II Commissione - Marted́ 20 dicembre 2005


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ALLEGATO 1

Disposizioni in materia di sanzioni disciplinari per il personale del Corpo di polizia penitenziaria. C. 4864 Mazzoni e C. 4540 Carboni.

EMENDAMENTO APPROVATO DALLA COMMISSIONE

ART. 1.

Sostituirlo con il seguente:

Art. 1.

1. Le lettere a) e c) del comma 1 dell'articolo 1 del decreto legislativo 30 ottobre 1992, n. 449, sono abrogate.
2. Gli articoli 2, 4, 14 e 19 del medesimo decreto legislativo sono abrogati.

Conseguentemente sopprimere l'articolo 2.
1. 700.Il Relatore.


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ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo concernente l'attribuzione all'Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di competenze sul registro dei revisori contabili. Atto n. 567.

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

La Commissione Giustizia,
esaminato lo schema di decreto legislativo concernente l'attribuzione all'Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di competenze sul registro dei revisori contabili (Atto n. 567);
rilevato che:
la legge n. 1966 del 1939 recante disciplina delle società fiduciarie e di revisione assegna fra gli scopi delle società fiduciarie di amministrazione quello della revisione;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con la seguente condizione:
all'articolo 2, comma 1, sia aggiunto il seguente periodo: È integrata da un rappresentante dell'Assofiduciaria, designato dal presidente dell'Associazione medesima.


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ALLEGATO 3

Schema di decreto legislativo recante modifica della disciplina per l'accesso in magistratura, nonché della disciplina della progressione economica e delle funzioni dei magistrati, nonché regime transitorio.
Atto n. 559.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La Commissione giustizia,
esaminato lo schema di decreto legislativo recante la modifica della disciplina per l'accesso in magistratura, nonché della disciplina della progressione economica e delle funzioni dei magistrati, in attuazione degli articoli 1, comma 1, lettera a), e 2, comma 1, lettere a), b), c), d), e), f), g), h), i), l), m), n), o), p), q) e r), della legge 25 luglio 2005, n. 150, nonché regime transitorio di cui agli articoli 1, comma 3, e 2, comma 9, della medesima legge (atto n. 559);
rilevato che:
l'articolo 1 al comma 1 individua le materie su cui vertono le prove scritte ed orali concorso per uditore giudiziario, conservando le previsioni già contenute nel regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, senza tuttavia prevedere anche le materie attinenti all'economia, invece previste dal principio di delega stabilito dall'articolo 2, comma 1, lettera a);
all'articolo 19, comma 2, si prevede che i magistrati che, alla data di acquisto di efficacia del primo dei decreti legislativi emanati ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150, svolgono da oltre dieci anni il medesimo incarico nell'ambito dello stesso ufficio, possono ulteriormente permanervi per un biennio, decorrente dalla suddetta data, mentre su tale punto l'articolo 2, comma 9, lettera h) della legge delega non stabilisce alcun termine oltre il quale i magistrati devono comunque passare ad altro incarico o tramutare ad altro ufficio;
all'articolo 26, comma 2, le pubblicazioni di studi e ricerche, nonché i titoli di studio o ulteriori titoli sono considerati parametri dai quali possa essere comunque desunta la professionalità del magistrato, nonostante che i principi di delega non prevedano tale possibilità,
esprime:

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
a) all'articolo 1, comma 1, siano inserite tra le prove di esame anche materie attinenti al diritto dell'economia;
b) l'articolo 19, comma 2, sia reso conforme ai principi di delega, secondo quanto evidenziato in premessa;
c) all'articolo 26, comma 2, sia soppresso l'ultimo periodo.


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ALLEGATO 4

Schema di decreto legislativo recante disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati e delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicazione, nonché modifica della disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio dei magistrati. Atto n. 561.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La Commissione Giustizia,
esaminato lo schema di decreto legislativo recante la disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati e delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicazione, nonché modifica della disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio dei magistrati, in attuazione degli articoli 1, comma 1, lettera f), e 2, commi 6 e 7, della legge 25 luglio 2005, n. 150 (Atto n. 561);
rilevato che:
i criteri previsti dall'articolo 2 per valutare quando l'illecito disciplinare non sia configurabile non appaiono essere formulati in maniera sufficientemente determinata, facendo riferimento ad una valutazione in concreto sulla credibilità, il prestigio ed il decoro del magistrato o dell'istituzione giudiziaria;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con la seguente condizione:
all'articolo 2, comma 1, siano soppresse le seguenti parole: «,in concreto,».

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE

La Commissione giustizia,
esaminato lo schema di decreto legislativo recante: «disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati e delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicazione, nonché modifica della disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio dei magistrati, in attuazione degli articoli 1, comma 1, lettera f) e 2, commi 6 e 7, della legge 25 luglio 2005, numero 150;
osservato che:
lo schema in esame disciplina per la prima volta nel nostro Paese un codice disciplinare caratterizzato dalla tipizzazione degli illeciti e dalla obbligatorietà dell'azione disciplinare.
In Italia, come è noto, le libere professioni hanno organizzazione ordinistica, con giurisdizione disciplinare domestica, retta dalla facoltatività dell'azione disciplinare. Anche nella Pubblica Amministrazione la responsabilità disciplinare del pubblico dipendente è affidata alla cognizione interna sulla base della facoltatività dell'azione relativa;
la premessa appena illustrata avrebbe dovuto ispirare una legislazione caratterizzata da cautela e moderazione,


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attesa la novità della scelta normativa e la delicatezza della materia trattata. La scelta del legislatore delegante nella materia in esame, viceversa, non ha tenuto conto della novità della sperimentazione e non è stata, certo, delle più felici.
La disciplina risulta articolata sul doppio sistema della obbligatorietà dell'azione disciplinare in capo al Procuratore generale presso la Corte di Cassazione e della facoltatività dell'azione disciplinare in capo al Ministro della Giustizia. Tale modello, inoltre, si caratterizza per la previsione di una diffusa presenza del Ministro nel procedimento, Ministro il quale, poi, può esercitare incisivi poteri «processuali» di natura inquisitoria non soltanto in danno dell'indagato, bensì anche, e paradossalmente, «in danno» del Procuratore procedente.
Il risultato è quello di un sistema in cui agisce un ministro arcigno verso i magistrati, controllore inquisitore della giurisdizione, controllore politico severo del controllore giurisdizionale. Il tutto poi notevolmente aggravato dalla tipizzazione di fattispecie numerosissime, per lo più generiche, aperte, indirizzate spesso all'osservazione etica dei comportamenti del magistrato al di fuori delle sue funzioni;
analizzando le singole parti dello schema, giova porre in evidenza che la tipizzazione degli illeciti commessi nell'esercizio delle funzioni giudiziarie inizia con la indicazione di quei comportamenti che, violando i doveri di imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo ed equilibrio, non rispettando la dignità della persona o ledendo la credibilità ed il prestigio del magistrato o dell'istituzione giudiziaria, arrechino «ingiusto danno» o «indebito vantaggio» ad una delle parti.
Invero trattasi di una tipizzazione tanto generica da negare il principio stesso di tipizzazione. In essa potrà rientrarvi tutto e potrà, soprattutto, rientrarvi la conflittualità stessa del processo. Una ordinanza, una sentenza, un decreto di sequestro, un provvedimento cautelare, qualsiasi atto espressione della funzione giurisdizionale, per proprietà strutturale, provoca sempre danno per taluno e vantaggio per talaltro e la valutazione circa la ingiustizia del danno ovvero il vantaggio indebito verrà sistematicamente portata alla delibazione del giudice disciplinare attraverso il meccanismo dell'obbligatorietà dell'azione penale;
è altresì tipizzato come ipotesi di illecito disciplinare «il rilasciare dichiarazioni ed interviste in violazione dei criteri di equilibrio e di misura». Orbene, il codice disciplinare fa divieto ad ogni magistrato di dichiarare ovvero di rilasciare interviste in ordine a processi affidatigli, di guisa che la norma può avere un senso soltanto se indirizzata alle dichiarazioni del Procuratore della Repubblica, essendo quest'ultimo l'unico abilitato a dichiarare, appalesandosi essa, pertanto, come mezzo subdolo introdotto al fine di svuotare un potere riconosciuto, in questo modo, soltanto sulla carta;
fonte di grande incertezza appare altresì la tipizzazione dell'obbligo dei Capi degli uffici ovvero dei presidenti di sezione e di collegio di denunciare comportamenti di rilevanza disciplinare dei magistrati assegnati all'ufficio, alla sezione ed al collegio. La norma è generica, non fa riferimento né alla colpa né al dolo, incentiva, per comodità, la denuncia, con ciò trasfigurando il dovere potere di sorveglianza di chi è incaricato di presiedere;
neppure soddisfacente appare la tipizzazione della responsabilità disciplinare in relazione all'interpretazione della legge da parte del giudice. Il testo ribadisce infatti la sanzionabilità dei provvedimenti giudiziari privi di motivazione, di quelli c.d. «suicidi» e di quelli abnormi, escludendo, nel contempo, la ipotizzabilità di responsabilità disciplinare in ipotesi di «...attività di interpretazione di norme di diritto in conformità all'articolo 12 delle disposizioni sulla legge in generale...». In tal guisa costruita, la disposizione lascia indefinite una serie di questioni strutturali all'attività interpretativa, quali l'interpretazione del fatto e della prova, interpretazioni queste necessarie e pregiudiziali, oltre che preparatorie, dell'interpretazione


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della norma. Nel silenzio del legislatore non si comprende come deve intendersi la disposizione in esame;
quanto poi agli illeciti disciplinari tipizzati per comportamenti tenuti «al di fuori dell'esercizio delle funzioni giudiziarie», evidente appare il taglio autoritario dello schema di decreto in esame, il quale, fondando le disposizioni delegate sulla pedissequa riproposizione dei principi generali di delega, trasfonde nella specifica tipizzazione la indeterminatezza del principio ispiratore, con la conseguenza di costruire un sistema di regole vetuste, odiose, inique ed ingiuste. Il magistrato diviene un cittadino senza diritti, cieco, sordo e muto.
Ed in tal modo la grande discussione democratica di molti decenni or sono in ordine alla libertà ed alla legittimità di criticare provvedimenti giudiziali da parte dei magistrati, espressione altissima del controllo sociale sull'esercizio di un potere, viene completamente cancellata dal seguente divieto relativo al «la pubblica manifestazione di consenso o di dissenso in ordine ad un procedimento in corso quando per la posizione del magistrato o per le modalità con cui il giudizio è espresso, sia idonea a condizionare la libertà di decisione nel procedimento medesimo». La norma elimina ogni possibilità di commento giuridico e culturale che non integri il paludato articolo dottrinario e la saccente nota a sentenza;
le ultime tre fattispecie di illecito disciplinare, infine, sono quelle nelle quali con maggiore nettezza lo schema pone in evidenza un intento persecutorio di per sé illegittimo sotto più profili costituzionali.
Appare così insopportabile la sanzione disciplinare in danno del magistrato coinvolto « nelle attività di centri politici....... che possono condizionare l'esercizio delle funzioni o comunque appannare l'immagine del magistrato...». Centro politico può essere inteso in senso amplissimo ed il concetto di coinvolgimento è anch'esso di sconfinata applicabilità interpretativa.
Di non minore gravità appare il divieto imposto al magistrato, pure previsto nello schema, di «ogni altro comportamento tale da compromettere l'indipendenza, la terzietà e l'imparzialità del magistrato, anche sotto il profilo dell'apparenza». Né vale osservare, sul punto, che la disposizione è fedele riproposizione del principio di delega, giacchè di quel principio, pur assurdo e criticabile, il legislatore delegato avrebbe potuto e dovuto fare uso migliore, ispirandosi ai criteri della ragionevolezza oltre che a quelli della nostra Costituzione, al fine di pervenire ad una adeguata tipizzazione, rispettosa del principio della delega non meno di quelli costituzionali.
V'è infine da trattare della turbativa da parte del magistrato di funzioni costituzionalmente protette. Anche in tale ipotesi il legislatore delegato ha riproposto come norma specifica il principio di delega, con ciò aggravando una disposizione odiosa, resa nello specifico vieppiù inaccettabile.
Dovrà lo stesso, in sede di definitiva approvazione dello schema, operare il lodevole sforzo di enucleare da quel principio una fattispecie tipizzata leggibile ed applicabile, dalla quale possa l'interprete dedurre comportamenti apprezzabili, di per sé idonei ad incidere concretamente in ruoli e funzioni costituzionali precisamente indicati;
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
1) delimitare in modo preciso la condotta di cui alla fattispecie descritta all'articolo3, arricchendola, altresì, con l'elemento psicologico della colpa, e vietando che la denuncia contro il magistrato possa intervenire nel corso del processo ovvero della fase processuale;
2) eliminare la tipizzazione relativa al «rilasciare dichiarazioni ed interviste in violazione dei criteri di equilibrio e di misura»;
3) prevedere che la perseguibilità disciplinare dei capi degli uffici, dei presidenti di sezione e dei presidenti dei collegi per la omessa segnalazione dei «fatti che


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possono costituire illecito disciplinare compiuti da magistrati dell'ufficio, della sezione o del collegio», sia ipotizzabile soltanto in presenza di omissione dolosa;
4) laddove lo schema esclude che possa dar luogo a responsabilità disciplinare «l'attività di interpretazione di norme di diritto in conformità all'articolo 12 delle disposizioni sulla legge in generale», sopprimere le parole da « di norme di diritto in conformità» fino alle parole «in generale»;
5) eliminare il divieto relativo alla «pubblica manifestazione di consenso o di dissenso in ordine ad un procedimento in corso quando per la posizione del magistrato o per le modalità con cui il giudizio è espresso, sia idonea a condizionare la libertà di decisione nel procedimento medesimo», ovvero precisare che viene fatto salvo, comunque, il diritto di critica del cittadino magistrato e che il condizionamento della contemplata libertà di decisione deve costituire la finalità della pubblica manifestazione di consenso o di dissenso;
6) all'articolo 4 definire con precisione la nozione di «centro politico» e riempire di contenuti apprezzabili la nozione di «coinvolgimento», sempre nel rispetto dei diritti costituzionali di cittadinanza proprii di tutti i cittadini italiani, magistrati compresi;
7) eliminare la disposizione relativa alla tipizzazione come illecito disciplinare di «ogni altro comportamento tale da compromettere l'indipendenza, la terzietà e l'imparzialità del magistrato, anche sotto il profilo dell'apparenza» e sostituirla con una formulazione che in modo specifico individui comportamenti i quali, sulla base di una ragionevole valutazione preventiva ed astratta, possano rappresentarsi all'utente della giustizia, ancorché soltanto in apparenza, come non imparziali;
8) formulare in termini di maggiore precisione il previsto divieto di condotte dirette a turbare l'esercizio di funzioni costituzionalmente previste, sia attraverso la puntuale indicazione delle condotte potenzialmente idonee ad integrare la turbativa, sia attraverso la tassativa elencazione delle «funzioni costituzionalmente previste» suscettibili di essere turbate.
Bonito, Finocchiaro, Fanfani, Kessler, Siniscalchi, Lucidi, Magnolfi, Carboni, Grillini, Cento, Maura Cossutta.