A) B) C) D) E) F) G) H) I) L)
nel beneventano la protesta dei cittadini del sannio contro la realizzazione di una «discarica regionale» sta assumendo aspetti sempre più allarmanti;
migliaia di persone, utilizzando barriere di cemento, hanno bloccato la linea ferroviaria a binario unico Benevento-Valle Caudina, nonché la strada statale Appia, che collega Benevento con Napoli e Caserta;
i rappresentati dei comitati cittadini si oppongono con forza al piano del commissario all'emergenza rifiuti, Corrado Catenacci, che ha individuato tra la zona Tre Ponti di Montesarchio, Tufara Valle ed Arpaia il sito per la realizzazione della predetta discarica;
i sindaci ed i cittadini sanniti protestano perché nella predetta area doveva essere realizzata una discarica per accogliere solo i rifiuti prodotti dalla provincia di Benevento e non dell'intera regione Campania -:
se il Governo intenda riferire urgentemente sulle iniziative che intende intraprendere per fronteggiare la grave situazione ed il profondo malcontento che sta dilagando tra la popolazione del sannio;
se risponda al vero che il commissario Catenacci intenda avvalersi delle forze dell'ordine per vincere la resistenza dei manifestanti che si oppongono alla costruzione della discarica;
se il Governo intenda mantenere le intese e le rassicurazioni concordate, nella riunione del 28 gennaio 2005, con i rappresentanti istituzionali e politici della zona.
(2-01451)
«Mastella, Antonio Barbieri, Cusumano, De Franciscis, Acquarone, Ostillio, Potenza, Luigi Pepe, Nuvoli, Pisicchio, Iannuccilli, Oricchio, Zanella, Bulgarelli, Cima, Lion, Albertini, Buemi, Brugger, Ceremigna, Collè, Detomas, Di Gioia, Grotto, Intini, Pappaterra, Pistone, Villetti, Widmann, Zeller, Zara».
(7 febbraio 2005)
superando enormi difficoltà e dopo aver richiesto anche l'intervento del Presidente della Repubblica, si era riusciti a far prevedere nella legge finanziaria per il 2004 il rifinanziamento dei lavori di riattazione dei fabbricati danneggiati dal grave sisma del 7 e 11 maggio 1984, inseriti nelle priorità «A» e «B equiparata alla A», nelle regioni Abruzzo, Molise, Lazio e Campania, con un'ulteriore tranche di euro 15.000.000;
negli anni precedenti la gestione dei fondi destinati a questo terremoto, per lo più previsti nelle varie leggi finanziarie, e la conseguente erogazione delle somme ai comuni era stata fatta dal dipartimento della protezione civile puntualmente ogni anno;
poiché notizie di stampa riportavano che il Governo stava per passare la gestione e l'erogazione delle somme alle regioni interessate, nel mese di aprile 2004 era stata presentata l'interpellanza urgente n. 2-01160, chiedendo che, almeno per questo terremoto, la gestione rimanesse nelle mani dello Stato;
all'interpellanza rispondeva il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, senatore Cosimo Ventucci, il quale premetteva che il fabbisogno residuo delle priorità «A» ammontava a circa 21 milioni di euro, mentre quello relativo alla priorità «B equiparata alla A» ammontava a circa 52 milioni di euro, e nel merito confermava il passaggio delle competenze dallo Stato alle regioni, anche a ragione delle modifiche costituzionali in atto, precisando, tuttavia, che il decentramento sarebbe stato gestito e monitorato dalla protezione civile, che avrebbe anche emesso un'ordinanza di protezione civile, non derogatoria, con la quale sarebbe stata stabilita la ripartizione delle somme ai comuni;
la risposta non lasciava soddisfatto l'interpellante, che paventava un sicuro ritardo nell'erogazione delle somme e la possibilità che il monitoraggio fatto dal dipartimento della protezione civile potesse essere messo in discussione dalle regioni, con una diversa ripartizione tra i comuni; l'interpellante faceva, altresì, presente che alcune regioni interessate non si erano presentate agli incontri predisposti dal dipartimento della protezione civile, dimostrando un disinteresse non foriero di buone novità, e concludeva augurandosi che il terremoto del 1984 non facesse la fine del Belice;
fatto sta che da allora le regioni non hanno ancora trovato l'intesa, costringendo il dipartimento a non emanare a tutt'oggi l'ordinanza; motivo del contendere, a quanto pare, i presunti gravi impegni finanziari che avrebbero assunto le regioni, impegni che avrebbero dovuto gravare sullo Stato, e la ripartizione dei fondi ai comuni, per la quale le regioni chiedevano di avere «mano libera»;
è evidente come ci si trova in presenza di una ricorrente forma di «federalismo irresponsabile» da parte delle regioni;
nel frattempo le Commissioni bilancio della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica hanno approvato una risoluzione, che prevede, tra l'altro, un ulteriore impegno finanziario del Governo per euro 10.700.000, che consentirebbe la definitiva chiusura della priorita «A» -:
se non ritenga alla luce di quanto esposto in premessa che il dipartimento della protezione civile debba riprendere la gestione diretta di questo terremoto;
se non ritenga in via subordinata che il dipartimento della protezione civile debba emettere con immediatezza l'ordinanza di protezione civile, che stabilisca la ripartizione delle somme ai singoli comuni, inaudita altera parte regionale, che ha, di fatto, mostrato profondo disinteresse per i comuni interessati, e stabilisca, altresì, il preventivo completamento della priorità «A»;
se non ritenga, infine, di assumere iniziative rispetto agli interventi di priorità «A», che i privati hanno effettuato a proprie spese, dopo aver avuto assicurazioni dai rispettivi comuni che dette spese sarebbero state rimborsate.
(2-01439)
«Riccio, Gianni Mancuso, Messa, Romoli, Maggi, Carrara, Butti, Airaghi, Onnis, Gamba, Savo, Meroi, Di Giandomenico, Catanoso, Maninetti, Scalia, Peretti, Anna Maria Leone, Naro, Liotta, Cola, Maceratini, Patarino, Leo, Losurdo, Saia, Giorgio Conte, Alberto Giorgetti, Zacchera, Delmastro Delle Vedove, Landi di Chiavenna, Angela Napoli, Canelli, Fasano, Cirielli, La Grua, Garnero Santanché, Pinto, Rocchi».
(1o febbraio 2005)
il comune di Parma, in data 30 giugno 2003, ha pubblicato avviso per una procedura di project financing per realizzare il progetto della «Cittadella della carta e del cinema», nell'ambito dell'Ospedale vecchio (ex Ospedale della misericordia) di Parma, complesso vincolato perché di notevole interesse storico-artistico (ex legge n. 1089 del 1939) dalla soprintendenza ai monumenti dell'Emilia, con atto n. 3312 del 30 settembre 1975, e ciò previo restauro del compendio immobiliare;
detto progetto prevedeva la destinazione di parte dell'edificio monumentale a spazi privati, quali attività commerciali, un albergo ed una residenza;
la commissione tecnica comunale di valutazione del procedimento, vista la presenza dei vincoli storico-architettonici, pur dichiarandosi incompetente a valutare le compatibilità progettuali con la morfologia del complesso, ha suggerito di apportare «miglioramenti progettuali», per evidenti dissonanze tra ambienti e soluzioni tecniche e per le destinazioni d'uso;
forte dissenso è stato espresso da numerosi studiosi, rappresentanti del mondo accademico, della cultura, della scienza, delle istituzioni a Parma, in Italia e nel mondo, rispetto all'intervento di ristrutturazione proposto;
il Sottosegretario per i beni e le attività culturali, onorevole Mario Pescante, il 15 luglio 2004, rispondendo all'interpellanza urgente n. 2-01239, confermava che gli atti trasmessi al ministero per i beni e le attività culturali non potevano essere ancora qualificabili come veri e propri elaborati progettuali, ma come semplici dati grafici rinvenienti da un concorso di idee, e che, comunque, sulla base di quegli atti, gli uffici ministeriali preposti avevano espresso perplessità sia in ordine alle ipotizzate destinazioni finali dell'immobile in questione, sia in ordine alle soluzioni progettuali individuate per la loro attuazione;
risulterebbe che il nuovo progetto preliminare, non ancora reso consultabile ai consiglieri comunali, sia stato presentato contemporaneamente sia alla sede centrale del ministero per i beni e le attività culturali che ai due organi periferici di Bologna (direzione regionale e soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici);
sulla stampa locale sono stati riportati nuovi e molto dettagliati riferimenti sul nuovo progetto preliminare di ristrutturazione dell'Ospedale vecchio;
da tali notizie si desume che il progetto prevederebbe la privatizzazione per ventinove anni e sei mesi dei tre settimi della superficie utile totale (metri quadri 21.000) del compendio, con realizzazione di un albergo di 67 stanze, di mono e bilocali in gestione paralberghiera, di un ristorante di 277 metri quadri, di 787 metri quadri di superfici commerciali con affaccio delle vetrine nel mirabile porticato, configurando, quindi, l'intervento non come restauro, ma parziale ristrutturazione dell'edificio;
l'immobile verrebbe, quindi, sottratto per tali parti privatizzate alla pubblica fruizione (prevista dagli articoli 1, comma 3, 2, comma 4, 3, comma 1, 6, comma 1, del decreto legislativo n. 42 del 2004);
l'intervento di ristrutturazione prevede la sensibile riduzione dello spazio attualmente occupato dall'Archivio di Stato e dall'annessa Scuola di paleografia e diplomatica, corrispondente oggi a metri quadrati 6.000;
sulla stampa nazionale sono state riportate notizie di finanziamenti, tramite la società Arcus, all'amministrazione comunale di Parma -:
quali rilievi preliminari l'ufficio della soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Bologna abbia ad oggi effettuato;
se il ministero per i beni e le attività culturali possa confermare le notizie di stampa in merito alla soluzione ipotizzata per l'Archivio di Stato, che comporterebbe un'evidente penalizzazione della struttura stessa;
se siano già stati assegnati finanziamenti, attraverso la società Arcus, finalizzati al progetto citato e, in caso affermativo, a quanto ammonti l'importo;
se non si ritenga inammissibile ed illegittima la sottrazione delle evidenziate superfici del compendio immobiliare, pari ai tre settimi dell'intera superficie utile, con natura di demanio culturale, dal pubblico uso e fruizione previsti dalla vigente normativa;
quali interventi il ministero per i beni e le attività culturali intenda promuovere per tutelare il complesso storico e monumentale, sottoposto a vincolo, dell'Ospedale vecchio di Parma.
(2-01459)
«Motta, Marcora, Tedeschi, Nesi, Mazzarello, Maurandi, Pisa, Marone, Rognoni, Michele Ventura, Calzolaio, Lulli, De Brasi, Chianale, Cennamo, Siniscalchi, Franceschini, Realacci, Marini, Ruggieri, Tonino Loddo, Mantini, Reduzzi, Marino, Frigato, Stradiotto, Ciani, Santino Adamo Loddo, Annunziata, Boccia, Delbono, Burtone, Iannuzzi, Lettieri, Volpini, Ruggeri, Carbonella, Banti, Bellini».
(8 febbraio 2005)
su vari quotidiani è stata riportata la notizia che tra la Fondazione europea di oncologia e scienze ambientali «Bernardino Ramazzini» e il National toxicology program americano, che fa capo al National of environmental health sciences, è stato sottoscritto un contratto di collaborazione della durata di 10 anni, che prevede per tale periodo un contributo finanziario dell'istituto americano alla Fondazione Ramazzini di Bologna di 3.300.000 dollari;
gli obiettivi della collaborazione sono quelli di:
a) pubblicare sulla serie dei Technical report del National toxicology program americano i risultati degli esperimenti su agenti chimici e fisici condotti nei laboratori della Fondazione Ramazzini;
b) incorporare tali risultati fruibili dalla comunità scientifica internazionale;
c) evitare la ripetizione degli stessi studi da parte del National toxicology program;
sono da sottolinearsi l'importanza di fornire solide basi scientifiche alle scelte normative che regolano l'esposizione della popolazione a situazioni di rischio ambientale, l'esperienza consolidata della Fondazione Ramazzini nella ricerca in questo settore, l'interesse che un Paese all'avanguardia come gli Stati Uniti ha per i dati prodotti da questa Fondazione, nonché l'esigenza di sostenere i punti di ricerca nel nostro Paese, che in questo campo, è noto, ha serie difficoltà -:
quali siano i rapporti istituzionali che il Governo abbia attivato e quali nuovi intenda avviare per sostenere le qualificate ricerche della Fondazione Ramazzini, in particolare quelle attualmente in corso sui campi elettromagnetici della corrente elettrica e della telefonia mobile.
(2-01443)
«Grandi, Titti De Simone, Nannicini, Albonetti, Cento, Vertone, Bandoli, Agostini, Sedioli, Montecchi, Amici, De Brasi, Guerzoni, Grillini, Battaglia, Maura Cossutta, Zanotti, Russo Spena, Ruzzante, Deiana, Innocenti, Bielli, Labate, Nieddu, Preda, Bellillo, Papini, Giacco, Rognoni, Realacci».
(1o febbraio 2005)
nella città di Krsko, in Slovenia, è in funzione una centrale nucleare con un reattore Westinghouse da 632 megawatt, che fin dall'inizio dell'attività, iniziata nel 1983 con 5 anni di ritardo sui tempi previsti, a causa di disfunzioni tecniche, ha manifestato numerosi problemi di funzionamento. Tale centrale nucleare dista solo 150 chilometri dalla città italiana di Trieste e 230 da Venezia ed è costruita in una zona che, per la presenza di faglie, risulta ad alto rischio sismico e, per questo motivo, potrebbe non resistere a una scossa sismica superiore al VI grado della scala Richter;
secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 230 del 17 marzo 1995, modificato e integrato dal decreto legislativo n. 241 del 2000, lo Stato deve provvedere alla tutela della popolazione potenzialmente esposta a eventi incidentali negli impianti nucleari, siti sul territorio nazionale e non, tramite la realizzazione di piani di emergenza (articolo 115), parte fondamentale dei quali è la campagna d'informazione obbligatoria della popolazione, cui deve essere consentito, in ogni momento, l'accesso alle informazioni senza doverle richiedere (articoli 129 e 130);
responsabile dell'attuazione dei dispositivi dei piani di emergenza e dell'informativa alla popolazione previsti dalla legge è il prefetto, che si avvale di un comitato formato da rappresentanti delle forze dell'ordine, dei vigili del fuoco, del servizio sanitario nazionale, del genio civile, dell'esercito, della marina, dell'Anpa e degli enti locali;
il prefetto, dottor Goffredo Sottile, con nota del 25 novembre 2004, in risposta a Roberto Giurastante, presidente provinciale dell'associazione Amici della Terra per il Friuli Venezia Giulia, comunica che: «non sono stati predisposti piani di emergenza espressamente dedicati a eventuali incidenti che dovessero interessare l'impianto elettronucleare di Krsko»;
alla delegazione composta da Sandro Metz, consigliere regionale dei Verdi in Friuli Venezia Giulia, dallo stesso Roberto Giurastante e dal primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo, recatasi il giorno 29 novembre 2004 presso la prefettura di Trieste per avere ulteriori delucidazioni in merito, non veniva fornita alcuna ulteriore chiarificazione da parte del vice prefetto delegato all'incontro. Viceversa, il console sloveno a Trieste, Josef Susmelj, presso la cui sede la medesima delegazione, nella stessa data, si recava, provvedeva a consegnare alla stessa documentazione relativa alla centrale di Krsko e il programma del Governo sloveno relativo alla dismissione dell'impianto (comunque prevista non prima del 2024);
il 3 febbraio 2003 il presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e delle attività illecite ad esso connesse, onorevole Paolo Russo, ritenendo di particolare interesse il dossier degli Amici della Terra, si rivolgeva al procuratore della Repubblica di Trieste (Nicola Maria Pace) per sollecitare un'inchiesta, le cui indagini vennero affidate alla Digos di Trieste. Nonostante dalle indagini emergesse che, a seguito di una grave omissione collettiva da parte delle istituzioni, i cittadini non potevano, come loro diritto, ricevere informazioni essenziali per tutelare la loro salute e la loro vita, il procuratore Pace chiedeva l'archiviazione dell'inchiesta, richiesta accolta dal tribunale di Trieste nell'ottobre 2003;
gli Amici della Terra presentavano anche, il 30 giugno 2003, una denuncia alla Commissione europea contro l'Italia per violazione delle direttive 89/618-90/641-92/3-96/29 EURATOM, sulle misure di sicurezza nei confronti di impianti nucleari in funzione e sull'informazione pubblica sui rischi connessi al nucleare. L'inchiesta, tuttora in corso, veniva affidata alla direzione generale energia e trasporti (unità H4 protezione radiazioni);
una commissione internazionale, nominata su pressione di Austria e Italia per verificare gli standard di sicurezza della centrate, già nel 1993 espresse 74 raccomandazioni su cambiamenti tecnici e procedurali necessari per adeguare l'impianto alle più severe normative dell'Unione europea;
il problema della mancata attuazione del decreto rimane ed è confermato anche da Guido Bertolaso, responsabile del dipartimento della protezione civile, che, in una lettera in risposta all'esposto di Amici della Terra, chiarisce che la protezione civile ha svolto quanto di sua competenza e aggiunge che la parte riguardante la campagna informativa è affidata alla commissione permanente del ministero della salute, che, fino a questo momento, è inadempiente;
le conseguenze della mancata campagna di prevenzione sarebbero gravissime in caso di fall-out radioattivo alla centrale di Krsko: la nube radioattiva potrebbe raggiungere Trieste in sole due ore dall'incidente e, complessivamente, verrebbero colpite circa 30 milioni di persone, di cui circa 5 milioni a rischio di vita immediato (dati forniti dall'associazione Amici della Terra);
allo stesso modo l'associazione ambientalista denuncia l'inadeguatezza delle strutture sanitarie, che dovrebbero essere attrezzate con centri di decontaminazione per l'accoglienza delle persone, con sale predisposte appositamente per il lavaggio dei pazienti, che dovrebbero essere, nei casi più gravi, ospedalizzati e curati con iodoprofilassi. Gli interventi di decontaminazione per essere efficaci e avere qualche speranza di successo devono essere realizzati nelle ore immediatamente successive all'irradiazione del paziente -:
se non ritengano urgente e doveroso attuare nel più breve tempo possibile le procedure di applicazione del decreto legislativo n. 230 del 17 marzo 1995, modificato e integrato dal decreto legislativo n. 241 del 2000, in attuazione delle direttive 89/618/Euratom e 96/29/Euratom, articolo 130, riguardante la campagna informativa per la popolazione civile;
se non ritengano di dover accertare i responsabili dei ritardi nell'attuazione di detto decreto, ritardi che si configurano molto gravi a fronte del rischio sempre più elevato a cui la popolazione è ancora esposta;
se non ritengano, anche in sede di Unione europea, di utilizzare tutti gli strumenti a disposizione per verificare lo stato reale della centrale e l'esistenza di adeguate condizioni di sicurezza e garantire l'incolumità dei cittadini che vivono nelle aree a rischio, per la sicurezza dei quali resta viva la preoccupazione.
(2-01449) «Zanella, Boato».
(8 febbraio 2005)
l'industria chimica Engelhard da circa 50 anni utilizza un impianto di smaltimento di rifiuti pericolosi, anche se ufficialmente destinato al recupero di metalli preziosi, in un territorio dove la popolazione ha avuto un grosso sviluppo, passando dai 2.500 abitanti di Settecamini negli anni cinquanta ai circa 30.000 abitanti di Settecamini, Case Rosse, Setteville di Guidonia, senza considerare i 30.000 abitanti del nuovo quartiere di Ponte di Nona. Ai residenti si aggiungono i circa 40.000 lavoratori della Tiburtina Valley;
l'azienda, conosciuta da sempre come l'innocua «fabbrica dell'oro», ha informato gli abitanti del territorio sulla presenza di questo impianto solo nell'ottobre 2002, tra l'altro dopo aver ricevuto le relative autorizzazioni della regione Lazio e della provincia di Roma;
i cittadini hanno cominciato ad avere dei dubbi sulla salubrità di questa azienda quando il 12 febbraio 1999 si ruppe un grande serbatoio di acido cloridrico e la zona fu isolata per alcuni giorni. Poi, si ebbe un incendio il 3 aprile 2000. Il 13 settembre 2000 i cittadini presentarono un esposto alla procura della Repubblica senza risultato. Poi chiesero più volte inutilmente alla regione Lazio un'indagine epidemiologica per malattia, avendo la netta sensazione che i casi di tumore fossero più frequenti che altrove. Nonostante tutte le iniziative dei cittadini e l'obiettiva incompatibilità dell'impianto di combustione dei catalizzatori esausti in un territorio densamente popolato, nel 2002 regione e provincia concessero ugualmente le relative autorizzazioni;
la regione Lazio, con decreto n. 117 del 1o agosto 2002, autorizzava la Engelhard a bruciare 1.600 tonnellate l'anno di catalizzatori esausti classificati con i codici Cer 16.08.01 (non contenenti sostanze pericolose) e 16.08.07 (contenenti sostanze pericolose), senza tuttavia specificare le quantità di quelli pericolosi. Nello stesso paragrafo l'autorizzazione indicava che i catalizzatori bruciati potevano contenere metalli preziosi in concentrazione tra lo 0,03 per cento e il 10 per cento. Ciò significava che l'impianto non era finalizzato solo al recupero dei metalli preziosi, ma poteva essere utilizzato anche come un normale «impianto per lo smaltimento di rifiuti pericolosi». Lo stesso decreto autorizzava uno stoccaggio massimo istantaneo di 120 tonnellate, che, se composte da sostanze pericolose, farebbero rientrare la Engelhard tra le industrie a rischio rilevante, con tutte le prescrizioni restrittive del caso previste per la salvaguardia delle popolazioni circostanti;
la provincia di Roma, con autorizzazione n. 76 del 12 dicembre 2001, regolamentava le emissioni in atmosfera dei 38 punti di emissione della Engelhard e, in particolare, di 20 camini muniti di sistemi di abbattimento dei fumi, che sarebbero dovuti entrare in funzione nel gennaio 2003, ma che, di fatto, sono stati ultimati nel dicembre 2004. Tale autorizzazione prevedeva il monitoraggio in continuo dei fumi emessi in atmosfera dal nuovo impianto, ma limitatamente ad alcuni inquinanti, quali: polveri, monossido di carbonio, sostanze organiche, cloro, ossidi di zolfo e ossidi di azoto, che altro non sono che gli inquinanti comunemente analizzati dalle centraline per l'inquinamento da traffico. Invece, non sono state considerate le sostanze veramente pericolose, quali: metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici, diossine ed altre, sostanze queste ritenute molto pericolose per la salute perché cancerogene, teratogene (malformazioni del feto), bioaccumulabili e persistenti;
la natura delle melme di catalizzatori esausti sottoposte a combustione non può in nessun modo essere controllata e definita. Infatti, i catalizzatori esausti possono contenere sostanze pericolose di qualità e quantità molto variabili e non facilmente identificabili per analisi chimica, perché spesso presenti in melme, fanghi, liquidi o polveri, tutti residui di reazioni chimiche tra le più disparate. Anche quando i catalizzatori esausti non contengono sostanze pericolose, queste si possono generare durante la combustione. L'azienda, però, conoscendone la provenienza su base storica, è in grado di distinguere i catalizzatori esausti contenenti sostanze pericolose da quelli che ne sono privi. Questo fatto lascia all'azienda un ampio margine di manovra e discrezionalità, che le permette di eludere i controlli esterni e, più facilmente, quelli interni. È il caso delle autorizzazioni che si basano sugli autocontrolli, non tenendo in considerazione il «conflitto di interessi»;
l'abbattimento dei fumi del nuovo impianto si realizza attraverso il loro lavaggio in acque che, dopo trattamento, vengono riversate nell'Aniene, fiume già molto inquinato. Anche questo procedimento chimico è stato oggetto di autorizzazione della provincia;
il 1o aprile 2003 è già stata presentata dal primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo un'interpellanza parlamentare al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, onorevole Altero Matteoli, che rispondeva nella seduta n. 304 del 6 maggio 2003, assumendosi alcuni impegni precisi con i cittadini;
con l'interrogazione a risposta immediata in assemblea dell'8 ottobre 2003, il primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo ribadiva la necessità di delocalizzare la Engelhard sulla base dei dati resi noti nel settembre 2003 dal dipartimento di epidemiologia della azienda sanitaria locale RMB sulla mortalità per causa nel territorio di Settecamini e Case Rosse dal 1987 al 2001. Tali dati avevano evidenziato un aumento della mortalità per tumori nella popolazione maschile del 30 per cento rispetto alla media di Roma. Il Ministro Giovanardi rispondeva che l'azienda avrebbe presto adeguato l'impianto e che sarebbero stati fatti ulteriori accertamenti per valutare un eventuale nesso causale tra i decessi per tumori e le lavorazioni della Engelhard;
anche dopo l'adeguamento dell'impianto, il 9 febbraio 2004 è esploso un forno, con un grosso boato e con l'emissione in atmosfera di fumi e polveri molto irritanti per le vie respiratorie;
solo a seguito dell'interessamento del Ministro Matteoli, dopo l'interpellanza del 1o aprile 2003, le analisi dei campioni effettuate dall'Arpa sulle emissioni in atmosfera e nelle acque reflue di sostanze pericolose hanno evidenziato, per la prima volta in 20 anni, un superamento dei limiti. L'unico superamento che si era verificato in precedenza, nel 1999, riguardava, stranamente per un'azienda chimica, solo le acque provenienti dai bagni e dalle cucine. La stessa Arpa ha ammesso, nel documento inviato al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio nel 2003, che i controlli avvengono su preavviso «compatibilmente con le esigenze dell'azienda e con le lavorazioni in corso». Se i controlli esterni avvengono su preavviso e gli altri previsti dalle autorizzazioni sono autocontrolli, che cioè la Engelhard fa a se stessa, è facile concludere che essi non solo sono inutili, ma sono estremamente pericolosi perché legittimano la presenza di un'azienda chimica insalubre in un territorio molto popolato (si vedano i nuovi piani di zona edificati);
nel gennaio 2004 la ragione sociale della Engelhard veniva modificata da «società per azioni» a «società a responsabilità limitata». Questo cambiamento, che certamente, ad avviso degli interpellanti, l'azienda ha deciso per sua convenienza, richiede il rilascio di nuove autorizzazioni in sostituzione di quelle esistenti;
la massiccia urbanizzazione del territorio è stata voluta dalla pubblica amministrazione, che non ha minimamente tenuto conto della presenza di una industria chimica, dotata, tra l'altro, di un «ompianto di smaltimento di rifiuti pericolosi». Le autorizzazioni edilizie sono state concesse perfino a ridosso della Engelhard: 210 alloggi con asilo nido. A tale proposito, l'azienda sanitaria locale RMB, in un documento del 23 febbraio 2004 inviato anche ai comitati, ribadisce: «l'articolo 94 del regolamento comunale di igiene che la distanza di un'industria insalubre di 1a classe dalle abitazioni non possa essere minore di 200 metri e che possa essere imposta una distanza maggiore ogni qualvolta se ne riconosca la necessità, come ragionevolmente è opportuno fare nel caso in questione». In data 11 marzo 2004, il sindaco di Roma rispondeva all'azienda sanitaria locale RMB, in merito alla costruzione dei 210 alloggi a poche decine di metri dalla Engelhard, dicendo «che i concessionari hanno già iniziato, a loro carico, le opere di urbanizzazione (...) in attesa del completamento delle indagini epidemiologiche (...) il comune di Roma non può fermare l'esecuzione dell'intervento in assenza di un giudizio completo, definitivo e certo circa l'incompatibilità dell'insediamento (...) e la convenzione prevede la distanza minima di 200 metri dal perimetro della Engelhard, classificata come industria di 1a classe»;
mentre si discuteva sui 200 metri di distanza tra la Engelhard ed il nuovo centro residenziale di 210 alloggi, sorgeva in tutta fretta un grande edificio residenziale proprio nel terreno confinante con la Engelhard, nello stesso terreno dove, tra l'altro, era stato appena autorizzato dal comune di Roma un nuovo insediamento produttivo a carattere artigianale. La concessione edilizia residenziale era stata rilasciata dal Dip. VIII su A. P. - Determ. Dirig. N. 32 del 25 febbraio 2003 con una DIA del V Municipio Prot. 16567 del 1o aprile 2003 - CE/43029 del 22 settembre 2003;
l'area è ormai fortemente urbanizzata e si stanno completando nuove realtà industriali, come il polo tecnologico, e residenziali, come Ponte di Nona e Casal Bianco;
i centri residenziali in costruzione attigui alla Engelhard, i cui appartamenti sono stati ormai in buona parte già venduti, sono dotati di incomprensibili autorizzazioni, che conferiscono una caduca ed inefficace legittimità giuridica;
di fronte a questa situazione un'industria chimica come la Engelhard non può essere compatibile con il territorio. La sua incompatibilità è insita nel fatto che è un'industria chimica di 1a classe e che ha un impianto di smaltimento di rifiuti pericolosi. Questo non ha bisogno di alcun approfondimento o indagine conoscitiva;
in concreto, l'azienda, a sua discrezionalità, può decidere quando bruciare nell'impianto di combustione di Roma «i catalizzatori esausti non pericolosi» e quando quelli «molto pericolosi»: di notte, di giorno, quando tira vento in una direzione invece di un'altra, quando i controlli sono o non sono operanti, quando riceve le visite degli ispettori. Inoltre, l'azienda, che dispone di impianti in altri siti, può decidere dove bruciare, anche temporaneamente, i catalizzatori pericolosi. In poche parole l'azienda, in base alla attuali autorizzazioni, ha la possibilità di vanificare i controlli e, quindi, le eventuali sanzioni, oltre che nascondere i pericoli per i cittadini (si vedano le esplosioni ripetute dei forni controllate dal personale interno di pronto intervento). A queste condizioni è estremamente sbagliato e pericoloso fare i controlli e legittimarli prendendoli per buoni, perché essi portano a conclusioni inattendibili, che, nel caso della salute dei cittadini, possono evidenziare i danni quando ormai è troppo tardi;
probabilmente a seguito dell'interessamento del Ministro Matteoli, l'Istituto superiore di sanità e l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sui luoghi di lavoro (Ispesll) hanno realizzato una sofisticata indagine ambientale dal mese di giugno al mese di ottobre del 2004, posizionando una serie di stazioni fisse di prelievo dell'aria intorno alla Engelhard, con lo scopo di analizzarne i campioni per verificare la presenza di sostanze altamente tossiche e/o cancerogene. Questa indagine è stata di pubblico dominio: pertanto, la stessa Engelhard ne era a conoscenza. Sta il fatto che durante l'estate del 2004, per la prima volta da tanti anni, i cittadini di Settecamini e Case Rosse hanno potuto vivere con le finestre aperte, senza nessun disturbo dovuto alle emissioni maleodoranti e, talvolta, anche irritanti per le vie respiratorie. Ai primi di novembre 2004, però, sono di nuovo ricomparsi i cattivi odori e l'aria irrespirabile. Oltre alle inutili richieste di intervento alle forze dell'ordine, alcuni cittadini hanno presentato esposti alla magistratura. Questa circostanza ha fatto riflettere e per molti è stato semplice collegare il periodo di aria respirabile, durato da giugno ad ottobre 2004, con la concomitante presenza delle stazioni di monitoraggio dell'aria intorno alla Engelhard;
le leggi italiane non sono state in passato sufficientemente restrittive e non lo sono ancora oggi, viste le sanzioni che l'Italia ha subito dalla Commissione europea per mancanza di adeguamento alle normative in materia di ambiente. Se ne sono accorti i cittadini di Case Rosse e Settecamini tutte le volte in cui si sono rivolti ai vigili del fuoco, ai carabinieri, ai vigili urbani e ad altri enti per chiedere di fare qualcosa quando l'aria era irrespirabile. Non esiste nessun verbale in merito alla segnalazione del disturbo evidenziato: è stato sempre risposto che non era di competenza. Per quanto riguarda i controlli, l'Arpa interviene compatibilmente alle esigenze dell'azienda e alle lavorazioni in corso, quindi su preavviso. Le autorizzazioni prevedono gli autocontrolli dell'azienda: cioè, l'azienda controlla se stessa. Le informazioni rispetto ai nominativi dei dipendenti per l'indagine epidemiologica sono stati presi dall'azienda sanitaria locale RMB, in collaborazione con l'azienda. Non sono stati presi in considerazione altri enti pubblici che dispongono di tutti i dati richiesti, come l'Inps o l'Inail -:
se non ritenga di adottare iniziative affinché sia sospesa l'indagine epidemiologica sui lavoratori dell'azienda finché non verranno confrontati i nominativi dei dipendenti emersi dalla collaborazione con la Engelhard con quelli forniti da un ente pubblico legittimato;
se non ritenga di adottare iniziative affinché sia effettuato il monitoraggio biologico sui dipendenti dell'azienda finché non verrà stabilito senza ombra di dubbio l'esposizione temporale alle fonti di eventuali inquinanti dei dipendenti oggetto delle analisi;
se non ritenga, inoltre, di dover avviare al più presto un'indagine epidemiologica per causa di malattia tra la popolazione di Case Rosse, Settecamini e Setteville di Guidonia, dove sembrano molto frequenti forme patologiche anche gravi (tumori della tiroide in età giovanile). Questa indagine deve rappresentare la scelta prioritaria, essendo l'unica diretta alla salvaguardia della salute dei cittadini. Inoltre le istituzioni hanno il dovere di accertare subito eventuali relazioni causali sullo stato di salute dei cittadini, per limitare i danni e consentire loro il diritto ad un legittimo risarcimento;
se non ritenga, infine, di dover adottare iniziative affinché l'Engelhard sia inclusa nell'elenco degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante.
(2-01458) «Giordano, Vendola, Deiana».
(8 febbraio 2005)
il 25 novembre 2004 la trasmissione televisiva Striscia la notizia ha messo in onda un filmato attraverso il quale veniva denunciato il sistema di addestramento di cani adottato, nella fattispecie, dal signor Antonino Solina di Cariano, in provincia di Lecce, ma che corrisponde alla normalità per molti altri centri di addestramento cinofili;
la questione di cui si parla nel filmato si riferisce a un fatto avvenuto in un campo di addestramento specializzato per pastori tedeschi gestito dalla società S.A.S (Società amatori Schäfehunde), riconosciuto e autorizzato dall'Enci (Ente nazionale della cinofilia italiana), ente sottoposto alla vigilanza del ministero delle politiche agricole e forestali;
nel filmato citato l'addestratore si vede trasmettere, con un telecomando a distanza, scariche elettriche ad altissimo voltaggio sul collare dei cani, provocando loro forti scosse, paralisi momentanee, convulsioni e vomito e spesso arresto cardiaco; l'uso del collare elettrico provoca danni a breve, medio e lungo termine sul sistema neurologico, al sistema uditivo, alle cellule neuronali e della corteccia cerebrale e che provochi dolore e sofferenza lo si evince chiaramente dalle immagini trasmesse da Striscia la notizia;
tale tipo di addestramento si protrae per giorni e settimane, comunque fino a quando l'animale (se sopravvive) non abbia imparato a aggredire o a trattenere qualcosa;
l'apparecchio citato, assieme alle sostanze dopanti, risulta essere il sistema più efficace per «piegare» l'animale alle richieste dell'addestratore ed è a tutt'oggi in vendita ovunque (negozi di caccia e pesca, attraverso internet e altrove); inoltre, il suo uso non è espressamente vietato da nessuna norma, anche se nei regolamenti comunali di alcune città italiane ne viene vietato l'utilizzo;
il collare in questione è da considerarsi come la punta di iceberg di un comportamento umano verso l'animale che si basa su di un addestramento coercitivo, vessatorio e assolutamente non rispettoso delle esigenze naturali comportamentali dell'animale stesso;
il cane, infatti, non essendo programmato biologicamente a compiere le azioni richieste dall'addestratore, non le comprende perché non facenti parte del suo schema mentale naturale; quindi, non rimane che l'imposizione e la coercizione attraverso la violenza, le percosse, la deprivazione alimentare e l'induzione elettrica: tutto ciò conduce a un'inevitabile destabilizzazione dell'animale, cui seguono la destrutturazione del suo comportamento e la frantumazione della personalità;
con questo tipo di addestramento, infatti, non raramente accade che cani addestrati alla difesa, che dovrebbero essere soggetti perfettamente equilibrati e in grado di discernere, rivolgano, invece, atteggiamenti aggressivi verso persone inermi non minacciose. Si viene a creare in questo modo la cosiddetta categoria dei «cani pericolosi», pericolosità che scaturisce invece dallo scorretto rapporto tra uomo e cane e che genera nell'animale un conflitto gravissimo e un conseguente comportamento anomalo -:
se non ritengano di voler adottare provvedimenti per un maggiore controllo nel settore delle prove di lavoro dell'Enci per i cani da difesa e utilità;
se non ritenga il Ministro della salute di voler ordinare l'immediato ritiro dal commercio di tutti quei dispositivi, in primis del collare elettrico, che possono cagionare qualunque tipo di maltrattamento agli animali e se non ritenga che i fatti citati in premessa costituiscano gravi violazioni delle norme di tutela degli animali di affezione (legge n. 189 del 2004).
(2-01429) «Lion, Boato, Zanella».
(25 gennaio 2005)
l'articolo 1, comma 105, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, dispone che a decorrere dall'anno 2005 le università devono adottare una programmazione triennale per le assunzioni del personale docente, dei ricercatori e del personale tecnico-amministrativo;
il 21 gennaio 2005 il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto-legge, il quale dispone che la programmazione, di cui all'articolo 1, comma 105, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, venga inviata per la valutazione al Ministro interpellato, il quale la validerà in base ad apposite linee guida;
Il Sole 24 ore ha pubblicato il 28 gennaio 2004 («Blocco dei concorsi in università», a pagina 30) un articolo nel quale sono trapelate alcune indiscrezioni, che lasciano intendere che in seguito all'approvazione del suddetto decreto-legge il Ministro interpellato ha richiesto di sospendere le procedure concorsuali, ivi comprese quelle bandite dopo il 31 dicembre 2005;
il decreto-legge in questione fa riferimento esclusivamente alla programmazione delle università statali, da ciò se ne deduce che i criteri di valutazione sarebbero meramente di tipo contabile -:
a quali criteri il Ministro interpellato intenda ispirarsi in modo da non ledere l'autonomia universitaria e da non creare disparità tra atenei statali e non statali che hanno le stesse funzioni nel sistema universitario.
(2-01440)
«Bimbi, Boccia, Rosato, Fistarol, Giachetti, Colasio».
(1o febbraio 2005)
si sono registrati ripetuti superamenti della soglia di attenzione di alcune sostanze inquinanti, specie delle polveri sottili (PM 10), che hanno comportato l'adozione in diversi centri urbani di limitazione totale o parziale del traffico veicolare a tutela della salute dei cittadini;
la normativa «Euro 4», che si rifà alle direttive comunitarie 1999/102 e 2001/100, entrerà in vigore il 1o gennaio 2006 ed è particolarmente restrittiva;
alcune delle auto di recente produzione rispondono già ai suoi dettami;
i veicoli «Euro 4» sono concepiti con dispositivi antismog tali che le emissioni di polveri Pm 10 non superino il limite di 50 microgrammi per metro cubo, così come previsto dalla legge;
per le loro caratteristiche tali veicoli sono del tutto simili a quelli a gpl, metano o elettrici;
diverse ordinanze comunali sulle limitazioni del traffico hanno sottolineato che i veicoli che rispondono alla normativa «Euro 4» sono liberi di circolare in qualsiasi momento;
l'amministrazione comunale di Verona nell'ordinanza che prevede le limitazioni del traffico ha incluso anche questo tipo di veicoli tra quelli che non possono circolare -:
quali provvedimenti il Ministro interpellato intenda adottare sulla questione esposta in premessa affinché le amministrazioni comunali si uniformino ad un parametro unico nell'adottare provvedimenti di contenimento delle immissioni inquinanti in atmosfera dovute alla circolazione dei veicoli.
(2-01454)
«Anna Maria Leone, Maninetti, Peretti, Volontè».
(8 febbraio 2005)
presso il porto di Venezia, su disposizione della procura della Repubblica, si stanno attuando sequestri dei carichi di materiali ferrosi, i quali, ai sensi del decreto legislativo n. 22 del 1997 e in applicazione della direttiva comunitaria 75/442/CEE, che il citato decreto-legge recepisce nell'ordinamento italiano, sono a considerarsi come rifiuti;
in altri porti italiani le procure hanno assunto un diverso atteggiamento, determinando così un grave danno per gli operatori e per i terminalisti del porto di Venezia;
il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, soprattutto attraverso le iniziative del capo di gabinetto del Ministro interpellato, professor Paolo Togni, ha contribuito a creare un clima di incertezza tra gli operatori e di scontro con la Commissione europea e con le procure, attraverso l'emanazione dell'articolo 14 della legge n. 178 del 2002 e della circolare del 17 gennaio 2005 (GAB/2005/430/B03) inviata alle capitanerie di porto di Venezia e di Monfalcone;
l'articolo 14 della legge n. 178 del 2002 è oggetto di procedura di infrazione in materia di legislazione ambientale da parte della Commissione europea, ai sensi della decisione n. 200/2213-c(2002)3868;
la Corte di giustizia europea, in data 11 novembre 2004, ha accolto il ricorso presentato dal tribunale di Terni, confermando così l'incompatibilità dell'articolo 14 della legge n. 178 del 2002 con la giurisprudenza e il diritto comunitari;
la già richiamata circolare del capo di gabinetto del Ministro interpellato, professor Paolo Togni, sostiene che la direttiva 75/442/CEE «non è direttamente applicabile nell'ordinamento italiano» e che in materia di gestione dei rifiuti siamo in presenza di una «definizione italiana di rifiuto, come interpretata dal legislatore nazionale», concludendo, perciò, che: «le capitanerie di porto e, più in generale, le autorità nazionali siano ancora vincolate all'interpretazione autentica dell'articolo 14 legge n. 178 del 2002 (...) che la norma nazionale (...) non possa essere disapplicata con diretta applicazione della direttiva 75/442/CEE»;
dovrebbe essere, invece, noto, a parere degli interpellanti, che il decreto legislativo n. 22 del 1997 costituisce il recepimento delle direttive comunitarie in materia. Infatti, la direttiva europea dalla quale discende la nozione di rifiuto trasposta nell'ordinamento italiano dal decreto legislativo n. 22 del 1997 e la 75/442/CEE, come modificata dalla direttiva 91/156/CEE. Il decreto legislativo n. 22 del 1997 reca, d'altronde, il seguente titolo: «Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CEE sugli imballaggi e rifiuti di imballaggio» -:
se il Ministro interpellato, applicando finalmente quanto previsto dall'ordinamento comunitario in materia di ambiente e di rifiuti, non intenda adottare urgenti iniziative normative tese a dare certezza agli operatori portuali, ai trasportatori e alle acciaierie, particolarmente esemplificando le procedure e gli adempimenti burocratici in materia, uniformando la norma italiana a quella degli altri Paesi dell'Unione europea;
se il Ministro interpellato non intenda procedere alla revoca della circolare sopra richiamata, secondo gli interpellanti inopportuna ed infondata, in quanto crea disagio tra gli operatori economici e continui contenziosi con la Commissione europea.
(2-01445)
«Vianello, Cazzaro, Abbondanzieri, Preda, Zunino, Vigni, Zanotti, Bandoli, Rava, Tedeschi, Sabattini, Capitelli, Ruzzante, Innocenti, Albonetti, Amici, Chianale, Leoni, Paola Mariani, Buglio, Piglionica, Crisci, Fluvi, Mariotti, Adduce, Luongo, Galeazzi, Maran, Susini, Filippeschi, Dameri, Cialente, Raffaldini, Bonito, Carboni, Alberta De Simone, Gambini».
(2 febbraio 2005)