ongaro Basaglia (presidente Fondazione Basaglia), Beatrice Bassini (SERT ASL Bologna nord), Tom Benettollo (presidente ARCI nazionale), Giuseppe Bortone (responsabile per le tossicodipendenze CGIL), Giovanni Cannella (corte d'appello Roma), Giuseppe Cascini (procura della Repubblica di Roma), Daniela Cerri (Parsec), Luigi Ciotti (presidente Gruppo Abele), Claudio Cippitelli (Parsec), Maria Grazia Cogliati (Distretto sanitario ASL 1 Trieste), Franco Corleone (presidente Forum droghe), Paolo Crocchiolo (Forum droghe), Sergio Cusani (associazione Liberi), Gianni De Giuli (MDMA Bologna), Cecilia D'Elia (consigliere provinciale Roma), Giuseppe Dell'Acqua (Dipartimento salute mentale Trieste), Giovanni Diotallevi (giudice Corte di cassazione), Dario Fo (premio Nobel), Jacopo Fo (scrittore), Andrea Gallo (presidente Comunità S. Benedetto al Porto), Maria Grazia Giannichedda (università di Sassari), Leopoldo Grosso (Gruppo Abele), Paolo Jarre (Dipartimento dipendenze ASL 5 Piemonte), Paolo Lamarca (Lilacedius), Betty Leone (segretaria SPI), Gad Lerner (giornalista), Franco Maisto (Procura generale di Milano), Filippo Manassero (presidente LILA nazionale), Luigi Manconi (presidente associazione A Buon Diritto), Alessandro Margara (presidente Fondazione Michelucci), Toni Muzi Falconi (Methodos), Mauro Palma (Comitato europeo per prevenzione tortura), Ignazio Juan Patrone (magistrato addetto alla Corte costituzionale), Livio Pepino (presidente Magistratura Democratica), Morena Piccinini (segretaria CGIL nazionale), Anna Pizzo (giornalista), Aldo Policastro (procura della Repubblica di Napoli), Edo Polidori (SERT Faenza), Franca Rame (attrice), Susanna Ronconi (Rete «La libertà è terapeutica»), Achille Saletti (presidente associazione Saman), Ersilia Salvato (presidente Centro Riforma Stato), Rita Sanlorenzo (tribunale di Torino), Nunzio Santalucia (SERT di Pisa), Fabio Scaltritti (Comunità S. Benedetto al Porto), Sergio Segio (associazione Società Informazione), Carlo Sorgi (tribunale di Forlì), Chicco Testa (Senlis Council), Stefano Vecchio (Dipartimento dipendenze ASL 1 Napoli), Grazia Zuffa (Fuoriluogo).

      «Il vicepremier Fini, parlando dal summit ONU sulla droga di Vienna, ha di recente esposto l'intenzione del governo di rivedere la legge antidroga del '90, reintroducendo alcune norme abolite dal pronunciamento popolare 1993.
      Fallito il tentativo attuato nel 2002 attraverso la modifica del decreto n. 444 del 1990 - contro cui le Regioni hanno vinto un ricorso - il governo si accinge ora a varare una vera e propria controriforma, che ruoterà attorno alla annunciata riproposizione della dose media giornaliera (ribattezzata "dose massima consentita") e l'inasprimento del trattamento penale per le droghe leggere, in nome della loro "equiparazione" alle droghe pesanti. La revisione della normativa penale è l'ultimo atto di una campagna ideologica del "pugno duro" contro le droghe e i consumatori, caratterizzata dall'attacco alla riduzione del danno e ad un sistema dei servizi con offerte terapeutiche differenziate, attacco già concretizzatosi nel citato decreto 444.
      La svolta punitiva del governo è particolarmente grave:

          in primo luogo perché ignora i danni delle norme che si vorrebbero reintrodurre,

 

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già sperimentati prima del referendum. Ricordiamo che la dose media giornaliera (quale discrimine quantitativo "rigido" per distinguere il consumo dallo spaccio) suscitò perplessità già durante la discussione parlamentare nel decennio scorso. È chiaro che una determinazione quantitativa unica per tutti i consumatori non può non essere arbitraria, e perciò iniqua. Il suo effetto criminogeno è evidente, stante le dinamiche del mercato illegale, che spesso portano i consumatori ad approvvigionarsi di quantità di droga ben superiori a quelle dell'immediato consumo individuale. Del resto, la stessa compagine che aveva varato la legge del '90 fu costretta a intervenire d'urgenza pochi mesi dopo per alleggerire l'impatto repressivo della legge, dopo che diversi consumatori (anche di droghe leggere) si erano uccisi in carcere dove erano detenuti con l'accusa di spaccio: non erano spacciatori, semplicemente erano stati trovati in possesso di quantità superiore alla dose media giornaliera;

          in secondo luogo, a una maggiore penalizzazione del consumo si accompagna, come più volte affermato da esponenti governativi, il dilatarsi del sistema penitenziario e la sua egemonia su quello terapeutico e preventivo: ci saranno più carceri (magari privatizzate, come dimostra il progetto di "appaltare" la casa lavoro di Castelfranco Emilia alla comunità di san Patrignano) e le alternative alla detenzione saranno vincolate a forme di "cura" coatta da svolgersi all'interno di un sistema di comunità terapeutiche che - oltre a convogliare su di sé ingenti risorse pubbliche sottratte ad altri e diversificati interventi - saranno il veicolo, disciplinare ben più che terapeutico, della diffusione capillare e amplificata dell'ombra lunga della dimensione carceraria e penale sul fenomeno sociale del consumo di droghe. Corollario drammatico di questa impostazione, il rilancio governativo del trattamento sanitario obbligatorio anche per i tossicodipendenti; per giunta, non solo sui consumi davvero problematici, ma anche su quelli occasionali e ricreativi di tanti giovani, destinati ad essere criminalizzati e patologizzati.
      Non solo, ma i duri attacchi dei mesi scorsi portati alle politiche dei servizi pubblici, l'enfatizzazione ideologica degli interventi drug free indipendentemente dalle preferenze e scelte espresse dagli utenti e viceversa la demonizzazione di altri trattamenti, a cominciare da quelli farmacologici e dagli interventi di riduzione del danno, nonostante l'evidenza della loro efficacia: tutto questo disegna un orizzonte preoccupante, autoritario e moralistico, di negazione della libertà e pluralità terapeutica, basata sul rispetto dei diritti del cittadino consumatore e sull'evidenza scientifica dei trattamenti;

          in terzo luogo, questa scelta appare insensata non fosse altro perché in aperto contrasto con le tendenze che la gran parte dei paesi europei hanno seguito dagli inizi del '90 ad oggi. Questi paesi hanno infatti scelto, in forme diverse, di spostare il centro delle politiche di controllo delle droghe dal penale al sociale, in particolare investendo sulla riduzione del danno (sia generalizzando le pratiche più consolidate, sia sperimentandone di nuove). Così, mentre Fini annunciava la svolta repressiva, nelle stesse ore, al summit di Vienna, i rappresentanti dei governi di Regno Unito, Francia, Germania, Portogallo, Belgio, Olanda, Irlanda, Svizzera hanno menzionato la riduzione del danno come uno dei pilastri della loro politica antidroga.
      Quanto alle riforme legislative, nella gran parte dei paesi europei queste vanno in direzione della depenalizzazione del consumo personale e della distinzione fra droghe leggere e pesanti: si pensi al Regno Unito che ha di recente "declassificato" la canapa (spostandola cioè in una tabella con sostanze a minor rischio farmacologico) in ossequio ai suggerimenti del proprio consiglio scientifico consultivo sulle droghe; alla Svizzera che sta per varare un'analoga riforma; mentre il rapporto Malliori, approvato nel febbraio dal Parlamento europeo, oltre a raccomandare all'Unione europea il rafforzamento dei servizi a bassa soglia, chiede esplicitamente di riclassificare le droghe, riconoscendo

 

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la minore pericolosità della canapa. Inoltre, il governo vorrebbe operare una scelta in aperto disprezzo delle indicazioni emerse in ben tre Conferenze governative sulle droghe: da quella di Palermo del '93, che aveva sancito l'introduzione della riduzione del danno; a quella di Napoli del 1997, che aveva proposto di procedere ulteriormente sulla via della depenalizzazione del consumo; a quella di Genova del 2000, che aveva riconfermato questi indirizzi, in più suggerendo, per bocca dell'allora ministro Umberto Veronesi, la via di una maggiore tolleranza della canapa, in nome delle evidenze scientifiche;

          infine, non si può sottovalutare e sottacere il tremendo effetto che un ritorno indietro legislativo ante-1993 produrrà inevitabilmente sulle carceri. Vale a dire: un ulteriore sovraffollamento in una situazione già oggi intollerabile ed esplosiva, con il drammatico corollario di suicidi e atti di autolesionismo; un aggravio della situazione della sanità penitenziaria, già ora in uno stato gravissimo di abbandono, a causa del suo mancato passaggio al sistema sanitario nazionale e dei pesantissimi tagli di bilancio operati nelle ultime leggi finanziarie; una ulteriore difficoltà nell'accesso al circuito delle misure alternative, già da tempo rallentato, quando non inceppato, a causa delle carenze di organici relativamente a psicologi, educatori, assistenti sociali, magistrati di sorveglianza e personale penitenziario.

      Contro questa controriforma autoritaria e priva di ogni serio fondamento di evidenza ed esperienza, è importante ricordare che dal referendum del 1993 a oggi, la diversificazione dei servizi, la crescita professionale e la maturazione degli operatori (sia del pubblico che del privato sociale), l'adeguamento delle stesse comunità ai mutati bisogni degli utenti, la sperimentazione di iniziative di prevenzione mirata, le pratiche di riduzione del danno e l'implementazione di nuove strategie più articolate hanno permesso di raggiungere alcuni obiettivi fondamentali:

          l'emersione del sommerso e il nuovo coinvolgimento di persone non raggiunte o abbandonate dai servizi;

          la diminuzione significativa del numero delle overdose;

          la forte diminuzione della trasmissione delle patologie correlate tra gli assuntori di sostanze per via endovenosa (significativo il calo dei pazienti sieropositivi e in controtendenza rispetto al resto della popolazione);

          l'aumento del numero delle persone trattate dai servizi pubblici e seguite dagli operatori con interventi personalizzati;

          maggiore collaborazione tra servizi pubblici e privati con la realizzazione di strategie condivise e il rilancio della centralità del territorio e delle sue reti;

          una maggiore consapevolezza sui rischi e una più diffusa conoscenza degli effetti delle sostanze soprattutto tra la popolazione giovanile;

          possibilità di riabilitazione alternativa (seppur drammaticamente sottoutilizzata) da parte dei detenuti con dipendenze;

          risposte più adeguate e diversificate ai comportamenti d'abuso (alcool, tabacco, e altro);

          superamento delle barriere tra servizi e persone con una maggiore presenza di operatori sulle strade, nei centri a bassa soglia e nei luoghi di consumo.

      Tutto questo, in moltissimi casi, è stato possibile grazie alla serietà e alla determinazione di migliaia di operatori che nel campo delle dipendenze hanno saputo superare le barriere ideologiche, verificarsi scientificamente e proporre strategie innovative con una attenzione concreta alla modificazione dei consumi e dei bisogni dei consumatori e uno sguardo attento alle innovazioni già in corso di sperimentazione in altri paesi.
      Questo patrimonio di esperienza e di risultati non va disperso e non va sacrificato

 

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sull'altare dell'ideologia di governo e delle lobbies che lo sostengono.
      Certo, esistono poi non pochi nodi problematici che non vanno sottovalutati e con i quali ci stiamo misurando da tempo: il crescente aumento della popolazione carceraria con reati direttamente o indirettamente legati alle sostanze; i tagli drastici ai budget della ASL; la difficoltà di approfondire in tempo reale le conoscenze sulle sostanze circolanti; la necessità di tutela della salute e della qualità della vita sociale dei consumatori attivi, a prescindere dalle loro scelte individuali; l'unificazione del Fondo nazionale lotta alla droga nella legge n. 328 del 2000 con conseguente incapacità di diversi Enti Locali di investire in nuove sperimentazioni; il consolidamento di politiche che tendono più a gestire l'esistente che a promuovere nuove strategie, con la conseguente frustrazione degli operatori e del loro ruolo all'interno dei servizi; un processo di privatizzazione che si presenta rischioso a fronte di criteri di accreditamento che in molte Regioni non garantiscono qualità, controllo, adeguatezza, rispetto dei bisogni e pluralismo dell'offerta.
      Rispetto a questi limiti, sentiamo la forte e inderogabile necessità di fare un punto, anche rilanciando proposte di adeguamento della normativa attuale, nel solco di alcune scelte condivise a livello europeo:

          completa depenalizzazione di tutte le condotte attinenti al consumo individuale, compresa la cessione gratuita e la coltivazione a uso personale; revisione delle sanzioni amministrative più discriminatorie e abbassamento generale delle pene previste nella legge del '90, fra le più alte d'Europa. Questi indirizzi erano peraltro già previsti in uno schema di disegno di legge ("proposta La Greca"), predisposto dal Ministero della giustizia nella scorsa legislatura;

          possibilità di utilizzo medico dei derivati della canapa;

          consolidamento dei budget aziendali pubblici per le dipendenze, con una identificazione che risponda realmente ai bisogni delle persone e dei servizi;

          possibilità di effettuare in tempo reale analisi chimiche su campioni di sostanze circolanti in Italia con il conseguente miglioramento delle pratiche di prevenzione;

          garanzia e facilitazione dell'accesso a terapie farmacologiche e sostitutive, anche attraverso una "normalizzazione" della somministrazione con la collaborazione delle farmacie, dei medici di base, delle strutture private accreditate e sotto il coordinamento dei Ser.T.;

          identificazione di una quota vincolata del Fondo Sociale Nazionale (legge 328) che rimanga riservata ai servizi pubblici e privati per le dipendenze;

          consolidamento e "messa a regime" degli interventi - pubblici e privati - che hanno superato con risultati positivi la fase di sperimentazione, e che possano passare "da progetti a servizi" all'interno della programmazione aziendale ed extra-aziendale;

          favorire la dimissione dalle carceri di tutti i detenuti con problemi legati all'uso delle sostanze, riconoscendo anche i trattamenti alternativi sul territorio, e possibilità di equiparare pienamente il trattamento intramoenia a quello che si effettua all'esterno, dagli strumenti di profilassi e prevenzione ai trattamenti farmacologici, psicologici e sociali negli istituti di pena.

      Queste proposte derivano dall'esperienza e hanno come obiettivo quello di migliorare ulteriormente la qualità dei servizi e delle prestazioni erogate, tutelare la salute della popolazione dipendente e di quella generale, favorire una prevenzione mirata anche ai più giovani, diminuire la sofferenza dei detenuti ed evitare il carcere per migliaia di giovani, sperimentare nuove pratiche con una attenzione rivolta alle politiche di altri paesi, evitare la frustrazione dei tanti operatori impegnati

 

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e consentendo loro una crescita professionale all'interno di servizi all'avanguardia ed efficaci.
      Di fronte alla minaccia di una controriforma che aumenterebbe lo stigma sociale, la colpevolizzazione e la sofferenza ancora oggi imposta da un sistema sociale e legislativo inadeguato, non intendiamo limitarci alla denuncia e alla difesa dello status quo, ma vogliamo proporre un salto di qualità per realizzare nuove politiche di inclusione sociale».
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. All'articolo 43 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, di seguito denominato «testo unico», sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 5-bis, le parole: «, ad esclusione del trattamento domiciliare degli stati di tossicodipendenza da oppiacei,» sono soppresse;

          b) al comma 5-ter, le parole: «, ad esclusione del trattamento domiciliare degli stati di tossicodipendenza da oppiacei» sono soppresse.

Art. 2.

      1. L'articolo 73 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 73. (Vendita di sostanze stupefacenti). - 1. Chiunque senza l'autorizzazione di cui all'articolo 17 detiene sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle I e III previste dall'articolo 14 al fine di cederle a terzi e di ricavarne un profitto è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 2.500 a euro 25.000.
      2. Chiunque, essendo munito dell'autorizzazione di cui all'articolo 17, al fine di trarne profitto cede illecitamente le sostanze o le preparazioni indicate al comma 1 è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 50.000.
      3. Le pene di cui ai commi 1 e 2 si applicano altresì a chiunque al fine di cederle

 

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a terzi e di ricavarne un profitto coltiva, produce o fabbrica sostanze stupefacenti o psicotrope diverse da quelle stabilite nel decreto di autorizzazione.
      4. Se taluno dei fatti previsti dai commi 1, 2 e 3 riguarda sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle II e IV previste dall'articolo 14, si applicano la reclusione da sei mesi a due anni e la multa da euro 1.000 a euro 10.000.
      5. Quando, per i mezzi, per la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, i fatti previsti dal presente articolo sono di lieve entità, si applicano le pene della reclusione da sei mesi a tre anni e della multa da euro 1.000 a euro 10.000, se si tratta di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle I e III previste dall'articolo 14, ovvero le pene della reclusione da tre mesi a un anno e della multa da euro 500 a euro 2.500, se si tratta di sostanze di cui alle tabelle II e IV previste dal citato articolo 14.
      6. Se il responsabile dei fatti di cui ai commi 1 e 4 è tossicodipendente, come certificato da una struttura pubblica in base ad adeguata anamnesi, si applicano, comunque, le pene di cui al comma 5.
      7. Nei casi di cui al comma 6, quando i fatti sono di lieve entità ai sensi del comma 5, se si presume che l'ulteriore svolgimento del procedimento, nonché la successiva esecuzione delle pene detentive previste, pregiudicano lo sviluppo di interventi riabilitativi dalla tossicodipendenza nei confronti dell'interessato, il giudice, sentite le parti, pronuncia sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto».

      2. Dopo l'articolo 73 del testo unico, come da ultimo sostituito dal comma 1 del presente articolo, sono inseriti i seguenti:

      «Art. 73-bis. (Traffico di sostanze stupefacenti) - 1. Quando per i mezzi, per le modalità e le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze i fatti previsti dall'articolo 73 sono di particolare gravità, si applicano le pene della reclusione da tre a dieci anni e della

 

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multa da euro 25.800 a euro 258.200 se si tratta di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle I e III previste dall'articolo 14 ovvero della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 5.160 a euro 51.600 se si tratta di sostanze di cui alle tabelle II e IV previste dal citato articolo 14.

      Art. 73-ter. (Attenuante speciale) - 1. Le pene previste dagli articoli 73 e 73-bis sono diminuite dalla metà a due terzi per chi si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti ivi previsti».

Art. 3.

      1. All'articolo 74 del testo unico sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

      «1. Quando tre o più persone si associano, allo scopo di commettere più delitti previsti dall'articolo 73, in modo stabile e continuativo, organizzando i mezzi e le persone così da costituire il soggetto principale o uno dei soggetti principali del mercato illecito degli stupefacenti in un'area territoriale rilevante, rispondono del delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope. Chi promuove, costituisce, dirige, organizza o finanzia l'associazione è punito, per ciò solo, con la reclusione non inferiore a cinque anni»;

          b) al comma 2 le parole: «con la reclusione non inferiore a dieci anni» sono sostituite dalle seguenti: «con la reclusione non inferiore a tre anni»;

          c) il comma 3 è sostituito dal seguente:

      «3. La pena è aumentata se il numero degli associati è di dieci o più»;

 

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          d) il comma 4 è sostituito dal seguente:

      «4. Se l'associazione è armata, la pena, nei casi indicati dal comma 1, non può essere inferiore a otto anni di reclusione e, nel caso previsto dal comma 2, a cinque anni di reclusione. L'associazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito, purché la detenzione sia finalizzata alla commissione del delitto o per conseguirne, per sé o per altri, il profitto»;

          e) il comma 6 è sostituito dal seguente:

      «6. Se l'associazione è costituita per commettere i fatti descritti dai commi 5 e 6 dell'articolo 73, si applicano il primo e il secondo comma dell'articolo 416 del codice penale».

Art. 4.

      1. L'articolo 75 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 75 ( Sospensione del processo e messa alla prova) - 1. Nei casi di cui al comma 6 dell'articolo 73, se il responsabile ha in corso o intende intraprendere un programma di recupero dalla tossicodipendenza concordato con una azienda sanitaria locale o con uno degli enti previsti dall'articolo 115, il giudice, sentite le parti, può disporre con ordinanza la sospensione del procedimento nei confronti dell'interessato per verificare la positiva risposta al programma riabilitativo indicato. Il processo è sospeso, limitatamente all'interessato, per un periodo di prova di un anno, che può essere prorogato, sentite le parti, di sei mesi. Con l'ordinanza che dispone la sospensione, il giudice:

          a) affida l'interessato al centro di servizio sociale per adulti territorialmente competente;

 

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          b) stabilisce che il programma di recupero deve essere seguito dall'interessato secondo le indicazioni dei responsabili dello stesso programma;

          c) impartisce prescrizioni utili affinché l'interessato mantenga un regime di vita adeguato, al fine di evitare ricadute nella tossicodipendenza e nel reato.

      2. Contro l'ordinanza indicata al comma 1 possono ricorrere per cassazione il pubblico ministero, l'imputato e il suo difensore. L'impugnazione non sospende la esecuzione della ordinanza.
      3. Il centro di servizio sociale per adulti aggiorna periodicamente il giudice sull'andamento della prova sia rispetto all'osservanza delle prescrizioni stabilite, sia sui progressi compiuti nella attuazione del programma terapeutico, trasmettendo, per quanto concerne i progressi, le comunicazioni dei responsabili del programma.
      4. La sospensione è revocata in caso di ripetute e gravi trasgressioni del programma terapeutico e delle prescrizioni imposte.
      5. Decorso il periodo di sospensione, il giudice fissa una nuova udienza nella quale dichiara con sentenza estinto il reato se, tenuto conto del comportamento dell'imputato e del suo percorso di recupero dalla tossicodipendenza, ritiene che la prova abbia dato esito positivo. In caso contrario, riprende il corso del procedimento».

Art. 5.

      1. All'articolo 79 del testo unico sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, le parole: «o consente che sia adibito» sono soppresse e le parole da: «con la reclusione» sino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «con la reclusione da uno a otto anni e con la multa da euro 1.000 a euro 10.000 se l'uso riguarda le sostanze comprese nelle tabelle I e III previste dall'articolo 14, o con la reclusione da otto mesi a tre anni e con la multa da euro 500 a euro 2.500 se l'uso

 

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riguarda le sostanze comprese nelle tabelle II e IV previste dal citato articolo 14»;

          b) al comma 2, le parole: «o consente che altri lo adibisca» sono soppresse;

          c) al comma 3, le parole: «dalla metà a due terzi» sono soppresse.

Art. 6.

      1. All'articolo 80 del testo unico, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, alinea, le parole: «per i delitti di cui all'articolo 73» sono sostituite dalle seguenti: «per i delitti di cui agli articoli 73 e 73-bis» e le parole: «da un terzo alla metà» sono soppresse;

          b) il comma 2 è sostituito dal seguente:

      «2. Se il fatto riguarda quantità ingenti di sostanze stupefacenti o psicotrope, la pena è aumentata di un terzo; la pena è aumentata della metà quando i fatti previsti dai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 73 e dall'articolo 73-bis riguardano quantità ingenti di sostanze stupefacenti o psicotrope e ricorre l'aggravante di cui alla lettera e) del comma 1 del presente articolo. Le quantità delle sostanze si considerano ingenti quando la introduzione delle stesse nel mercato illecito ne altera gli equilibri in atto».

Art. 7.

      1. All'articolo 83 del testo unico è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «1-bis. Ai fini di cui al presente articolo l'uso è considerato terapeutico anche quando è volto ad intervenire sulla tossicodipendenza».

      2. Al comma 1 dell'articolo 85 del testo unico, dopo le parole: «agli articoli 73,» sono inserite le seguenti: «73-bis,».

 

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Art. 8.

      1. L'articolo 86 del testo unico è sostituito dal seguente:

      «Art. 86. (Misura di sicurezza della espulsione dello straniero dallo Stato). - 1. Lo straniero condannato per uno dei delitti previsti dal presente testo unico, a pena espiata, è espulso dallo Stato, se risulta socialmente pericoloso.
      2. La revoca della misura di sicurezza, disposta dal magistrato di sorveglianza in sede di accertamento della pericolosità sociale ai sensi dell'articolo 679 del codice di procedura penale, esclude o fa cessare gli effetti di altro provvedimento di espulsione di una autorità amministrativa».

Art. 9.

      1. L'articolo 90 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 90. (Affidamento in prova al servizio sociale nei confronti di persona condannata per delitti commessi in relazione al proprio stato di tossicodipendenza). - 1. L'affidamento in prova al servizio sociale previsto dall'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, può essere disposto nei confronti di persona che deve scontare una pena detentiva non superiore a quattro anni, anche quale parte residua di maggior pena, per reati commessi in relazione al proprio stato di tossicodipendenza qualora risulti che il condannato ha concluso positivamente un programma terapeutico e socioriabilitativo.
      2. Oltre alle prescrizioni previste dall'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, utili al mantenimento o al completamento del percorso di reinserimento sociale, può essere stabilito, compatibilmente con le prescrizioni predette, che, durante tutto o parte del periodo di affidamento in prova, il condannato presti una attività non retribuita

 

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in favore della collettività per finalità sociali o di pubblica utilità».

Art. 10.

      1. L'articolo 91 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 91. (Istanza per affidamento in prova al servizio sociale). - 1. La misura alternativa alla detenzione di cui all'articolo 90 è concessa su istanza del condannato presentata al tribunale di sorveglianza del luogo in cui l'interessato risiede.
      2. Alla istanza di cui al comma 1 è allegata, a pena di inammissibilità, la certificazione rilasciata da un servizio pubblico per le tossicodipendenze attestante il tipo di programma terapeutico e socioriabilitativo eseguito, l'indicazione della struttura, anche privata, ove il programma è stato eseguito, le modalità di realizzazione e l'avvenuto completamento del programma stesso.
      3. Se l'ordine di carcerazione non è stato ancora emesso o eseguito, l'istanza è presentata al pubblico ministero il quale, se non osta il limite di pena di cui al comma 1 dell'articolo 90, sospende l'emissione o l'esecuzione fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, al quale trasmette immediatamente gli atti. Il tribunale decide entro quarantacinque giorni dalla presentazione dell'istanza.
      4. Il disposto del comma 3 si applica anche quando l'istanza è presentata dopo che l'ordine di carcerazione è stato eseguito. In tal caso il pubblico ministero ordina la scarcerazione del condannato se non osta il limite di pena di cui al comma 1 dell'articolo 90».

Art. 11.

      1. L'articolo 92 del testo unico è sostituito dal seguente:

      «Art. 92. (Procedimento innanzi al tribunale di sorveglianza). - 1. Il procedimento si svolge ai sensi dell'articolo 678 del codice di procedura penale. Se non è

 

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possibile effettuare l'avviso al condannato nel domicilio indicato nella istanza e lo stesso non compare all'udienza, il tribunale di sorveglianza dichiara inammissibile l'istanza.
      2. Ai fini della richiesta, il tribunale di sorveglianza può acquisire copia degli atti del procedimento e disporre gli opportuni accertamenti in ordine al programma terapeutico e socio-riabilitativo effettuato.
      3. L'ordinanza che conclude il procedimento è comunicata al pubblico ministero competente per la esecuzione, il quale, se l'istanza non è accolta, emette ordine di esecuzione della pena».

Art. 12.

      1. L'articolo 93 del testo unico è abrogato.

Art. 13.

      1. All'articolo 94 del testo unico, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

      «1-bis. I detenuti stranieri, apolidi o senza fissa dimora fruiscono della assistenza relativa alla condizione di tossicodipendenza a carico del Servizio sanitario nazionale nel cui territorio hanno dimora o nel quale comunque si trovano o nel territorio in cui ha sede l'istituto penitenziario di assegnazione. Tale servizio provvede agli interventi di cui al comma 1 e alla corrispondente presa in carico dei soggetti»;

          b) il comma 5 è abrogato.

Art. 14.

      1. Dopo l'articolo 94 del testo unico, come da ultimo modificato dall'articolo 13 della presente legge, è inserito il seguente:

      «Art. 94-bis (Programma di reintegrazione sociale nell'ambito del programma

 

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terapeutico e riabilitativo). - 1. Se la pena detentiva inflitta, o ancora da scontare quale residuo di maggior pena, è superiore a quella prevista dall'articolo 94 e deve essere eseguita nei confronti di persona tossicodipendente, l'interessato può chiedere in ogni momento di essere ammesso, nel regime di esecuzione di cui al medesimo articolo 94, ad un programma di reintegrazione sociale per lo svolgimento di attività socialmente utili e non retribuite, da realizzare nell'ambito di un programma terapeutico e riabilitativo dalla tossicodipendenza, già in corso o da intraprendere presso una comunità terapeutica gestita dal servizio pubblico o da uno degli enti ausiliari di cui all'articolo 115. Alla domanda deve essere allegata, a pena di inammissibilità, la certificazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica attestante: lo stato di tossicodipendenza, la idoneità del programma terapeutico e riabilitativo attuato dalla stessa, la disponibilità ad effettuarlo da parte del servizio pubblico o dell'ente ausiliario, nonché la disponibilità degli stessi o di altro ente alla attuazione del programma di reintegrazione sociale indicato. Si applica il comma 1-bis del citato articolo 94.
      2. Le spese di attuazione del programma di reintegrazione sociale sono a carico dell'ente che lo attua e che deve provvedere alla copertura assicurativa dell'interessato.
      3. Il tribunale di sorveglianza, se accoglie l'istanza di cui al comma 1, nel provvedimento di affidamento in prova al servizio sociale, definisce le modalità di attuazione della misura e, se il programma di reintegrazione sociale si svolge fuori della comunità in cui si attua il programma terapeutico e riabilitativo, i tempi di svolgimento del primo e le modalità connesse, seguendo le indicazioni dei responsabili dello stesso. Tali modalità possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza competente nel luogo in cui l'interessato permane per il programma terapeutico e riabilitativo.
      4. Gli enti presso cui si svolgono i programmi riferiscono periodicamente al centro di servizio sociale per adulti, nei
 

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tempi concordati con questo, sull'andamento dei programmi stessi. Il centro riferisce al magistrato di sorveglianza.
      5. Se l'interessato abbandona l'uno o l'altro programma di cui al comma 1 o entrambi o pone in essere violazioni rilevanti degli stessi, il magistrato di sorveglianza provvede ai sensi dell'articolo 51-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. Si applica, altresì, l'articolo 51-bis della citata legge n. 354 del 1975, e successive modificazioni.
      6. Si applica, per quanto non diversamente disposto dal presente articolo, la disciplina prevista dall'articolo 94.
      7. Quando la entità della pena residua, in relazione alla avvenuta esecuzione della misura prevista dal presente articolo, rientra nei limiti di cui all'articolo 94, l'interessato può avanzare istanza per la applicazione di tale norma.
      8. Le disposizioni di cui al presente articolo valgono anche nel caso di cui all'articolo 90 limitatamente alla applicazione del programma di reintegrazione sociale, realizzato, comunque, attraverso l'inserimento in una comunità. Si applica la disposizione di cui al comma 7».

Art. 15.

      1. Il comma 6 dell'articolo 96 del testo unico è abrogato.

Art. 16.

      1. Dopo l'articolo 113 del testo unico è inserito il seguente:

      «Art. 113-bis. (Interventi di riduzione dei danni). - 1. Nel predisporre ed attuare i programmi farmacologici, i servizi pubblici utilizzano le sostanze, anche se inserite nelle tabelle previste dall'articolo 14, che rispondono alle indicazioni cliniche nazionali e internazionali stabilite in materia.
      2. I servizi pubblici attuano interventi di riduzione del danno derivanti dal

 

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l'abuso di sostanze stupefacenti, con interventi multiprofessionali affiancati da trattamenti farmacologici a lungo termine o a mantenimento secondo la valutazione clinica del caso.
      3. Sono altresì attuati interventi di riduzione dei danni derivanti dall'abuso di sostanze e in particolare: la offerta gratuita di analisi delle sostanze per i consumatori, anche se non utenti del singolo servizio; la predisposizione di luoghi igienicamente idonei presso i quali è possibile l'assunzione di sostanze; la distribuzione gratuita di siringhe e di profilattici.
      4. Agli interventi di cui ai commi 2 e 3 possono partecipare i soggetti di cui all'articolo 114 e seguenti».

Art. 17.

      1. L'articolo 127 del testo unico, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 127. (Risorse finanziarie per gli interventi in materia di dipendenze da sostanze stupefacenti o psicotrope). - 1. Le risorse destinate al finanziamento per la lotta alla droga e per gli interventi sulle tossicodipendenze e alcooldipendenze sono ripartite tra le regioni, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, tenuto conto, per ciascuna regione, del numero degli abitanti e della diffusione delle tossicodipendeze e delle alcooldipendenze, sulla base dei dati raccolti dall'Osservatorio permanente, ai sensi dell'articolo 1, comma 7. Tali risorse devono essere destinate al sistema dei servizi previsti dagli articoli 113 e seguenti.
      2. Le province, i comuni e i loro consorzi, le comunità montane, le aziende sanitarie locali, gli enti di cui agli articoli 115 e 116, le organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, le cooperative sociali di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381, e loro consorzi, possono presentare alle regioni progetti finalizzati alla prevenzione e al recupero dalle tossicodipendenze e dall'alcooldipendenza

 

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correlata e al reinserimento lavorativo dei tossicodipendenti, da finanziare a valere sulle disponibilità di cui al comma 1, nei limiti delle risorse assegnate a ciascuna regione.
      3. Le regioni, sentiti gli enti locali, ai sensi dell'articolo 5, comma 3, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché le organizzazioni rappresentative degli enti ausiliari, delle organizzazioni del volontariato e delle cooperative sociali che operano sul territorio, stabiliscono le modalità, i criteri e i termini per la presentazione delle domande, nonché la procedura per la erogazione dei finanziamenti, dispongono i controlli sulla destinazione dei finanziamenti assegnati e prevedono strumenti di verifica dell'efficacia degli interventi realizzati, con particolare riferimento ai progetti volti alla riduzione del danno nei quali siano utilizzati i farmaci sostitutivi. Le regioni provvedono altresì ad inviare una relazione al Ministro del lavoro e delle politiche sociali sugli interventi realizzati ai sensi del presente testo unico, anche ai fini previsti dall'articolo 131».

Art. 18.

      1. Il comma 12 dell'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, è sostituito dal seguente:

      «12. L'esito positivo del periodo di prova estingue la pena, compresa la pena pecuniaria, le pene accessorie e ogni altro effetto penale della condanna».


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