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PDL 350

XIV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 350



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

BOLOGNESI, PETRELLA, BATTAGLIA, LUCÀ, GIACCO, DI SERIO D'ANTONA, ZANOTTI, CORDONI, MAGNOLFI, FILIPPESCHI

Disposizioni in materia di riduzione dei danni sanitari derivanti dal fenomeno della prostituzione e per favorire l'integrazione sociale delle persone che esercitano la prostituzione

Presentata il 30 maggio 2001


      

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Onorevoli Colleghi! - Il fenomeno della prostituzione costituisce un difficile terreno di confronto e d'intervento per la molteplicità delle questioni con esso intrecciate. Si finisce così per occuparsene solo nei momenti critici di emersione di talune sue problematiche legate a fenomeni di cronaca o di ordine pubblico. Le difficoltà di indagine di tale fenomeno sono legate particolarmente a tre aspetti: in primo luogo, all'impenetrabilità di un mondo confinato ai margini della società; in secondo luogo, all'ambiguità stessa di una tale tematica sotto il profilo soggettivo; infine, al continuo cambiamento delle forme attraverso le quali si manifesta. Da quest'ultimo punto di vista negli ultimi tempi il fenomeno della prostituzione sembra aver mutato le proprie caratteristiche tanto da divenire spesso appendice di fenomeni molto più complessi, quali sono quelli legati alle nuove forme della criminalità organizzata, alla tratta delle donne e dei minori, ai flussi migratori dai Paesi con minore grado di sviluppo economico, all'espandersi delle malattie infettive come l'HIV o quelle a trasmissione sociale, alle condizioni di vita delle grandi metropoli.
      Il fenomeno della prostituzione si presenta quindi in modo multiforme e può
 

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essere analizzato da molteplici punti di vista a seconda che si abbia riguardo ai profili di ordine pubblico o della liceità dell'esercizio, ovvero etico-morali piuttosto che socio-sanitari. Cominciano ad esserci tuttavia prese di posizione importanti in diverse sedi anche autorevoli che servono ad indagare il fenomeno in una luce diversa. È il caso della Conferenza di Vienna del giugno 1996 sulla tratta delle donne organizzata dalla Commissione europea e dal governo austriaco o delle risoluzioni del Parlamento europeo del 1996 e del 1997, e, per finire, della sessione dell'ONU dedicata alla condizione femminile.
      La XII Commissione affari sociali della Camera dei deputati il 19 maggio 1998, nel corso della XIII legislatura, ha deliberato un'indagine conoscitiva sugli aspetti sociali e sanitari della prostituzione, allo scopo di valutare e confrontare le iniziative che a livello locale offrono una risposta al fenomeno non esclusivamente sul piano dell'ordine pubblico e verificare la possibilità di estendere tali esperienze all'intero territorio nazionale, alla luce delle modificazioni intervenute nella legislazione.
      Il testo unico delle leggi sull'immigrazione, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, all'articolo 18, prevede, infatti, la concessione di permessi di soggiorno per motivi di protezione sociale e richiede la necessaria individuazione degli strumenti di promozione dei programmi di riabilitazione sociale al fine di garantire l'efficacia delle disposizioni adottate.
      Il programma dell'indagine conoscitiva, ampio ed articolato, si è svolto attraverso l'audizione dei rappresentanti del Governo, di quelli delle regioni e degli enti locali, delle associazioni di tutela dei diritti delle prostitute, delle organizzazioni di volontariato e di operatori sociali e dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali. È emerso un quadro molto significativo del fenomeno che male si presta a semplificazioni e prospetta la necessità di continuare a sottoporre il fenomeno ad un attento monitoraggio verificando l'efficacia dei nuovi strumenti legislativi.

1. La prostituzione: le caratteristiche attuali.

      La prostituzione non si presta ad un'analisi unitaria. Una considerazione preliminare è tuttavia necessaria: il fenomeno del mercato commerciale del sesso è in crescita in Italia, in Europa e nel mondo. In Italia, secondo i dati forniti dal Ministro per le pari opportunità alla fine degli anni novanta, le persone coinvolte oscillano dalle 50 mila alle 70 mila, di cui circa 20 mila migranti, mentre i dati forniti dall'Istituto nazionale di statistica relativi al numero dei delitti e delle persone denunciate per istigazione, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione indicano che tali reati sono triplicati dal 1990 al 1994. Altri studi, elaborati dal PARSEC, stimano, invece, che la prostituzione in Italia riguardi tra le 15 mila e le 22 mila persone. I soggetti, le modalità e i luoghi di esercizio, nonché le motivazioni sottostanti alla scelta stessa di prostituirsi, richiedono di distinguere, non senza approssimazioni, i segmenti nei quali il fenomeno può essere suddiviso, in modo tale da interpretarne le caratteristiche ed individuare le risposte adeguate sul piano politico, normativo e sociale.
      Gli elementi raccolti dalla Commissione suggeriscono di tenere distinte la prostituzione esercitata dalle donne trafficate a fini di sfruttamento sessuale, la prostituzione autogestita e la prostituzione maschile, segmenti rispetto ai quali si pongono in maniera trasversale le questioni che caratterizzano la prostituzione da strada.

1.1. La tratta di donne a fini di sfruttamento sessuale.

      La prostituzione esercitata dalle donne trafficate a fini di sfruttamento sessuale rappresenta il segmento più problematico e complesso. La tratta di donne a fini di sfruttamento rappresenta il terzo business della mafia a livello mondiale dopo la droga e il traffico di armi. Secondo i dati che emergono da una ricerca del PARSEC, le donne presenti in Italia a fini di sfruttamento

 

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sessuale sono comprese tra le 1.453 e le 2.216 unità.

1.2. La prostituzione autogestita.

      La prostituzione autogestita rappresenta un segmento numericamente non quantificabile, poiché le modalità di esercizio la rendono socialmente poco visibile anche perché rispettosa delle forme della convivenza civile. Si caratterizza per una gestione libera del mercato, rispetto ai clienti, alla prevenzione sanitaria e alla sicurezza da forme di aggressione.

1.3. La prostituzione maschile.

      È un fenomeno relativamente recente, che può farsi risalire a più di quindici anni, ed ha per protagonisti giovani maschi italiani o stranieri. Si tratta, molto spesso, di prostituzione transessuale: quella rivolta alle donne è, infatti, un fenomeno ancora più recente e, comunque, statisticamente irrilevante. Presenta modalità differenziate di esercizio, dal motel alla strada, dagli appartamenti alle visite a domicilio. Le modalità di approccio sono limitate a particolari zone cittadine, conosciute dai clienti, ovvero a riviste specializzate o a contatti telefonici. Non si registrano fenomeni di coercizione o di sfruttamento da parte dei gruppi organizzati.

1.4. La prostituzione da strada.

      La prostituzione da strada interessa un numero di persone comprese tra le 18.800 e le 25 mila, maggiormente concentrate al nord del Paese. In termini assoluti, le regioni più interessate sono il Lazio e la Lombardia, seguite dalla Campania, l'Emilia-Romagna, il Piemonte, il Veneto e l'Abruzzo. All'interno di tali regioni, il maggior numero di presenze si registra nelle città più grandi. Le difficoltà di elaborare stime più precise dipendono, in parte, dalla alta mobilità geografica che caratterizza le ragazze che si prostituiscono, secondo modalità e forme organizzative che variano in relazione alla nazionalità ed ai contesti socio-politici di provenienza delle ragazze stesse.

2. Gli aspetti sociali e sanitari.

      Una stretta correlazione tra prostituzione e aumento delle malattie sessualmente trasmissibili non è ritenuta sussistente. Si ritiene, invece, che la maggiore autonomia delle prostitute si accompagni ad una maggiore attenzione per gli aspetti sanitari, come dimostra la partecipazione delle organizzazioni di prostitute ai progetti europei di prevenzione primaria all'AIDS e, più in generale, alle malattie sessualmente trasmissibili (TAMPEP ed EUROPAP). Più spregiudicato appare, invece, l'atteggiamento dei clienti che mettono in pratica varie strategie per ottenere il loro scopo (denaro, minacce, rifiuto di rispettare i patti).
      È, pertanto, opportuno promuovere campagne di informazione, a scopo preventivo, che si rivolgono principalmente ai clienti. Non sarebbero ritenute efficaci misure volte ad introdurre l'obbligatorietà dei controlli sanitari per le prostitute che, anzi, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, non produrrebbero altro effetto che l'aumento della clandestinità e rischierebbero di creare diffidenza nei confronti dei servizi realizzati dagli enti locali. Questi ultimi rappresentano uno strumento innovativo di intervento che intende, da una parte, porre in essere misure di prevenzione contro le malattie sessualmente trasmissibili e, dall'altra, creare le condizioni per l'uscita dal mercato delle ragazze attraverso l'elaborazione di percorsi finalizzati all'inserimento lavorativo delle stesse.
      L'attività delle unità di strada previste dai progetti realizzati dagli enti locali rappresenta un tassello importante nelle politiche di prevenzione e di tutela della salute. A tale fine è essenziale garantire l'accesso ai servizi sanitari. In questa prospettiva, è opportuno sottolineare il giudizio positivo espresso sulla circolare del Ministro della sanità del 22 aprile 1998, adottata in relazione all'entrata in vigore della legge n. 40 del 1998 e, in particolare,

 

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all'applicazione dell'articolo 33, sull'assistenza sanitaria agli stranieri presenti sul territorio nazionale non in regola con le norme relative all'ingresso e al soggiorno. La circolare chiarisce che l'accesso alle strutture da parte di tali soggetti non può comportare alcun tipo di segnalazione all'autorità di pubblica sicurezza, salvo il caso di obbligatorietà ai sensi della normativa vigente. Nell'ambito di tale assistenza sono garantiti:

          a) la tutela della gravidanza e della maternità a parità di trattamento con le cittadine italiane;

          b) la tutela della salute del minore in esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176;

          c) le vaccinazioni ai sensi della normativa vigente e nell'ambito di interventi di prevenzione collettiva autorizzati dalle regioni;

          d) gli interventi di profilassi internazionali;

          e) la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie infettive ed eventuale bonifica dei relativi focolai.

      Le prestazioni sono erogate senza oneri a carico dei richiedenti qualora privi di risorse economiche, fatte salve le quote di partecipazione alla spesa a parità di condizioni con i cittadini. Gli oneri per le prestazioni erogate a tali soggetti, comprese le quote di partecipazione alla spesa eventualmente non versate, sono a carico della azienda unità sanitaria locale territorialmente competente, che deve provvedere a pagare le prestazioni erogate dalle aziende ospedaliere, qualora non si tratti di prestazioni urgenti o comunque essenziali. Ai fini dell'accertamento delle condizioni di indigenza fa fede, in attesa dell'adozione del regolamento di attuazione, una autodichiarazione. Al finanziamento delle prestazioni di urgenza o comunque essenziali erogate in regime di ricovero provvede il Ministero dell'interno. Le rimanenti prestazioni sono finanziate da parte delle regioni.

3. L'intervento delle istituzioni.

      Lo Stato, le regioni e gli enti locali, con differente intensità e con tempi differenziati, hanno tentato di rispondere alla questione sociale che la prostituzione pone.

3.1. I progetti delle regioni e degli enti locali.

      A decorrere dalla metà degli anni novanta le regioni ed i comuni hanno elaborato progetti mirati sulla prostituzione, ispirati alla logica della riduzione del danno e volti alla creazione delle condizioni per consentire l'uscita dal giro della prostituzione delle donne coinvolte. Accanto a questi interventi se ne sono realizzati altri, strettamente connessi ai problemi di ordine pubblico determinati dalla prostituzione da strada e alle insicurezze sociali legate all'immigrazione, di carattere più precipuamente repressivo, rivolte più ai clienti che alle prostitute. Queste misure comprendono i divieti di fermata nelle vie di scorrimento, la creazione di zone a traffico limitato, l'introduzione di multe a carico dei clienti. Sulla zonizzazione si segnala la posizione favorevole del Comitato per i diritti civili delle prostitute, anche al fine di creare, come nel caso dell'Olanda, drop in center: si tratta di strutture per un breve ristoro, scambi di informazioni, e che si sono rivelate utili anche ai fini della prevenzione. Dalla zonizzazione - che significa sperimentare la chiusura al traffico delle strade più frequentate dalle prostitute per provare a stabilire una convivenza meno conflittuale con gli abitanti delle zone interessate - va tenuta distinta la creazione delle zone deputate, che è, al contrario, valutata negativamente in quanto favorisce lo sfruttamento da parte di chi inevitabilmente controllerà gli affari, anche se con licenza legale. I rappresentanti delle amministrazioni di Bologna, Roma, Venezia e Perugia, insieme agli operatori delle associazioni più impegnate - Caritas, PARSEC, nonchè tutte le associazioni che operano all'interno

 

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del tavolo di coordinamento nazionale sulla prostituzione e sulla tratta - hanno illustrato le modalità di realizzazione dei progetti che si svolgono, in linea di massima, attraverso quattro fasi distinte:

          a) unità di strada fisse o mobili, per raggiungere l'utenza, svolgere attività mirata di informazione, creare le condizioni per la costruzione di un rapporto di fiducia. La difficoltà di accedere ai servizi sanitari da parte delle persone clandestine rappresenta un ostacolo alla efficacia delle azioni promosse dalle unità di strada. In questo contesto si ribadisce il giudizio positivo sulla circolare adottata dal Ministro dalla sanità il 22 aprile 1998, a seguito dell'entrata in vigore della nuova disciplina sull'immigrazione;

          b) organizzazione di luoghi di pronta accoglienza, in alcuni casi definiti case di fuga, per la tutela dai protettori;

          c) predisposizione di case alloggio o famiglie, quali tappe intermedie per la creazione delle condizioni che valgano alla attivazione dei processi di autonomia;

          d) progetti di reinserimento lavorativo, attraverso la formazione o le borse di studio.

      Il percorso di reinserimento lavorativo è accompagnato da un'attività di mediazione sociale e di ricomposizione dei conflitti con i cittadini e dal sostegno legale alle prostitute.
      Linee direttrici di intervento ulteriori devono essere quelle rivolte ai clienti - prevedendo forme di educazione alla sessualità, attraverso la scuola e gli strumenti di informazione - e alla società - realizzando progetti informativi e formativi, rivolti anche agli operatori delle organizzazioni di volontariato, nonché azioni di orientamento all'utilizzo di servizi pubblici e privati.
      Particolarmente forte è l'insistenza sull'unitarietà dell'intervento, il coordinamento tra soggetti diversi - questura, prefettura, enti locali, azienda sanitaria locale, volontariato - e sulla necessità di definire una rete di servizi quali elementi che rafforzano l'efficacia dell'intervento.

3.2. L'articolo 18 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998.

      L'articolo 18 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, introduce il permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale per consentire agli stranieri sfruttati dalle organizzazioni criminali di sottrarsi alla violenza ed ai condizionamenti dell'organizzazione criminale e di partecipare ad un programma di assistenza e di integrazione sociale. Il provvedimento si rivolge a tutti i soggetti sfruttati e non specificamente alle donne che lo sono per fini sessuali.

4. I contenuti della proposta di legge.

      A conclusione dell'indagine conoscitiva, la Commissione ha ritenuto di dover adottare le iniziative necessarie per estendere l'esperienza compiuta da alcune regioni e comuni di affrontare gli aspetti sociali della prostituzione. Si è considerato, in particolare, necessario pervenire rapidamente alla istituzione di un fondo per il finanziamento dei progetti di riduzione del danno, da elaborare sulla base dell'esperienza finora maturata sul campo dalle regioni, dagli enti locali e dalle associazioni del terzo settore, nella convinzione che tali progetti, in particolare attraverso l'azione delle unità di strada, possano promuovere efficacemente azioni di prevenzione sanitaria.
      La presente proposta di legge costituisce l'atto conseguente alle conclusioni di quell'indagine conoscitiva e si propone come uno strumento di confronto ampio sulle tematiche sociali e sanitarie connesse al fenomeno della prostituzione.
      Queste finalità sono richiamate espressamente dall'articolo 1 della proposta di legge, che chiarisce che l'intento perseguito è proprio quello di favorire gli interventi per la promozione ed il sostegno dei progetti sperimentali messi in opera dagli enti locali e dai soggetti del privato sociale, diretti a favorire l'integrazione sociale e la riduzione dei danni sanitari derivanti dal fenomeno della prostituzione.

 

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      L'articolo 2 definisce puntualmente le finalità dei progetti ammissibili ai finanziamenti pubblici e demanda alle regioni il compito di definire le modalità ed i termini per la concessione degli stessi. L'articolo 3 incrementa ulteriormente le dotazioni del Fondo nazionale per le politiche sociali, di cui al comma 44 dell'articolo 59 della legge n. 449 del 1997, per il finanziamento dei progetti di integrazione sociale e di riduzione dei danni sanitari. Si tratta di risorse modeste che potranno successivamente essere incrementate anche a seguito della verifica dei progetti sperimentali; esse costituiscono tuttavia un primo segnale importante di attenzione da parte dello Stato agli sforzi compiuti dagli enti locali e dai soggetti del privato sociale nelle politiche sociali e sanitarie, oltre che di ordine pubblico, connesse al fenomeno della prostituzione.
      L'articolo 4, infine, richiede al Ministro per la solidarietà sociale di monitorare le azioni intraprese a livello locale e di riferire al Parlamento sull'attuazione della legge e sui risultati conseguiti dai progetti finanziati.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art.  1.
(Finalità).

      1. La presente legge disciplina gli interventi per la promozione ed il sostegno dei progetti sperimentali messi in opera dagli enti locali e dai soggetti del privato sociale diretti a favorire l'integrazione sociale delle persone che esercitano la prostituzione e la riduzione dei danni sanitari derivanti dal fenomeno della prostituzione.

Art.  2.
(Progetti di integrazione sociale).

      1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano definiscono le modalità ed i termini per il finanziamento, a valere sulla quota del Fondo di cui all'articolo 3 a ciascuna di esse attribuito dei progetti di cui all'articolo 1.
      2. Sono ammessi al finanziamento i progetti che perseguono le seguenti finalità:

          a) prevenzione e riduzione del danno sanitario connesso al fenomeno della prostituzione;

          b) informazione rivolta alle persone che esercitano la prostituzione ed alla popolazione sui rischi sanitari connessi al fenomeno della prostituzione;

          c) assistenza e integrazione sociale e lavorativa delle persone che esercitano la prostituzione nell'ambito dei programmi di cui all'articolo 18 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286;

 

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          d) formazione professionale degli operatori sociali impegnati nei progetti di cui al presente articolo;

          e) mediazione culturale per la riduzione del conflitto sociale connesso al fenomeno della prostituzione.

      3. Possono presentare i progetti di cui al comma 2 le province, i comuni ed i loro consorzi, le comunità montane, le aziende sanitarie locali, le organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, le cooperative sociali di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n. 381, ed i loro consorzi, le associazioni di promozione sociale di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 383, nonché le organizzazioni non lucrative di utilità sociale.

Art.  3.
(Disposizioni finanziarie).

      1. Per le finalità previste dalla presente legge la dotazione del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 59, comma 44, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, è incrementata di lire 10 miliardi per ciascuno degli anni 2001, 2002 e 2003.
      2. La quota del Fondo di cui al comma 1 destinata al finanziamento dei progetti di cui all'articolo 2 è ripartita con decreto del Ministro per la solidarietà sociale, di intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sulla base di criteri che tengano conto dell'incidenza del fenomeno e delle sue conseguenze sul piano sociale e sanitario.
      3. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2001-2003, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 2001, allo scopo parzialmente utilizzando

 

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l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      4. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art.  4.
(Relazione al Parlamento).

      1. Il Ministro per la solidarietà sociale, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, riferisce al Parlamento, entro il 30 giugno 2003, sullo stato di attuazione della presente legge e sui risultati conseguiti.


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